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4. I BALCANI, IL POSTCOMUNISMO E LE TRANSAZIONI
La Grecia
La Grecia fu profondamente influenzata da i mutamenti in Europa orientale e in Urss. Prima di tutto
perse la sua posizione strategica di difensore dell’occidente. In secondo luogo il processo di
liberalizzazione di Gorbacev produsse un effetto immediato con l’arrivo in Greci di immigrati provenienti
dall’Urss ma di origine greca. La Grecia così conosceva un terzo mutamento sociale , cioè la
trasformazione in un paese di immigrazione con tutte le conseguenze che ne derivano. Crescita
d’illegalità, ma anche disponibilità di mano d’opera a basso prezzo. La ND di Mitsotakis ottenne la
maggioranza, e cercò di attuare una politica di liberalizzazione economica che incontro forti resistenze
dal punto di vista politico e sociale. Il suo governo durò poco nel 1993 una scissione in ND ne provocò la
caduta. Alle elezioni di ottobre del 1993 il Pasok tornò al potere con Andreas Papandreu, che fu però
costretto a dimettersi per motivi di salute nel 1995. Il suo successore alla guida del partito e del
governo fu Kostantinos Simitis, che vinse le elezioni nel settembre del 1996 e nell’aprile del 2000. Il
ritorno al potere del Pasok non mutò significativamente l’orientamento politico della Grecia. Tanto che
nel 2001 la Grecia entro nel sistema dell’euro. Il Pasok aveva conquistato una fetta dell’elettorato della
classe media in ascesa e ND aveva conquistato una parte dei salariati e dei contadini.
La Bulgaria
Nel novembre del 1990 il governo de BSP, PS bulgaro, fu costretto a dimettersi sotto la pressione di uno
sciopero generale, subentrò un governo di coalizione tra BSP, agrari e SDS, Unione delle forze
democratiche. Le successive elezioni dell’ottobre del 1991 dettero una maggioranza al SDS che però
riuscì a creare un governo con il DPS, movimento per i diritti e la libertà, partito minoranza turca. Così il
DPS conquisto una posizione di rendita. Nel 1992 il governo della SDS perse il voto di fiducia in
Parlamento, e fu sostituito da un governo di tecnici, presieduto dall’economista Ljuben Berov sino al
giungo del 1994. Alle elezioni del dicembre del 1994 il BSP tornò al governo. Nel novembre del 1996 la
SDS vinse le elezioni presidenziali e nell’aprile del 1997 anche le elezioni parlamentari. La transizione fu
morbida e indolore, però fu un periodo di instabilità politica, di lentezza nelle riforme, di abusi e di
corruzione. La Bulgaria non riuscì ad attirare molti aiuti o investimenti economici. Il ritorno al potere del
BSO nel 1994-96 fu accompagna da un forte peggioramento della situazione economica e finanziaria.
La nuova amministrazione del SDS del 1997-2001 ha conseguito risultati apprezzabili sul piano
finanziario. Allora i rossi (bsp) e i blu (sds), nelle elezioni del giugno del 2001 la maggioranza fu
acquisita movimento nazionale Simeone II, capeggiato dall’ultimo re di Bulgaria, Simeon Sachsen-
Codurg-Gotha esiliato dalla Bulgaria nel 1946.
La Jugoslavia e le Repubbliche ex jugoslave
Fine della federazione, e guerre di dissoluzione jugoslave (1990-95)
La Jugoslavia e il postcomunismo
Non si può parlare di comunismo dopo il 1990, essendo una formazione politica che si era dissolta.
