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Gennareniello preso in giro non solo dalla ragazza dirimpettaia ma anche dai suoi

amici e dall’ingegnere Michele che si mostra interessato alle sue invenzioni. Il povero

Gennareniello, che , come evasione dalla vita monotona che si ritrova a condurre, si è

rifugiato nel mondo dei sogni e dei progetti irrealizzabili, coglie però, infine

l’opportunità che la concreta moglie Concetta gli offre e si riappacifica con lei:

l’armonia minacciata si ricompone e la famiglia è salva. Per Luca di Natale in casa

Cupiello, non c’è scampo invece. Egli, così simile a Gennareniello , analogamente a

lui vive cercando di sfuggire alle difficolta quotidiane: ne è una prova il suo indugiare

a letto ed il suo estraniarsi dalle fatiche. E non è meno scansafatiche di lui il figlio

Tommasino. Luca , oberato pure da problemi economici, trova una grande

consolazione nella ricorrenza del Santo Natale: può infatti costruire il suo “presepio”,

che oltre che simboleggiare la purezza dll’infanzia, rappresenta pure la famiglia felice

che non esiste nella realtà fredda e squallida che gli sta intorno. Egli da quella

famiglia non è compreso: Tommasino, che in fondo in fondo è come lui ( alla fine del

primo atto gioca con un Pulcinella di carta), , quando gli viene chiesto se gli piace il

presepe, risponde “ Nun me piace ‘o Presepio”. Neanche la moglie Concetta sembra

apprezzare la fatica di Luca e la figlia Ninuccia addirittura manda in rovina lo stesso

presepe in un momento di rabbi. Ma Luca lo ricompone, e mentre gli restituisce

l’ordine e la struttura si prepara comunque a vivere la vigila di Natale, ignorando il

pericolo che corre la sua famiglia, pericolo accresciuto da lui stesso: ha scioccamente

cosegnato una lettera al marito della figlia, lettera che lo informerà dell’adulterio di

Ninuccia, e proseguira Luca a combinare guai quando inviterà alla cena natalizia,

anche l’amante della figlia, ritenendolo amico di suo figlio Tommasino. Luca si

rivela davvero un ingenuo : nella sua voglia di serenità inventa sogni, ignora i

problemi reali, mostrando solo una goffa disattenzione. E d’altra parte anche suo

figlio Tommasino e sua figlia Ninuccia , l’uno balordo ed iconcludente, l’altra ,

infarcita di romanzi rosa e di conseguenza pure adultera, esprimono entrambi il suo

stesso rifiuto di una società che si rivela, di giorno in giorno, sempre più problematica

e contradditoria. Un carattere diverso ha Concetta, protettiva comunque nei confronti

dei figli ma critica nei confronti del marito “ che non ha mai voluto far niente” e che”

l’ha ridotta uno straccio” ( sono espressioni che lei usa quando, all’inizio del secondo

atto si sfoga col portiere). Eppure Concetta , sarà addolorata al capezzale del marito

morente , lei che rivela una forte aggressività ( si ricordi la crisi isterica che la coglie

in cucina alla fine del primo atto ). Ma nella famiglia , secondo Eduardo, si esplicano

le aggressività e le violenze dei suoi componenti: come già aveva evidenziato

Pirandello è possibile che in una famiglia l’uno sia estraneo all’altro e che un

componente parli quasi due lingue: è il caso di Luca che parla la lingua della realtà e

quella del desiderio. Tale duplicità espressiva suscita spesso comicità, ma nello stesso

tempo , fa riflettere sull’inadeguatezza del personaggio a misurarsi con la realtà. Ed

in questa duplicità espressiva si ripropone in un certo senso l’umorismo

pirandelliano.

L’ultima azione della commedia ci offre l’immagine tragicomica di Luca che,

travolto dagli eventi concitati legati all’adulterio della figlia, diventa afasico, non sa

distinguere uomini e cose: vorrebbe riunire la figlia col genero Nicolino, ma per

errore congiunge le mani di Ninuccia con quelle dell’amante...Un lapsus questo che

rivela ancor di più ciò che incosciamente Luca ha avvertito e cioè che quella è

l’unione giusta, quella vera. E l’ultimo pensiero lo rivolge al presepe. Chiede al figlio

se gli piace , ottiene il sospirato “sì” e appagato si protende a contemplare con la

fantasia un presepe "grande come il mondo ....con uomini veri ma piccoli piccoli....”.

Luca muore sognando un mondo migliore, una famiglia ricca di calore pervasa da

sentimenti di solidarietà e affetto. Sik-Sik e Gennarienello, ingenui anche loro , tutto

sommato non hanno mai dichiarato fallimento, l’uno ha proseguito la sua recitazione,

nonostante le derisioni del pubblico, Gennarienello è , consapevolmente, ritornato al

suo ruolo di capofamiglia. Luca soccombe invece, vittima di una insanabile

lacerazione. Muore per forse rinascere, cresciuto e rigenerato dopo la guerra. La

vicenda di Luca è la metafora della vicenda di Eduardo, il quale sente di non avere

una compagnia unita e sogna di realizzare un’opera chiedendone inutilmente il

favore agli spettatori. In realtà la compagnia di Eduardo era già avviata allo

scioglimento, tant’è vero che Natale in casa Cupiello costituisce una delle ultime

opere della compagnia di cui fa parte anche Peppino ( il quale nella commedia recita

la prte di Tommasino).E come Luca muore coltivando il suo sogno, così Eduardo

non riesce a ricomporre la compagnia rimanendo un sognatore mentre il teatro si

distrugge per poi, forse, risorgere rinnovato.

