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MA RICHIEDE CHE CIASCUNO STATO MEMBRO LA ATTUI,
EMANANDO NORME INTERNE CORRISPONDENTI.
Se lo stato non recepisce una direttiva,
è responsabile del danno che l’inerzia o il ritardo nella recezione provoca al cittadino.
Vi sono, però, anche DIRETTIVE CON EFFICACIA DIRETTA,
che si hanno quando esse siano incondizionate, sufficientemente precise
e sia scaduto il termine concesso allo stato membro per il loro recepimento;
queste direttive hanno efficacia verticale,
e cioè esse sono direttamente applicabili nei rapporti tra cittadino e autorità statale;
è esclusa, invece, la diretta applicabilità delle direttive nei rapporti tra cittadini
(efficacia orizzontale).
Nella ricostruzione delle fonti comunitarie un ruolo importante è assunto anche
CORTE DI GIUSTIZIA
dalla delle Comunità Europee,
la quale ha il compito di assicurare
l’uniformità di interpretazione del diritto comunitario
all’interno del territorio dell’Unione,
cosi che la fonte comunitaria sia vincolante nell’interpretazione che essa dà.
Tuttavia,
se in tale interpretazione la norma comunitaria risulta incostituzionale,
la Corte Costituzionale deve rimuoverla dall’ordinamento giuridico italiano.
Le fonti comunitarie, essendo gerarchicamente subordinate alla Costituzione,
nono possono essere contrarie
ai principi fondamentali
e ai diritti inalienabili della persona garantiti dalla Costituzione.
I regolamenti e le direttive con efficacia diretta
prevalgono sulle leggi ordinarie interne,
ma solo nell’ambito delle competenze assegnate dal trattato.
Anche se le fonti comunitarie non sono atti dello stato,
la Corte costituzionale italiana ha il potere di dichiarare incostituzionale
una norma comunitaria;
infatti, ai fini del controllo di legittimità costituzionale,
per legge dello stato
si deve intendere
non solo la legge approvata dagli organi dello stato,
ma anche qualsiasi disposizione avente forza di legge nel territorio statale;
LiberaWmente Fonti del diritto
e le fonti comunitarie hanno forza di legge,
anche di grado superiore a quella della legge ordinaria dello stato.
È impensabile trasferire il potere di determinare e applicare il contenuto
dei principi fondamentali della persona, delle libertà fuori dalla Costituzione,
e quindi non si può sottrarre alla Corte Costituzionale
il controllo sulla vigenza dei principi fondamentali;
ciò significherebbe togliere all’ordinamento giuridico il suo fondamento di legittimità,
significherebbe compromettere la giustificazione del potere legale.
Le fonti comunitarie sono poste da organi nominati dai Governi degli stati membri,
quindi manca una rappresentatività democratica,
manca la dialettica tra maggioranza e minoranza, propria della legge,
la quale invece è imputabile, mediante le Camere, alla volontà popolare.
Le limitazioni di sovranità sono condizionate, dunque,
al rispetto dei valori democratici dello stato costituzionale.
Di conseguenza,
visto che negli ambiti
che la Costituzione rimette alla regolamentazione della legge ordinaria
possono operare fonti comunitarie,
queste devono rispettare la funzionalizzazione sociale dell’impresa e della proprietà imposta dalla
Costituzione.
Quindi, i principi costituzionali relativi all’attività economica
sono attuabili anche mediante la normativa comunitaria.
Restano, invece, escluse le materie non patrimoniali,
attinenti ai principi fondamentali ed estranee alle competenze comunitarie.
14. Gerarchia e vincolatività degli atti comunitari .
L’integrazione delle fonti nazionali e di quelle comunitarie
ha prodotto un sistema italo-comunitario delle fonti.
L’ordinamento comunitario non è provvisto di una rigorosa distinzione tra
atti legislativi (fonti primarie) e atti amministrativi (fonti secondarie e provvedimenti);
esso non dispone di una separazione tra potere legislativo e amministrativo
e non differenzia le funzioni normative del potere amministrativo da quelle esecutive.
Queste sono distinzioni essenziali per uno stato di diritto.
La distinzione tra le fonti, infatti, riflette la separazione di poteri,
tipica dello stato di diritto.
LiberaWmente Fonti del diritto
Il mercato unico non è il criterio di identificazione delle fonti:
il trattato distingue tra
interventi di armonizzazione legislativa (regolamento)
e interventi di omologazione della disciplina (direttive).
L’assenza di una gerarchia delle fonti danneggia il sistema
e favorisce abusi e ambiguità.
Spetta al giudice nazionale,
che è chiamato ad individuare il diritto applicabile,
valutare
se la direttiva costituisca una fonte del diritto rilevante nell’ordinamento interno
e se sia idonea a prevalere sulle fonti ordinarie nazionali
o se la direttiva costituisca un semplice criterio interpretativo,
e cioè un mero parametro di preferibilità
tra le molteplici interpretazioni possibili delle fonti interne.
Se il giudice valuta la direttiva direttamente applicabile,
allora disapplica la legge ordinaria statale con essa contrastante;
se, invece, il giudice valuta la direttiva non direttamente applicabile,
allora applica la legge ordinaria statale,
interpretandola, se possibile, in maniera conforme alla direttiva.
