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SOFONISBA
Come l'Algide e come Mirra vengono composte in un arco di tempo dal 1784 al 1787. Qui la fonte non è Plutarco ma Livio. Il soggetto di questa tragedia faticosamente uscita dalle mani dell'autore che ne distrugge le prime verseggiature perché di inquietudine estrema, alla fine in qualche modo la Sofonisba giunge al termine però lascia perennemente insoddisfatto Alfieri, e anche qui ce ne rendiamo conto grazie al parare qui l'ambientazione è Cartagine, la figura della figlia masopra le tragedie. La figura del cartaginese, perché soprattutto quella del cartaginese Asdrubale e moglie di Siface era una delle più fortunate vicende della tradizione classica. Sarà proprio il soggetto tragico della Sofonisba a generare e indurre una reviviscenza del genere tragico nel 700. Alfieri continua a ravvisarne i limiti soprattutto nell'intreccio, l'intreccio della tragedia che faceva della protagonista allo stesso tempo.
Una donna dotata da sentimenti sublimi e al contempo la moglie di due mariti. Figura di Sofonisba, un personaggio contraddittorio e un personaggio che rischiava di scivolare verso situazioni da commedia, questo urtava la sensibilità del tragico Alfieri. Per tanti aspetti, pur vero è che l'ultimo delle tre nuove tragedie si accende nella mente di Alfieri di maggior efficacia e anche di resa scenica è Mirra. MIRRA Alfieri un giorno riprende tra le mani un altro libro, il più antico, le Metamorfosi di Ovidio che rilegge. In questo episodio, e come stesso Alfieri scrive ancora una volta nella vita, Epoca 4 capitolo 14, si imbatte in quella che lui definisce "caldissima e veramente divina allusione di Mirra alla di lei nutrice", alla lettura di questo passo lo fa prorompere in lacrime. Alfieri procede alla ideazione nel 1784, la stende nel 1785 e la versa l'anno.Successivo 1786 e Mirra insieme al Saul vengono considerati i capolavori del teatro tragico alfieriano. Dopo la scrittura della Mirra, Alfieri ritiene la vena tragica esaurita quindi ancora una volta ha questa sensazione di esaurimento della vena poetica. Ma non sarà così perché altre due opere vengono in realtà l'autore dei ripensamenti ideate nel 1786 mentre Alfieri versificava e tornava a correggere, perché Alfieri era continuo e in modo particolare allo spirito della scrittura in modo agonistico, quindi una voglia di confrontarsi con i precedenti antichi e moderni, che contraddistingue la vena tragica alfieriana, viene mossa nella scrittura di queste ultime due tragedie - Bruto primo - Bruto secondo.
Qui sicuramente la genesi di queste due tragedie, perché parliamo di scrittura agonistica? Perché il modello è Voltaire, quindi un gigante con il quale ripetutamente Alfieri si confronta e in modo particolare si scontra.
Lo spunto ancora una volta è uno spunto occasionale, cioè il Bruto di Voltaire viene coniato proprio dalla Solberg e quindi proprio grazie a Luisa, Alfieri legge il Bruto di Voltaire perché Luisa aveva in Alsazia assistito ad una bellissima recita del Bruto e ne era rimasta particolarmente colpita. Ancora una volta nell'epoca 4 nel capitolo 16 lui scrive (lettura) -> sente la necessità di bipartire Voltaire. Voltaire ha osato, da poeta di corte quale appare ad Alfieri quindi poeta non libero, scrivere un soggetto tragico, tragico per eccellenza, come il Bruto. La reazione è quella che Alfieri definisce "disdegnosa emulazione", quindi parte da un sentimento di profondo sdegno nei confronti del modello alfieriano, ecco lo spirito agonistico. Decide quindi di scrivere in non più di un anno e mezzo, il bruto primo e il bruto secondo. (Primo Bruto lo dedica a George Washington). Qui stavolta senza tante esitazioni al centro della
vicenda inevitabilmente della prima, sta la vicenda della caduta dell'ultimo re di Roma Tarquinio il superbo procurata da Giulio di Bruto primo, Bruto e la congiura poi per riportarlo sul trono nella quale sono reclutati con l'inganno gli stessi figli di Bruto, cioè Tiberio e Tito. Sarà proprio il padre Bruto a sostenere sul palco la necessità di condannare i due figli alla morte, quindi ancora una volta vediamo la figura del padre che condanna i propri figli perché? Perché in questo modo il popolo vedrà fissata solo quella scena crudele, un padre che condanna alla morte i propri figli perché solo da quella morte tragica e crudele potrà nascere e rinascere la libertà di Roma. Bruto primo, nel parere, appare ad Alfieri un soggetto tragico di prima forza, un soggetto di prima sublimità, passione dell'uomo è l'amore di libertà. Questa passione nel Bruto primo perché? Perché la.più nobilecollutta sulla scena con l’altra passione, la più tenera, la più forte, l’amore di padre nei confronti dei figli.
