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SCHEDE DI ANALISI ARCHITETTONICA
(da completare) SCHEDE DI ANALISI ARCHITETTONICA
. PERSONALITA’ ARCHITETTONICHE
1.15 Linguaggio Architettonico
Altro punto fondamentale del linguaggio di Mario Botta il
volume dell’edifico che è sempre definito a priori.
Il volume presenta una forma primaria che non viene mai
distorta o deformata, può essere trasformata ma la sua
origine resta sempre chiara, è sempre un volume semplice,
un triangolo, un rettangolo o un cilindro.
In genere quando sono presenti più volumi, si ha quello
principale che da forma al tutto, per poter semplificare alla
vista questo ragionamento Botta utilizza gli assi di
simmetria che diventa la regola principale dell’ordine.
Il solido elementare però non resta intatto ma ne vengono
sottratte parti della sua massa per creare un gioco di spazi
positivi e negativi , spazi intermedi tra l’interno e l’esterno
che diventano poi spazi di transizione.
Le aperture di questo volume si presentano come intagli
scavati nel volume stesso, Botta evita di trattare il rapporto
interno esterno disegnando semplicemente finestre ma allo
stesso tempo si dimostra contrario all’idea contemporanea
di favorire la scomparsa del pieno a vantaggio delle
aperture.
Nei suoi edifici preferisce piuttosto che progettare aperture
indifferenti verso il paesaggio, creare chiusure selettive di
alcune parti, rifiutando il panorama per privilegiare una
veduta.
Tra tutte i solidi primari Botta preferisce il cilindro che ha
sempre una lettura chiara e priva di ambiguità, usa questo
solido specialmente per rappresentare lo spazio collettivo
in modo che l’edificio con la sua forma posa essere
identificato come simbolo, monumento della società.
L’edificio infatti viene definito in partenza come un volume
più o meno semplice con l’obbiettivo di diventare un
identità che possa essere letta facilmente, e che in
rapporto con il luogo dialoghi con esso (spesso per
confronto ) affermando la propria presenza di oggetto
autonomo sufficiente a se stesso.
Nella chiesa del Santo Volto per esempio il volume della
chiesa che già è grande di suo in più è sollevato dal piano
stradale appare come un’architettura introversa, una
fortezza della fede inespugnabile, tant’è che per trovare
l’apertura bisogna girarci attorno.
La chiesa è a pianta centrale circondata da sette torri
perimetrali e da altri corpi più bassi che fungono da
lucernari, è evidente qua il corpo cilindrico al quale sono
stati sottratti parti per diventare così un ettagono o (come
lo chiama Botta) un “fiore minerale” che al tempo stesso
assume vari significati simbolici nella religione cristiana.
NOTE(da completare) SCHEDE DI ANALISI ARCHITETTONICA
2. ANALISI PROGETTUALE
2.1 Il luogo
Il rapporto con l’intorno , il contesto e il “genius loci”
La chiesa del Santo volto di Torino nasce con l’intento di
offrire una nuova qualità urbana in un contesto costituito
da un area periferica industriale dismessa degli anni
settanta ,che costituiva le vecchie fonderie e acciaierie
della Fiat, precisamente lo stabilimento Ingest. Un area
periferica della città che oggi, grazie ad un programma di
riqualificazione urbana previste nel piano regolatore del
1995, ha lasciato posto ad un quartiere a forte densità
residenziale con oltre ottomila persone.
Osservando il sito dall’alto si nota che la chiesa vuole
essere quella connessione tra gli insediamenti
novecenteschi verso la piazza Piero della Francesca ( subito
dopo il parco), e la nuova urbanizzazione che si è sviluppata
lungo via Borgaro separati, oltre che dal fiume Dora che
separa nettamente i due quartieri anche dai grandi vuoti
del parco urbano.
Passeggiando per il quartiere è evidente poi un
cambiamento di scala rispetto alla parte residenziale
novecentesca, che non consente di vivere gli spazi della
città con le proprie azioni ed emozioni ma semmai di
contemplarla da lontano.
La chiesa con i suoi spazi e i suoi servizi in questo contesto
tenta di creare un legame tramite una serie di luoghi di
transizione fra la città e la “parte nuova”.
Il sagrato per esempio viene pensato come una vera e
propria piazza rialzata che si relaziona con i portici al piano
terra e con la strada di via Borgado, uno spazio artificiale,
astratto dove appena arrivano i rumori della città che stà
ad un livello inferiore, un modo per chi dalla strada arriva
alla piazza di essere invitato al raccoglimento o almeno alla
riflessione.
L’intento della Chiesa come è stato detto più volte è quello
di far si che la città attraverso questa realizzazione trovi un
punto di riferimento, una propria immagine che restituisca
un identità alla zona. Un identità che è quella di una ex
zona industriale dove oggi trovano posto parchi, aree verdi
residenze abitative e servizi per la collettività.
Il fatto che la chiesa sia un corpo di modeste dimensioni a
pianta centrale che è stato svuotato all’interno e
circondato da sette imponenti torri non fa altro che
continuare a determinare l’identità centripeta della
costruzione come polo attrattivo, e la geometria forte
capace di evidenziare una gerarchia delle forme è un modo
per cercare di arginare il disordine di questo quartiere che
può essere visto come un collage di parti separate
necessariamente obbligate a convivere.
