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Fascismo
Manifestazioni di gioia accolsero nel paese la caduta del regime, ma la diffusa richiesta di pace venne disattesa dalla dichiarazione del maresciallo Badoglio, nuovo capo del governo, secondo cui la guerra sarebbe continuata a fianco degli alleati tedeschi. Intanto si avviavano le trattative segrete con gli Alleati anglo-americani per la conclusione dell'armistizio firmato il 3 settembre e reso noto l'8. Nessun piano era stato tuttavia predisposto per arginare la prevedibile reazione tedesca di fronte al ritiro unilaterale da parte degli alleati italiani. Mentre il re e la corte abbandonavano precipitosamente Roma diretti a sud, l'esercito fu lasciato senza direttive, esposto su tutti i fronti alle vendette delle truppe hitleriane; i tedeschi che, ufficiosamente informati delle intenzioni italiane, avevano fatto affluire cospicue forze al Brennero, occuparono la parte centro-settentrionale dell'Italia, la quale venne in tal modo spezzata in due, con la
Il movimento resistenziale, dove i comunisti rappresentavano la forza più solida e organizzata, sulla futura costituzione del paese. Di qui, il difficile rapporto tra Resistenza e Alleati, che in vari modi tentarono di controllare l'autonomo sviluppo della lotta partigiana e che di fronte alla maturità del movimento insurrezionale culminato nell'aprile 1945 cercarono di far pesare la loro autorità, direttamente o attraverso l'appoggio dato alle forze più moderate e conservatrici. Questo atteggiamento ebbe importanti conseguenze sulla strategia adottata dal Partito comunista, il cui leader, Palmiro Togliatti, puntava sì ad una netta rottura di continuità nei confronti del passato liberale prefascista, ma nello stesso tempo riconosceva realisticamente l'impraticabilità della prospettiva rivoluzionaria in un'Italia assegnata, sulla base dell'accordo spartitorio tra le grandi potenze, alla sfera di influenza anglo-americana.
Questa valutazione si espresse nella linea politica dell'unità di tutte le forze anti-fasciste, una linea politica che poneva al primo posto la lotta per la liberazione dell'Italia e che rimandava a una seconda fase la realizzazione di una piena democrazia, dove le forze popolari avrebbero dovuto essere il soggetto politico-sociale egemone. La subordinazione di tutti gli altri obiettivi all'alleanza con le forze moderate è evidente nelle scelte del Partito comunista di fronte al vasto movimento di lotte contadine avviato al Sud nell'autunno 1944, che pure poteva avvalersi di una serie di provvedimenti legislativi favorevoli, emanati dal ministro dell'Agricoltura del Regno del Sud, il comunista Fausto Gullo. Ma la riforma Gullo, che aveva immediatamente provocato reazioni da parte delle tradizionali forze dominanti nel Mezzogiorno, non venne adeguatamente sostenuta dal Partito comunista, per timore di mettere in crisi i delicati equilibri raggiunti.
In sede nazionale con le altre forze politiche, in primo luogo la Democrazia cristiana. Quest'ultima, primo nucleo del futuro partito di massa dei cattolici, fu in un certo senso meno attiva degli altri due soggetti protagonisti nel biennio '43-'45, ma seppe tuttavia inserirsi abilmente negli spazi che le venivano aperti dalla strategia togliattiana. Sotto l'abile guida di Alcide De Gasperi, grazie all'appoggio del Vaticano, in quegli anni la Democrazia cristiana pose le premesse per diventare un grande partito interclassista e soprattutto si accreditò, sia al Nord che al Sud, come la formazione politica in grado di meglio garantire, al posto del vecchio Partito liberale, un modello di sviluppo rispettoso degli interessi del capitalismo italiano.