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LI ANNI MODERNITÀ CORRUZIONE E CRIMINALITÀ

L’agenda internazionale si trovò dominata da nuove, aggressive idee di destra. Fiducia nel mercato,

scetticismo sull’intervento statale, riaffermazione dell’individualismo a scapito della solidarietà sociale, sono

tutti fattori che contribuirono a ridefinire i valori della società e gli obiettivi della politica.

La versione italiana di tale trasformazione ha tratti molto suggestivi: autenticamente innovativa in alcuni settori,

ma sostanzialmente di facciata in altri. Gli anni 80 sono il decennio in cui la cultura dell’impresa trionfa su

quella di classe, in cui i nuovi ceti medi (piccoli imprenditori, operatori nel settore dei servizi moderni,

investitori) diventavano di diritto una potente forza sociale, mentre la classe operaia organizzata si indebolisce

sia x numero sia x capacità di influenzare gli eventi. Sono anche anni, paradossalmente, di un nuovo

associazionismo, fortemente sostenuto dalla crescita della scolarizzazione, e della creazione di una vera

società civile in molte regioni del paese.

In altri campi, tuttavia, la modernità nascondeva a stento la sostanziale continuità con le pratiche del passato,

e più che mai nel campo della politica. Clientelismo e corruzione, una criminalità rampante, un settore pubblico

ipertrofico e protetto sono i tratti distintivi della Repubblica negli anni 80. Dal POV politico fu un decennio di

stagnazione e malessere, la politica cambiò di poco, o semmai in peggio.

La società italiana negli anni 80

L’economia

Nella seconda metà del decennio l’economia italiana cominciò a registrare una netta risalita, sostenuta da

quella internazionale , a sua volta stimolata dalla reflazione (fase di crescita e di moderata inflazione che

segue la deflazione) dell’economia americana, dalla caduta dei prezzi del petrolio e dal conseguente risveglio

del commercio mondiale.

In Italia l’inflazione diminuì, il Pil registrò un lento ma costante aumento.

Queste linee di tendenza generali avevano alle spalle alcune trasformazioni su vasta scala. Gli anni 80

furono il periodo in cui il settore dei servizi arrivò a rappresentare in Italia oltre il 50% del Pil dell’occupazione. I

servizi si dividono in 2 categorie: x la produzione (servizi finanziari, tecnici e professionali) e x il consumo finale

(vendita al dettaglio, tempo libero, sanità, istruzione,…). Il ramo dei servizi finanziari acquisì un’importanza

primaria, sia nell’ambito della produzione che x il consumatore. La crescita delle banche, della borsa, delle

assicurazioni offrì una serie di servizi finanziari a una massa di utenti molto più ampia che in passato.

Una delle industre dei servizi più dinamica fu quella delle comunicazioni di massa e dello spettacolo.

Berlusconi riuscì a creare in pochi anni un enorme impero televisivo, approfittando della mancanza di regole

nel settore della televisione commerciale. Con l’acquisizione dei supermercati Standa e la costruzione di nuovi

ipermercati, Berlusconi aveva allargato il suo impero in altri settori chiave del terziario.

X quanto riguarda l’industria, con il passaggio dell’Italia all’era post-fordisti, troviamo una profonda

trasformazione. Negli anni 80 non si puntava più su macchine rigide e altamente specializzate x ottenere

prodotti in serie, ma su macchine flessibili x creare un’ampia varietà di prodotti. La cura x il design e la qualità,

l’attenzione alle esigenze dei clienti intesi come singoli individui, divennero i primi punti all’ordine del giorno. Le

aziende più importanti decentrarono ulteriormente la produzione e introdussero livelli più avanzati di

automazione.

Una parte significativa del successo economico era tuttavia dovuto alle piccole imprese. Negli anni 80 esse di

trovarono ad affrontare numerose difficoltà legate alla sottocapitalizzazione (mezzi insufficienti), al ricambio

generazionale e ai vincoli dimensionali di scala produttiva. Nonostante ciò continuarono ad essere un

elemento dinamico: sorsero nuovi distretti industriali e l’asportazione continuò a crescere.

L’andamento dell’economia italiana presentava però anche dei lati oscuri: carenza di investimenti nella ricerca

e nelle tecnologie; assenza di grandi società internazionali; netto indebolimento della posizione internazionale

dell’Italia dopo il 79 nel settore-chiave dei prodotti a elevate economie di scala (=legate alla produzione in

serie) come l’elettronica di consumo, le macchine x ufficio, la chimica, la metallurgia.

A tutto ciò va aggiunta l’ombra del debito pubblico. La preoccupazione internazionale aumentò di anno in anno

di fronte all’incapacità o alla mancanza di volontà dei successivi governi italiani di tamponare tale falla. Al

centro del problema vi erano la forte spesa x le pensioni, x la sanità e un livello molto basse di entrate

tributarie da parte del lavoro autonomo.

Rimaneva infine irrisolto l’eterno problema del sud, che negli anni 80 non fu in grado di tenere il passo con

l’espansione delle altre 2 Italie. Il tipo di aiuto che lo stato continuò a offrire al sud (assistenzialismo piuttosto

che investimenti produttivi) non poteva certo favorire un autonomo decollo economico del sud, anzi, contribuì

alla persistenza di una mentalità passiva e parassitaria.