BRUTO SECONDOè dedicato al popolo italiano. Il soggetto era stato trattato, Cesare di Shakespeare uno dei precedenti sublimipiù vicini ma anche da Voltaire, in una tragedia intitolata La morte di Cesare, e poi dal Cesare di AntonioConti, un tragediografo italiano. Qui la critica è unanime, tutte queste tragedie sono tragedie non ignote adAlfieri, quindi lui le conosceva benissimo. Ereditata da Voltaire, Alfieri introduce l’intreccio nella storia. C’èuna novità non di poco conto, vale a dire fare del cesaricida bruto, quindi l’uccisore di Cesare Bruto divieneil figlio dell’aspirante tiranno, quindi questa innovazione del tiranno assassinato, quindi l’innovazioneanchedi rendere il tirannicida anche figlio dell’assassinato viene mutuata da Voltaire, quindi qui si
Conquista lalingua, e che quindi si concede anche la cosa di creare le parole, sono doti inventive in realtà non banali edunque “tramelogedia”, una stravagante parola che intende identificare una altrettanto stravaganteinvenzione del poeta, vale a dire tramelogedia, una specie di ibrida intenzione tra tragedia e melodramma.
Cosa avviene nella tramelogedia? Intanto si alternano parti liriche a parti dialogate, la musica ha ovviamenteun ruolo molto importante e nelle intenzioni dell’autore la tramelogedia avrebbe dovuto avere un ruolo moltoimportante, quale? Quello di sapientemente educare il pubblico alla tragedia, allontanandolo gradualmenteda tutti quegli eccessi, da tutte quelle parti cantate che fanno parte del melodramma.
E insieme a questa tramelogedia Alfieri in realtà oltre all’Abele ne concepisce altre due, una intitolataUgolino chiara memoria dantesca, e un’altra tramelogedia intitolata Scotta che derivava da un altro libromolto amato.
I canti di Ossian della traduzione di Melchiorre Cesarotti. Una pagina importante però delparere sopra le tragedie mostra l'autore persuaso che in realtà solo l'Abele possa considerarsi unatutte le altre rimangono abbozzi. E dunque l'Abele è subito un progetto destinato a stare datramelogedia,solo perché le altre due vengono in realtà soltanto concepite e ideate da Alfieri e poi mai portate a termine.Alfieri pensa lui alla musica dell'Abele perché aveva una grande formazione musicale. ( questo però non ècerto perché non abbiamo una partitura musicale certa). Abele rappresenta un parziale ritorno quindi algenere tragico perché rincarna un tentativo di creazione di un nuovo genere. In realtà però Alfieri infrangeancora una volta il giuramento di non scrivere mai più tragedie e lo fa, questa è davvero l'ultima volta, conl'Alceste, si ritorna al soggettoMutuato dall'antichità, l'Alceste seconda. L'Alceste seconda nasce da una lettura impetuosa e appassionata della tragedia di Euripide, quando nel 1797 Alfieri si rimette a studiare la lingua greca e dunque sceglie di leggere l'Euripide. Dal principio inizia a tradurla nel 1797 grazie all'ausilio di un'intermedia traduzione latina e poi invece sulla base, questa prima traduzione, Alfieri piano piano spicca il volo da questa traduzione e pensa di concepire un'Alceste tutta sua, perché viene appassionato dal soggetto che sente la necessità di alleggerire l'originale, in primo luogo portando avanti di quelli che sono gli ideali della tragedia alfieriana, e dunque riducendo il numero dei personaggi ed eliminando un dato che ad Alfieri sta molto a cuore, eliminando tutto quello che poteva troppo nell'originale euripideo degenerare in comico e allontanare dal tragico che secondo Alfieri proliferava così.
Nell'ottobre 1798 quindi tempi anche rapidi, pone termine all'Alceste seconda e di pari passo Alfieri porta a termine la traduzione della tragedia di Euripide, che viene rivista, corretta e conclusa.
Lettura Epoca 4 capitolo 26
FILIPPO(Prima di introdurre il Filippo c'è da dire che Giovanni Testori (collegamento con la tragedia di Alfieri) ha portato sulla scena, sul finire degli anni 80 (87-88) al Salone Lombardo di Milano il Filippo)
Il Filippo fu composto fra il 1775 e rielaborata in modo tormentatissimo fino al 1789, Alfieri torna e ritorna su questa tragedia. La prima idea risale al 75, dopo una serie di travagliate revisione e di ritocchi dell'autore che coinvolsero soprattutto la versificazione, questa estremamente travagliata e mira a ridurre drasticamente dai 2.000 versi iniziali divengono 1.400. La necessità di riduzione dell'azione caratterizza il lavoro alfieriano, documentato dai manoscritti (edizione nazione delle opere di Afieri)
quindi le correzioni qui vanno tutte in direzione della velocità dell'azione, la tragedia deve essere repentina e veloce e dunque opporsi alla ormai stanca ripetizione delle melodrammatiche tragedie francesi e classiciste. Nella forma drammatica,