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Dalle forti correlazioni riscontrate fra tutte le prestazioni, Hakes ne deduce che entrambi gli
sviluppi, metalinguistico ed operatorio, sono retti da un unico fattore, la cui natura è essenzialmente
metacognitiva.
Questa posizione è trasformata in un vero e proprio modello di sviluppo metalinguistico da Tunmer,
Pratt e Herriman (1984).
Definizione in prima approssimazione: La consapevolezza metalinguistica può essere definita come
l�abilità di riflettere su e di manipolare i tratti strutturali del linguaggio parlato, trattando il
linguaggio stesso come oggetto di pensiero, in opposizione al semplice uso del sistema linguistico
per comprendere e produrre frasi.
Essere metalinguisticamente consapevoli equivale ad iniziare ad accorgersi che il flusso del
discorso, che inizia con il segnale acustico e termina con il significato inteso dal parlante, può
essere osservato con gli occhi della mente e cons iderato separatamente (Tunmer, Pratt e Herriman
1984: 12)
Quand’è che, nel corso dello sviluppo, vediamo qualche segno manifesto della comparsa di questa
capacità di rivolgere e mantenere intenzionalmente attenzione su certe e non altre
proprietà strutturali di un enunciato? La risposta degli autori è: la middle childhood , e cioè proprio
quella fascia di età, tra i 4-5 e gli 8 anni, indagata da Hakes e da molti altri su vari aspetti dello
sviluppo cognitivo, metacognitivo e metalinguistico.
E qual è la spiegazione teorica che ci permette di dare ordine a questi sviluppi, che sono nello stesso
tempo distinti per contenuto, affini per funzionamento dei processi e concomitanti nei tempi ?
Due passaggi logici:
- le varie abilità metalinguistiche, benché superficialmente distinte, sono tutte il risultato di un
tipo di funzionamento linguistico….lo sviluppo di operazioni metalinguistiche (corsivo nostro);
- queste emergenti abilità metalinguistiche sono il riflesso di un cambiamento sottostante nelle
capacità cognitive, lo sviluppo della metacognizione (Tunmer, Pratt e Herriman 1984: 150):
Questi due passaggi dell’argomentazione si traducono in una doppia inclusione:
Metacognizione
Meta-memoria
Meta-apprendimento
Meta-atttenzione
Cognizione meta-sociale
Metalinguaggio: cons. Della parola + cons. Delle strutture + cons. Pragmatica + cons.
Fonologica
Due modelli posti-piagetiani della consapevolezza metalinguistica
Alcuni studiosi di scuola piagetiana, pur non utilizzando esplicitamente il concetto di
metacognizione, hanno invocato l’azione di fattori cognitivi di ordine superiore, non specifici del
linguaggio per spiegare lo sviluppo ML.
Questi fattori cognitivi sono stati concettualizzati nei termini di due modelli della teoria piagetiana,
elaborati durante l’ultima decade della produzione scientifica di Piaget:
L’astrazione riflettente (Piaget, 1977) e la presa di coscienza (Piaget, 1974)
Il modello dell’astrazione riflettente è stato utilizzato per spiegare la transizione dal piano della
competenza d’uso del linguaggio a quello della consapevolezza.
L’astrazione riflettente, secondo Piaget, è quel meccanismo che spiega il passaggio da uno stadio
operatorio a quello superiore.
In un primo tempo, essa traspone su un piano più astratto ciò che fino a quel momento era stato
colto su un piano inferiore
Es. quando si concettualizza qualcosa che era stato capito precedentemente sul piano dell’azione.
Ricostruisce, su questo secondo piano, gli elementi già esistenti
sul primo. Infine, l’astrazione ‘riflessiva’ prende ad oggetto la riflessione medesima e quindi
conduce alla consapevolezza.
Trasponendo questo model lo al lo svi luppo metal inguist ico, Papandropoulou et al. (1988)
studiano aspetti metacomunicativi e metapragmatici in bambini di età compresa fra i 3 e gli 8 anni.
Si chiedeva ai bambini di fare da messaggero fra due personaggi immaginari, ai quali dovevano
trasmettere, di volta in volta, ordini, informazioni, domande, suggerimenti.
Vi era dunque sempre un contenuto dell’enunciato e delle intenzioni comunicative variabili.
I più piccoli tendevano a confondere contenuto ed intenzioni: rispondevano loro stessi alle domande
o ai suggerimenti, invece di fare da ambasciatori. A partire dai sette anni, erano capaci di tenere in
sospeso il contenuto del messaggio per concentrarsi sulla specifica funzione comunicativa
sollecitata.
Si arriva, quindi, ad un punto in cui l’enunciato viene distanziato come fosse un oggetto, ed il
bambino può porgerlo al destinatario come espressione di una voce distinta dalla propria,
Segmentarlo e ricomporlo in più sequenze conversazionali, ma distinguendo:
il ‘cosa’ da ‘chi ha detto’, ‘con quale fine’,‘a chi’.
Vi è una oggettivazione progressiva dell’enunciato,
Le autrici vedono in questa il segno di quella “trasposizione su un piano superiore” di ciò che,
durante l’acquisizione del linguaggio, ha permesso la produzione e la comprensione di quei
determinati elementi lessicali, grammaticali, fonologici, pragmatici, ecc.., contenuti nelle frasi della
situazione sperimentale.
