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S B

ENNUCCIO DEL ENE

Fiorentino e Guelfo bianco come Dante, conobbe il sommo poeta e Petrarca.

Amor, tu sai ha schema metrico: ABC ABC CDEEDdFF.

Amor tu sai

Amore, tu sai che io sono una persona col capo canuto,

Eppure verso di me rivolgi arco e faretra

E ora più che mai mi perseguiti.

Tu mi farai reputare un vecchio sciocco

E mi metterai contro tante persone:

Dunque, se posso, è meglio che mi dilegui.

Ma come, se tu mi perseguiti attraverso quella donna

Tanto che non potrei fuggirti di un passo

Senza avvicinarmi di mille a te,

Dal momento in cui le ardenti fiamme

Nacquero dalla neve, che bruciano il povero cuore?

Da qui io sono alto e basso

Solo per lei, che non ne sa nulla,

Nonostante siano passati già quattro anni.

Bensì iniziai, molto prima che mi accadde

Che dalla neva nascesse fuoco ardente,

A parlare di lei un poco in rima e prosa;

Ma un pensiero di discrezione mi trattenne;

Vedendo lei di gran valore e io di poco,

Feci tacere la mente amorosa.

Rimase nascosto il fuoco; senza pace

Mi bruciò dentro e fuori non si vedeva

E bruciando così, è cresciuto tanto forte

Che, se lei non mi soccorre,

Conviene che in poco tempo io muoia;

Ma la mente la adora

E le chiede pietà a mani giunte,

Piena di amore, speranza e fede.

Deh, chi mi scuserà quando sarà

Chiaro che il giovane vecchietto

d’amore?

Arde sempre di più in un fuoco

Non so, ma per difendermi chiuderò

Le orecchie, e dica ciascuno ciò

Che vuole, e io con fermezza

Osserverò il tuo comando, Amore,

Benché non posso certamente contrastare,

Né si può resistere al tuo volere.

Perciò mi scuso, dato che non ho potere,

Se anche volessi torgliermi di dosso te:

Sarei molto sciocco

Se volessi poter non essere tuo,

Considerando lei e la sua bellezza.

Lei è mirabile, gentile, leggiadra e bella,

Io al contrario insignificante, basso e rozzo.

Cosa accadrà quando saprà che la amo?

Sarà sdegnata, sprezzante e acerba;

E io sempre servo fedele, puro e sincero,

Sempre pronto a soffrire:

Poiché una volta o l’altra sarà pur al corrente

Del mio sincero amore e della mia fedeltà casta.

Non mi si potrebbe togliere le speranze

giorno o l’altro io trovi soddisfazione;

Che un

Poiché il non perseverare di una nobile creatura

Di stare sempre ferma e fedele

Quando l’amante leale sa

Amare perfettamente e voler ben con perseveranza.

Sia ciò che si vuole, sono forzato

Ad amare donna tanto elevata

Poiché io rispetto a lei sono meno di niente;

Ma lo stesso, quando spesso io ragiono con me stesso,

Non mi dispero della mia inclinazione amorosa,

Considerando te, signore possente (Amore),

Che, come hai posto la mia mente a pensare a lei,

Così potrai fare con la sua,

Poiché ti è possibile quello che ti piace.

Tu sei il mio solo conforto;

Tu sei il signore che, una volta dato, non vuol togliere,

Se qualcuno percorre la tua strada

Disposto ad amare e chi si sforza;;

Tu colui che non perdoni che chi sia amato non ricambi.

Mia canzone, vestiti d’umiltà

Come ti conviene e di nobile dolore

Davanti alla mia donna.

Quando sarai da lei,

Dille: “Madonna, il vostro umile servo

È ancor più servo di ciò che sembra”.

