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Studenti di scuola superiore (Schoenfeld,1988), di fronte a geometria piana, tendevano a:
- Separare le dimostrazioni dalle costruzioni, la via deduttiva dalla via empirica
- Dare eguale importanza all’argomentazione (direzione verso il generale) e al contenuto (direzione
verso il particolare).
- Pensare che l’aspetto temporale è tutto o niente: se non ci riesce subito, non vale la pena
continuare. Pochi minuti, non più di 10-15 al massimo per un problema
- Primato dell’intuizione sul ragionamento.
- Considerare la memorizzazione di equazioni e formule come elemento fondamentale ai fini della
capacità solutoria.
Dai vari studi di Schoenfeld sulle credenze relative alla natura e all'acquisizione della conoscenza
matematica, emergeva che gli studenti possedevano queste convinzioni, rinforzate quotidianamente
dalla consueta pratica didattica:
I problemi di matematica possono avere una sola risposta corretta
L'unico modo di risoluzione di un problema è l'applicazione della regola dimostrata più
recentemente in classe dall'insegnante
Gli studenti normali non possono sperare di capire la matematica, ma solo di memorizzarla e
applicare meccanicamente ciò che imparano
La matematica è un'attività solitaria e individuale
Chi capisce la matematica in classe riesce a risolvere tutti i problemi assegnati in pochi minuti
La matematica imparata a scuola ha poco a che fare con il mondo reale
Le dimostrazioni formali sono irrilevanti per la scoperta e l'invenzione
Mason (2003) studia opinioni di studenti di scuola superiore mediante questionario e interviste
successive di approfondimento
Grande variabilità di opinioni relativamente a:
- Utilità del “buon inquadramento del problema” e conseguente tempo da dedicare: alcuni convinti
della priorità del cogliere gli elementi centrali, in base ad approccio generale ad ogni tipo di
compito di ragionamento, anche a costo di impiegare più tempo
- La mat come ragionamento e argomentazione rigorosa di ogni passaggio.
- Altri si affidano all’intuizione, “che o c’è o non c’e” non val la pena soffermarsi più di tanto e si
può anche “scrivere senza pensarci troppo, e poi il risultato viene”.
Importanza rispettiva dello sforzo e del talento:
“L’intelligenza conta per il 90 % e l’impegno per il 10 %, ma se non ci metti neanche quel 10% non
ci riesci. In storia o geografia, si invertono i valori: 90 all’impegno e 10 all’intelligenza.” “Non è
che uno nasce con il cervello matematico, se lavori ce la fai.”
Utilità della mat appresa a scuola nella vita pratica. La mat è solo un esercizio mentale, per non
impigrirsi, ma serve molto di meno di altre materie che ti danno lezioni di vita.“La mat è applicabile
a ogni tipo di azione, di problema pratico nella vita.”Differenze di genere: ragazze più inclini a
credere nell’importanza di comprendere i concetti.
Anche le credenze di studenti particolarmente virtuosi nella disciplina non apparivano diverse,
secondo lo studio di Frank su ragazzi delle medie:
La matematica è calcolo, impararla vuol dire memorizzare formule
La soluzione di un problema richiede poco tempo e pochi passaggi, non più di 10 minuti
In matematica vi sono risposte giuste o risposte sbagliate, l'obiettivo del fare matematica è
trovare la risposta corretta velocemente
Il ruolo dello studente è stare attento in classe e dimostrare di aver capito sapendo produrre la
risposta corretta
Il ruolo dell'insegnante è trasmettere la conoscenza matematica e verificarne l'acquisizione negli
studenti
Garofalo ha esaminato le credenze di ragazzi di liceo:
Tutti i problemi possono essere risolti applicando regole, formule e procedure trasmesse
dall'insegnante o presenti nel testo
Memorizz fatti e formule e impratichirsi di procedure sono condizioni sufficienti per fare bene
Un problema può essere risolto solo applicando una regola o una formula presente nella stessa
sezione o capitolo del testo in cui viene presentato il problema stesso
La matematica non è un sistema concettuale, ma un insieme frammentato di regole e procedure
Solo le persone con particolare talento possono produrre conoscenza matematica, le altre
possono solo acquisirla tramite la trasmissione da parte di autorità
Lester e Garofalo: studenti scuola media.
Correlazione fra credenze poco costruttive e approccio alla soluzione poco elaborato.
Tendenza ad affrontare in modo “empirico” e “computazionale” la soluzione dei problemi.
Soluzione come insieme di “calcoli”: tentavano tutte e 4 le operazioni aritmetiche e poi sceglievano
quella che “appariva” più sensata. Non spendevano tempo a controllare il fondamento della
soluzione, ma solo la correttezza tecnica del calcolo.
