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CAPITOLO 3: CHI BEN COMINCIA…

Chi ben comincia è una massima che ci aiuta a ricordare che molte delle qualità della vita adulta o addirittura, come nel caso delle persone con disabilità intellettiva, la stessa possibilità di avere una identità adulta si definisce già a partire dall'infanzia. Bisogna darsi del proverbio e prendere atto che nella vita delle persone esiste una relazione tra il prima e il dopo perché il dopo è influenzato, se non condizionato, da ciò che accade prima. Questo ci consente di affermare che l'accesso a una condizione adulta non è un fatto automatico, ma il risultato di un processo educativo, emotivo, esperienziale, sociale in gran parte frutto di un prima che riguarda la storia della persona e la qualità della sua socializzazione.

Ruolo e identità

Se l'identità è il frutto del riconoscimento, e il riconoscimento avviene solo a livello di funzioni e prestazioni,

Il ruolo, che definisce l'identità sociale, definisce anche l'identità personale. Gli individui sono leggibili non in quanto substrati naturali ma in quanto interpretano ruoli sociali regolati da norme. Nell'assumere un ruolo un individuo utilizza ogni strumento possibile per introdurre e mantenere un margine di libertà e di manovra fra se stesso e il sé virtualmente disponibile per lui nella situazione. Il percorso che una persona deve fare per diventare adulta necessita di un processo di separazione e di differenziazione, che comprende anche la necessità di saper mantenere distinto il proprio sé da quello del ruolo che si sta interpretando. Dobbiamo ammettere che la costruzione della nostra identità è inesorabilmente collegata all'insieme dei ruoli che, nel nostro percorso di socializzazione, siamo chiamati a interpretare sul palcoscenico della vita. È attraverso i ruoli che, oltre a strutturare le basi per

La propria identità adulta, la persona raggiunge anche la consapevolezza di tale identità, cioè la propria autoidentificazione. Il fatto che l'identità sia strettamente connessa con i ruoli sociali e che questi possano nascere e svilupparsi solo all'interno di una dimensione intersoggettiva e relazionale, cioè all'interno di un processo di socializzazione, può aiutarci a capire quanto sia decisivo che questo processo avvenga all'interno di situazioni nelle quali i ruoli siano veri, utili, dotati di senso, non inquinati da rappresentazioni svalorizzate della persona. Proporre dei ruoli inautentici a persone adulte è un serio attacco identitario e, quando esse comprendono di essere all'interno di una finzione, sperimentano una situazione molto dolorosa. Purtroppo, le persone con disabilità intellettiva di fronte a proposte di ruoli inautentici sono spesso costretti al gioco del far finta che. Ma un'identità

Costruita su queste basi sarà un'identità molto fragile, costruita sui conni del falso sé. Affinché il ruolo possa assolvere la sua funzione di contenitore dell'identità, è necessario non solo che esso sia genuinamente presente nell'esperienza di vita della persona, ma anche che chi si propone di interpretarlo disponga di una struttura psicologica tale da poter rispondere adeguatamente alle aspettative che lo accompagnano. In altre parole, assumere un ruolo nel mondo degli adulti non vuol dire solo svolgere alcuni compiti pratici, impegnarsi in alcune performance, quanto piuttosto essere in grado di saper stare emotivamente nelle dinamiche relazionali insite nella parte che ci si propone di interpretare.

La riformulazione degli interventi educativi in processi di socializzazione indica, in coerenza con un quadro interpretativo della disabilità che intende rifarsi al paradigma bio-psico-sociale, uno spostamento, all'interno

della dialettica individuo/società, in favore di quest'ultima. Famiglia e socializzazione primaria Il cominciare bene del proverbio è riferibile all'influenza emotiva, affettiva, educativa che la famiglia, nella sua azione mediatrice verso il mondo, esercita sul bambino e sul suo processo di crescita. Il bambino impara all'interno della famiglia durante quella fase che passa sotto il nome di socializzazione primaria. Ogni bambino non nasce membro della società, ma nasce con una propensione alla socialità e quando viene al mondo subentra in quella realtà nella quale altri individui vivono già e per questo egli ha bisogno di un processo di apprendimento, che solo chi fa già parte di quel mondo può avviare e sostenere. Il bambino ha la necessità assoluta, sul piano psicologico e sociale, che chi è già presente in quel mondo gli fornisca, oltre alla

Possibilità di sopravvivenza sul piano biologico, anche gli strumenti per diventarne parte. L'appropriazione soggettiva dell'identità e l'appropriazione soggettiva del mondo sono semplicemente due aspetti dello stesso processo di interiorizzazione, mediato dalle persone più importanti. Durante la socializzazione primaria il bambino impara a sentirsi parte del mondo in cui abita, a riconoscere gli altri e, attraverso gli altri, a riconoscersi come distinto dagli altri. L'identità è una costruzione senza sosta che dura tutta la vita, che nasce quando il bambino coglie la prima immagine di se stesso attraverso gli occhi di sua madre. È attraverso questo rispecchiamento di sé, prima negli occhi della mamma e poi via via negli altri significativi, che il bambino impara che lui è veramente colui che gli altri chiamano. È praticamente impossibile concepire un'identità individuale che sorga fuori