D C

INO OMPAGNI

Nato a Firenze intorno al 1255-1260, guelfo di parte bianca appassionatamente coinvolto nella vita politica

della sua città, Dino Compagni fu per sei volte Console dell’Arte della Seta, priore nel 1289 (durante la guerra

di Arezzo, e dunque nell’anno della battaglia di Campaldino cui prese parte lo stesso Dante) e nel 1301 (quando

assiste alla presa del potere da parte dei Neri), Gonfaloniere di giustizia nel 1293. In virtù di una legge che

salvaguardava i priori decaduti dalla loro carica da meno di un anno, poté evitare l’esilio, che tocc invece a

gran parte degli esponenti del suo partito. Fu tuttavia emarginato dalla vita politica. Morì nel 1324, e fu sepolto

nella chiesa fiorentina di Santa Trìnita. Fra il 1310 e il 1312 compose la Cronica delle cose occorrenti ne’

tempi suoi, forse il testo più significativo del genere cronachistico medievale in lingua volgare. Della sua

attività poetica restano alcune rime giovanili caratterizzate da una robusta tensione morale. Discussa, e per lo

più contestata, è oggi l’attribuzione a Dino Compagni dell’Intelligenza.

Cronica

La delicatezza dell’argomento, ancora di forte attualità negli anni in cui il Compagni scriveva, e il carattere

decisamente politico della narrazione («diario di una sconfitta, steso da uno sconfitto», come ha osservato

Bezzola) spiegano la travagliata fortuna dell’opera, che ebbe una diffusione quasi clandestina nel corso

Guido

del Trecento e fu scarsamente nota anche nei secoli successivi. La prima edizione a stampa, curata dal Muratori

nel 1726, segnò la riscoperta della Cronica, che tuttavia conobbe ampia fortuna soltanto in età risorgimentale,

sia per ragioni linguistiche (un esempio di fiorentino trecentesco) sia per ragioni ideologiche e patriottiche

(l’età comunale vista come un’epoca di libertà, di energia vitale e di lotte politiche). Nella Cronica del

Compagni vengono narrati gli avvenimenti accaduti in Firenze e in Toscana fra il 1280 e il 1312. Diversamente

dalla maggior parte delle opere precedenti, che prendevano le mosse dalla creazione del mondo, l’autore inizia

in medias res, limitandosi esclusivamente ai fatti di cui era stato testimone, se non addirittura partecipe.

Attendibilità delle fonti e accertamento diretto dei fatti si accompagnano a una lettura passionale e politica

degli eventi, che sono inquadrati nella prospettiva di un uomo che prova indignazione per la condizione in cui

versa ormai da un decennio la sua città, rimpiange i tempi passati, quando il Comune era florido e giusto,

denuncia coloro che, a suo giudizio, sono stati responsabili del disastro, auspica un intervento riparatore. Il

vigore della rappresentazione, l’asprezza dei giudizi, la fierezza polemica dello sguardo sono sorretti da uno

stile mosso e vivace, asciutto e incisivo, fondato su una retorica che è tipica dei discorsi orali piuttosto che

scritti (quei discorsi che il Compagni aveva spesso tenuto durante l’esercizio della sua attività civile): così si

spiegano i caratteri più marcati della sua prosa, sempre rapida e tesa, dominata dal gusto delle ellissi e degli

anacoluti, da un acceso realismo lessicale, dal taglio scorciato ed emotivo di molti capitoli.

Il Pecora beccaio

Giano della Bella e i suoi compagni vengono cacciati da Firenze. I cittadini iniziano allora a condannarli ed

esiliarli. Sopra tutti coloro che li infamano e accusano di scandalo a Pistoia, vi è il Pecora, uomo dai costumi

malvagi che non si preoccupa nemmeno di celare la sua iniquità e la sua corruzione, dicendo che ha liberato

i cittadini dal tiranno Giano.

