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IDENTITÀ PROFESSIONALE, COMUNITÀ OCCUPAZIONALI E MERCATI DEL LAVORO
In epoca taylor fordista classica il lavoro era in prevalenza dequalificato, il controllo burocratico, le imprese soddisfacevano il loro bisogno di manodopera rivolgendosi al mercato esterno. La formazione professionale era minima e le prospettive di carriera limitate.
In epoca tardo fordista si sviluppano i mercati interni del lavoro, grazie al progresso tecnologico, allo sviluppo a rete, e all'aumento della competizione che portano l'impresa ad avere dei dipendenti con competenze tecniche e a far sì che il dipendente si attacchi all'impresa.
Giunge infine l'epoca delle organizzazioni minimali che determinano lo sviluppo dei mercati occupazionali. Già negli anni '80 si parlava di comunità occupazionale e di mercato del lavoro occupazionale. Non sono più le imprese a fornire identità professionale ma sono le comunità occupazionali formate da gruppi di
persone impegnate nello stesso tipo di lavoro, che trovano la propria identità proprio in tali comunità, che lavorano trasversalmente nelle varie imprese. Tali comunità sono altamente selettive e il loro criterio guida è la reputazione reciproca basata su esperienze di lavoro comuni o similari. La competizione in tale contesto impedisce un continuo e diffuso flusso di comunicazioni. Spetta alle comunità occupazionali stabilire le norme comuni di comportamento e le sanzioni per i trasgressori.
PRESSIONI ISOMORFICHE SULLE COMUNITÀ OCCUPAZIONALI E SULLE IMPRESE
Le comunità occupazionali fungono da mercati del lavoro auto regolati, sul lato dell'offerta di beni e servizi. Le imprese che necessitano prestazioni specialistiche sviluppano sempre meno un mercato interno e scelgono le comunità occupazionali in base a criteri di reputazione ed esperienza pregressa. Tale scelta pone il problema dell'incertezza delle prestazioni insita in
ogni nuovo contratto. Per superare l'incertezza si standardizzano le competenze e le prestazioni dei professionisti, si diffondono intorno e dentro le comunità internazionali delle pressioni istituzionali volte a ottenere una omogeneizzazione delle prestazioni. I professionisti che migrano da impresa a impresa devono anche apprendere velocemente, minimizzare i tempi. L'isomorfismo investe anche la domanda ossia le imprese dove i professionisti esterni prestano la loro opera temporanea. L'isomorfismo non è solo l'effetto della competizione su un mercato globale che spinge le imprese di tutto il mondo a livellare lo standard dei processi produttivi e dei prodotti ma è anche alimentato da un processo sempre più esteso di outsourcing (terziarizzazione). L'outsourcing consiste nella cessione ad altre imprese di alcuni servizi o fasi del processo produttivo al fine di specializzarsi su una ristretta gamma di competenze (core competences) che traL'altro si ridefiniscono sempre) dove affrontaremeglio la concorrenza. Sono le politiche si outsourcing spinto a favorire i processi di isomorfismo: questonasce dal fatto che i professionisti esterni non lavorano per una sola impresa, ma per più imprese chepossono essere in concorrenza tra loro. Pur essendo impegnati in progetti specifici di ogni impresa essiutilizzano un know how che è l'unico disponibile sul mercato, sicché le imprese finiscono con il progettareprodotti largamente similari.
4 PROSPETTIVE DI RICERCA: LOGO, GLOBALIZZAZIONE E CATENA MONDIALE DELLE MERCI
La concorrenza si sposta sempre più dalla qualità intrinseca del prodotto all'immagine del marchio. È una tendenza legata ai processi di globalizzazione, con crescente divario tra i paesi ricchi e altri poveri dove si concentrano lavori esecutivi in condizioni intollerabili. La protesta contro la globalizzazione sostiene che vi è un ampio divario tra gli aspetti
simbolici e gli aspetti materiali della produzione, proliferano zone industriali di esportazione, autentici lager dove uomini, donne e bambini lavorano in squallidi capannoni 12 ore al giorno per salari da fame, a produrre merci anonime su cui poi le grandi imprese acquirenti metteranno i propri marchi, questa è la faccia sporca dei processi di globalizzazione, lo sfruttamento dei paesi più poveri rientra in un processo capitalistico globale, dove le imprese comprano a prezzi stracciati. Il concetto di catena mondiale delle merci consente di ricostruire ogni passaggio produttivo vedendone la concatenazione a livello globale. Con tale concetto si intende una serie di reti interorganizzative aggregate intorno a un dato prodotto o una data merce che connettono economie domestiche, imprese e stati nazionali all'interno dell'economia mondiale. Si superano le singole fasi del processo produttivo per vederne la loro concatenazione a livello di mondo, dalle materie prime alprodotto finito. Si può ricostruire così, a livello di micro e macro il valore aggiunto in ogni passaggio della merce da un paese all'altro in rapporto alle istituzioni statali, al controllo del lavoro e alle reti connettive tra produttori e venditori. Questo capitolo non è incluso nel programma di Bechtle ma siccome l'ho fatto per errore io lo metto ugualmente (capitolo 4)
CAPITOLO 4 ECONOMIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE E POPOLAZIONI ORGANIZZATE
Quanto detto nei capitoli precedenti, con discorsi seppur diversi tra loro, portano alla conclusione che le organizzazioni sono in tutti e 3 i capitoli, considerate come entità dai confini ben definiti, con scopi istituzionali da perseguire, e che gerarchia e burocrazia ne sono le tipiche strutture di comando e funzionamento.