Yackel e Cobb sottolineano l'importanza del contesto in cui si fa matematica sullo sviluppo delle
credenze a essa relativa, e adottando una prospettiva socioculturale parlano di norme
sociomatematiche per riferirsi al fatto che partecipando alla pratica della matematica in classe si
apprende come quando e perchè fare matematica, sostenendo che l'analisi dello sviluppo dei
processi logici e analitici sia inscindibile dall'analisi delle forme di partecipazione alla pratica
matematica che si svolge in classe
Credenze sulla matematica in studenti italiani di liceo sono state rilevate mediante applicazione del
questionario di Kloosterman e Stage, che mira a rilevare le seguenti dimensioni di convinzioni:
posso risolvere problemi che richiedono tempo
ci sono problemi che non possono essere risolti usando determinate procedure, passo dopo passo
comprendere i concetti è importante in matematica
i problemi sono importanti in matematica
l'impegno può aumentare l'abilità in matematica
la matematica è utile
I dati emersi rilevano una differenza di genere secondo cui le ragazze credono più dei ragazzi
nell'importanza della comprensione dei concetti, e un rafforzamento durante i cinque anni della
convinzione di non poter applicare per la soluzione di qualsiasi problema sempre procedure
prefissate, ma allo stesso tempo una diminuzione della credenza nella possibilità di risolvere
problemi che richiedono tempo e della convinzione dell'utilità della disciplina
Numerosi studi documentano il legame tra convinzione sulla natura e acquisizione della conoscenza
e approccio alla soluzione di problemi. Poli e Zan hanno inoltre rilevato come le credenze sul
problema matematico di bravi e cattivi solutori frequentanti la terza, quarta e quinta elementare
differissero significativamente, arrivando a distinguere quattro categorie di alunni:
I formalisti si appellavano a caratteristiche formali del testo
Gli strutturalisti si riferivano all'uso di strumenti matematici come aspetto strutturale, ossia al
fatto che un problema è risolvibile attraverso la matematica
Gli operativi si focalizzavano sulle operazioni aritmetiche da svolgere
I pragmatici guardavano ad elementi contingenti, come il fatto che un problema venisse
presentato nelle ore riservate alle lezioni di matematica
Alunni di 3a e 5a elementare di fronte a 4 tipi diversi di problemi,
3 dei quali impossibili per diverse ragioni: perché con dati insensati: calcolare età della maestra
sulla base del numero dei banchi, sedie e finestre di un’aula + perché con dati insufficienti + giusto,
con valore distraente.
Compito: scegliere un problema rappresentativo di quelli “impossibili.”
- Buoni solutori sceglievano più spesso quello dell’età della maestra con buone motivazioni: “I dati
sono superflui” “Non si può risolvere con questi dati”. “Mancano i dati.”
- Cattivi solutori: sceglievano più spesso problemi empiricamente inverosimili: “Un uomo ha 1700
denti. Il dentista gliene leva 700. quanti ne rimangono.”
Le definizioni riguardanti aspetti strutturali erano fornite più frequentemente dai bravi solutori, che
erano anche molto più convinti che potessero esistere problemi matematici senza numeri, che un
problema più lungo o con più domande non fosse necessariamente più difficile di uno più breve,
che un errore di calcolo era molto meno grave di un errore di ragionamento o di scelta delle
operazioni
Correlazioni fra buoni solutori e: definizioni strutturali + convinzione che possano esistere problemi
di mat anche senza numeri + Problema con più domande non necessariamente più difficile di uno
con una sola domanda + Problema con testo corto non necessariamente più facile di uno con testo
lungo + Convinzione che è meno grave l’errore di calcolo di una cattiva scelta delle operazioni +
Convinzione della priorità da accordare al ragionamento + Emozioni positive in caso di buona
soluzione.
Risultati confermati per altra via da altri studi: Lucangeli, Coi e Bosco (1997).
Alunni di 5a elementare, suddivisi in buoni e cattivi solutori.
Cattivi solutori (definiti da maggior numero di errori di calcolo e procedura) convinti che la
difficoltà di un compito è data dalla grandezza dei numeri da usare nelle operazioni.
Schoenfeld: studenti di scuola superiore con voti più alti in mat avevano credenze più adattive:
credevano poco nella memorizzazione e nella necessità di applicare routine.
Hofer: Relazioni fra rendimento in mat, strategie di apprendimento, credenze in mat, motivazione.
Studenti universitari frequentanti corso di calcolo con didattica tradizionale o innovativa.
Correlazioni fra voto e: Convinzioni più avanzate e adattive, motivazione intrinseca, autoefficacia,
autoregolazione.
Studenti nel corso più innovativo: migliorate le proprie credenze al termine del corso più di quelli
del corso tradizionale.
Anche Mason con studenti di scuola superiore, rileva che: Meno i ragazzi credevano nella
memorizzazione di procedure a favore della comprensione concettuale dell’utilità della disciplina,
E nella propria capacità di soluzione di problemi difficili Più alto era il rendimento.
Risultati sulle credenze possono aiutare a interpretare risultati delle rilevazioni PISA (Programme of
International Student Assessment) su rendimento studenti italiani biennio superiori (15 a.) in mat,
rilevazioni commissionate dall’OCSE (Organizzazione Cooperazione Sviluppo Economico) in vari
Paesi. Solo l’1.5% dei nostri contro media del 4% in altri Paesi europei, al livello più alto della
scala: (nei quesiti con richiesta di riflessione, forme di argomentazione, creatività)
Al livello più basso, i nostri al 1