Priorato di Dino

In questo momento vengono eletti nuovi signori,tra cui lo stesso Dino. La nuova amministrazione piace a

entrambe le parti, anche perché è l’ultima speranza, nonché agli avversari che li vedono come deboli. Subito

giungono al confronto con le varie parti politiche. Iniziano i colloqui con i capitani guelfi che si devono

occupare solo della chiesa, in cambio hanno dei benefici. Questo smuove le acque dei Neri, la pace rischia di

esserne intaccata.

Discorso di Dino

Per non far trovare la città in quelle condizioni a Carlo di Valois, Dino sceglie di radunare i titolari di cariche

nella chiesa di San Giovanni, dove tiene un discorso incentrato sull’importanza della pace e della concordia.

Tutti ne sono molto colpito.

Corso Donati e Carlo di Valois

Il “Barone” Corso Donati è un uomo molto piacente, ma pieno di crudeltà.

Carlo di Valois, non appena sceso, rivela le sue intenzioni, cioè raccogliere proventi, anche e soprattutto con

minacce, ma a nulla queste valgono, perché lui, biasimando la città, lascia stare.

Invettiva contro i cittadini colpevoli

Dino compagni rimprovera duramente i concittadini anche citandoli a voce, per la loro corruzione, per la

loro superbia e per la loro arroganza, nonché cattiva conduzione della città.

Guerra tra Neri e Cavalcanti

Nel clima di tensione generale, la gente inizia ad armarsi e quelli che nascono come piccoli tafferugli

divengono vere e proprie guerriglie urbane, tanto che scoppia un incendio presso Orsanmichele. L’incendio

non è né gestito adeguatamente né senza conseguenze, infatti i Cavalcanti perdono i loro beni e sono costretti

a rifugiarsi altrove.

La congiura fallita della lastra

La congiura, ordita dai fuoriusciti di Firenze, si rivela un fuoco di paglia, infatti nonostante si arrivi alle armi

i congiurati vengono ugualmente sconfitti.

G V

IOVANNI ILLANI

A una generazione successiva a quella del Compagni appartiene Giovanni Villani, nato a Firenze verso il 1280

da una famiglia di mercanti e mercante egli stesso. Politicamente moderato, fu vicino alla fazione dei Guelfi

Neri. Dal 1302 al 1307 visse nelle Fiandre come rappresentante della Compagnia dei Peruzzi, di cui fu socio

e azionista. Durante questi anni ebbe modo di intrecciare importanti relazioni d’affari con i maggiori esponenti

del mondo mercantile francese e fiammingo. Tornato in patria, partecipò alla vita politica della sua città, fino

ad assumere le più alte cariche comunali: fu tre volte priore, ufficiale della moneta, cioè della zecca;

ambasciatore a Bologna, tesoriere del Comune. Nel 1346 fu coinvolto nel fallimento della compagnia dei

Buonaccorsi, di cui era socio dal 1322, e conobbe anche il carcere. Morì durante la peste del 1348. Proprio nel

1308, appena di ritorno a Firenze dopo il viaggio in Fiandra, cominci a redigere la Nuova cronica, la cui

alla morte. L’opera, interrotta al libro XII, fu continuata

stesura si protrasse fino dal fratello Matteo, che narrò

in altri 11 libri i fatti compresi tra il 1348 e il 1363, anno in cui anch’egli morì di peste. Filippo Villani (1325-

1405), figlio di Matteo, commentatore di Dante allo Studio fiorentino e autore di una storia dei fiorentini

illustri, aggiunse all’intero corpus un ultimo libro, dove si dava conto degli avvenimenti accaduti nel 1364.

Nuova cronica

Caratteristiche ben diverse presenta la Nuova Cronica che il Villani ideò, secondo quanto egli stesso scrive

(VIII, 36) durante il 1300, l’anno del Giubileo, ma che in realtà cominci a redigere solo dopo il 1308, di ritorno

dalle Fiandre. Concepita come una storia universale, come gran parte delle opere storiog

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A.A. 2016-2017
182 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giulia-Malatini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Frasso Giuseppe.