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PARTE TERZA: LA FRANA

14. I DECENNI DI CRISI

1)Il mondo dopo il 1973 per vent’anni scivola nell’instabilità e nella crisi. Solo negli anni ’80

diven-ne chiaro quanto si fossero sgretolate le fondamenta dell’età dell’Oro. I decenni di

crisi dopo il ’73 non sono stati una “Grande depressione” nel senso degli anni ’30.

L’economia mondiale non crollò neppure momentaneamente, anche se l’Età dell’oro si

concluse nel 1973-75 con qualcosa di molto simile all’inizio di un ciclo depressivo, cioè

con la riduzione della produzione industriale nelle economie di mercato dei paesi sviluppati

del 10% in un anno. La crescita economica continuò ma con un ritmo inferiore rispetto

all’età dell’Oro. Fino al ’91 la crescita del prodotto interno lordo di tutte le economie

avanzate fu interrotta da brevi periodi di stagnazione: ’73-75 e ’81-83. In Africa, nell’Asia

occidentale e nell’America latina la crescita del prodotto interno lordo pro capite si arrestò.

Anche il prodotto interno lordo della Russia,Polonia,Bulgaria,Romania e Cecoslovacchia

calò intorno agli anni ’90. Diversa era la situazione dei paesi orientali, il termine

depressione non significava nulla, l’Asia orientale e sudorientale emergeva come la

regione più dinamica di tutta l’economia mondiale.

L’economia mondiale che dovette affrontare i problemi degli anni ’70 e ’80 non era più

quella dell’età dell’oro, anche se era la conseguenza prevedibile di quell’epoca. Il sistema

di produzione era stato trasformato dalla rivoluzione tecnologica ed era stato

modernizzato. Inoltre, a cominciare dagli anni ’70 divenne impossibile trascurare gli effetti

della rivoluzione sociale e culturale. I decenni di crisi cominciarono a eliminare

manodopera, il numero degli operai diminuì rapidamente.

2)La combinazione di una fase depressiva con una ristrutturazione economica, che aveva

lo scopo di espellere manodopera dal ciclo produttivo, creò un’atmosfera di tensione che

pervase la politica dei decenni di crisi. Durante i decenni di crisi le strutture della politica

nei paesi democratici,che fi-no ad allora erano rimaste stabili,cominciarono ad andare a

pezzi. Le nuove forze politiche che di-mostravano il maggior potenziale di crescita erano

quelle che combinavano demagogia populista, ostilità per gli stranieri e una vistosa

leadership personalistica.

3)Dagli anni ’70 in poi ci furono forti segnali di un effettivo regresso. Il massiccio ricorso

dell’URSS al mercato internazionale del grano e l’impatto delle crisi petrolifere degli anni

’70 resero evidente la fine del “campo socialista” come economia regionale

autonoma,protetta dagli sbalzi dell’economia mondiale. L’economia transnazionale

stabilizzava sia le superpotenze sia il mondo che da loro dipendeva e, quando crollò, gettò

nel disordine tutti gli equilibri. Con il crollo improvvi-so del sistema politico sovietico,

crollarono anche la divisione interregionale del lavoro e la rete di reciproche dipendenze

sviluppatesi nella sfera d’influenza sovietica, costringendo paesi e regioni strutturati in

conformità con il vecchio sistema a fare i conti con il mercato mondiale. Ciò che i

riformatori nel mondo socialista avrebbero voluto era di trasformare il comunismo in

qualcosa di simile a una socialdemocrazia occidentale. Il loro modello era Stoccolma. Per

sfortuna dei riforma-tori, la crisi dei sistemi comunisti coincise con la crisi del capitalismo

dell’Età dell’Oro, che significò anche la crisi dei sistemi socialdemocratici.

4)Dal 1970 quasi tutti i paesi del Terzo mondo sono sprofondati nei debiti. Nel ’70 i paesi

con un debito superiore a un miliardo erano 12, nel ’90 24 paesi erano debitori per più di

quanto produ-cevano, calcolando come un’unica regione tutti i paesi dell’Africa sub

sahariana.

Il principale effetto dei decenni di crisi fu l’allargamento del divario tra paesi ricchi e paesi

poveri.

5)Il nuovo nazionalismo dei decenni di crisi fu una combinazione di 3 elementi.

Innanzitutto ci fu la resistenza degli stati nazionali esistenti contro la loro rimozione. Il

principale strumento tradiziona-le di autodifesa dello stato nazionale, cioè il protezionismo,

fu incomparabilmente più debole nei decenni di crisi. Il libero mercato mondiale restava un

ideale,ma era già una realtà anche se parec-chi stati per proteggersi contro la

competizione straniera svilupparono metodi particolari. Queste battaglie furono ancor più

accese quando la questione non era semplicemente economica, ma anche di identità

culturale. Il secondo elemento che contribuì al sorgere del nuovo nazionalismo può essere

definito l’egoismo collettivo della ricchezza ed era il riflesso delle crescenti disparità

economiche dentro i continenti, i paesi e le regioni. I governi dei vecchi stati nazionali si

erano assunti la responsabilità di promuovere lo sviluppo di tutto il loro territorio e perciò

avevano ripartito paritariamente al suo interno oneri e benefici. Questo significava che le

regioni più povere e più arretrate venivano sovvenzionate dalle regioni più ricche e più

avanzate, oppure che venivano favoriti gli investimenti nelle zone arretrate per diminuire il

loro ritardo economico. Il terzo elemento fu una reazione alla rivoluzione culturale della

seconda metà del secolo, cioè a quella straordinaria dissoluzione del tessuto, delle norme

e dei valori sociali tradizionali, che ha lasciato orfani così tanti abitanti del pianeta,

privandoli di un sicuro riferimento.

