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DECAMERON
Dopo la peste del 1348, inizia il suo capolavoro, il Decameron, tra il 1348 e il 1351: l'opera, una raccolta di
cento novelle raccontate da dieci giovani narratori in dieci giorni, non è solo il testo più celebre dello scrittore
fiorentino, ma una vera e propria sintesi di tutto il mondo comunale e mercantile del tempo, e uno dei libri
più importanti per l'intera narrativa occidentale.
I dieci narratori, una brigata di sette fanciulle e tre giovani di elevata condizione sociale, decidono di cercare
rifugio in campagna. Qui trascorrono il tempo tra banchetti, canti, balli e giochi per occupare le giornate.
Quotidianamente viene eletto dalla brigata un re, a cui tocca prefissare un tema ai narratori; tuttavia a uno
di essi, Dioneo è concesso di non rispettare il tema. Due giornate (la prima e la nona), hanno un tema libero.
Nell’introduzione a ogni giornata viene descritta la vita gioiosa e idilliaca della brigata. Tra novella e novella
si inseriscono i commenti degli auditori, su ciò che hanno ascoltato e ogni giornata è chiusa da una sorta di
conclusione, in cui è inserita una ballata.
I nomi dei giovani richiamano o personaggi delle opere precedenti di Boccaccio stesso (Fiammetta, Panfilo,
Filostrato) o personaggi letterari (Lauretta di Petrarca), o la mitologia.
L’esercizio del raccontare occupa dieci giorni, da qui proviene il titolo dell’opera, che significa appunto “di
dieci giorni”. Il titolo conferma quel gusto per la lingua greca che Boccaccio aveva manifestato sin dalle opere
giovanili, ed è modellato sull’Hexameron di Sant’Ambrogio, che racconta dei sei giorni della creazione.
Il libro si apre con un Proemio, che è di fondamentale importanza perché vi si delineano i motivi che
domineranno nell’opera intera. Lo scrittore inoltra afferma il proposito di voler con esso giovare a coloro che
sono afflitti da pene d’amore, dilettandoli con piacevoli racconti e dando loro consigli utili.
➢ Dal Proemio si delinea così chiaramente il pubblico a cui l’opera è rivolta: le donne, e più
precisamente “quelle che amano”, dove l’amore, sulla linea cortese, è assunto come simbolo nobile
sentire e di un civile costume.
Si tratta dunque di una letteratura intesa al piacevole intrattenimento di un pubblico non composto
da letterati di professione.
Sempre nel Proemio, egli spiega di volersi rivolgere alle donne per rimediare al “peccato della
fortuna”: le donne, sostiene, possiedono in misura molto minori degli uomini la facoltà di trovare
distrazione dalle pene d’amore, perché ad esse sono preclusi la caccia, il gioco, il commerciare, tutte
le attività che possono occupare l’esistenza dell’uomo: nelle novelle perciò le donne potranno
trovare diletto e utili suggerimenti, che allevieranno le loro sofferenze.
Un altro spunto fondamentale, è il peso che nell’opera ha il motivo amoroso. In effetti, gran parte
delle novelle tocca questo tema.
Con il Decameron raggiunge la sua forma più compiuta il genere della novella, il racconto breve in prosa;
anche il termine si afferma definitivamente solo nel Trecento. La novella ha le sue radici in una lunga e
multiforme serie di esperienze narrative, sviluppatesi nel periodo precedente, e da esse trae materia e spunti:
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RIASSUNTO CONTINI – SARA CUSCIONE
l’exemplum morale e religioso, il romanzo cavalleresco, i fabliaux francesi, i racconti arabi e orientali, diffusi
in Occidenti attraverso vari canali, le fiabe e i racconti popolari, i racconti orali delle brigate aristocratiche e
cittadine. È un genere che ha per fine l’intrattenimento, l’evasione, il piacere che nasce dal seguire casi
avventurosi.
Il genere consente allo scrittore grande libertà di trattare i temi più diversi, tragici ed elevati o comici e
grotteschi. La stessa raccolta di più novelle costituisce la forma più idonea per rispecchiare un mondo
molteplice e vario: ben più che la complessa trama del romanzo, l’addizione di tanti brevi frammenti
narrativi consente di introdurre infiniti e diversi personaggi, ambienti sociali, eventi, luoghi; per di più la
folla dei personaggi vale a proporre una molteplicità di punti di vista sul reale, di linguaggi, di valori.
La molteplicità delle situazioni rappresentate si traduce in una grande varietà di tipologie narrative. Le
cento novelle del Decameron presentano forme di narrazione molto diverse tra loro. La tecnica del
discorso narrativo si incentra su un narratore eterodiegetico e onnisciente, che però è in genere molto
sobrio negli interventi a commento della narrazione.
Alla varietà del mondo del Decameron corrisponde anche una pluralità di registri stilistici.
o Il discorso “autoriale” è caratterizzato di norma da uno stile alto e sostenuto. Esso è costituito
soprattutto da periodo molto lunghi. Vi si accompagna poi tutta una serie di procedimenti retorici,
disposizioni di membri paralleli, inversioni, collocazione del verbo al fondo del periodo, costruzioni
con verbo all’infinito, alla altina, disposizioni a chiasmo, anafore, dittologie.
o Esistono poi le voci dei personaggi. Sono una folla multiforme, appartenente ai più diversi ceti sociali
e alle più varie aree geografiche, quindi i loro linguaggi sono multiformi. I linguaggi degli attori delle
vicende, tramite discorso diretto, variano a seconda delle condizioni sociali, ma soprattutto degli
argomenti.
