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I
Dante apre il suo “libello” con la metafora del volume, molto diffusa già in precedenza:
rappresenta la memoria come un libro nel quale a un certo punto si legge una “rubrica”, ossia
un titolo che recita Incipit Vita nova. Dante, usando un termine tecnico, dice di voler
assemblare, ricopiare, alcune parole di quei testi.
Incontro Dante e Beatrice: numerologia (nono anno, 9 = perfezione perché 3x3), nomina sunt
consequentia rerum (coloro che chiamavano quella donna Beatrice non sapevano il reale
valore di quello che stavano pronunciando). Dante utilizza immagini che fanno riferimento al
movimento dei cieli, qui si fa riferimento al cielo delle stelle fisse che fa un giro ogni 100
anni: Dante dice che è già passata una delle 12 parti (poco meno di nove anni). “Apparve
vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno (noi che tingemmo il mondo di
sanguigno, Inf. V, richiamo interno).” Amore prende signoria sul cuore di Dante. Beatrice è
descritta come una “giovanissima angiola”. Dante è maestro nel trarre da una minima tessera
una sfera di emozioni e suggestioni (qui cita Omero, che non conosceva direttamente).
27
Rapporto amore e ragione declinato in maniera ben diversa da quanto ha presentato
Cavalcanti. Beatrice non consente che amore signoreggi il cuore di Dante in maniera
svincolata dalla ragione (qui amore e ragione sono sullo stesso piano). De Robertis parla della
Vita nuova come: “Manifesto dello Stilnovo nell’unica accezione storicamente autentica.”
III
Beatrice sarà sempre la gentilissima, nobilissima o cortesissima. “Passando per una via” =
situazione topica della tradizione precedente. Beatrice per la sua cortesia si rivolge verso di
lui e lo degna del proprio saluto, che si rivela salutifero, nella nona ora di quel giorno.
Simbologia numerica: sono compiuti nove anni dal primo incontro quando vede di nuovo
Beatrice, questa volta vestita “di colore bianchissimo” accompagnata da altre due donne.
Dante si rifugia nella sua camera e il continuo pensiero di Beatrice produce una visione,
un’atmosfera onirica connotata dal verbo parere: appare la figura di un uomo in grado di
suscitare timore in coloro che lo guardassero e che teneva nelle braccia una persona nuda
salvo che un drappo di colore sanguigno (simbologia dei colori). La donna si rivela essere
Beatrice: Dante eredita un’immagine della tradizione provenzale, quella del cuore mangiato
dalla donna. Il fatto che però getta Dante nello sconforto è il repentino cambiamento nel
presentarsi d’amore, che a un certo punto non è più ridente ma inizia a lacrimare “e così
piangendo, si ricogliea (prendeva) questa donna ne le sue braccia, e con essa mi parea che si
ne gisse verso lo cielo”. Non riuscendo a sostenere più la visione, Dante si sveglia e si rende
conto che la visione che aveva avuto era accaduta all’ora quarta della notte: prima ora delle
ultime nove ore della notta. Decide per cui di mettersi a poetare: l’interlocutore a cui si vuole
rivolgere è colui che è in grado di riconoscere la materia amorosa perché ne ha fatto esperienza
e ha deciso di trattarne tramite la poesia (“tutti li fedeli d’Amore” = i vassalli d’amore).
Spiega bene com’è la struttura della Vita Nuova: la tessitura narrativa, posteriore alla stesura
delle rime, funziona da architettura di contesto in cui colloca le liriche.
La prima lirica è A ciascun’ alma presa, che invia anche a Cavalcanti, come quest’ultimo
testimonia in Vedeste, al mio parere. Il sonetto traspone in versi la visione che Dante ha avuto
e spiegato in prosa poco prima. Analisi: l’incipit indica i destinatari, tutte le anime prese da
Amore, innamorate. Nella seconda quartina inizia la descrizione della visione, che si apre ai
versi 5 e 6 con una perifrasi temporale. Di nuovo Amore si presenta allegro e se ne va
piangente, con la donna
La prosa che segue i testi lirici, li divide in parti, di fatti recita: “Questo sonetto si divide in
due parti; che ne la prima parte saluto e domando risponsione, ne la seconda significo a che
si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi: Già eran. A questo sonetto fue risposto
da molti e di diverse sentenzie; tra li quali fue risponditore quelli cui io chiamo primo de li
miei amici, e disse allora uno sonetto, lo quale comincia: Vedeste, al mio parere, onne valore.
E questo fue quasi lo principio de l'amistà tra lui e me, quando elli seppe che io era quelli che
li avea ciò mandato”. Dopo la morte di Beatrice l’introduzione segue i testi, che sono spogli
della spiegazione (che manca), quasi a lasciarli aperti. 28
Al sonetto risposero (riprendendone le rime) anche Dante da Maiano, con “Di ciò che stato
sei il mandatore” e un altro poeta, riconosciuto da alcuni con lo stesso Cino da Pistoia o un
poeta minore, con “Naturalmente chere ogni amadore”.
L’insistere di Dante sul motivo delle donne schermo sarà sollecitazione per i maldicenti e
porterà Beatrice a togliere il saluto a Dante.
V
Dante rivede Beatrice a una funzione mariana, collocata sulla stessa linea della donna dello
schermo. Coloro che assistono alla scena pensano che la donna che Dante osserva non sia
Beatrice, ma quella sulla stessa linea. È quindi rassicurato dal fatto che gli altri non si siano
ancora resi conto della sua vera beatitudine, ossia Beatrice, e fa dell’altra donna una donna
“schermo”.