La direttiva che sia sufficientemente precisa e che quindi abbia diretta efficacia,
è vincolata nel suo contenuto normativo al raggiungimento dello scopo,
e non per la normativa di dettaglio in essa contenuta.
La normativa di dettaglio cede di fronte alla legislazione ordinaria interna di dettaglio.
Quindi,
la legislazione interna deve rispettare lo scopo posto nella fonte superiore,
ma può derogare la normativa di dettaglio eventualmente inserita nella direttiva,
purchè non vengano messi a repentaglio i principi della direttiva.
15. Altre fonti. Leggi regionali. Consuetudine .
LEGGI REGIONALI
Fanno parte delle fonti primarie anche le .
A seguito della Riforma costituzionale 3/2001,
è stato novellato l’art. 117 Cost,
che attribuisce alle regioni una maggiore potestà legislativa.
Prima della riforma,
le regioni legiferavano solo su quelle materie
indicate dal vecchio disposto dell’art. 117,
ed era comunque una legislazione concorrente,
e cioè che doveva fondarsi sui principi fondamentali dell’ordinamento nazionale.
LiberaWmente Fonti del diritto
Con il riformato art. 117, invece,
vengono elencate le materie che sono di esclusiva competenza dello Stato,
e cioè quelle materie per cui l’esigenza di unitarietà dell’ordinamento
prevale su quella della differenziazione regionale;
e vi ritroviamo la materia del mercato, la sicurezza, i livelli minimi essenziali, etc.
Di conseguenza,
tutte le materie che non sono riservate alla competenza esclusiva dello stato,
vengono riconosciute alla competenza concorrente delle regioni.
Quindi,
il novellato art. 117 ha esteso le competenze delle regioni,
che hanno acquisito una capacità normativa tendenzialmente generale,
salvo che per quelle materie che lo stato ha riservato alla sua competenza esclusiva.
Questa riforma costituzionale si riflette anche sul diritto privato:
prima della riforma dell’art. 117
le leggi regionali non avevano competenza sul diritto privato,
ma si occupavano solo delle pubbliche amministrazioni
e, quindi, di diritto amministrativo;
con il novellato art. 117, invece, l
e leggi regionali possono anche riguardare il diritto privato,
e quindi contratti, mercati, persone.
CONSUETUDINE
La (o uso normativo)
È UNA FONTE-FATTO,
CHE RISULTA
DA UN COMPORTAMENTO REITERATO O COSTANTE DEI CONSOCIATI (usus)
TENUTO NEL CONVINCIMENTO DELLA SUA DOVEROSITÀ
(opinio iuris ac necessitatis).
Quindi, la consuetudine è comportamento costante e uniforme tenuto dai consociati
con la convinzione che tale comportamento sia doveroso
o da considerarsi moralmente obbligatorio.
La consuetudine è una fonte terziaria, perchè subordinata alla legge e ai regolamenti.
La consuetudine può essere:
LiberaWmente Fonti del diritto
secudum legem,
è quella consuetudine richiamata dalle leggi o dai regolamenti
nelle materie da essi regolate; essa integra il contenuto della norma;
praeter legem,
è quella consuetudine che disciplina materie
ancora non coperte da fonti primarie o secondarie;
contra legem,
è quella consuetudine in contrasto con una specifica disposizione inderogabile
o con un principio del sistema giuridico.
Ogni consuetudine, anche in assenza di fonti primarie,
deve essere controllata dal punto di vista della sua rispondenza ai principi fondamentali,
al fine di escludere la vincolatività dell’uso che non abbia, in termini di meritevolezza, valutazione
positiva da parte dell’ordinamento.
Da questo punto di vista le consuetudini,
piuttosto che praeter legem, in quanto può mancare la legge, ma non la Costituzione,
sono soltanto secundum legem:
è fonte del diritto la consuetudine che superi il giudizio di conformità alla Costituzione.
16. Fonti internazionali .
Le fonti internazionali nella gerarchia delle fonti del diritto
sono subordinate alla Costituzione.
Sono fonti del diritto internazionale le consuetudini e i trattati.
Le consuetudini internazionali hanno un rango superiore alle fonti primarie.
Esse trovano la loro legittimità costituzionale all’art. 10,
secondo il quale
l’ordinamento italiano si conforma
alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute,
cosi che il diritto interno si adegua automaticamente
(senza atti normativi interni di recezione) alle norme internazionali
non formulate in un trattato ma generalmente osservate.
I trattati internazionali ratificati dall’Italia, invece,
richiedono un atto-fonte di recepimento
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per avere efficacia nell’ordinamento nazionale.
La recezione delle norme internazionali pattizie avviene:
→ o con un ordine di esecuzione del trattato,
e cioè un’apposita legge interna che recepisce il contenuto del trattato;
l’ordine di esecuzione è una legge priva di contenuto proprio:
la legge si limita a disporre che piena e integrale esecuzione è data al trattato,
e segue poi il testo del trattato;
→ o con un adattamento speciale ordinario,
e cioè specifici atti normativi che introducono nell’ordinamento interno
una disciplina che corrisponde a quanto il trattato stabilisce;
in questo caso, la legge o le leggi di recepimento hanno un contenuto proprio;
se vi è difformità tra il contenuto della legge e il contenuto del trattato,
è la legge a prevale