Dopo questa magistrale prova, Boccaccio modifica, almeno in parte, i propri interessi di scrittura. Gli ultimi
vent’anni della vita di Boccaccio furono dedicati agli studi letterari ed eruditi. In particolare, grazie agli stretti
rapporti con Petrarca, egli si immerse nello studio dei classici, per cui aveva nutrito un’autentica venerazione
fin dagli inizi.
➢ L’amore per l’antichità si riflette innanzitutto nelle Epistole (26, quasi tutte in latino), alcune
indirizzate a Petrarca.
Ma frutto degli studi classici furono soprattutto le varie compilazioni in prosa latina:
- De casibus virorum illustrium (= Le sventure di uomini illustri, 1373), che narra delle vicende di
famosi persoanggi di varie epoche, passati da uno stato di felicità all’infelicità.
- De claris mulieribus (= Le donne famose, 1362), biografie di donne famose di tutte le età della
storia.
- De genealogiis deorum gentilium (= Le genealogie degli dei pagani) a cui Boccaccio lavorò per
oltre vent’anni, fino alla morte. Si tratta di un’immensa enciclopedia della mitologia classica.
Queste opere erudite sono tutte pervase da un culto appassionato della poesia, sentita come la più
alta espressione dell’uomo, quella in cui più compiutamente di realizza la sua essenza.
Successivo al Decameron, oltre ad opere di carattere erudito, è infatti il Corbaccio (date incerte), opera di
invenzione, un’aspra invettiva contro il genere femminile, che muta profondamente l’atteggiamento
dell'autore rispetto alla tematica amorosa, in prosa volgare, costruito sul modello dantesco della visione.
Negli scritti precedenti l’amore era visto come forza naturale e positiva e come fonte di
ingentilimento dell’animo, ora invece viene considerato come causa di abbruttimento e di
degradazione. 30
RIASSUNTO CONTINI – SARA CUSCIONE
Frutto del culto dantesco sono in primo luogo le Esposizioni sopra la «Commedia», ovvero un commento ai
primi 17 canti dell’Inferno che raccoglie le pubbliche lezioni tenute su incarico del Comune tra il ’73 e il ’74 a
Firenze. In secondo luogo il Trattatello in laude (1365, ma la prima redazione è precedente di qualche anno),
una biografia del poeta, che delinea la sua formazione spirituale, i suoi studi e la sua dottrina, mescolando
però anche aneddoti e invenzioni romanzesche. Boccaccio proietta nella figura di Dante l’immagine ideale
del poeta, ne esalta l’amore per i classici e la volontà di elevarsi ad essi nell’altezza del canto.
Lo scrittore, ormai anziano e malato, si spegne a Certaldo nel 1375.
INCONTRO CON PETRARCA E DIFFERENZE
Durante gli anni della formazione napoletana Boccaccio entra in contatto con intellettuali legati da vincoli
amicali a Francesco Petrarca. Attraverso la frequentazione di Dionigi da Borgo San Sepolcro, Barbato da
Sulmona, Giovanni Barrili e, probabilmente, Sennuccio del Bene, avviene il primo avvicinamento alla poesia
petrarchesca e comincia a maturare l’ammirazione per il letterato aretino.
Frutto tangibile della stima di Boccaccio è l’epistola Mavortis milex, indirizzata a Petrarca, ancora
sconosciuto, eppure già individuato quale punto di riferimento per l’esperienza letteraria boccacciana,
modello capace di trasformare la sua “ingestam molem et ignorantiam copiosam [...] in tenuitatem
mirabilem”. Toni celebrativi sono riconoscibili nella biografia De vita et moribus domini Francischi Petracchi,
di incerta datazione, ma sicuramente precedente al 1350 e, dunque, al primo incontro con Petrarca.
Nell’opera è ricordata entusiasticamente l’incoronazione poetica romana e viene esaltato, con evidente
proiezione autobiografica, il rifiuto petrarchesco di seguire gli studi giuridici secondo la volontà paterna, per
dedicarsi invece al culto delle lettere.
Boccaccio conosce personalmente Petrarca a Firenze nel 1350, mentre questi si reca a Roma per il giubileo.
L’anno successivo lo raggiunge a Padova in qualità di messo ufficiale del governo per offrigli, senza successo,
una cattedra nello Studio fiorentino. Il trasferimento di Petrarca a Milano presso Giovanni Visconti, avversario
politico di Firenze, incontra la disapprovazione di Boccaccio e il rapporto amicale si allenta per un breve
periodo. Già nel 1359, però, il segno di un nuovo avvicinamento è dato dalla visita di Giovanni a Milano. Nel
1363 e nel 1367 Petrarca è raggiunto da Boccaccio a Venezia. L’ultimo incontro avviene l’anno successivo a
Padova. L’ininterrotta corrispondenza e il continuo scambio di testi sono la testimonianza più tangibile del
proficuo confronto intellettuale intercorso tra i due letterati.
Anche se nei suoi studi classici Boccaccio era profondamente influenzato da Petrarca, l’”umanesimo”
PETR. boccacciano è diverso da quello petrarchesco. Innanzitutto quello di Petrarca è un umanesimo cristiano,
che vede nei classici una saggezza capace di avviare alla verità della fede; l’umanesimo di Boccaccio è
E invece essenzialmente laico: egli ammira più che altro la virtù degli antichi, visti come modelli di
BOCC. comportamento mondano e come esempi di dignità dell’uomo.
In secondo luogo, l’umanesimo di Petrarca era rigorosamente limitato ai classici latini; mentre quel