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Vediamo il seguente schema relativo ad HABEO:
Nel primo passaggio l'accento si sposta per fonosintassi su HABEO (accento di
sintagma), così la E resa debole cade per sincope, mentre la E finale cade per elisione;
in HABEO H e B cadono. Nel secondo passaggio la N, trovandosi vicino a R, subisce
assimilazione regressiva; la E, già debole per l’antica legge latina vocalis ante vocalem
corripitur, continua a indebolirsi forse per lo stesso. Nel terzo passaggio la I cade.
A seguire vediamo il futuro sardo. In tutta la Romània le uniche lingue romanze che
presentano un futuro di tipo perifrastico sono il rumeno e il sardo. Il sardo presenta un
futuro del tipo "apo a faghere" logudorese/"deppu fai" campidanese secondo lo
schema inverso HABEO (+a)+infinito; ma, mentre il logudorese ha l'ausiliare àere
(=avere), il campidanese ha l'ausiliare dèppi(ri), anche se in entrambi è ancora presente
l'originario valore di doverosità. Molto spesso, noi sardi portiamo, nella lingua di tutti i
giorni ed entro frasi che esprimono il futuro, il nostro italiano regionale: "domani devo
andare in facoltà". Credo che nel campidanese si avverta di più il senso di doverosità
proprio perché usiamo ‘dèppiri’. Detto ciò chiediamoci ora quale sia il futuro più
recente tra i due, quello organico romanzo e quello perifrastico sardo. Potrà sembrare
strano ma il futuro più recente è proprio quello sardo. Benché apparentemente possa
avere un aspetto più conservativo è più recente degli altri futuri romanzi: il tratto
recenziore è proprio l'HABEO posso all'inizio del costrutto (al contrario di infinito+
HABEO), la cui posizione è giustificata da quella generale tendenza delle lingue
romanze ad anticipare le informazioni linguistiche (in tal caso l'informazione di HABEO
come ausiliare e allo stesso tempo di verbo che esprime intenzionalità/doverosità di
fondo). Dunque rispetto a un futuro del tipo ‘farò’, ‘apo a faghere’ si è sì fermato alla
fase perifrastica, ma rispetto alla stragrande maggior parte dei futuri romanzi,
rappresenta un'innovazione.
Il passato composto (>XII secolo)
Il passato composto, il costrutto con HABEO+participio perfetto>passato prossimo, si
trova non solo nelle lingue romanze ma anche in altre, con la particolarità del verbo
‘avere’ usato in funzione di ausiliare; tra le romanze, nello spagnolo questa qualità è
particolarmente visibile, poiché esso fa una netta distinzione fra haber (ausiliare) e
tener (verbo con significato semantico).
Il costrutto del passato prossimo è, certo rispetto ad altri fenomeni romanzi, molto
recente (>XII secolo). Nel latino non esisteva. Il suo ruolo era svolto dal perfetto
indicativo. Se si pensa che il perfetto latino era un tempo estremamente complesso e
vario (Ricorda i 5 tipi di perfetto), che aveva in sé anche il concetto del nostro passato
prossimo, si può capire come il romanzo abbia sentito l’esigenza di creare un tempo a
parte, ben distinguibile. Dunque data l’enorme complessità del perfetto latino non
stupisce che esso sia entrato in crisi e abbia lasciato spazio ai tre tempi con cui in
italiano possiamo tradurlo: il passato remoto, il trapassato remoto e il passato
prossimo. Il passato composto è una formazione perifrastica rimasta tale poiché non
ha subìto agglutinazione (rispetto al futuro romanzo più comune), ma rientra per lo
stesso motivo in seno alla tendenza di formare costrutti analitici propria delle lingue
romanze. E come abbiamo visto è anche un fenomeno di semplificazione rispetto alla
multiformità del perfetto (amaVI, monUI, coĒgi, scripSI, MOmordi, BIBI — eccoli qui,
tutti i tipi di perfetto latino!), poiché è sufficiente conoscere il presente del verbo
‘avere’ e il participio passato del verbo lessicale o semantico (tra l'altro il participio è
invariato con l'ausiliare ‘avere’, mentre conosce una minima variazione di
numero/genere con l'ausiliare ‘essere’ usato nella forma passiva e con i verbi
intransitivi). In latino c'era l'opposizione INFECTUM/PERFECTUM, marcata anche a
livello visivo, morfologico (ai Latini, più che indicare quando viene svolta l'azione,