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L TERZO DEI TESTI ROMANZI DEL prima metà 9° ROMA GRAFFITO DELLA CATACOMBA DI COMMODILLA-
iscrizione a lettere capitali, graffita in verticale su una parete- carattere del tutto occasionale
"non dicere ille secrita a bboce" cioè "non pronunciare le segrete a voce alta". Le segrete sono preghiere della messa
che il nuovo uso liturgico importato dalla Francia imponeva si recitassero sottovoce. un ammonimento rivolto a quei
religiosi che esitavano ad adeguarsi alla nuova prassi. Il testo presenta dei caratteri nettamente volgari:
• la forma negativa dell’imperativo, che come nell’italiano moderno è formata da non + infinito(il latino classico
avrebbe richiesto una costruzione con NE + congiuntivo).
il passaggio /w/ > /b/ (betacismo) in bboce
l’assimilazione del neutro plurale in -a alla declinazione femminile (le secrita come le braccia)per formare
PLURALE COLLETTIVO
la presenza dell’articolo (ille "le")
(a bboce) l’elemento più vistosamente volgare è il raddoppiamento fonosintattico, tipico ancora oggi delle varietà
italiane centromeridionali oltre che toscane. La seconda delle due B è soprascritta e nell’intento di conferire un effetto
di accentuazione o connotaz coloristica.
• A differenza dell'Indovinello veronese, l'articolo pari qui utilizzato in maniera simile all'uso moderno ma con
assetto fonetico ancora latino: ille;
• sono invece del romanesco antico, che ha tratti assai più meridionali di quello moderno contemporaneo, la
forma dicere e la presenza della velare sorda in secrita;
• soluzione grafica arcaica:in secrita è utilizzata una grafia i per it. E.
È notevole che in un testo rivolto (da un religioso) a dei religiosi si usi il romanzo anziché il latino. Dobbiamo dedurne
che l’iscrizione fosse destinata a quegli esponenti del basso clero che conoscevano solo superficialmente il latino e
usavano come esclusivo strumento di comunicazione il volgarenuova attenzione per le forme comunicative degli
illeterrati che si diffonde nel IX sec.
5.3 Antichi testi romanzi
VIII e IX→ Testi più antichi. 842 Giuramento Di Strasburgo. Sequenza Di Santa Eulalia 878-882.
X e XI→ Testi letterari.
XII e XIII→ Tradizione letteraria. tradizioni scrittori vere e proprie, finalizzate alla conservaz di testi indipendenti.
processo formalità testuale e funzionalità finalità espressive complesse, carattere di finitezza e compiutezza, inizio e di
una fine. Tutti questi aspetti trovano una prima realizzazione già nei più antichi testi letterari romanzi conservati.
- i più antichi testi romanzi, le più antiche attestazioni dell'uso nello scritto che possano dirsi romanze;
- i più antichi testi letterari romanzi, manifestazione di una volontà monumentaria→che mira cioè alla creazione
dell'oggetto testuale autonomo, conservabile e da conservare, si riconosce la messa in opera di una volontà espressiva
e formale volgare per giungere ad una più completa definizione dell'autonoma dimensione letteraria
testi, provvisti di interna coerenza e distribuite in proprie tipologie . un pubblico che si possa riconoscere e quindi
anche interessato alla sua conservazione
Le letterature romanze:
XII sec. gallo-romanza romanza (sia in lingua d’oil, ossia in francese, sia in lingua d’oc, ossia in provenzale)
XIII sec. per l'area iberica (scuola lirica galego-portoghese, Poema de mio Cid, testi del mester de clerecia) e
per quella italiana (ritmi di area mediana e toscana, scuola poetica siciliana, poesia didattica del Nord).
È altresì indiscutibile che un grado relativamente elevato di letterarietà sia presente in testi occasionali, ma di
intrinseca rilevanza, come I Giuramenti Di Strasburgo E Placiti Campani nei quali ♣un'organizzazione formale
rigorosa era richiesta dall'occasione stessa MA Esempi di trasposizione nello scritto di forme speciali e molto controllate
di oralità, legate a tradizioni formulari documentate ancora solo in latino.
♣Una capacità creativa e di invenzione si manifesta a partire dalla fine del secolo XI, sulla base di una nuova
sensibilità legata al volgare; è in realtà solo a partire dagli anni intorno al 1100 che possiamo parlare pieno titolo di
“letterature romanze”. A fronte di ciò, è però evidente che già nei due secoli anteriori all'anno 1100 è possibile
individuare nella regione gallo-romanza una serie di testi che si distanziano nettamente dagli altri antichi documenti
linguistici romanzi per l'intensità della tensione formale e creativa indirizzate, attraverso l'uso esclusivo del volgare,
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ad un pubblico anche laico, fattore del tutto decisivo. Si tratta di componimenti in versi, concepiti per il canto o la
declamazione che possiedono una sorta di “letterarietà tipicamente romanza” grammaticalità, formalità volgare
d’impianto diverso dalla metrica latina e strutturazione, a cominciare dai Giuramenti di Strasburgo.
Accanto a questo nucleo innovativo di antichi testi letterari romanzi, si collocano tradizioni scrittorie di considerevole
importanza linguistica e culturale come quella testimoniata dall'uso esteso del volgare negli atti giuridici e redatti in
Linguadoca l'antica provincia della Francia (e in minor misura in Catalogna) a partire dalla fine del secolo XI,
mentre strumenti giuridici, pubblici per lo più ed eccezionalmente privati, redatti in volgare compagno sia nel XII sec.
nell’Italia centrale, sia soprattutto in Sardegna, già dalla fine dell’XI sec.