NOTE (da completare) SCHEDE DI ANALISI ARCHITETTONICA
Scheda : rapporto con il verde( da completare) SCHEDE DI ANALISI ARCHITETTONICA
2. ANALISI PROGETTUALE
2.3 Il luogo
Il rapporto con l’intorno , il contesto e il “genius loci”
Ancora una volta per imporre l’identità centripeta l’edificio
“non ha una facciata principale”ma è studiato in modo che
se si guarda da un qualsiasi punto visibile della città dia
sempre un'unica immagine (l’unico segno che definisce la
facciata principale è una croce), “un fiore minerale”.
Questo fatto sta a significare che la chiesa si vuole
relazionare oltre che con il quartiere, con l’intera città.
La scelta progettuale di conservare la vecchia ciminiera
lungo via Borgano alta 60 metri che peraltro anche se funge
da campanile continua ad esercitare la sua funzione di
condotta dei camini per l’intero complesso edilizio fa
capire quanto l’architetto rispetti il genius loci del
territorio e come cerchi con la sua architettura un dialogo
con il contesto.
La ciminiera infatti diventa il simbolo della memoria del
lavoro operaio, in un settore che per decenni ha ospitato le
fatiche degli uomini della città industriale che un tempo era
Torino.
Naturalmente visto che si tratta comunque di una chiesa
viene sfruttata la presenza di questo elemento
modificandola con l’aggiunta di una spirale di acciaio, fatta
di raggi di ferro con all’estremità una sfera d’acciaio.
È un modo questo per sottolineare che la vecchia ciminiera
oggi è diventato anche qualcosa di più, oltre che un ricordo
della vecchia zona industriale grazie alla spirale assume
anche un andamento ascensionale, soprattutto durante la
notte, grazie a un illuminazione particolare che la rende
una spirale di luce nella quale sommità è presente una
croce.
La presenza del parco Dora e di tutto il verde che quasi
circonda l’area in questione se da un lato spezza assieme al
fiume la parte più antica della città con quella ex
industriale oggi ad uso abitativo fa capire come la società
contemporanea inizi a capire la necessità della presenza di
aree verdi dentro la città come spazi di relazione e di vita,
specialmente nella città simbolo dell’industria e delle
fabbriche che è Torino.
L’architettura di Botta in riferimento al verde del luogo
sceglie la via del confronto, questo non significa che non
dialoga con il contesto ma che dialoga per opposizione
come per ribadire il pensiero dell’architetto che il
manufatto architettonico è altro rispetto alla natura.
La successiva realizzazione del parco Dora non ancora
terminato avvolge la Chiesa su tre lati, crea nuovi spazi
sociali e assieme al tempio cristiano diventa un percorso di
manufatti e di ricordi di quell’architettura industriale che
un tempo caratterizzava il quartire. In questo senso crea
dunque una nuova relazione parco-chiesa che assieme
lavorano sulla memoria della città industriale.
NOTE SCHEDE DI ANALISI ARCHITETTONICA
2. ANALISI PROGETTUALE
2.4 La pianta, la sezione il prospetto
Tipi Partendo dal nucleo dell’opera la chiesa si configura come
una serie di spazi articolati attorno ad un asse centrale che
ospita proprio il volume principale, lo spazio destinato alla
liturgia, dunque quello gerarchicamente più importante.
Questo volume come si può vedere nella figura (1) è a
pianta centrale con sette torri radiali che si trasformano in
nicchie-cappelle al piano terra che fanno da cornice allo
spazio centrale unico .
La chiesa si presenta in pianta come un unico spazio che
viene diviso virtualmente dalle torri soprastanti, ai lati,
separati da colonne binate trova posto un deambulatorio
che arriva nella zona absidale leggermente rialzata dove
trovano posto il coro, la fonte battesimale ecc.. , il
deambulatorio poi lascerà spazio all’aula assembleare
(spazio dedicato al clero e alla liturgia ) anch’esso rialzato.
L’impianto distributivo continua poi con un corpo edilizio a
L a 3 livelli fuori terra.
Lungo via Val della Torre prendendo quasi l’intero lato a
nord dell’isolato che costituisce l’opera, sono collocati gli
uffici e i servizi della Curia Metropolitana.
A ovest perpendicolare agli uffici troviamo i servizi della
parrocchia, le residenze per il parroco, per le suore altri
tipi di uffici e di stanze ad uso personale del clero e nello
stesso volume a Sud, tangente al parco lungo via Nole
prende posto la Cappella feriale (per un centinaio di posti a
sedere) , che si collega alla Chiesa tramite una sagrestia-
ponte
Sotto il piano del sagrato trovano posto due livelli di
parcheggio ( 100 posti auto) con accesso da via Val della
Torre e il Foyer del centro congressi con accesso autonomo
lungo via Borgaro. La sala congressi invece è sotto l’aula
della Chiesa e ospita circa ottocento posti.
La gerarchia degli spazi come si può vedere in sezione oltre
che essere facilmente comprensibile grazie all’uso delle
figure g