15. TERZO MONDO E RIVOLUZIONE

1)Il Terzo mondo costituiva un’area di rivoluzione estesa a livello mondiale. il Primo mondo

era generalmente stabile, a livello politico e sociale, quando iniziò la Guerra fredda.

Qualunque cosa bollisse nel Secondo mondo era compressa dal potere del Partito

comunista e dalla minaccia dell’intervento militare sovietico. Il comune denominatore del

Terzo mondo è la persistente instabilità sociale e politica. Tale instabilità appariva evidente

anche agli Stati Uniti, che si erano fatti protettori dello status quo del mondo e che

consideravano l’instabilità un portato del comunismo sovietico. Sin dall’inizio della Guerra

fredda, gli USA decisero di combattere questo pericolo con ogni mezzo, alleandosi con un

regime locale amico. Per questa ragione il Terzo mondo rimase una zona di guerra,

mentre il Primo e il Secondo mondo entrarono nella più lunga epoca di pace.

2)Dopo il 1945 la forma principale di lotta rivoluzionaria nel Terzo mondo sembrò essere la

guerri-glia. Nel terzo quarto del secolo tutti gli occhi erano puntati sulla guerriglia. La tattica

della guerriglia era propagandata da ideologi della sinistra storica,critici della politica

sovietica. Gli anni ’50 furono pieni di lotte nel Terzo mondo, in quei paesi coloniali in cui le

ex potenze coloniali o coloni locali si opponevano a un processo di pacifica

decolonizzazione: in Malesia, in Kenya e a Cipro che facevano parte dell’impero britannico

in dissolvimento;in Algeria e in Vietnam apparte-nenti all’impero francese anch’esso in

dissolvimento. Nel movimento rivoluzionario che conquistò il potere nell’isola caraibica di

Cuba il 1°gennaio del 1959, Fidel Castro scelse la ribellione contro il governo del generale

Batista, credeva nell’azione e iniziò la sua lotta con un attacco a una caserma nel ’53;

venne imprigionato e poi esiliato. In seguito con un gruppo di guerriglieri sbarcò sull’isola

per invaderla e si insediò nelle montagne della provincia più lontana dalla capitale. Che

Guevara si mosse per conquistare il resto dell’isola. Fidel alla fine vinse perché il regime

Battista era fragile, il regime crollò non appena l’opposizione di tutte le classi sociali e di

tutte le formazioni politiche, dalla borghesia democratica ai comunisti, coalizzatesi contro il

dittatore e tutti i suoi agenti, decisero di farla finita. Le forze di Castro ereditarono il

governo. I ribelli latino- americani si collegarono alla tradizione di sinistra anti-imperialista

e rivoluzionaria, essi erano sia a favore della riforma agraria sia contro gli USA. Il partito

comunista cubano non mostrò simpatia per Fidel anche se avevano bisogno l’uno degli

altri e così finirono per convergere. Nel ’61 gli americani tentarono di abbattere il regime di

Castro attraverso un invasione di profughi cubani;dopo qualche tempo Cuba iniziò a

incoraggiare l’insurrezione di tutto il continente, caldeggiata da Guevara. In tutta l’America

latina gruppi di giovani entusiasti si lanciarono in imprese di guerriglia, tutte destinate al

fallimento, tranne in America latina e in Colombia, dove c’era una vecchia base contadina

di sostegno a formazioni armate irregolari. Tuttavia di rado i movimenti di guerriglia furono

movimenti di rivolta contadina, essa venne introdotta nelle campagne del Terzo mondo da

giovani intellettuali. Attraverso la guerriglia rurale e urbana il Terzo mondo diede

ispirazione ai giovani ribelli e rivoluzionari o agli intellettuali dissidenti del Primo mondo. La

sinistra si mobilitò per sostenere i movimenti di guerriglia del Terzo mondo e per opporsi

alla coscrizione obbligatoria, negli Stati Uniti dopo il 1965, che avrebbe costretto i giovani

ad andare a combattere proprio contro i guerriglieri.

3)Nel 1968-69 un’ondata di ribellione si abbatté su tutti e tre i mondi trascinata dalla nuova

forza sociale degli studenti. Alla loro consistenza numerica si aggiungevano tre

caratteristiche che moltiplicavano l’efficacia politica dei movimenti: gli studenti potevano

mobilitarsi facilmente, si trovavano nelle città capitali o in quelle principali e manifestavano

sotto gli occhi di politici e macchine da presa, infine non si potevano eliminare uccidendoli

essendo figli di media alta borghesia. Le ribellioni studentesche erano efficaci e la loro era

una ribellione culturale, un rifiuto di tutto ciò che nella società rappresentava i valori

borghesi dei loro genitori, non volevano rovesciare il governo come in Francia e in

America. I paesi dove ci fu la massima degenerazione furono quelli dell’America latina, i

paesi socialisti erano quasi immuni da questa prassi sinistra. La rivolta studentesca della

fine degli anni ’60 fu l’ultimo grido della vecchia rivoluzione mondiale. Ebbe una

prospettiva mondiale perché il mondo era globalmente unito. La prova più grande del

tramonto della rivoluzione mondiale fu la disgregazione del movimento internazionale che

doveva promuoverla. Dopo il 1956 l’URSS e il movimento internazionale da essa

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
24 pagine
44 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher tantoxdire di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Trinchese Stefano.