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EVOLUZIONE. "Nessun uomo è un'isola", neppure nessuna isola è sola, isolata, ma vive e si ridefinisce, mutando nel tempo. - TRASVERSALITÀ E TRADUZIONE

Esistono varie forme di trasversalità che si manifestano sicuramente in molte culture. I linguisti ci spiegano che sebbene tutti i termini possano essere tradotti letteralmente, esistono concetti che non possono essere tradotti in un'altra lingua utilizzando similitudini e giri di parole.

Per quanto tempo si possa trascorrere presso società di cultura diversa dalla nostra, non si arriva mai a comprendere del tutto quella cultura, quanto mai a familiarizzare con essa. Il fatto che però possiamo comprendere concetti estranei alla nostra esperienza ci deve far riflettere sull'esistenza di elementi comuni alle diverse culture, di forme e di trasversalità che le attraversano alle quali ci aggrappiamo per comprenderci reciprocamente.

JAKOBSON: ci sono tre modelli di traduzione di un

termine linguistico:

  1. endolinguistica: Traduzione tradurre quel termine con un altro termine della stessa lingua, un sinonimo. interlinguistica
  2. Traduzione: è la traduzione propriamente detta che consiste con l'interpretazione di termini di una lingua per mezzo di termini di un'altra lingua. intersemiotica
  3. Traduzione: in cui l'interpretazione di un termine avviene tramite sistemi di segni non linguistici. È proprio quest'ultimo modello che consente di tradurre qualsiasi concetto in un'altra lingua.

Secondo AMSELLE ogni gruppo crea e modella la sua cultura e la sua identità CONNETTENDOSI a significati globali per poi tornare dopo un processo che lui definisce triangolazione, a significati che sono il prodotto di una rielaborazione e di una metabolizzazione locale.

Nonostante esistano particolarità e specificità in ogni cultura, esistono dei riferimenti universali tramite i quali e sui quali individui di società diverse possono

confrontarsi e avviare un dialogo = circolazione culturale.-NUOVI PANORAMI

Con la diffusione e l'accelerazione dei mezzi di trasporto, le varie parti del mondo sono sempre più interconnesse. Ora gli scambi culturali si sono attenuati o in certi casi sono addirittura saltati i confini che determinavano i territori. In molti casi la globalizzazione ha prodotto una frattura tra il luogo di produzione di una cultura e quello della sua fruizione.

ANDERSON ha definito comunità immaginate quei gruppi di persone che non hanno interagito mai faccia a faccia ma che finiscono per condividere un'idea comune.

La deterritorializzazione è una caratteristica del mondo moderno che, unita ai sempre maggiori flussi di informazioni, da vita a una serie di immaginari sempre più complessi. APPADURAI-> "etnorami" cioè quegli scenari culturali prodotti e percepiti dall'enorme gruppo di individui in movimento sul pianeta che danno vita a identità.

sempre nuove. Oppure i "mediorami", l'insieme delle immagini e delle informazioni trasmesse dai media di tutto il mondo, che finiscono per alimentare e stimolare nuovi immaginari; i "tecnorami" che nascono dalla sempre più mobile e diffusa tecnologia e dai flussi fiscali tra occidente e il sud del mondo. I "finanziorami" dati dalla sempre maggiore rapidità di movimento del capitale globale. Gli "ideorami", ideologie e abitudini universali delle quali si appropriano le comunità locali trasformandole in qualcosa che spesso risulta diverso dall'originale. La globalizzazione non si realizza con un'invasione indifferenziata di elementi comuni che conducono all'omogenizzazione. Il processo è più articolato e tali strumenti vengono riproposti di volta in volta in discorsi che si basano sulle diverse sovranità nazionali o locali.  concetto di identità. Le identitàche l'identità collettiva non è qualcosa di intrinseco o genetico, ma piuttosto il risultato di narrazioni arbitrarie. Le identità sono spesso create attraverso rapporti di forza e non sono connesse agli individui in modo primordiale. Nel capitolo 3, intitolato "Le trappole dell'identità - Radici e tradizioni", Marquez sintetizza in modo intenso la tensione tra la ricerca di un'origine certa, un punto zero della nostra storia e cultura (identità), e la complessità storica, culturale e sociale che la realtà ci presenta ogni giorno. Spesso si cerca di dare ordine a questa complessità creando contenitori che definiscono confini e divisioni. L'idea centrale è che la cultura di un gruppo sia interamente una creazione e una proprietà di quel gruppo, e che ogni cultura abbia le sue radici esclusivamente nella tradizione e quindi nel passato. La metafora delle radici evoca una serie di elementi che contribuiscono a costruire le basi di ideologie esclusive. Se prendiamo questa metafora alla lettera, ci dice che le radici di una cultura sono ciò che la sostiene e la nutre, ma allo stesso tempo possono diventare una trappola se diventano esclusive e limitanti.che noi non potremmo essere altrimenti da ciò che siamo, che la nostra cultura e a nostra identità sono segnate fin dallanascita. La nostra identità verrebbe quindi tramite le radici, dalla terra. Inoltre, paragonata alla radice, qualsiasi tradizione diventa fondamentale, anche dal punto di vista biologico. La metafora delle radici viene però ribaltata proprio dai suoi sostenitori nel momento in cui la si applica: infatti quella presunta tradizione viene dal passato, dai nostri antenati e noi discendiamo dai nostri antenati. Di metafora in metafora quindi se noi discendiamo, gli antenati stanno in alto, mentre le radici in basso e generalmente ciò che è più importante è in alto. Altro punto debole della metafora delle radici è che la tradizione viene appresa, non ereditata geneticamente, né trasmessa col sangue e come ogni cosa appresa, necessita di essere tenuta viva di generazione in generazione subendo anche delle modifiche.dovute ai cambiamenti storici e sociali e alle scelte che gli individui possono fare. HOBSBAWM e RANGER indicano una distinzione tra TRADIZIONE E CONSUETUDINE. Lo scopo delle tradizioni è l'immutabilità e il passato a cui fanno riferimento impone pratiche fisse e ripetizione. La consuetudine funge da motore nelle società tradizionali ma è suscettibile di cambiamento. Allo stesso occorre distinguere le TRADIZIONI DALLA ROUTINE che non ha alcuna funzione rituale o simbolica. La tradizione sarebbe quindi un insieme di pratiche regolate di solito da norme che si propongono di inculcare determinati valori e norme di comportamento ripetitive nelle quali è implicita la continuità con il passato. Il passato viene selezionato, manipolato e filtrato per renderlo consono agli scopi del presente. Non è il passato a produrre il presente, ma il presente che modella il suo passato. Non tutto del nostro passato diventa tradizione, ma solo ciò che

