vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PARTE SECONDA – “TREUE UND EHRE”: LUSINGA TOTALITARIA E DISCESA NELL’ABISSO
Capitolo V – Festa Repubblicana
La Repubblica di Weimar fu in perenne crisi durante la sua esistenza. L’impero era diventato
improvvisamente repubblica dopo la sconfitta militare ed erano nati un trattato di pace
8
ignominioso e una guerra civile. Pesò molto la questione delle riparazioni e la crisi del ‘30-’31 in
vista del successivo passaggio ai governi semidittatoriali (presidiali).
Dopo la guerra i possessori di rendite persero le loro fortune, mentre ne trassero profitto impresari
e commercianti a differenza delle parole di Stresemann che affermava che il ceto medio aveva
perso il suo patrimonio. Il ceto medio era spaventato dallo spettro della proletarizzazione dato che
ne aveva sofferto durante la guerra e lo stava rivivendo nel dopoguerra; lo avrebbe di nuovo
rivissuto durante la superinflazione del 1923 e con la crisi di Wall Street; infine, con la sconfitta
nella seconda guerra mondiale. Fu tale paura a destabilizzare la sicurezza dei risparmiatori e questo
avrebbe innescato la ricerca di un governo di matrice autoritaria per risolvere la crisi sociale.
Dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, l’Impero continuava ad esistere negli assetti
repubblicani, nella terminologia politica: si giurava per il Reich, si eleggeva un Reichstag e non un
parlamento borghese, il capo del governo era il Reichskanzler, il capo di stato Reichspräsident, la
costituzione era la Reichsverfassung (che nel primo articolo diceva “Il Reich tedesco è una
repubblica”). Lo stesso esercito era rimasto Reichswehr.
Dopo la guerra, l’attacco ai “traditori di novembre” si fece serrato: Erzberger, che aveva approvato
la mozione di pace del ’17 e mente della coalizione di centro-sinistra era accusato di aver venduto la
Germania al nemico e per tanto venne trovato morto assassinato con colpi di pistola. Papen
considerava Ebert e Stresemann gli unici veri uomini di Stato rilevanti nella Repubblica di Weimar.
Altro personaggio rilevante era Rathenau: maschera tragica della repubblica, giudeo e liberale.
Anche lui venne assassinato. Nonostante i funerali di Stato molti erano convinti che lui fosse il
responsabile del prezzo delle riparazioni. Era ormai giunta l’ora di ricondurre il paese a uomini forti
e puri, al di sopra dei partiti.
Gli strati superiori della borghesia non nascondevano la loro avversione verso il sistema partitico
che minava alla purezza del Volk tedesco. Anche Papen era un convinto antiparlamentare, ma non
si aspettava certamente che quell’atteggiamento avrebbe permesso al nazismo di crescere. Egli
pensava che la Germania era in forte crisi e che né il sistema parlamentare, né i partiti avrebbero
potuto risollevarla. Anche Papen dunque voleva un governo di persone responsabili ed
indipendenti, senza tendenze estremiste o dittatoriali.
Dopo la morte di Erzberger lo Zentrum si era spostato sempre più verso destra. Papen alle
amministrative del 1921 si candidò tra le file dello Zentrum, in figura di rappresentante del ceto
agrario, facendosi garante degli interessi patrimoniali della proprietà nobiliare.
Papen aderiva alla valutazione di una Germania sconfitta in quanto contaminata dal sistema di
pensiero dell’Occidente. Bisognava dunque abbattere i traditori della patria e il sistema partitico
per tornare alla grande Nazione germanica monarchica e ai suoi principi. 9
Capitolo VI – Una Rivoluzione dello Spirito
La politica di Papen intendeva arrivare all’incontro tra la destra cattolica e il movimento
conservatore confluito – dopo la caduta dell’Impero – nel partito nazionaltedesco, dove erano
presenti anche i pangermanisti. I conservatori diffidavano dai toni populisti di questi ultimi e
accettarono la forma repubblicana perché unica possibile.
Il fallimento del Putsch di Kapp nel 1920 aveva mostrato le contraddizioni interne al movimento
conservatore tra nazionalisti e tradizionalisti, dato che – nonostante facesse onore l’opposizione di
Kapp al pogrom antiebraico minacciano dalla brigata di marina Ehrhardt – non era stato lasciato
spazio sufficiente alle ideologie nazionaliste. Questo aveva portato alla sostituzione del moderato
Hergt col conservatore Westarp.
I tentativi eversivi nel primo dopoguerra fallirono non per la resistenza delle istituzioni ma per la
durezza della burocrazia prussiana. Secondo Max Weber la burocrazia serviva colui che deteneva il
potere e Kapp non era cancelliere, mentre le istituzioni non potranno opporsi nel 1933 a Hitler
perché il suo partito, nonostante fosse eversivo, era sanzionato dal presidente.
Con la crescita dell’influenza völkisch, crebbe all’interno del partito anche un forte antisemitismo
con la nascita di un nuovo elemento: la purezza della razza ariana. Antisemitismo e anticapitalismo
entrarono anche negli ambienti cattolici. Si era infatti formato all’interno del partito
nazionaltedesco un ristretto nucleo di cattolici conservatori, contrario agli avvicinamenti dello
Zentrum con i socialisti. La vicinanza tra conservatori e cattolici, dovuta alla battaglia contro l’idea
della sovranità popolare, era fortemente ambigua: i conservatori erano in maggioranza luterani.
