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4 CAPITOLO- IL FASCISMO AL POTERE

Il quadro politico italiano nell’immediato dopoguerra

Dopo il 1918 l’Italia deve affrontare alcuni problemi come l’inflazione, la riorganizzazione

produttiva e il malcontento della popolazione. Di fronte all’aggravarsi della crisi del paese nessuno

degli esponenti liberali fu in grado di offrire una soluzione adeguata; la composizione del

parlamento intanto, era cambiata con l’introduzione del suffragio universale maschile, per mezzo

del quale i partiti di massa conquistavano la maggioranza dei seggi. I risultati elettorali segnano una

dura sconfitta dell’aerea liberale in quanto politicamente fragile; dunque mentre il partito liberale

andava in crisi nascevano e si affermavano nuove formazioni politiche:

• La prima formazione è il partito popolare italiano, partito cattolico fondato nel gennaio del

1919 e guidato dal sacerdote, don Luigi Sturzo. Il partito popolare aveva l’appoggio della

democrazia cristiana e di molti moderati: grandi e piccoli proprietari terrieri e ceti borghesi.

I popolari inoltre, affermavano nella vita politica i valori del cattolicesimo.

• L’altra formazione è il partito socialista italiano, composto principalmente da operai e

braccianti agricoli che costituivano il proletariato. Il partito esprime una posizione

favorevole alla Rivoluzione sovietica e perseguiva

• il programma adottato dalla Russia bolscevica. Tra i suoi fini, l’abolizione dello stato

borghese, la dittatura del proletariato e la costruzione di un nuovo ordine comunista. Questo

programma venne definito “massimalista”.

Occupazione delle terre e delle fabbriche

La presenza del partito socialista incoraggia sindacati operai e contadini che tra il 1919 e il 1920,

iniziano ad assumere posizioni radicali, a scioperare e manifestare. Si verificò così un movimento

spontaneo di occupazione delle terre soprattutto al Sud, seguito da un numero crescente di scioperi

agrari nelle regioni del Centro e della pianura Padana. Non meno tesa è la situazione nelle aree

industriali del nord. La crisi economica del primo dopoguerra che aveva causato una forte

diminuzione delle retribuzioni e un gran numero di licenziamenti, provocò la reazione degli operai

che organizzarono numerosi scioperi e occuparono le fabbriche.

Durante l’occupazione Giolitti, che presiedeva il governo, decide di non far intervenire l’esercito,

favorì le trattative fra industriali e sindacati fino a quando obbligò attraverso un accordo, gli

industriali a concedere ai lavorati i miglioramenti richiesti: l’adeguamento dei salari all’inflazione,

la giornata lavorativa di 8 ore, e la formazione di organismi di controllo e di gestione della

produzione.

All’interno del partito socialista nel frattempo, si era formata una corrente guidata da Bordiga,

Gramsci e Togliatti che sosteneva posizioni rivoluzionari e accusava il resto dei socialisti (compresi

i massimalisti) di non avere realizzato davvero una rivoluzione sovietica. Nel gennaio 1921 questo

gruppo si staccò dal partito socialista e fondò a Livorno, il Partito comunista d’Italia.

La scissione comunista rese più debole la sinistra che risultò divisa in due partiti avversari incapaci

di far fronte entrambi, alla crisi sociale.

La nascita del fascismo

Nel marzo del 1919, a Milano venne fondato da Benito Mussolini il movimento dei Fasci di

combattimento, che due anni dopo, nel 1921, si è trasformato nel Partito nazionale fascista. I suoi

primi aderenti provenivano da organizzazioni di ex combattenti, spesso privi di un lavoro

soddisfacente, e da alcuni gruppi di ex socialisti rivoluzionari. Il programma iniziale riprendeva

elementi importanti della tradizione socialista. Nelle elezioni del 1919 i Fasci, però, non ricevono

alcun voto favorevole e, a partire da questa sconfitta, cominciano a cambiare natura: Mussolini

intuì che il suo movimento poteva svilupparsi solo se si fosse appoggiato alla classe dirigente, ai

ceti borghesi che chiedevano la repressione dei movimenti popolari, perchè intimoriti dalla loro

propaganda rivoluzionaria.

Per questo scopo il movimento abbandona il riferimento alle riforme sociali contenute nel primo

programma, si trasforma in un movimento di estrema destra e trova perciò, l’adesione e il sostegno

dei ceti agrari cioè dei proprietari terrieri, affittuari e piccoli borghesi della valle Padana. Il

movimento si dotò di strutture organizzative di tipo militare, le squadre d’azione fasciste, che per

reprimere socialisti, sindacalisti e operai, iniziarono una violenta e sanguinosa battaglia. Nel giro di

pochi mesi i fascisti riuscirono a smantellare quasi completamente i socialisti e la classe operaia.

La marcia su Roma e le elezioni del 1921

In occasioni delle elezioni del 1921 Giolitti pensò di usare il fascismo contro le sinistre e

raggiungere la maggioranza assoluta dei voti; a tale scopo, favorì la formazione di liste del blocco

nazionale con la partecipazione di liberali, popolari, nazionalisti e anche fascisti. Il progetto di

Giolitti tuttavia, fallì poiché il risultato delle elezioni portò all’ingresso in parlamento di 35

deputati fascisti incluso Mussolini; quest’ultimo capì che era arrivato il momento della conquista

del potere; così, trasformò il movimento in partito e i fasci assunsero il nome di Partito nazionale

fascista. Il 28 ottobre 1922 organizzò un colpo di stato contro il governo: la marcia su Roma delle

camicie nere fascisti.