X
A seguito dell’allontanamento della prima donna schermo e a seguito dell’allontanamento di
Dante da Firenze (lasciato nel vago, è più un allontanamento da Amore che un allontanamento
fisico da Firenze), al suo ritorno individua una seconda donna schermo. Tuttavia, troppe
→ le
persone ormai parlavano di ciò malelingue, che portano Beatrice a negare il saluto a
Dante. Spiega quindi poi gli effetti del saluto di Beatrice.
XI
Torna l’idea dell’umiltà. È un passo molto cavalcantiano, che rimonta all’idea degli spiriti:
Dante invita gli spiriti della vista ad andare da Beatrice. “Cosa grave e inanimata” = dietro a
quest’’idea sta l’idea guininzelliana e cavalcantiana dell’automa. Insistenza sull’idea di
Beatrice di dare beatitudine e del saluto come portatore di salute, salutifero. Prevedeva che ci
fosse una ricompensa, il saluto, ora che gli è stato negato riflette su come poetare senza
→ inizia a farsi strada l’idea che
ricompensa la ricompensa sia lo stesso poetare dello stesso
tessere le lodi alla donna amata, idea che si consolida nel sonetto Donne ch’avete intelletto
d’amore (che già come Donna me prega indica un destinatario preciso e in grado di intendere).
XVIII
Contini intitola il capitolo la poetica della “lode”
“Mie sconfitte” = Dante non sempre era riuscito a reggere alla vista della donna
“Madonne, lo fine del mio amore fue già lo saluto di questa donna, forse di cui voi intendete,
e in quello dimorava la beatitudine, ché era fine di tutti li miei desiderii. Ma poi che le piacque
di negarlo a me, lo mio segnore Amore, la sua merzede, ha posto tutta la mia beatitudine in
quello che non mi puote venire meno”. Quello che non può venire meno, è appunto il lodare
→ la beatitudine di Dante risiede “in quelle parole che lodano la donna mia”.
Dante è colto nel profondo dalla critica di un’altra donna, che gli lamenta il fatto di aver
riflesso più su sé stesso che di aver in realtà tesso lodi a Beatrice. 29
XIX
Scarto del sentimento amoroso, percepibile e comprensibile “non ad ogni donna, ma
solamente a coloro che sono gentili e che non sono pure femmine”.
Alfredo Schiaffini ha parlato della Vita Nova come “legenda sanctae Beatricis”.
Donne ch’avete intelletto d’amore
Dante si rivolge quindi a interlocutrici specifiche, che hanno “intelletto d’amore”, ossia
comprensione d’amore per esperienza propria (di nuovo riprende Donna me prega di
Cavalcanti).
vv 9-12 = non vuole parlare con una tale profondità di questa donna, perché è talmente
grandiosa che Dante ha paura di non riuscire a descriverla pienamente. Decide allora di
parlarne in maniera più facile, “leggeramente”.
Gli effetti beatifici di Beatrice sono palesi: Dante sa che sulla Terra la perderà, perché quasi
già la desidera in cielo (“Madonna è disiata in sommo cielo”), ma dice anche che se avvenisse
che fosse mandato all’Inferno potrà dire ai dannati “O mal nati, / io vidi la speranza de’ beati”.
Beatrice è in grado di gettare nei cuori villani un gelo tale da far sopperire ogni pensiero e chi
fosse in grado di resistere nello stare a guardarla o diventerebbe una cosa nobile oppure
morirebbe. In coloro che invece sono degni di vederla, avviene che quello che lei gli dona si
trasforma in salute, in salvezza e dimentica ogni offesa.
Dopo questa riflessione sul saluto, Dante passa alla lode della donna: dice che l’idea della
bellezza si misura prendendo lei come termine di paragone. Successivamente riprende l’idea
degli spiriti, che partono dagli occhi di lei e sono in grado di ferire chi la guarda.
In conclusione, riprende l’idea del destinatario: Dante invita la propria canzone agli animi
nobili in grado di capire appieno Amore e di velocizzare la strada della canzone, che in ultimo
è rivolta alla stessa Beatrice. La canzone dice infatti, parafrasando, “io sono indirizzata a colei
per la quale sono così tanto ornata”.
↓
Lo sconforto di Dante sembra trovare consolazione nella presenza di una nuova donna (che
appare nel capitolo XXXV e che viene chiamata “donna gentile”) che gli si manifesta vicina
al suo dolore, dopo la morte di Beatrice. Alla fine della Vita Nova si rende conto che però sta
percorrendo è sbagliata, perché gli sta facendo dimenticare il ricordo di Beatrice. All’altezza
del XXXVII capitolo si manifesta questa constatazione e nel capitolo XXXIX torna Beatrice
a ricordargli di lei.
Convivio
Opera della maturità di Dante: come la Vita Nova alterna prosa e componimenti poetici →
prosimetro. La prosa tuttavia, ha un ruolo diverso: svolge la funzione di commentare i testi
30
delle canzoni (non ha intento narrativo). Modello di riferimento sono il commento di testi
della lectio universitaria. Come in questa, la prosa può svolgere il commento del testo e la
spiegazione di alcuni problemi in maniera anche analitica. Dante utilizza mil volgare, scelta
che va in controtendenza, siccome dà dignità al volgare usandolo al trattato. Si contrappone
quind