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I CENTRI CULTURALI
Nel generale riassestamento della società italiana molti centri prima minori e marginali acquisiscono una
loro autonoma identità, grazie in particolare all’iniziativa di alcune famiglie signorili che favoriscono i
progetti culturali.
Tra il 1380 e il 1492 Firenze mantiene un primato indiscusso, grazie al rilievo che in tutta Italia assume
la sua letteratura volgare, all’intensa attività dei suoi umanisti, al vigoroso impulso che in essa vivono
diverse arti, alle numerose occasioni d’incontro che essa promuove tra esperienze di origine diversa e non
soltanto italiana. L’egemonia culturale di Firenze non esclude però l’affacciarsi di altre possibilità, di
molteplici programmi e varie sperimentazioni, in particolare nella seconda metà del XV secolo.
Nel Nord un importante polo di attrazione è costituito da Venezia, che vede svilupparsi una
- cultura umanistica legata alle grandi famiglie dell’aristocrazia al potere e un’originale produzione
in lingua volgare, abbastanza svincolata dai modelli toscani.
Altro polo prestigioso, nell’Itala settentrionale, è la Milano dei Visconti e poi degli Sforza, dove il
- potere ducale dà impulso, fin dalla fine del secolo XIV, a un umanesimo di tipo cortigiano e
favorisce, verso la fine del secolo XV, una letteratura d’intrattenimento per la corte.
Nell’Italia padana si impongono nel frattempo la Ferrara degli Estensi, e poi la Mantova dei
- Gonzaga, la Bologna dei Bentivoglio e la Rimini dei Malatesta.
Soprattutto negli ultimi anni del secolo XV ha un grande prestigio la Urbino di Federico da
- Montefeltro.
A Roma, attorno alle strutture istituzionali del Papato, fiorisce una ricca cultura umanistica, il cui
- orientamento classicistico e antiquario si esalta nelle immagini e nelle memorie della città.
Importante è anche l’attività culturale che si svolge a Napoli sotto la dinastia aragonese.
-
Tra i vari centri si stabiliscono fitti contatti e scambi, e frequenti sono i trasferimenti di studiosi e scrittori
da uno all’altro: essi tendono a svincolarsi dalla città originaria per cercare un pubblico e una
comunicazione più ampi, nazionali o internazionali.
La letteratura volgare dal 1380 al 1470
LETTERATURA LATINA E LETTERATURA VOLGARE
Almeno fino al 1470 circa, la letteratura latina conserva una posizione assolutamente preminente e il
latino pare tornato a essere la sola lingua della comunicazione intellettuale. L’uso letterario del volgare
arretra in tutta Italia, con l’eccezione di Firenze e della Toscana, dove le tradizioni trecentesche resistono
con forza.
Anche per l’assenza di grandi capolavori, tutto il secolo che va dalla morte di Boccaccio (1375) alle Stanze
di Poliziano (1475), viene definito da Croce il “secolo senza poesia”; ma questa formula non aiuta a capire
la varietà dei processi in atto, che comportano numerosi scambi tra il latino e il volgare. Il latino raffinato
degli umanisti modella spesso la sua sintassi sul volgare, avvicinandosi alla spigliata vivacità di questo; il
volgare, d’altra parte, si arricchisce proprio grazie al nuovo contatto con il latino.
Occorre poi notare che, fuori dalla Toscana, la crisi dell’uso letterario del volgare si spiega col fatto che
per gli abitanti di altre regioni è difficile adattarsi all’uso del toscano, il solo idioma volgare a cui si
riconosca valore.
Nelle scritture ufficiali l’uso del volgare continua però a diffondersi: tutto ciò che deve essere compreso
fuori dell’ambiente dei dotti tende ormai quasi dappertutto ad assumere veste volgare; così, nel momento
in cui si impone di nuovo come la lingua dei colti, il latino perde sempre più terreno nella più ampia
dimensione della vita collettiva. E, soprattutto in Toscana, si fa sempre più nitida la consapevolezza del
valore sociale e comunicativo del volgare.
Negli anni Trenta, soprattutto per iniziativa di L B A , si manifesta un vero e proprio
EON ATTISTA LBERTI
Umanesimo volgare, che mira a svolgere temi e atteggiamenti culturali umanistici. L’Alberti è forse
l’autore della cosiddetta “grammatichetta vaticana”, Regole della lingua volgare, prima, embrionale
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grammatica della nuova lingua, e promuove una gara di poesia in volgare chiamata Certame coronario,
iniziativa che intendeva affermare la dignità della nuova lingua. Ma sarà soltanto sul finire degli anni
Sessanta che si avrà un rilancio del volgare anche come strumento di comunicazione letteraria ad alto
livello, del tutto paritetico rispetto al latino.
LE SCRITTURE DEI MERCANTI
A Firenze si producono numerose scritture in volgare nell’ambiente dei mercanti: scritture legate alla
diffusione di quella grafia che viene definita appunto mercantesca. Non si tratta più soltanto di testi
pratici, ma di libri a uso domestico, destinati a conservare l’esperienza e i valori familiari, costruiti
variamente e giorno per giorno, con racconti e memorie, che fissano i momenti significativi della vita
della famiglia, con riflessioni morali e con consigli e suggerimenti che riguardano il comportamento
quotidiano, la gestione del patrimonio, la conduzione degli affari.
Queste opere sono scritte in una prosa vivace, schematica, ma aderente alla realtà.
