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Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si trova ad affrontare problemi economici, sociali e
politici. L’Italia esce dalla guerra fortemente danneggiata a causa dei bombardamenti e perché le forze
armate l’hanno attraversata interamente. Le distruzioni più ampie sono quelle del settore edilizio e delle
comunicazioni. Infatti molte abitazioni sono state distrutte, così come ponti, strade, acquedotti,
scuole,caserme, ferrovie, ospedali… Anche l’agricoltura esce danneggiata dalla guerra con un enorme
calo della produzione e della produttività. Ci sono, quindi, pochi generi alimentari e, di conseguenza, si
innalzano i prezzi. La produttività diminuisce perché sono mancati i fertilizzanti, perché la forza-lavoro
era andata a combattere e perché l’Italia è stata attraversata dalle forze armate. Le industrie non
risentono molto della guerra, perché essa al Nord è durata meno tempo rispetto al Sud. Ma la
produzione piena è resa più difficile perché mancano le materie prime e c’è materiale vecchio (il
Fascismo, infatti, non ha incentivato l’innovazione ed inoltre si è prodotto molto durante la guerra).
Quindi, si importa e si esporta di meno. Salgono anche i prezzi e ciò crea una grande inflazione. Il
primo sciopero operaio avviene nel marzo del 1943 e nasce perché gli operai del Nord hanno salari
insufficienti rispetto all’inflazione. Nel 1945, la ricostruzione è lenta, ma nel 1946 essa diventa più
veloce grazie agli aiuti degli Americani. Essi, infatti, attuano il programma UNRA, che prevede la
donazione o la vendita di macchinari, beni alimentari… Questo programma facilita anche la
ricostruzione industriale.
La fine della guerra fa esplodere tensioni che attraversano l’intera società. C’è, ad esempio, il lutto
collettivo, perché, oltre ad amici e parenti, si è persa anche la casa con i rispettivi ricordi. La società è
in tensione anche perché vive il passaggio da un regime totalitario a uno che non si sa ancora quale
sarà. In questo periodo di transizione, esplodono anche le differenze sociali e territoriali. Non c’è,
inoltre, solo violenza politica, ma c’è anche un’enorme diffusione della criminalità. Si diffonde anche
la prostituzione e c’è il problema dell’infanzia abbandonata. Tutto questo segna un allentamento dei
vincoli morali tradizionali precedenti la guerra. Inoltre, dopo la guerra, la gente vuole tornare a casa,
divertirsi e dimenticare tutta la violenza a cui si è assistito. Molti (soprattutto gli Ebrei sopravvissuti)
fanno fatica a parlare delle loro esperienze, non solo perché i protagonisti non vogliono ricordare, ma
anche perché è la popolazione a non volerne più sentir parlare.
L’altro problema è il ritorno dei soldati dai campi di guerra e dal fronte. Essi devono inserirsi
nuovamente nella società dopo anni di allontanamento dalla famiglia. Inoltre c’è un periodo di grande
conflittualità sindacale che a Sud porta all’occupazione delle terre e a Nord a rivendicare salari sempre
più alti.
In questo contesto difficile i partiti devono impostare le loro strategie ed avviare la costruzione del
nuovo stato. Tutti i partiti del CLN e quello repubblicano hanno un ruolo fondamentale per traghettare
la popolazione da un regime fascista ad uno democratico. Infatti la popolazione si è staccata dal
Fascismo durante la guerra a causa di motivi economico-sociali e non perché ha elaborato nuove
ideologie. Il primo Papa a ritenere la democrazia come un governo che rispetta l’uomo è Pio XII che,
nel 1944, emana due encicliche (negli anni precedenti, la Chiesa si era dichiarata indifferente di fronte
alla situazione italiana.
La Democrazia Cristiana, a differenza del Partito Popolare, assume un’etichettatura confessionale che
vuole realizzare l’unità politica dei cattolici. L’unità politica è garantita dalla Chiesa e ciò crea due
problemi all’interno della DC:
1) faticosa ricerca dell’autonomia dei dirigenti della DC dalla Chiesa. De Gasperi è contrario ad
alcune direttive della Santa Sede come, ad esempio, dichiarare fuorilegge il Partito Socialista;
2) la DC è un partito interclassista, caratterizzato, cioè, da componenti sociali diverse che hanno
interessi altrettanto diversi. C’è, quindi, un’ala di sinistra capeggiata da Fanfani favorevole a
riforme sociali e un’ala più conservatrice. De Gasperi media fra queste due ali e propone un
passaggio graduale dal Fascismo alla democrazia.
Nelle elezioni del 2 giugno 1946, la Chiesa si mobilita per far convergere il voto sulla DC, perché c’è
l’idea di creare una costituzione cristiana. Il Papa dice: “O Cristo o satana”, intendendo con ciò la
scelta tra la DC e il comunismo. La Chiesa esce dalla guerra con un consenso molto forte. Durante il
Fascismo, la Chiesa allarga il consenso nel mondo urbano e, durante la guerra, soprattutto tra il
1943-45, ha una funzione benedettina: di fronte alla guerra e al crollo delle istituzioni, cioè, la Chiesa
rimane l’unica istituzione in piedi a cui la popolazione può riferirsi. Inoltre la Chiesa media fra le parti
in conflitto, attutendo le asprezze più brutali e più tremende del conflitto. Pio XII, quindi, è visto
nell’immaginario collettivo come “Defensor urbis”. Dopo la guerra, la Chiesa acquista anche i consensi
dei ceti medi legati al Fascismo: essi sono traghettati verso la DC. Tali ceti, infatti, per la loro
formazione, non riescono ad immaginare un sistema democratico.