Ed in realtà, Eduardo poi tenta di creare un teatro nuovo sperimentando nuovi generi

ma non sempre i suoi sono tentativi riusciti. E’ così che, spinto dall’esigenza di

imprimere un valore letterario al suo teatro , mette in scena novelle di autori

contemporanei come Il dono di Natale”, del 1932, commedia tratta da una novella di

‘O Henry, oppure scrive commedie ispirate ad altri commediografi, Pirandello

compreso. Certo, i suoi lavori, ottengono l’ammirazione dei migliore letterati

dell’epoca ( Bontempelli, Alvaro, Savinio .....), ma non sempre tali lavori

raggiungono esiti di rilievo. L’abito nuovo (1936) per esempio, rappresentata nel

‘i37 è di palese derivazione pirandelliana essendo la trasposizione in commedia dell’

omonima commedia di Pirandello. E’ la storia di Michele Crispino, un povero

impiegatuccio che si ritrova a fronteggiare una situazione più grande di lui : la moglie

, artista di dubbia moralità ha abbandonato lui e la figlia Assunta, e quando la stessa

Assunta ritorna a Napoli esibendosi col nome d’arte Celie Bouton, Michele ne ha

vergogns e si addolora per sua figlia la quale , chiesta in matrimonio da Concettino,

un giovane di buona famiglia viene poi da lui lasciata per la vergogna che le deriva

dalla madre. Ma questa muore travolta dai cavalli della sua carrozza, lasciando una

grossa eredità. Le cose cambiano : l’eredità ha fatto il miracolo. Concettino ora vuole

sposare la ragazza e Michele , indossando goffamente un abito nuovo, simbolo della

conquistata ricchezza non si accetta in quelle vesti, non accetta che la figlia Assuntina

si unisca a Concettino; è fortemente deluso e si appresta a morire ridendo

tragicamente di una morte meno silenziosa di quella di Luca Cupiello ma che

analogamente riconosce come causa il trauma e lo scacco che la famiglia gli

infliggono.

Eduardo , in questa commedia, è pervenuto ad esiti diversi rispetto a Pirandello. Nella

omonima novella di quest’ ultimo il protagonista appare rassegnato nel mantenere la

sua maschera abituale anche dopo l’eredità che non gli cambierà certo la vita. Nella

commedia di Eduardo , invece, Michele non accetta il cambiamento e muore.

L’abito nuovo , così artificiosamente costruito non esprime la vena migliore di

Eduardo che si cimenta con situazioni e personaggi più congeniali a apirandello che

non a lui.

La “ Cantata dei giorni pari”, poi, continua : Eduardo mette in scena altre commedie

avviandosi alla chiusura di quella fase. In queste commedie le vicende sono trattate in

modo da far ridere, ma di una risata amara, come uno strumento scenico per una

critica corrosiva della realtà del tempo. Sono vicende che talvolta esulano dal

territorio napoletano per elevarsi a rappresentare il mondo. Così il teatro eduardiano,

pur rimanendo un’illusione permette di comprendere meglio uomini e fatti,

diventando strumento sottile di analisi critica della società.

Pag 115 Sogno e realtà.......

Napoli milionaria cosituisce una svolta nel teatro di Eduardo. Il protagonista

Gennaro, testimone di un mondo scomodo viene tenuto in disparte dalla famiglia

durante la guerra: recupererà il suo ruolo di “ pater familias”, alla fine, provocando

una salutare crisi di coscienza nella moglie e nei figli. Determinante per questa svolta

è la vicenda di Rituccia ( che non compare mai nella scena ) che sta per morire ma

che si salverà grazie ad una medicina generosamente fornita proprio da quel

ragioniere, cliente di Amalia e da lei spietatamente perseguitato per il tormentato

pagamento della merce. Gennaro, mai ascoltato prima, e mai preso in considerazione

dalla famiglia, essendosi, per tale motivo , chiuso in un ostinato mutismo, infine

parla. E , attraverso il monologo finale di Gennaro, è come se parlasse lo stesso

Eduardo : la guerra deve passare ( “Ha da passà a nuttata”). Questa è la frase che

pronunzia Gennaro alludendo alla figlia preda della febbre ma la frase è metaforica e

allude alla attesa molto lunga della fine della guerra. Eduardo sa bene che gli effetti

della guerra durano a lungo e che non si esauriscono con la fine del conflitto. Ma

almeno Eduardo tenta di cogliere il marcio nel mondo cercando di sradicarlo.E con

Napoli milionaria del ‘ 45 e con Filumena Marturano del ’46 , le prime commedie

de” La cantata dei giorni dispari” Eduardo si apre appunto alla speranza di una

possibile sconfitta delle ingiustizie della società.

Il personaggio di Filumena , una prostituta redenta dall’amore materno è sicuramente

mutualto da Pirandello , il quale , in una sua commedia La nuova colonia offre pure

l’immagine di una prostituta redenta dall’amore materno. Ma ne La nuova colonia si

rappresenta un mito, Filumena è invece donna in carne ed ossa realisticamente

rappresentata e perfettamente calata nella Napoli del dopoguerra. Ma è un

personaggio positivo e la sua vicenda dispone all’ottimismo.

Poi tutto cambia per Eduardo che non scriverebbe mai una tragedia di tipo alfieriano

( è una sua affermazione in Lezioni di teatro tenute a Roma, Università La

Sapienza,nel 1981), ma piuttosto preferisce mantenersi in chiave grottesca a ridere di

tutto. Non si tratta certo dell’ umorismo

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
9 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher celesterosa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura teatrale italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Nicastro Guido.