Sono in Urss era esistita una identificazione totale tra il sistema sovietico ( forma statuaria) e il sistema
politico ( il comunismo) e fu in quel l’unico caso che la fine dello Stato coincise con la fine del sistema
nel dicembre del 1991, per decisione unilaterale dei presidenti di Russia, Bielorussia e Ucraina. Gli altri
Stai est europei sopravvissero tutti alla fine dei rispettivi sistemi comunisti. La dissoluzione della Lega
dei comunisti di Jugoslavia, agli inizi del 1990, fu un evento determinate per il futuro. Nello spazio di un
anno in tutte le repubbliche jugoslave si svolsero elezioni, le prime libero, con competizione
multipartitica. SI propose anche l’idea di far svolgere prima le elezioni federali, poi quelle nelle singole
repubbliche, ipotesi bocciata dalla Slovenia, in realtà irrealistica, poiché il sistema costituzionale
jugoslave le dinamiche politiche erano limitate alle singole repubbliche e non al sistema federale nel
suo insieme. I comunisti jugoslavi erano ormai abituati a ragionare solo nell’orbita della loro repubblica.
L’unica forza di orientamento federale e jugoslavo era l’esercito. Con ovviamente una rappresentanza
maggiore serba-montenegrina, nel 1991 era il 70%, però non riusciva svolgere un ruolo autonomo,
perché legato ad una struttura comunista che non esisteva più. Il governo federale precariamente
ancora esisteva, fu il governo federale di Ante Markovic ad arginare la crisi economica del 1989-90. Nel
1989 l’inflazione raggiunse il 2.700%, riuscì a risolvere il problema in 6 mesi. Le elezioni in Slovenia l’8
aprile del 1990 si svolsero un proporzionale corretto. Gli ex comunisti ottennero il 17%, e vinse il
centro-destra di Demos, ma alle elezioni presidenziale fu eletto un ex comunsita, Milan Kucan.
Rimaneva il fatto che la società slovena, come quella ceca era la più coesa del lotto jugoslavo. In
Croazia, nelle elezioni del 22 aprile del 1990, si voto con un sistema maggioritario, in cui gli ex
comunisti ottennero il 24%, ma il 40% dei voti andò all’HDZ, comunità democratica croata, ottenendo
una maggioranza di 2/3. In Bosnia-Erzegovina le elezioni del 18 novembre del 1990 con sistema
propozionale, i partiti nazionalisti ebbero una maggioranza schiacciante, ottenendo 201 seggi sui 240
disponibili, ripartiti tra i tre partiti dei tre gruppi etnici (40% musulmani, 32% serbi e 18% croati). Essa
sarebbe stata governata grazie ad una intesa tra i tre partiti: lo SDA, partito dell’azione democratica, di
Alija Izetbegovic, musulmano, / lo SDS, partito democratico serbo, presieduto da Radavan Karadzic, e lo
HDZ legato all’omonimo partito croato, guidato da Stjepan Kljujic. In Macedonia l’11 novembre del
1990, con sistema proporzionale , con risultati molto frammentati. Gli ex comunisti di Kiro Gligorov,
Lega dei comunisti-Partito del cambiamento democratico, con il 17%, lo VMRO-DPMNE 11 %, il PPDSH il
12% e gli ex comunisti sostenitori di Markovic il 10%. Al secondo turno di votazioni l’9 dicembre del
1990 ci fu un consolidamento degli ex comunisti e dell’VRMO-DPMNE. L’unico paese in cui gli ex
comunisti rimasero al potere sino al 1998, sempre un governo di coalizione, in cui fu sempre presente
un partito albanese. In Montenegro nelle elezioni del novembre del 1990, la lega dei comunisti del
Montenegro ottenne il 64%. In Serbia ci furono molte riforme antidemocratiche fatte da Slobodan
Milosevic, prima aveva esteso il suo controllo sulla Lega dei Comunisti della Serbia, poi sulla Lega delle
due provincie autonome di Vojvodina e Kosovo. Fece poi approvare dal Parlamento monocamerale
serbo una nuova Costituzione, in cui si sanciva i rapporti di subordinazione delle due provincie
autonome, misura votata a larga maggioranza dal referendum successivo , con il 97% dei voti. Le
elezioni si svolsero nel dicembre del 1990 con sistema maggioritario. Egli vinse le elezioni e fu eletto
con voto popolare presidente, in più riusciva a controllare 4/8 alla presidenza collegiale della
federazione. Nel corso degli anni novanta si svolsero regolarmente elezioni democratiche che Milosevic
ricorse a mezzi extralegali per poterle vincere, lui fu un populista autoritario, ma non un dittatore
totalitario. Fu un politico nazionalista, non più di quanto fosse anche la maggioranza dei suoi oppositori.