Lo stati sosteneva il vivace settore privato con generosi sussidi, controlli fiscali quasi inesistenti e soprattutto

una politica complessiva di laissez-faire. Negli ultimi anni 80 questo portò anche notevoli vantaggi, ma non era

certo una strategia di ampio respiro, tale da mantenere l’Italia ai primi posti tra le economia più avanzate.

La stratificazione sociale

Nella società italiana, come in Europa, si registrarono 2 cambiamenti profondi: il passaggio sempre più deciso

verso un’economia terziarizzata, che produsse nuove opportunità, ma anche profonde lacerazioni; e, nello

stesso tempo, un indebolimento delle ideologie e delle istituzioni che avevano alimentato il senso di

appartenenza a una classe.

In queste mutate condizioni, nuovi rischi e incertezze si affacciarono sulla scena: trovare un lavoro stabile si

fece più difficile; avere un titolo di studi e garantire flessibilità/mobilità geografica divennero requisiti

indispensabili; il senso di precarietà; il pericolo di un peggioramento delle proprie condizioni. Di conseguenza,

mentre la società nel suo insieme diventava più ricca, le diseguaglianze non mostravano alcun segno di

diminuzione. Piuttosto, andavano a ricollocarsi lungo nuove linee di demarcazione tra le varie regioni, tra le

varie categorie del terziario, tra i sessi.

Il livello sempre più elevato di istruzione della popolazione femminile rappresentò x l’Italia una vera rivoluzione

che, unita alla crescita del terziario e alle nuove leggi contro la discriminazione sessuale nell’occupazione, si

tradusse in una nuova e significativa presenza di donne sul mercato del lavoro. L’occupazione femminile si

situò comunque in massima parte sui gradini più bassi del terziario; ciononostante ha significato non solo una

nuova autonomia, ma anche che molte famiglie potevano contare su più stipendi.

Negli anni 80 le classi medie urbane sono diventate il settore dominante della struttura sociale, crescita

stimolata soprattutto dal settore pubblico (ex istruzione, sanità, trasporti)ma anche da quello privato (banche ,

uffici, grandi magazzini).

Ceti medi vecchi e nuovi, del pubblico e del privato, hanno trovato un punto di unione negli anni 80 nella

comune capacità di risparmiare e trarre forti guadagni dagli investimenti in titoli di stato, approfittando degli alti

tassi di interesse a cui il governo era costretto x finanziare il debito pubblico. Sul finire del decennio, quando l’

inflazione era in calo, il commercio in rapida espansione e gli interessi esentasse sui titoli di stato si

mantenevano alti, centinaia di famiglie ebbero così il loro momento di grazia.

Visto questo quadro finanziario, e il dinamismo di buona parte dell’industria privata italiana, non sorprende che

le statistiche registrino una rapida crescita numerica della “grande borghesia”. Uno dei sistemi più rapidi x

arricchirsi passava attraverso i nuovi canali del capitale finanziario italiano. Sul mercato azionario e nell’ampia

gamma di servizi a esso collegati si poteva infatti costruire cospicue fortune in pochi anni. Anche nel mondo

delle comunicazioni di massa, della pubblicità, dello sport e dalla politica di potevano fare ingenti guadagni.

A fonti di guadagno più tradizionali davano invece accesso le libere professioni, a cui si affiancavano gli

imprenditori privati. L’impresa pubblica italiana, invece, continuava a essere subordinata alle nomine da parte

dei politici: altissimi stipendi e posizioni di potere spesso non erano accompagnati da pari livelli di

competenza.

Alle vette della scala sociale italiana, in termini di ricchezza e influenza, si trovavano i circoli ristretti dell’élite

imprenditoriale e finanziaria (ex Agnelli, Cuccia, Berlusconi). Un altro uomo nuovo era Gardini, il quale

assunse il controllo del gigante chimico Montedison e lanciò la fusione con l’Eni x arrivare a fondare una delle

maggiori aziende chimiche europee , la Enimont. Le tangenti e la corruzione collegate all’affare, e al suo

spettacolare fallimento , dovevano formare 4 anni dopo uno degli elementi-chiave dello scandalo di

Tangentopoli.

La presenza di nuovi personaggi non mutò tuttavia la struttura e l’atteggiamento del nucleo centrale del

capitalismo.

Nonostante l’emergenza di un ricco ceto imprenditoriale e una notevole mobilità sociale, la grande

preponderanza del lavoro dipendente rimase intatta. Si rivelò però un diffondersi si un opprimente senso di

isolamento, disillusione e alienazione rispetto al lavoro. Bisogna anche notare la divisione sempre più

drammatica che andava creandosi tra chi aveva un’occupazione stabile e chi doveva fare i conti con contratti

a termine, lavoro precario in nero o con la pura e semplice disoccupazione.al fondo della scala sociale

venivano quelli che non beneficiavano in alcun modo della ricchezza del paese. A livello nazionale venivano

identificati 3 gruppi sociali in cui il rischio di scendere sotto la soglia della miseria era particolarmente forte: gli

anziani, il cui peso percentuale sull’insieme della popolazione era in costante aumento; i giovani delle periferie

urbane, impiegati nella difficile ricerca di un lavoro stabile e minacciati dal flagello della droga; i lavoratori

immigrati da altri paesi, anch’essi in continua crescita.

Prima dell’ondata immigratoria, la popolazione italiana era straordinariamente omogena. In termini razziali era

Dettagli
A.A. 2014-2015
54 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher xxxchrystellexxx di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Cartosio Bruno.