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B.
Antropologa Mary Douglas pensa che il corpo è un’immagine della società e quindi segue le
sue stesse regole; x questo la formalità si addice a ruoli alti, strutturati, pubblici e ke comportano
distanza sociale # informalità si addice a a ruoli meno definit, bassi, provati. E x questo impiegati
adottano completi giacca e cravatta, ke non sono comodi ma segnalano la loro completa
integrazione sociale; mentre gli operai si sentono meno strutturati socialmente e si vestono in
maniera più rilassata. Più si sale di classe e di mestiere, più formalità, rigidezza e ovviamente
ricchezza appaiono evidenti. Il max si ha con i vertici del potere.
C’è altro elemento che possiamo ricordare riguardante la distinzione: cosa hanno in comune
abiti talari del clero, i raffinatissimi tight, gli abiti lunghi delle signore alle feste di gala, i vestiti
bianchi e in generali gli abiti da taglio per le cerimonie? L’ARCAISMO. Sono tutti vestiti ke
traggono forte legittimazione da fatto di essere tradizionali, riprendere nelle loro forme mode ke
erano molto diffuse un tempo e oggi sono rare. Gli abiti lunghi fino ai piedi da donna e ancora
più da uomo erano tipici dell’antica nobiltà; il tight era usato dai gentleman x cavalcare nel 800 e
così via. Utilizzarli ora significa distinguersi dagli altri e affermare un’ideale continuità con un
glorioso passato.
Simmel dice che c’è un impulso in tutti noi ad adornarci con bel vestito o prezioso accessorio o
gioiello. E’ una cosa che facciamo in 1° luogo x noi stessi, x farci notare, ma anche
altruisticamente x gli altri, perché doniamo un piacere estetico.
Insomma il gusto sembra dipendere dalla posizione sociale e culturale e si configura come una
forma di distinzione. Abiti sottolineano con forza
- lo status sociale e le gerarchie esistenti, prima di tutto,
- e poi lo iato tra i generi,
- il ruolo dei mestieri,
- il significato del capitale culturale,
- il valore attribuito alle diverse età,
- il peso di alcuni momenti particolari della vita,
- i molti tabù scritti e non scritti ke regolano il comportamento.
10
La stoffa dell’Italia - 2. La moda della nuova Italia
(1945-1965)
Tra ricostruzione e miracolo
1.
Tensioni politiche anni ’50 e ’60.
Cultura popolare è spesso a farsi interprete di queste spinte fuori dalle righe, mentre i
cambiamenti della moda segnalano una forte spinta verso il mutamento sociale, a cominciare da
fasce tradizionalmente escluse dalla grande politica, come le donne e i giovani. I cambiamenti in
realtà erano già iniziati, piano piano, dal basso. L’abbigliamento ne era una prova.
Salto indietro nel tempo nella camera da letto di una famiglia di class media di fronte ad
armadio: descrizione pp. 33-35.
2. La cultura materiale: il ruolo del tessile
Ogg. di cultura materiale hanno duplice valenza di avere un sostrato simbolico e una
consistenza fisica. Di qui la loro peculiarità. Prendiamo gli ABITI: essi incarnano anche le
conoscenze tecniche ed economiche tipiche della società che li produce, in maniera
caratteristica e riconoscibile. Il rapp. fra questi 2 aspetti non è univoco. Gli antropologi hanno
spesso osservato come una sofisticata organizzazione sociale e un complesso sistema religioso
possano convivere con una grande semplicità e povertà nella vita materiale - almeno secondo i
parametri occidentali.
Va detto ke sviluppo sistematico della scienza e della tecnica è stato visto come un elemento
caratteristico della cultura occidentale; è grazie ad esso ke Europa e Occidente avrebbero
conquistato posizione di preminenza nel mondo. Comunque in generale si può ritenere ke
scienza e tecnologia siano parte integrante dei valori culturali di una certa società.
Un vestito moderno racchiude infatti in sé materiali e tecniche di produzione tecnologicamente
sofisticate, evolutesi nel corso di secoli.
3. e vendita agli inizi della produzione di massa
Confezione
Opposizione nel mondo produttivo:
A. da una parte industria tessile capital intensive con grandi fabbriche concentrate
geograficamente e avanzata tecnologia
B. dall’altra industria della confezione labour intensive, composta da stuolo di piccole imprese,
laboratori e lavoranti a domicilio, abbastanza diffusa su tutto il territorio e relativamente
arretrata tecnologicamente. A parte i sarti ke bastano qualità del prodotto su loro
1 competenza e manualità personale, le piccole imprese della confezione erano poco
organizzate e avanzate dal pdv tecnico.
Imprese principali concentrate a Torino e Milano e specializzate in biancheria da uomo
(compresa la camiceria) e da donna.
C’è da stupirsi se i consumatori ritenessero ke gli abiti già pronti fossero di scarsa qualità
rispetto a quelli sartoriali e quindi adatti solo a persone con poche esigenze, magari di fuori
città?
Tuttavia proprio negli anni ’50 stava prendendo il via una piccola rivoluzione:
- sarti maschili guardano inglesi
- sarte guardano Parigi
- gli industriali guardano l’America: lì da tempo aveva preso forma un’industria
dell’abbigliamento pronto non solo x intimo e semplici capi da lavoro o bambino ma adatta x
abiti da uomo e da donna. Un’industria che si basava ancora su lavoro manuale ma avevo
introdotto nuovi macchinari x il taglio, la cucitura e la rifinitura, e soprattutto modelli basati su
operazioni e taglie standardizzate. Centro della produzione del nuovo abbigliamento ready to
wear, pronto da indossare, era la popolosa Seventh Avenue di New York, detta “il mercato” >
qui industrie piccole e grandi x produrre nuovo tipo di abbigliamento dalle forme semplici,
comodo, “sportivo” come si cominciava a dire, venduto con successo grazie a nuove forme di
“marketing” (altre novità).