Il Partito Comunista, insieme al Partito Socialista (PC e PSI sono legati da un patto di società
d’azione), stabilisce che la trasformazione dello stato sia affidato alla democrazia progressiva di
Togliatti (come era stato detto nella svolta di Salerno). Quindi, bisogna partire dal fatto che in Italia non
ci sono le condizioni per una rivoluzione socialista e si vuole, di conseguenza, la democrazia
progressiva, cioè una partecipazione sempre più ampia della popolazione nella vita civile in modo che
ci sarebbe stato un passaggio al socialismo senza violenza. Questo tipo di democrazia vuole la
costituzione di un nuovo partito di massa che organizza operai, contadini e ceti medi. In questa
strategia, pilastro fondamentale è l’alleanza con i partiti di massa e con la DC, perché essi hanno radici
profonde nella società. Quando la guerra fredda investe l’Italia, Togliatti va in crisi perché si scioglie
l’alleanza con la DC. Nel 1947, Togliatti viene accusato di essere troppo legalitario e parlamentare.
Anche il PC, quindi, partecipa alla costruzione dello stato democratico. Esso, infatti, vuole un
mutamento radicale della società. All’interno del PC, però, c’è una contraddizione: si pensa che la linea
di Togliatti sia una strategia perché si crede che dopo si sarebbe fatta la rivoluzione insieme a Stalin
(quindi, pur volendo la democrazia, il PC rimane legato all’idea di rivoluzione). Gli storici, comunque,
riconoscono a Togliatti di aver incanalato verso il sistema costituzionale alcune spinte estreme che
altrimenti sarebbero state dannose per la Costituzione. Inoltre nel PC c’è anche un’altra contraddizione:
il PC, cioè, pur volendo uno stato democratico, resta comunque legato a Mosca, ossia ad un regime
totalitario. Questo legame con Mosca fa sì che il PC venga delegittimato dal punto di vista
costituzionale.
Il Partito d’Azione è favorevole al sistema democratico e propone delle riforme economiche. Tale
partito è stato fondato da Giannini. Si tratta di una formazione di destra a cui aderiscono molte persone
soprattutto del Sud.
Il primo governo post-fascista è il governo Parri (giugno 1945), che nasce dalla collaborazione di tutti
i partiti del CLN. Dura, però, fino al novembre 1945 per tre motivi:
1) per i contrasti che nascono nei partiti di governo sulla politica economica. Parri vuole introdurre
una tassa che colpisca chi si era arricchito durante la guerra, ma a questo progetto di oppongono
il Partito Liberale, la DC e l’opinione pubblica;
2) per decidere quando indire le elezioni istituzionali per scegliere tra monarchia e repubblica;
3) per il problema dell’epurazione, in quanto la sinistra vuole che essa sia più incisiva, mentre gli
altri vogliono che essa sia più moderata.
Dopo vari negoziati, si forma il primo governo De Gasperi sempre grazie alla collaborazione dei
partiti del CLN. Tale governo è appoggiato da Togliatti, perché in questo modo si legittimano i partiti di
massa. Tale governo dura fino al giugno del 1946 ed è caratterizzato da scelte moderate da parte di De
Gasperi. Ad esempio, si stabilisce che le elezioni politiche per il nuovo Parlamento siano rinviate a
favore di quelle amministrative. Il problema più importante di questo governo è quello istituzionale. Il
decreto Bonomi prevede che l’Assemblea Costituente debba scegliere tra monarchia e repubblica e
scrivere la nuova Costituzione. Invece, su pressione dei monarchici, il governo emana un decreto in cui
il problema istituzionale sarebbe stato risolto grazie al referendum popolare. Ci sono tre motivi per
cui è stata presa questa decisione:
1) De Gasperi sente che coinvolgere il popolo sia segno di democrazia maggiore. Inoltre De
Gasperi sa che il mondo cattolico è diviso al suo interno tra monarchici e repubblicani e perciò,
con il referendum popolare, si fa sì che tale divisione non esploda (la divisione, invece, sarebbe
esplosa rendendosi manifesta a tutti se a votare il problema istituzionale fosse stata l’Assemblea
Costituente);
2) per le competenze che l’Assemblea Costituente avrebbe dovuto avere. Per la sinistra, essa deve
controllare il governo ed emanare leggi, oltre che scrivere la Costituzione. Ma si stabilisce che
la Costituente dovesse scrivere solo la Costituzione e non fare leggi;
3) con la legge elettorale viene introdotto il sistema proporzionale e viene introdotta anche
l’obbligatorietà del voto. La sinistra non vuole l’obbligatorietà perché teme che essa favorisca le
donne e i partiti conservatori. Il voto è reso obbligatorio perché è posta la condizione che si
sarebbero pubblicati i nomi di chi si fosse astenuto dal voto.
Alla vigilia del voto del 2 giugno 1946, Vittorio Emanuele III abdica e passa i poteri al figlio
Umberto II. Il PC, il PSI, il Partito d’Azione ed il Partito repubblicano sono favorevoli alla repubblica,
perché la monarchia era stata implicata col Fascismo e sarebbe stata d’ostacolo agli sviluppi
economico-amministrativi. I monarchici, invece,