L’apice della crisi tedesca fu raggiunto nel 1923 a causa dell’inflazione e dell’occupazione della
Ruhr, provocando numerosi tumulti repressi dall’esercito repubblicano. Ma la fine della resistenza
passiva voluta dal governo nazional-liberale Stresemann, la stabilizzazione monetaria e il fallimento
di tentativi eversivi (tra cui il Putsch di Monaco) sembravano indicare una ritrovata stabilità alla fine
dell’anno (1923). Tuttavia la gioventù aveva portato la sua ideologia a spostarsi verso la destra
anticlericale.
Le elezioni del 1924 diedero alle forze repubblicane una esigua maggioranza e questo fu per Papen
la giusta occasione per un cambiamento: propose una coalizione tra centro e destra con l’adesione
di 20 deputati: da quel momento egli era divenuto la “pecora nera” del Partito.
Papen parlava ormai apertamente di coalizione con le destre: bisognava provvedere, secondo lui,
ad omologare il governo prussiano alla coalizione del Reich, aperta ai liberalconservatori e ai
nazionaltedeschi.
Quando si trattò di votare per la presidenza della Prussia, Papen votò comunque per il centrista
Marx ma intanto appoggiava il governo nazionale borghese di Luther. Tale ribellione al partito
provocò la richiesta di dimissioni dal mandato regionale, trovando però il netto rifiuto di Papen che
10
si opponeva dicendo che il suo mandato era dovuto agli elettori delle leghe di Westfalia e non al
partito.
Papen non voleva legarsi al programma del partito dicendo che un rappresentante parlamentare
dovesse assumersi le responsabilità delle sue decisioni. Questo era sia un evidente segno di cultura
aristocratica che un forte legame allo schema di fedeltà imperiale. Ciononostante non fu preso
nessun provvedimento sospensivo nei confronti di Papen, che fu considerato comunque aderente
allo Zentrum. Nel frattempo il fragile equilibrio di Weimar era stato scosso dalla morte del
presidente Ebert, il 28 febbraio 1925.
Capitolo VII – Trasfigurazione dell’Impero Feudale
Mentre lo Stato (in Francia e in Inghilterra) era sorto dal basso, dalla volontà popolare, l’Impero (in
Germania) discendeva dall’alto, dall’esigenza religiosa di realizzare in terra la legge di Dio. Non si
adatta al Reich tedesco la definizione di Stato nazionale unitario per la Germania imperiale, date le
divisioni in vari piccoli stati e land, e nemmeno di Stato autoritario dato che il Kaiser non era un
monarca assoluto ma il suo potere derivava dalle volontà collegate dei vari principi della
confederazione.
La nostalgia della potenza divenne sentimento comune dopo la sconfitta militare del 1918. Per i
tedeschi, feriti nell’onore patriottico e nell’autoidentificazione nazionale, il passato Impero iniziò ad
apparire come una trasfigurazione mitica. La nostalgia per l’epoca guglielmina, contrapposta alla
miseria di Weimar, poggiava sul vittimismo di una vittoria mancata. Occorreva dunque restituire
ordine e potere all’antico Reich.
Anche Papen aveva un ideale di monarchia sociale e popolare riferito all’Impero guglielmino.
Nonostante ciò vi erano riferimenti, nella sua ideologia, ad un’aurea età medievale, a uno Stato
corporativo, facendo quindi pensare ad un ritorno al vecchio Reich capeggiato da un uomo forte.
L’occasione propizia parve presentarsi con le elezioni presidenziali dell’aprile del 1925. Papen,
assieme ai nazionaltedeschi e conservatori, aveva sostenuto la candidatura di Otto Gessler, ministro
delle forze armate. Lo Zentrum opponeva invece Marx, il cancelliere, che Papen riteneva
dipendente dalle sinistre. Ma la candidatura di Gessler fallì e Papen non esitò a passare al sostegno
del generale Hindenburg.
Il generale per lui era una figura totalmente opposta a Marx: il primo era tutore dei valori
repubblicani, il secondo eroe di guerra e restauratore del passato. Papen proponeva una svolta a
destra dell’elettorato cattolico conservatore, attribuendo sostegno al luterano Hindenburg che,
secondo lui, avrebbe attuato una restaurazione conservatrice in nome degli interessi cattolici. 11
La vittoria del generale fu favorita dall’unità delle destre contro la frammentazione delle sinistre: se
lo Zentrum votò a maggioranza per Marx, Hindenburg aveva ottenuto non solo il voto dei popolari
bavaresi, ma anche quello delle leghe agrarie cattoliche di Westfalia e Alta Renania, che seguirono
Papen.
Hindenburg rievocava la grandezza della Germania e rappresentava ora un punto di riferimento per
le forze antirepubblicane soprattutto dopo che lui si dirigerà in Olanda per ottenere dal vecchio
sovrano l’autorizzazione ad accettare la carica, anche se in realtà non era sua intenzione restaurare
la monarchia.
Papen ormai era completamente osteggiato dal partito ma non cacciato a causa della sua influenza
su gruppi cattolici e del possesso del giornale cattolico “Germania”. Papen stesso restava nello
Zentrum per “nuotare controcorrente”.
Capitolo VIII – Profondo Tedesco
Le presidenziali del 1925 avevano sancito la sconfitta del parlamentarismo repubblicano e la vittoria
del nazionalismo militarista e revanscista. Ora si poteva quasi auspicare che un Hohenzollern
potesse tornare sul trono; la ripresa economica inoltre faceva sperare in un nuovo periodo di
prosperità.
Ora la volontà era quella di annientare i cospiratori novembrini poiché erano stati loro a portare la
Germania verso la democrazia, il pluralismo, la partitocrazia e l’internazionalismo giudaico che
dilagavano nel paese.
Al contrario, il popolo tedesco voleva riaffermare la comu