La Wehrmacht, peraltro, mantiene una sua larga autonomia, sebbene sia posta sotto il controllo politico del governo
nazista. Sin dal 1933 viene avviata una politica di potenziamento dell’esercito; viene reintrodotta la coscrizione
obbligatoria e viene realizzato anche un vasto piano di potenziamento delle attrezzature belliche in dotazione
all’esercito.
7.2.4 La costruzione di un sistema associativo totalitario
Il governo nazista procede alla costituzione di organismi che inquadrano obbligatoriamente tutti i ragazzi e le ragazze
con un’impostazione di tipo militare (rigida gerarchia interna; indottrinamento costante; divise specifiche da indossare).
L’organizzazione principale dei ragazzi è la Hitler Jugend (“Gioventù hitleriana”), dove essi restano dai 14 ai 18 anni;
dopo vanno a fare il servizio militare o vanno a svolgere un periodo di lavoro nelle sezioni maschili del
Reichsarbeitsdienst (Servizio di lavoro del Reich, Rad), un’organizzazione messa in piedi per la realizzazione di un
ambizioso programma di lavori pubblici.
Le ragazze dai 10 ai 14 anni sono organizzate nelle Jungmadel (“Fanciulle”); poi dai 14 ai 21 anni entrano a fare parte del
Bund Deutsche Madel (“Lega delle ragazze tedesche”, Bdm).
I lavoratori e le lavoratrici sono inquadrati nella Deutsche Arbeitsfront (Daf), l’organizzazione sindacale nazista che
opera come un organismo di mediazione tra lavoratori e imprenditori; la Daf si preoccupa di offrire alla forza lavoro
buone garanzie di impiego e retribuzioni accettabili, normalmente in cambio di un aumento degli orari di lavoro.
Dipendente dalla Daf è l’organizzazione Kraft durch Freude (“Forza attraverso la gioia”), un’associazione che organizza il
tempo libero dei lavoratori.
7.2.5 La definizione dei rapporti con le Chiese
La Chiesa luterana dà subito un solido sostegno al regime nazista. Più complessi i rapporti con la Chiesa cattolica. Nel
1933 viene firmato un Concordato con la Chiesa cattolica, che avvicina al regime molti cattolici della Germania sud-
occidentale. Tuttavia gli sviluppi neopagani e razzisti inducono il pontefice Pio XI a pubblicare un’enciclica nella quale
condanna molto chiaramente l’ideologia razzista del nazismo.
Il suo successore Pio XII decide di non dare alcuno sviluppo a questa iniziativa del suo predecessore.
7.3 L’edificazione della “Volksgemeinschaft” (comunità nazionale)
Una volta stroncate le organizzazione sindacali non naziste il governo di Hitler procede all’attuazione di una politica
economica che ottiene straordinari risultati. I punti essenziali sono due:
1) L’attivazione di un vasto piano di lavori pubblici (costruzione di un’articolata rete di strade, autostrade e di
edifici pubblici) così da riassorbire in parte almeno la disoccupazione
2) L’impiego di larghe quote del bilancio statale per il rilancio dell’industria bellica, le cui nuove attrezzature
vengono acquistate dal Reich per il riarmo dell’esercito tedesco.
Presupposto necessario per la realizzazione di questa politica è l’interruzione dei pagamenti per le riparazioni che la
Germania deve ai paesi vincitori della Grande Guerra.
Nel 1932 nel corso di una conferenza internazionale tenutasi a Losanna si decide che dal 1933 i pagamenti per le
riparazioni non vengono più ripresi, e ciò consente al governo nazista di disporre di un bilancio statale che si è liberato di
una pesantissima voce passiva.
I successi di questa politica economica sono eccezionali. Il punto essenziale è che tutti gli indicatori economici tornano
positivi: la disoccupazione viene riassorbita fino al raggiungimento del pieno impiego di tutta la forza lavoro; i salari
industriali e agricoli sono in ripresa; i prezzi crescono, sebbene non più dei salari; soprattutto la produzione industriale è
in rapida crescita, così come il Pil e i profitti delle grandi imprese. 56
L’obiettivo del governo nazista è quello di mantenere l’economia e la società tedesca in queste condizioni solo
temporaneamente, poiché la finalità vera è quella di preparare la Germania per la guerra. Quello che la propaganda
trasmette è che la conquista di nuovi territori offrirà nuove risorse e nuove occasioni di impiego a tutti i membri della
Volksgemeinschaft (“comunità nazionale”) tedesca: certo a danno delle popolazioni conquistate, ma è un aspetto del
tutto irrilevante per un regime fondato sull’idea dell’assoluta superiorità del popolo tedesco.
Il regime nazista intende attuare una politica estera estremamente aggressiva. L’ottobre del 1933 esce dalla Società
delle Nazioni. Lo fa perché è intenzionato a rimettere in discussione tutti gli aspetti fondamentali del trattato di
Versailles e vuole avere le mani libere per farlo come meglio desidera.
Già la stessa politica di ricostruzione e di riarmo della Wehrmacht, realizzata dal regime nazista è attuata in violazione al
trattato di pace. Così come in provocatoria violazione di uno degli articoli del trattato è l’occupazione militare della
Renania.