Può servire oggi. Ciò che spesso viene chiamato tradizione è in realtà tradizionalismo, cioè la rappresentazione cosciente di un' eredità culturale più o meno autentica. Il tradizionalismo si rivela uno strumento utile a influenzare le decisioni politiche relative all'avvenire.

QUEL PLURALE CHE MANCA

Il termine identità nella lingua italiana non ha il plurale. Così con identità si sottende nel linguaggio comune quella etnica. Ognuno di noi è portatore di un mazzo di identità da cui vogliamo di volta in volta, per scelta o costrizione, pescare la carta più adatta o la sola che ci è consentito giocare. Davanti a un'accusa esterna giochiamo la carta dell'identità nazionale fondata su un periodo luminoso del nostro passato. L'individuo, spogliato delle sue identità, viene ridotto a un unico tratto, quello scelto dal nemico. Le identità ci si rivelano

unicamente come qualcosa che vainventato piuttosto che scoperto.Uno dei paradossi del tempo presente è che i paladini delle identità vorrebbero cancellare l'altro, quando invece è proprio grazie a quell'altro che essi costruiscono il proprio noi. L'identità è infatti un dato relazionale, che si costruisce sulla base delle diversità: SIAMO Ciò CHE GLI ALTRI NON SONO. E per dipingerci migliori spesso condanniamo gli altri a essere ciò che noi non vogliamo essere. Addossare colpe e difetti a qualcuno che è estraneo ci rende automaticamente buoni. Straniero è colui che sconvolge i modelli di comportamento stabiliti, che compromette la serenità diffondendo ansia. Lo straniero, l'altro, il diverso, è funzionale alla costruzione del noi; servono a darci la misura del nostro essere veri e puri o del nostro essere "normali". Sono lo specchio in cui guardarsi per costruire l'immagine

di noi con cui vogliamo rappresentarci.

SCONTRI E INCONTRI DI CULTURE

Le grandi divisioni dell'umanità e la fonte di conflitto principale saranno legate alla cultura. Gli stati nazionali rimarranno gli attori principali nel contesto mondiale, ma i conflitti più importanti avverranno tra nazioni e gruppi di diverse civiltà.

HUNTIGTON, nell'attribuire a ogni regione del pianeta una determinata cultura, mette in atto una sorta di classificazione che ricorda quelle razziali che associavano a diversità biologiche, determinate caratteristiche culturali. Il risultato è un mondo diviso in civiltà ognuna delle quali presenterebbe connotazioni culturali definite che impedirebbero ogni forma di comunicazione, anzi condurrebbero allo scontro. Si vuole così legare la cultura a un territorio.

Non sono le civiltà o le culture che si scontrano, ma le persone all'interno di esse.

Quando degli individui entrano in conflitto non è

ore nel 1948 ha cercato di creare un senso di identità nazionale attraverso i suoi principi fondamentali. Tuttavia, non è stato sufficiente per superare le divisioni culturali e regionali che persistono ancora oggi. L'Italia è un paese ricco di diversità culturali e regionali. Ogni regione ha le sue tradizioni, il suo dialetto e la sua cucina. Questa diversità è spesso celebrata e ammirata, ma può anche creare divisioni e rivalità tra le diverse parti del paese. Inoltre, l'Italia ha una storia di conquista e dominio. Nel corso dei secoli, diverse potenze straniere hanno governato sul territorio italiano, lasciando una traccia indelebile sulla cultura e sull'identità del paese. Questo ha contribuito a creare una mentalità di difesa e protezione della propria identità culturale. Ma nonostante queste differenze culturali e storiche, l'Italia ha anche una forte identità nazionale. L'italiano è la lingua ufficiale del paese e la bandiera italiana è un simbolo di unità nazionale. Inoltre, l'Italia ha una ricca storia di arte, letteratura e musica che è ammirata in tutto il mondo. In conclusione, l'identità italiana è complessa e sfaccettata. Le diverse culture e tradizioni regionali possono creare divisioni, ma allo stesso tempo l'Italia ha una forte identità nazionale che si manifesta attraverso la lingua, la storia e la cultura condivisa.
Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
11 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elli96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia interculturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Fiorucci Massimiliano.