Vediamo ora altre due scuole di pensiero che superano quella visione:
- Economia dei costi di transazione ECT.
- Analisi delle popolazioni organizzative
approccio ecologico. Sono scuole nate per studiare le imprese economiche che però possono avere rilevanti applicazioni anche nello studio di organizzazioni di altro tipo. La ECT definisce organizzazione, qualsiasi modello stabile di rapporti tra soggetti, siano essi individuali o collettivi. Dalla visione di organizzazione come burocrazia e basta si passa alla visione di organizzazione come burocrazia, forme ibride o intermedie (reti) e mercato dove:
- Mercato e organizzazione non sono viste come realtà contrapposte
- le organizzazioni non hanno confini stabili e definiti in base a un criterio univoco
- Le organizzazioni, tra cui il mercato, non possono essere studiate prescindendo dal contesto istituzionale in cui sono inserite.
L'approccio ecologico ha come oggetto di analisi le popolazioni organizzative, ovvero un insieme di organizzazioni che condividono la caratteristica di operare e di avere operato nella stessa nicchia ambientale per un certo periodo di tempo.
L'approccio ecologico:- Offre gli strumenti per rispondere alla domanda sul perché nella società contemporanea esiste una così alta varietà di forme organizzative.
- Richiama il contesto istituzionale per capire i processi generatori delle forme organizzative.
- Si propone di integrare la spiegazione dei processi di isomorfismo fornita dalla scuola neoistituzionalista.
Stabilire i confini dell'impresa non costituiva un problema, perché i confini fisici dell'impresa coincidevano con i suoi confini economici, tecnici, finanziari e umani. Se usiamo il concetto di verticalizzazione per esprimere l'estensione delle fasi produttive direttamente compiute dall'impresa, si può dire che le imprese tradizionali avevano una elevata verticalizzazione, tutto si produceva al suo interno. Però più frequente era nel passato la strategia di acquistare da altre imprese del materiale grezzo o dei semilavorati da trasformare nei propri impianti in prodotti da immettere sul mercato, più rilevanti erano gli apporti di componenti o lavorazioni compiute da altre imprese, meno era verticalizzata l'impresa. La tecnologia era fattore determinante per stabilire i confini dell'impresa. Con gli anni '70 si cominciarono a diffondere processi di deverticalizzazione dovuti al fatto che le grandi imprese affidavano ad
altre imprese più piccole, l'appalto di specifiche lavorazioni o anche di componenti complesse di propri prodotti. Non trascurabile nemmeno il lavoro a domicilio assegnato ai lavoranti formalmente indipendenti. Cambia radicalmente lo scenario e in questa prospettiva trova la sua fortuna l'ECT, scuola di pensiero che ha nell'americano Oliver Williamson il suo più noto esponente. La ricerca di Williamson inizia dalla domanda: perché tutta la produzione non viene effettuata in un'unica grande impresa? Per rispondere osserva che è sbagliato considerare l'impresa come un'entità la cui funzione fondamentale è produrre, ma va considerata come una struttura di governo (governance), la cui funzione fondamentale è quella di stipulare e garantire contratti affidabili ed efficienti. Nel nuovo modello le scelte si allargano perché l'impresa si trova di fronte all'alternativa tra produrre al suo interno oppurecomperare all'esterno (to make to buy). Per chiarire la definizione dell'impresa Williamson si rifà alla parabola di Smith sulla produzione degli spilli. La divisione del lavoro risolve il problema perché consente di aumentare la produttività di parecchie decine di volte. Secondo Williamson oggi l'ECT non si pone il problema di quanti spilli produrre, a quale prezzo, ma piuttosto quello di come organizzare le 18 distinte operazioni descritte da Smith. Ciò comporta che l'unità elementare dell'analisi non è più il bene prodotto ma la transazione (qualsiasi forma di contratto che l'impresa può stipulare), in più, la tecnologia non è più il fattore primario nello stabilire i confini dell'impresa.
3.4 DUE FONTI DI INCERTEZZA: RAZIONALITÀ LIMITATA E OPPORTUNISMO
Il presupposto della razionalità limitata (già teorizzata da Simon) parte dal presupposto che sebbene gli esseri
paragrafo è che gli esseri umani si comportino in modo intenzionalmente razionale. Tuttavia, nella realtà, gli esseri umani sono molto meno razionali a causa dei limiti di conoscenza, lungimiranza, abilità tecniche e di tempo a disposizione per agire.