,
FRANCO SACCHETTI NARRATORE E MORALISTA DELLA FIRENZE COMUNALE
F S costruisce una narrativa strettamente aderente al mondo quotidiano fiorentino e ai
RANCO ACCHETTI
valori positivi degli strati borghesi della sua città, puntando a una comicità vivace e realistica e a un solido
moralismo.
Verso il 1385 progettò un’opera narrativa, il Trecentonovelle; doveva trattarsi di una raccolta di 300
novelle, ma ce ne sono giunte solo 228, alcune delle quali incomplete; si tratta di narrazioni piuttosto
brevi, non legate da una cornice, ma disposte secondo un ordine basato sui loro diversi significati morali.
Sacchetti afferma di voler raccontare per consolare dai mali che travagliano la vita contemporanea, e
rivendica il rapporto delle sue novelle con fatti reali, di cui talvolta egli è stato diretto testimone.
Dal modo stesso con cui ci descrive le cose scaturisce il suo atteggiamento morale, che raccomanda di
tenersi vicini alla realtà più semplice e normale, ai valori medi diffusi nella comunità umana: fortissima
è infatti la sua diffidenza verso gli atteggiamenti eroici, i gesti eccessivi e appassionati, i sentimenti troppo
intensi; fortissima la sua diffidenza anche verso le donne (presentate sempre in una luce negativa,
secondo gli schemi della tradizione misogina).
ALTRI NARRATORI TOSCANI
Altri autori costituiscono variamente attorno alle proprie novelle delle cornici, ma ricorrendo a moduli
assai diversi da quelli del Boccaccio.
Una cornice amplificata, in cui si narrano gli amori di due giovani, la troviamo nel Pecorone,
- attribuito a un S G F .
ER IOVANNI IORENTINO
Il Novelliere di G S ha come cornice il viaggio per l’Italia di una brigata di amici
- IOVANNI ERCAMBI
Una certa facilità narrativa rivela G S , nelle sue quaranta Novelle, raccolte in una
- ENTILE ERMINI
struttura disordinata
Più originale Il Paradiso degli Alberti, scritta da G G
- IOVANNI HERARDI
Ampia e fortunata diffusione ebbero a Firenze le novelle sciolta, dette spicciolate, quasi sempre
- anonime: la più celebre è La novella del grasso legnaiuolo, la cui redazione più ampia è attribuita
a A M . Vi si narra una beffa ordita da Filippo Brunelleschi nel 1409 ai danni di un
NTONIO ANETTI
artigiano, il Grasso, a cui si fa addirittura credere di essersi trasformato in un’”altra” persona: la
razionalità della progettazione e della realizzazione della beffa, sullo sfondo del vivace mondo degli
artisti fiorentini, si incontra col motivo mitico del sosia e del “doppio”.
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Nell’ambito della novellistica si colloca poi il fortunato genere della facezia; mentre alla tradizione dei
romanzi medievali si riallacciano i romanzi in prosa di A B .
NDREA DA ARBERINO
Facezia
La facezia o motto si fonda su un uso scherzoso del linguaggio, determinato da intenzioni aggressive verso qualcuno o semplicemente
dal puro piacere del gioco verbale e intellettuale.
Nella tradizione romanza si affermò molto presto un legame tra facezia e novella: la narrazione breve della novella poteva infatti risolversi
spesso in una situazione che vedeva un personaggio imporsi sugli altri o liberarsi da qualche difficoltà mediante un motto abile e arguto.
Nel secolo XV la facezia si configura come un vero e proprio genere letterario, in cui convergono la curiosità intellettuale degli umanisti e
il vivace gusto popolare per i giochi di parole o per i contenuti scabrosi.
LA LETTERATURA RELIGIOSA
La “chiusura” della vita religiosa si accentua ulteriormente nel processo di riorganizzazione della società
italiana. La società nel suo complesso rifiuta ogni prospettiva religiosa che metta in causa l’equilibrio
sociale.
Nuove prospettive di riforma religiosa si prospettano però in
settori dell’alta cultura: lontanissimi dalle credenze e dal culto delle
classi subalterne, essi sviluppano le forme dell’Umanesimo
cristiano. Presso le masse invece si favorisce una religiosità fatta di Sacra rappresentazione
rassegnazione di fronte alle miserie e alle sofferenze e di rispetto Spettacolo drammaturgico di
delle gerarchie; un grande movimento di penitenza fu quello dei argomento religioso che si sviluppa
Bianchi. Vi partecipò il domenicano fiorentino G IOVANNI soprattutto a Firenze nel corso del
secolo XV, sulla base di testi scritti.
D , grande predicatore impegnato a imporre nella vita
OMINICI Esso si collega al dramma liturgico e
cittadina un’etica dura e rigoristica in polemica con la prospettiva alle forme dello spettacolo sacro
degli umanisti. diffuse in varie zone d’Europa nel
secolo XIV e XV e note come misteri.
Per una diretta osservanza della regola di San Francesco operò il Come metro adotta l’ottava rima, già
francescano S B S : di lui abbiamo i testi delle
AN ERNARDINO DA IENA in uso nei cantari.
prediche volgari che presentano una eccezionale vivacità: si L’azione viene preceduta da un
affidano al linguaggio popolare e chiamano continuamente in annuncio e seguita da una licenza,
causa il pubblico con un ritmo dialogico incalzante e bonario, un proferiti entrambi da un angelo.
tipo di predicazione molto meno “teatrale” di quella in uso nel Il maggiore tra gli autori di sacre
secolo XIV, ma che avrà grande seguito. rappresentazioni è il fiorentino Feo
Belcari.
Persiste per tutto il corso del secolo XV una poesia religiosa, opera
di autori laici: numerosissime sono ancora le laude, mentre si
diffondono l