Questa trasposizione, frutto dell’astrazione riflettente, a sua volta, porrà le basi per una vera e
propria riflessione metalinguistica ad opera dell’astrazione riflessiva,
Assumerà quelle forme ben note di analisi intenzionale ed esplicita delle unità linguistiche
pertinenti dal punto di vista semantico, grammaticale, morfologico, ecc…, indicate negli studi
riportati da Hakes, Tunmer et al.
Bonnet e Tamine-Gardes (1984), propongono un’interessante trasposizione del modello della presa
di coscienza, elaborato da Piaget nel 1974 come modello generale delle attività cognitive, al
campo particolare della coscienza e consapevolezza metalinguistica. Per Piaget, la presa di
coscienza non origina né esclusivamente dal soggetto né esclusivamente dagli oggetti esterni, bensì
dall’incontro fra la ‘periferia’ delle azioni del soggetto e la ‘periferia’ del mondo
oggettuale. Si dirama poi nelle due polarità: degli schemi del soggetto + delle caratteristiche
strutturali degli oggetti.
Le lingue verbali presentano appunto questa peculiarità di essere un punto di incontro:
dell’attività soggettiva, sotto forma di attività locutoria, di determinate caratteristiche oggettive,
analizzabili dai linguisti in unità gerarchicamente ordinate: fonemi, morfemi, lessemi, sintagmi,
proposizioni, testi, ecc..
Il linguaggio può essere quindi visto come un campo elettivo di applicazione della teoria piagetiana
della presa di coscienza.
Bonnet e Tamine-Gardes distinguono: una ‘presa di coscienza’ dell’attività locutoria, sotto forma di
coscienza della sfera soggettiva del parlante (coscienza del parlare, della forza illocutoria degli
enunciati, dei parametri relazionali della comunicazione, ecc…) da una ‘presa di conoscenza’ delle
proprietà formali dei segni.
La ricerca empirica:
Studio delle produzioni spontanee di bambini dai 2 ai 6 anni (tutti in fascia prescolare, Svizzera
francofona), in situazioni spontanee o semi-direttive, focalizzando alcune categorie di particolare
rilevanza metalinguistica:
Costruzioni ‘presentative’ (“questo è X, Y…”) appellative’ (“X si chiama Y”, “X si chiama Y…..”),
spiegazioni e commenti aventi per oggetto la lingua medesima.
Tre gli stadi di sviluppo individuati. Soltanto al terzo stadio, fra i 4 a., 6 mesi e i 6 anni, si
manifestano esempi di condotte chiaramente metalinguistiche, sulla base delle seguenti tre
condizioni: che il bambino sappia dissociare in un segno linguistico l’aspetto
formale dal suo aspetto di contenuto - il significante dal significato, e analizzare i rapporti di
dipendenza, somiglianza e differenza che legano i segni gli uni agli altri sia sul piano formale che su
quello del contenuto;
- che sia capace di segmentare i segni linguistici sull’asse sintagmatico, in sillabe e morfemi
pertinenti;
- che sappia distinguere le caratteristiche dei segni, in quanto appartenenti ad un determinato codice,
dalle utilizzazioni individuali e sociali del codice medesimo.
- Criteri-soglia, che def iniscono una fase iniziale della consapevolezza metalinguistica, limitata a
pochi segni isolati.
- Non si applica ancora alla scala più ampia e complessa della proposizione.
Modelli basati su fattori intrinseci allo sviluppo del linguaggio
Alcuni modelli riconducono lo sviluppo metalinguistico all�emergenza di processi che scaturiscono
dallo sviluppo stesso del linguaggio.
E.V. Clark e E.S. Andersen (1978): Fin dalle prime tappe dell�acquisizione del linguaggio, il
bambino utilizza spontaneamente meccanismi di autocorrezione e ripianificazione del discorso, che
sono intrinsecamente forme di consapevolezza. Inoltre, questi aggiustamenti interni servono proprio
ad arricchire e perfezionare la capacità di produrre frasi nuove. Non solo lo sviluppo ML non è
successivo a quello dei processi di comprensione e produzione di base, ma ha la funzione di stimolo
a questi processi stessi.
Es.: un bambino che vuole precisare la persona e il tempo del verbo, riformulare un pronome nel
genere o nel numero, cambiare un nome, un verbo o un aggettivo in una frase già iniziata, inserire
un pezzo di frase in una più ampia, Non può non avere coscienza che i significati variano al variare
delle forme. L’esclusione, lo scarto di alcune forme è la prova evidente del fatto che non sono
riconosciute dal bambino come corrispondenti al significato che intende trasmettere. Ciò suppone la
presenza di processi di controllo intenzionali, in un momento della vita assai più precoce di quello
ipotizzato da Hakes.
E.Bialystok (1986): modellizza lintero sviluppo del linguaggio nei termini di due componenti di
base dell�attività locutoria, onnipresenti in tutta la gamma delle abilità linguistiche, orali o
scritte.
1) Analisi della conoscenza linguistica: Rende possibile le rappresentazioni mentali delle unità del
linguaggio, di forma come di significato. Rappresentazioni che divengono progressivasmente più
strutturate, più esplicite e più interconnesse.
2) Controllo del processamento linguistico Responsabile dell�attenzione su parti di una
rappresentazione ai fini di una determinata esecuzione in uno specifico contesto di frase o di
discorso.
Con il progredire delle nostre abilità linguistiche, questi processi attentivi assicurano esecuzioni più
fluide ed accurate. Analisi e controllo variano in complessità in funzione delle sollecitazioni
esercitate dalla natura dei compiti e nel corso dello sviluppo ontogenetico.
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