Fra i primi a muoversi in Italia è il Gruppo Finanziario Tessile, nato nel 1930 da fusione dei
Lanifici Rivetti del biellese e da una pioniera delle confezioni, la Donato Levi di Torino. I tre
giovani eredi Rivetti nel 1954 ritengono ke il modello di consumo americano si possa espandere
in futuro un po’ ovunque e decidono di lanciarsi nel settore della confezione pronta. Fanno
arrivare dagli Usa nuovi macchinari e persino esperti tecnici italo-americani.
Ricorrente lamentela dei consumatori era ke gli abiti pronti vestivano male —> Rivetti:
prendono una decisione drastica e organizzano un rilevazione fisiognomica a tappeto ben 25
1. mila persone. Ne ricavano schema uno schema ke dà vita a 120 possibili taglie.
2. far conoscere adeguatamente i nuovi prodotti: da qui idea di creare un marchio apposito x la
linea uomo, Facis (venduta nei negozi Marus), + tardi affiancato dalla linea di lusso Sidi, e
uno x la linea donna, Coris. E via molta pubblicità su riviste e tv (Armando Testa).
Ad Alba i Miroglio: in origine negozianti di tessuti, poi produttori di seta, iniziarono nel 1955 a
• produrre semplici capi a prezzi concorrenziali (1000 lire una vestaglia). In seguito crearono un
loro marchio, Vestebene collezioni femminili, ke raffigurava elegante donna con vestito a
strascico, affermandosi definitivamente negli anni ’60 con capispalla (cappotti, giacche e simili)
oltre ke abiti nelle nuove fibre sintetiche.
Palma del primato spetta alla Marzotto: grande impresa di Valdagno decise infatti di
• diversificare la sua produzione anche nell’abbigliamento a partire da 1951, con il marchio Fuso
d’Oro, sfruttando potenzialità offerte da sua produzione tessile. Inizi non facili.
2 fratelli Mario e Giannetto Lebole: toscani, aprono nel 1956 negozio di tessuti ad Arezzo x poi
• fondare impresa di abbigliamento - passata presto nell’orbita della Lacerassi - ke avrà in pochi
anni migliaia di dipendenti, soprattuto donne, e si farà conoscere anche grazie a logo originale:
silhouette maschile fatta con un metro da sarto, con al braccio vestito elegante.
mantovano Luigi Bianchi: proviene da tradizionale sartoriale di alto livello, al punto ke tra i suoi
• clienti personaggi famosi come Edoardo di Windsor —> fama x creare azienda di confezioni e
marchio di successo.
Max Mara: fondata da Emilio Maramotti a Reggio Emilia, impresa di grandi dimensioni e di
• vocazione internazionale fin da subito, attenta sia alla produzione ke alla commercializzazione
Luisa Spagnoli: Perugia, capi in angora, reparto confezioni e maglieria.
•
Quello che spicca è ke la confezione italiana conosce a partire dagli anni ’50 una crescita
impetuosa in qualità e quantità, x cui abbigliamento “pronto” diviene sempre più una realtà
diffusa, prima x gli uomini e poi x le donne. Nel giro di un decennio le cifre della produzione
salgono, creando una concentrazione nelle regioni già forti nel tessile, e in particolare in
Lombardia, seguita da Piemonte.
—> si crea asse Torino-Milano sul fronte industriale con però forte concorrenza anche
istituzionale:
A. Torino > dal 1946 Ente italiano moda (erede istituto creato da fascismo), ke organizza 2
grandi mostre di moda nel 1946 e nel 1949 con presenza di numerose sartorie italiane
B. Milano > nel 1949 risponde con Centro Italiano della Moda e con boicottaggio di fatto delle
iniziative torinesi.
C. + tardi due fiere si organizzano con il Samia (Salone mercato internazionale
dell’abbigliamento) a Torino dal 1955 e il Mitam (Mercato internazionale del tessile x
l’abbigliamento e l’arredamento) a Milano da 1957.
Questa Rivoluzione è solo in parte dei produttori: cambiano i CONSUMATORI!
Anni del miracolo economico—> aumento reddito disponibile per le famiglie:
I. spostamento di emigrati dal Sud al Nord e dalla campagne alle città
formazione di nuovo potenziale mercato di consumatori
II.
III. immissione di uomini in molti lavori impiegatizi
crescente presenza sul lavoro di giovani donne, ke pure sono tenute a vestirsi in maniera
IV. appropriata
V. forse c’è anche il fascino del nuovo, della velocità, dell’immediato, ke sembra prevalere città
ora piene di traffico, luci e persone in movimento, e quindi non si ha + voglia di aspettare
settimane x un vestito o un accessorio, lo si vuole subito —> vestiti non + pensati come beni
3 “durevoli”, da riciclare, rattoppare, usare fino alla morte, ma oggetti di consumo da cambiare
con frequenza e acquistare in quantità impensabili.
—> in sostanza l’industria della confezione negli anni ’50 e ’60 si sviluppa rapidamente
guardando al consumo di massa, x rispondere a crescente domanda di bene di consumo anche
nel settore tessile-abigliamento.
GRANDI MAGAZZINI: importanti perché tutto il lavoro a monte di filatura, tessitura, confezione
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