Il presidente del consiglio Facta, un liberale succeduto a Giolitti, cercò di resistere: preparò un

decreto che dichiarava lo stato d’assedio e lo portò alla firma del re. Se il re lo avesse firmato

l’esercito sarebbe intervenuto a fronteggiare le colonne fasciste e la marcia su Roma sarebbe fallita:

ma Vittorio Emanuele III cedette alle pressioni dell’esercito fascista. rifiutò di firmare la richiesta e

chiese a Mussolini di formare un nuovo governo. Il primo governo Mussolini, appoggiato da

liberali, nazionalisti e cattolici, ottiene voto favorevole del parlamento, nonostante la forte

opposizione di socialisti e comunisti.

Una fase transitoria (1922-25). Elezioni del 1924 4 la protesta dell’Aventino

Mussolini per imporre definitivamente il dominio del suo partito, nel dicembre del 1922, forma il

Gran Consiglio del fascismo, un organo nuovo che gli avrebbe permesso di tenere sotto stretto

controllo tutto il partito e il quale compito era quello di elaborare la linea d’azione del governo; le

squadre di camicie nere furono trasformate nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, una

nuova forza armata posta alle dipendenze di Mussolini.

Nelle elezioni del 1924, Mussolini riuscì a formare una forte coalizione politica, appoggiata da

molti liberali e cattolici. Viene approvata una nuova legge elettorale che prevedeva un premio di

maggioranza al partito che avesse avuto il maggior numero di voti. (definita legge acerbo- si

attribuiva il 65%dei seggi alla lista che abbia preso almeno il 25%dei voti).

Contando sul clima di paura, intimidazione e violenza generato dalle squadre fasciste, Mussolini

con la sua coalizione (formata da cattolici e liberali), ottiene la maggioranza assoluta.

Benché rafforzato da questo successo elettorale, proprio nel 1924 il fascismo attraversò un periodo

di crisi: il 30 maggio di quell’anno infatti, il deputato Giacomo Matteotti, segretario del partito

socialista unitario, denunciò pubblicamente in un discorso le violenze e le minacce usate dai fascisti

per falsare il risultato delle elezioni, e ne chiede l’annullamento. Egli venne rapito e assassinato da

una squadra di fascisti. L’uccisone di Matteotti suscitò un ondata di indignazione nell’opinione

pubblica che portò allo scioglimento della coalizione di governo formata da Mussolini. I partiti

d’opposizione reagirono all’assassinio e decidono di ritirarsi dal parlamento: il fatto passò alla

storia come secessione dell’Aventino,( con riferimento a quanto avevano fatto ai tempi dell’antica

Roma i plebei che, per protestare contro i soprusi dei patrizi, si ritirarono sul monte Aventino). La

crisi viene superata, Il 3 gennaio 1925 con un discorso alla Camera, tenuto dallo stesso Mussolini

che prese su di sé ogni responsabilità politica, morale e storica di quanto accaduto.

Il fascismo si fa stato:

Rassicurato sull’impotenza dell’opposizione, il fascismo passò ad una serie di provvedimenti che

portarono alla fascistizzazione dello Stato liberale, che venne trasformato in una vera e propria

dittatura. Il fascismo avviò a partire dal 1925 la costruzione di un regime autoritario a partito unico

attraverso l’approvazione delle cosiddette, leggi fascistissime, con le quali:

• Vennero approvate leggi per il controllo di tutti i partiti di opposizione, avverse al fascismo;

• Fu soppressa la libertà di stampa e quella di associazione;

• Il potere di fare le leggi venne sottratto al parlamento e affidato al governo, cioè allo stesso

Mussolini;

• Il potere del capo di governo venne completamente svincolato da ogni controllo

parlamentare;

• Venne istituito un Tribunale speciale per la difesa dello stato e furono introdotti il confino

politico e la pena di morte per gli attentatori alla vita dei regnati e del capo del governo;

In sintesi: nel corso del 1925, Mussolini attuò una serie di provvedimenti, le cosiddette leggi

fascistissime, che fecerono nascere la dittatura fascista.

Venne ristrutturato anche il sistema economico: quando Mussolini salì al potere la crisi economica

post-bellica era ormai superata; il ministro delle finanze, De Stefani, impostò una politica

economica basata sulla riduzione salariale, su una forte repressione fiscale, sulla diminuzione delle

spese statali e su larghi favori alle imprese.

• Mussolini per favorire investitori internazionale e risparmiatori decide di procedere alla

rivoluzione della lira che si era fortemente svalutata nei confronti della sterlina, e portata a

quota 90. Questo provocò una forte recessione causata dal crollo delle esportazioni; infatti

la rivalutazione della lira aveva reso le merci italiane troppo costose all’estero.

• con gli accordi di Palazzo Vinoni la Confindustria riconosceva come rappresentante

legittimo, solo il sindacato fascista; in seguito la legge vieta sia le serrate che gli scioperi;

• Per far fronte alla disoccupazione e rilanciare la produzione, promuove il programma di

bonifica integrale, che doveva portare al recupero delle terre incolte;

• Per sviluppare la produzione agricola fu compiuta nel 1926, la cosiddetta battaglia del

grano, con l’obiettivo di estendere la superficie coltivata, proteggere la produzione

nazionale (con tariffe doganali sull’importazione) e conseguire l&rsq

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
57 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiara-13997 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Noce Tiziana.