della capacità di adattarsi e interagire con gli altri membri della società. Durante la socializzazione primaria, il bambino impara a riconoscere e comprendere le regole sociali attraverso l'osservazione e l'imitazione dei comportamenti degli adulti e dei suoi coetanei. Questo processo di apprendimento è fondamentale per la formazione della propria identità e per l'integrazione nella comunità. L'altro generalizzato rappresenta un concetto chiave nello sviluppo psicosociale. Esso indica la capacità di comprendere che i ruoli e gli atteggiamenti delle persone che ci sono più vicine sono rappresentativi di ruoli e atteggiamenti che esistono in generale nella società. Questo significa che il bambino inizia a comprendere che le regole e i comportamenti che osserva nella sua famiglia o nel suo gruppo di riferimento sono applicabili anche in altri contesti sociali. Questo passaggio è cruciale per l'interiorizzazione delle regole del vivere sociale e per la capacità di assumere e svolgere un ruolo in modo adeguato. Il bambino inizia a percepire di far parte di una società più ampia rispetto alla sua famiglia, acquisendo gradualmente la consapevolezza che esistono molteplici ruoli sociali che vanno oltre quelli genitoriali. Questo apprendimento progressivo è alla base dello sviluppo della capacità di adattarsi alle diverse situazioni sociali e di relazionarsi in modo efficace con gli altri membri della società.del codice morale prima del bambino, poi dell'adolescente e infine dell'adulto. Le norme per il bambino sono collegate al concetto di convenienza, per l'adolescente all'idea di convenzione e per l'adulto alla nozione di convinzione. Per poter assumere un ruolo, qualsiasi ruolo, è necessario porre se stessi dal punto di vista dell'altro, o degli altri, in modo da anticiparne la risposta. Questa posizione viene definita come assunzione di ruolo ed è fondamentale nel processo di socializzazione primaria. Assumere e interpretare un ruolo significa essere in grado di anticipare dentro di sé sia le aspettative degli altri sia la risposta che il proprio atteggiamento determinerà negli altri. La capacità di assumere il ruolo dell'altro non è solo il segno di un apprendimento sul piano cognitivo, ma è soprattutto l'indicazione che sul piano psicologico è presente uno spazio emotivo, all'interno del quale

Gli altri possono essere ospitati. La capacità di assumere il ruolo dell'altro non è legata alla presenza di un determinato livello di intelligenza comunemente variamente inteso, quanto piuttosto al consolidamento di un processo di crescita emotiva basato sulla qualità delle relazioni attive con i genitori. Quando una persona è in grado di metterci dentro gli altri e i loro ruoli significa che sono accadute almeno due cose: la prima è il raggiungimento sul piano psicologico di un livello di maturazione emotiva, grazie al quale le esigenze infantili e prepotenti dell'io non sono più dominanti; la seconda è un consolidamento dell'identità della persona, che non varrà più solo di fronte a questo o a quell'individuo per essa significativo, ma comincerà a rimanere abbastanza stabile di fronte alla generalità delle persone e al variare dei contesti. Contribuiscono al consolidamento

dell'identità altri elementi: il senso di unicità, cioè il percepirsi distinti dagli altri; il senso di continuità, inteso come la capacità di mantenere, nonostante l'interruzione ai cambiamenti, una coerenza individuale; il senso di autonomia, inteso come la sensazione di possedere il controllo della propria persona. L'insieme di queste caratteristiche determina un continuum, che ci segnala che la persona ha raggiunto la capacità di rimanere se stessa anche di fronte ai cambiamenti che modificano la realtà intorno ad essa.

Adolescenza e socializzazione anticipatoria

Con l'ingresso nella scuola secondaria prende avvio un altro passaggio psicosociale fondamentale per la costruzione dell'identità adulta che viene definito socializzazione anticipatoria. Anche se è difficile stabilire con esattezza dei limiti temporali, si può dire che la socializzazione primaria inizia con le prime interazioni del

Bambino con la madre. Non possiamo però indicare con certezza quando quest'ultimo termina e quando inizia la socializzazione anticipatoria e quella secondaria. Molto dipende dalle caratteristiche individuali, da quelle familiari, ma soprattutto dalle variabili culturali che caratterizzano storicamente una determinata società. Nella nostra società, pensiamo sia ragionevole cominciare a parlare di socializzazione anticipatoria con l'ingresso nel periodo adolescenziale, mentre la socializzazione secondaria ha inizio quando la persona entra nelle dinamiche dei ruoli adulti. La socializzazione anticipatoria rappresenta un'esperienza indispensabile, proprio perché ha lo scopo di permettere un progressivo avvicinamento al mondo degli adulti attraverso l'apprendimento di valori, regole, stili di comportamento tipici di quell'ambiente sociale, al quale non si appartiene ancora ma del quale si vorrebbe.er lo sviluppo personale e di opportunità per mettersi alla prova. Solo attraverso l'esperienza e la pratica costante è possibile raggiungere i propri obiettivi e superare i propri limiti. Le palestre, intese come spazi fisici ma anche come contesti di apprendimento e crescita, offrono l'ambiente ideale per questo tipo di allenamento. In esse, le persone possono confrontarsi con le proprie aspettative e desideri, mettendosi alla prova e imparando dagli errori. Le palestre sono luoghi in cui si può imparare a gestire lo stress, a sviluppare la disciplina e la determinazione, a migliorare le proprie abilità e a superare le proprie paure. Sono spazi in cui si può crescere, sia a livello fisico che mentale, e in cui si possono creare connessioni con altre persone che condividono gli stessi obiettivi. In definitiva, le palestre sono luoghi di crescita e di opportunità, in cui si può entrare a far parte di una comunità di persone che cercano di migliorarsi costantemente.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
16 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher BeneDiSalvo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia delle diversità e delle differenze e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Sannipoli Moira.