I nuovi testi letterari romanzi acquisiscono rapidamente carattere di compiutezza ossia di piena finitezza formale (e
quindi con strutture di esordio e di conclusione). Esempi eloquenti di questi tratti condizionati esterni sono il contesto-
contenitore latino dei Giuramenti di Strasburgo e dei Placiti campani, ovvero la specifica situazione storica e non solo
genericamente comunicativa nella quale vanno collocati il grassetto della Catacomba di Commodilla e anche gli stessi
Giuramenti.
I più antichi testi romanzi: un panorama.
A partire dal 10° secolo il numero delle testimonianze in romanzo aumenta progressivamente spesso eterogenei sia
nella forma che nel contenuto. 4 tipologie:
testi giuridici
testi pratici
testi di argomento religioso
testi di argomento profano
Testi giuridici. La prassi di incorporare all’interno di documenti in latino, deposizioni, formule testimoniali, note in
romanzo, deriva dalla volontà degli scriventi (notai, scribi) di riprodurre fedelmente un testo orale così come era
stato pronunciato al momento dell’azione giuridica da chi conosceva soltanto la propria lingua materna. Dalle prime
occasionali attestazioni di forme o di brevi frasi in romanzo nelle parti libere dei documenti latini (cioè quelle che non
seguono le formule fisse del linguaggio giuridico), si giunge progressivamente all’affermazione di una tradizione
documentaria in volgare. Questa comincerà a consolidarsi, tuttavia, secondo modalità e tempi diversi da regione a
regione, solo nel corso del Basso Medioevo: già nel 12° secolo in Provenza, nella prima metà del 200 in Francia e in
Spagna, nella seconda metà del 200 in Italia.
Testi pratici. scritture redatte per le esigenze della vita pratica e non destinate ad usi ufficialiabbozzi, appunti, note.
L’effettiva scarsità I testi giuridici o religiosi erano scritti per essere conservati negli archivi o nelle biblioteche. Le
scritture pratiche, in quanto testi di servizio, erano invece affidate a supporti che, non essendo destinati alla
conservazione (tavolette cerate, fogli volanti di pergamena, ..), andavano più facilmente incontro alla dispersione.
Quelle che sono giunte sino a noi sono conservate per ragioni spesso casuali: si va dalla pergamena riutilizzata come
carta di guardia (per custodire) (Conto navale pisano), al testo trascritto sul verso di un documento (Nodicia de kesos). I
reperti conservati sono pochi, ma in origine non dovevano essere rari, anzi certamente abbastanza numerosi. È
probabile infatti che l’uso del volgare fosse più frequente in questo tipo di scritture informali che in altri documenti di
carattere maggiormente ufficiale.
Testi di argomento religioso. intento pastorale. imponeva infatti alla Chiesa di aprirsi alla lingua del popolo. Questa
apertura, tuttavia, non interessava i momenti ufficiali del culto, che anzi restavano (e resteranno per molto tempo) in
latino. Le traduzioni in romanzo di parti della liturgia sono in origine molto rare. Più frequente doveva essere la pratica di
tradurre la predica in romanzo, come prescritto dalla già ricordata diposizione del Concilio di Tours: ma si trattava di
un procedimento prevalentemente orale. Un analogo intento pedagogico avevano le iscrizioni parietali all’interno
delle chiese (categoria diffusa nel solo dominio italiano), e le glosse a testi latini (di cui troviamo esempi in Spagna e
nel dominio romancio), che tuttavia erano destinate ad un pubblico dotato di una seppur minima alfabetizzazione, e
quindi più ristretto.
La maggior parte dei documenti di argomento religioso delle Origini è costituita da testi paraliturgici, da testi cioè che,
pur non facendo parte della liturgia ufficiale, erano inseriti organicamente in essa. interpolazioni (parti aggiunte) (in
genere in latino) volte a commentarne, svilupparne, abbellirne determinate parti. Questi testi a seconda delle loro
caratteristiche sequenze o di tropi) si avvalgono di schemi melodici preesistenti, momenti della liturgia gregoriana.
È una sequenza, ad esempio, il più antico testo romanzo in versi, la Sequenza di Sant’Eulalia appunto.
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Sono (con ogni probabilità) tropi, invece, altri poemetti sacri come la Vie Saint Lethgier, la Passion di Clermont-
Ferrand, la Passione di Ausburg, oltre naturalmente ai componimenti contenuti nel celebre manoscritto latino
1139 della Biblioteca Nazionale di Parigi.
Il romanzo fa la sua comparsa sin dalle origini anche in altri testi di analoga funzione paraliturgica, cioè nei drammi
liturgici, rappresentazioni drammatizzate di vite dei santi o di episodi biblici che avevano luogo nei monasteri o nelle
cattedrali in occasione di determinate solennità: ne costituiscono degli esempi lo Sponsus provenzale, e, in area
italiana, il Pianto di Maria cassinese. Ben presto tuttavia la poesia religiosa si svincola dalla cornice liturgica. Già nella
seconda metà dell’11° secolo, sono attestati in Francia e in Provenza altri poemetti agiografici, di lunghezza maggiore
dei precedenti, che con ogni probabilità erano destinati ad essere recitati o cantati da giullari al di fuori della liturgia
vera e pro