In questo contesto va vista anche l’interruzione di pagamenti delle riparazioni ai paesi vincitori della Grande Guerra: da
un lato sembra mostrare la forza internazionale del governo nazista e la sua determinazione nella difesa degli interessi
tedeschi; dall’altro è ciò che consente al regime di attuare la sua politica di lavori pubblici e di finanziamento delle
industrie siderurgiche e meccaniche che producono armamenti per l’esercito.
Il regime nazista avvia una politica demografica che vuole favorire la crescita della popolazione, muovendosi in una
duplice direzione. Intanto incoraggia insistentemente l’aumento della natalità nelle coppie sane di “pura razza ariana”
attraverso la concessione di prestiti matrimoniali alle giovani coppie, l’introduzione di benefici fiscali per le famiglie
numerose e l’introduzione del sistema degli assegni familiari. La Germania nazista è l’unico paese occidentale dove il
tasso di natalità riprende a salire vistosamente.
Parte speciale della politica delle nascite è anche l’azione intrapresa per reprimere l’omosessualità maschile. Nel 1935 le
leggi penali contro l’omosessualità maschile vengono inasprite. Lo speciale accanimento del regime nazista dipende
dalla natura non riproduttiva delle pratiche omosessuali che ostacolano una corretta e regolare conservazione della
Volksgemeinschaft.
La seconda direzione verso la quale si muove la politica demografica nazista consiste nell’attuazione di misure
antinataliste applicate a quegli individui (malati di mente, disabili, criminali) che sono ritenuti incapaci di assicurare
un’adeguata riproduzione della comunità nazionale.
Dal 1939 il programma antinatalista viene integrato da un ulteriore piano che fa ricorso all’eutanasia (*) per scopi
eugenetici (**).
(*) Eutanasia: il termine letteralmente significa “buona morte”. Nel linguaggio odierno indica la scelta di procurare una
morte breve e indolore a persone affette da malattie incurabili, con lo scopo di porre termine alle loro sofferenze.
L’eutanasia nazista non ha affatto queste finalità, poiché la soppressione dei malati vuole solo eliminare persone
“razzialmente inadatte”.
(**) Eugenetica: disciplina che intende organizzare la riproduzione degli individui in modo tale da ottenere tipi umani
sempre più adatti alle condizioni ambientali che sono destinati a trovare e sempre più coerenti con gli elementi
fondamentali che sono propri della presunta razza di appartenenza.
Conduce all’uccisione 200.000 persone, anche di “razza ariana”, affette da malattie, oppure vecchie senza assistenza, o
handicappate. Nel corso del programma viene usato, per la prima volta, un gas tossico (in questo caso il monossido di
carbonio) per sopprimere le vittime.
Tutti questi piani demografici chiedono la collaborazione di settori qualificati della popolazione tedesca: medici,
psichiatri, infermieri, inservienti.
Una collaborazione molto più vasta è chiesta dall’attuazione della legislazione specificamente razziale. La politica
razziale è orientata contro la comunità ebraica: una serie di leggi dell’aprile del 1933 decreta l’esclusione degli ebrei
dalle amministrazioni pubbliche, dei medici ebrei dalle strutture sanitarie pubbliche e degli avvocati ebrei dall’Ordine
degli avvocati.
Nel 1935 la legislazione diventa ancora più aspra. Il 15 settembre del 1935 a Norimberga (dov’è riunito il Parlamento in
occasione del Congresso del Partito nazista) vengono approvate due leggi che regolano la questione; 57
1) la Legge sulla cittadinanza del Reich, distingue tra “cittadini a pieno diritto” che sono quelli “di sangue tedesco”
e “membri dello Stato privi di diritti”, cioè tutti gli altri tra cui gli ebrei;
2) la Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco proibisce il matrimonio e i rapporti sessuali tra ebrei
e tedeschi “ariani”.
Un decreto del 21 dicembre 1935 impone il licenziamento definitivo di tutti i docenti universitari, i professori, i medici,
gli avvocati e i notai ebrei che ancora siano, per qualunque motivo, in servizio presso amministrazioni pubbliche. Nel
1936 agli ebrei è precluso lo svolgimento di attività libero-professionali. Una legge del 26 aprile 1938 rende obbligatoria
la denunzia dei beni di proprietà di ebrei, una norma che prelude alla loro sistematica confisca; un’altra del 27
settembre 1938 obbliga gli ebrei a far apporre una J (sta per Jude, “ebreo”) sui passaporti o sulle carte di identità.
Infine le SA scatenano un pogrom che ha luogo in tutta la Germania nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938 (la
“Notte dei Cristalli”): 7000 negozi di proprietà di ebrei vengono devastati e saccheggiati (le vetrine vengono
sistematicamente infrante). È di pochi giorni dopo (15 novembre 1938) una legge che esclude bambini e ragazzi ebrei
dalle scuole tedesche.
Dei 500.000 ebrei hanno abbandonato la Germania in 300.000. Molti però sono rimasti ugualmente perché legati alle
proprie case, alle proprie abitudini, alla propria vita. Molti si sentono profondamente tedeschi per cultura e lingua.
La cosa veramente terribile è che la politica razziale sembra essere accolta con approvazione da una parte almeno della
popolazione. Ciò avviene perché la discriminazione razziale può suscitare in chi appartiene al gruppo dominante un
senso di sicurezza che dà conforto o che, in qualche misura, fa sentire “dalla parte giusta della vita”.
Un tedesco o una tedesca che sanno di essere integralmente parte della Volksgemeinschaft si sente estremamente
protetto e rassicu
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