Il quadro internazionale
Nell’ agosto del 1990 l’Iraq invase il Kuwait, che però si concluse nel febbraio del 1991 con la sconfitta
dell’Iraq. La Jugoslavia, era affare della CE, principalmente di Francia e UK, che decisore di attuare una
linea favorevole al mantenimento della federazione. Quando nel 1991 iniziò il processo di dissoluzione
di tale federazione, la posizione europea era immutata. Cominciò a cambiare dopo la proclamazione di
secessione della Slovenia e della Croazia. La CE allora propose il congelamento delle proclamazioni sino
all’autunno del 1991. Nel giugno del 1991 il segretario di Stato americano James Baker, in visita a
Belgrado, sembrò che l’intenzione americana era di mantenere lo status quo. Nel corso dell’autunno gli
scontri tra l’esercito federativo, i secessionisti serbi della Krajina e le altre zone della Croazia, contro la
repubblica di Croazia. Gli europei cercavo di giungere ad un compromesso, senza modificare i confini
interni della federazione, su questo punto tutti i membri della CE erano d’accordo. Alla fine del 1991,
sotto la pressione della Germania, la CE decise di procedere al riconoscimento della Slovenia e Croazia,
come Stati sovrani e indipendenti, riconoscimento prematuro che accelerò il processo di dissoluzione
della federazione. In realtà la posizione tedesca era di riconoscere indipendenti tutte le Repubbliche, fu
la Francia ad imporre solo il riconoscimento di due. Sino ai negoziati di Dayton nel 1995 sulla guerra in
Bosnia, il ruolo delle potenze occidentali fu poco presente dal punto di vista militare, Germania e
Francie erano contrarie all’intervento militare.
La dissoluzione dello Stato federale
Nel dicembre del 1990 la Serbia immise valuta pari a 2 miliardi di marchi nel sistema monetario
jugoslavo, senza l’autorizzazione delle autorità federali. Nel marzo del 1991, l’esercito federale chiese
alla presidenza collegiale della federazione, la proclamazione dello stato d’emergenza, per agire contro
le forze di polizia della Croazia. La votazione su sfavorevole, percheè 4 votarono a favore, la Serbia e il
Montenegro, mentre Croazia e Macedonia votarono contro, la Slovenia era assente, il voto decisivo fu
quello del rappresentante serbo della Bosnia che si astenne. Nel maggio del 1991, la Serbia rifiuto
l’avvicendamento alla presidenza collegiale della federazione del presidente di turno, il croato stipe
Mesic, nel novembre del 1991 Markovic si dimise. Nel 1992 la Serbia e Montenegro costituirono una
nuova Repubblica federale di Jugoslavia.
La secessione slovena
Il 25 giugno del 1991, La Slovenia, proclamò facendo appello alla Costituzione che garantiva il diritto
alla secessione, la sua indipendenza dallo Stato federale. Ci furono combattimenti dal 27 al 30 giugno.
Il 18 luglio quel che rimaneva della presidenza collegiale, priva della Slovenia, decise di ritirare
l’esercito. La secessione della Slovenia e la ritirata dell’esercito, era stata sancita da Belgrado, perché
non aveva alcun interesse a far sì che la Slovenia rimanesse nella federazione.
La secessione croata
L’indipendenza croata fu proclamata quasi contemporaneamente a quella slovena. Inoltre nel estate del
1990 le forze croate dovettero fronteggiare rivolte interne di secessionisti serbi. A partire dal settembre