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INDUSTRIA PASTARIA
Maria Grazia Felleca e Antonella De Marco
PROTEINE
Dal punto di vista tecnologico, il componente più importante della cariosside è l’endosperma, che
è formato principalmente da cellule contenenti granuli di amido immersi in una matrice proteica, a
sua volta costituita da proteine di riserva che forniscono azoto per lo sviluppo della nuova pianta.
Queste proteine sono distinte in:
Prolammina, solubile in alcoli; proteine di riserva di alcuni cereali, quali il frumento, l’orzo,
l’avena, la segale, sono responsabili della celiachia in soggetti geneticamente predisposti.
Attualmente, l’unico modo sicuro per evitare le conseguenze di questa patologia è
l’eliminazione, dalla dieta, di tutte le prolammine di questi cereali.
Glutenine, solubili in acidi o basi diluite.
Nel frumento, queste due classi di proteine prendono il nome di
gliadine e glutenine, e sono responsabili della formazione del
glutine, durante la preparazione dell’impasto. Esse sono un
complesso macromolecolare con proprietà visco-elastiche, che si
forma durante l’impasto di farina e di frumento per interazione tra
gliadine e glutenine mediante legami idrogeno, legami disolfuro,
legami ionici con Sali ecc. Le proprietà viscoelastiche del glutine
sono di fondamentale importanza nella preparazione del pane e
della pasta, in quanto esso, per la sua alta viscosità, trattiene la
CO che si sviluppa durante la lievitazione, il che permette, dopo
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la cottura, la formazione di una struttura spugnosa ed elastica: la mollica. Nella pasta il glutine
ingloba al suo interno i granuli di amido prevenendone il rigonfiamento e la solubilizzazione ed
evitando, così, l’appiccicosità della pasta.
Va precisato che il glutine si forma solo con le proteine di riserva del frumento (gliadine e
glutenine), mentre le proteine di orzo e segale non sono in grado di formare un complesso
macromolecolare con le proprietà chimico-fisiche del glutine.
Comunemente il termine glutine viene anche usato per indicare la famiglia di proteine di riserva
che provocano la celiachia in individui geneticamente predisposti; per cui include le proteine di
riserva di grano, segale, orzo, avena che ne sono responsabili.
Nei cereali, soprattutto negli strati esterni, sono presenti altre proteine indicate come proteine
metaboliche (enzimi, proteine strutturali ecc.), che hanno poca o nessuna importanza dal punto di
vista tecnologico. Esse sono distinte in:
• Albumine, solubili in acqua;
• Globuline, solubili in soluzione salina.
UTILIZZAZIONE DEL FRUMENTO
Il frumento appartiene al genere triticum, fra le cui specie coltivabili, indicate con il termine
collettivo Triticum sativum, le più importanti sono il Triticum aestivum (vulgare), che costituisce il
cosiddetto grano tenero, il Triticum compactum ed il Triticum durum, che costituisce il più noto
grano duro.
La durezza della cariosside è un importante parametro per differenziare i diversi tipi di frumento,
per destinarli a produzioni diversificate. I termini tenero e duro si riferiscono alla facilità con cui
l’endosperma può essere frammentato e determina l’energia necessaria per la molitura che viene
misurata in base alle dimensioni dei frammenti, che si ottengono macinando, in condizioni
standardizzate, un campione di grano. Maggiori sono le dimensioni delle particelle ottenute,
maggiore è la durezza della cariosside.
Dalla macinazione del grano tenero e del compactum si ottiene la farina propriamente detta
(particelle di 14-120 micron), utilizzata per la produzione di svariati prodotti da forno tra cui il pane.
Anche nell’ambito dei grani teneri esistono varietà con differente durezza. I grani più duri sono
usati per la produzione di pane, mentre quelli più teneri sono usati per la produzione di biscotti e
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torte. La farina del compactum, viene utilizzata generalmente per la produzione di prodotti da forno
a lievitazione chimica, ad esempio biscotti e torte.
Dal grano duro si ottiene la semola (particelle di diametro= 200-500 micron), dai granuli grossi con
spigoli netti e dal colore leggermente ambrato, utilizzata principalmente per la produzione della
pasta, ma anche del pane. Per ulteriore raffinazione e macinazione del grano duro, dopo la
separazione della semola, si ottiene il semolato. Il triticum durum è il più duro in assoluto.
LA PRODUZIONE DI SFARINATI
La produzione di sfarinati viene attuata in più stadi che prevedono dapprima la parziale rottura del
seme, successivamente la separazione delle varie frazioni ottenute mediante appositi vagli e,
infine, ulteriori frammentazioni e separazioni.
Lo scopo di un’industria molitoria è quello di ottenere una farina in cui predominano i componenti
dell’endosperma: amido e proteine che formano il glutine.
Le altre parti della cariosside sono generalmente eliminate per aumentare le qualità organolettiche
ed il tenore di conservazione. In particolare si scartano:
1. La crusca, per la presenza di sostanze irritanti come la lignina;
2. Il germe, per il tenore di sostanze grasse che potrebbero portare a fenomeni
d’irrancidimento delle farine.
Questa raffinazione, pur portando alla produzione di prodotti pregiati dal punto di vista
commerciale, ne diminuisce il valore nutrizionale per la perdita di fibre, Sali minerali, proteine e
vitamine. Per cui, attualmente, per ottenere prodotti con alto valore nutrizionale, c’è la tendenza ad
usare farina non raffinata.
La molitura, che è un termine genericamente usato per indicare l’insieme delle fasi di lavorazione
che consentono la trasformazione delle cariossidi in sfarinati, si articola in:
1) Pulitura: ha lo scopo di allontanare tutti i materiali estranei, che potrebbero danneggiare il
mulino o diminuire la qualità della farina;
2) Condizionamento: consiste nell’aumentare l’umidità della cariosside per facilitare la
separazione dell’endosperma dalle altre strutture;
3) Macinazione: consiste nella frammentazione dell’endosperma
4) Abburattamento: separazione delle frazioni ottenute dalla fase precedente.
Quasi tutte le farine oggi in commercio sono prodotte con l’uso di mulini a cilindri, anche detti
laminatoi, che consentono sia la macinazione sia l’abburattamento.
La produzione di sfarinati viene ottenuta in più stadi e può essere riassunta come segue:
- Parziale rottura del seme;
- Separazione delle parti ottenuta mediante appositi setacci;
- Ulteriori fermentazioni e separazioni.
I laminatoi sono costituiti da tre diverse coppie di cilindri metallici, ruotanti in senso opposto,
attraverso i quali passa il materiale da macinare e la cui distanza è regolata in funzione della
dimensione desiderata delle particelle:
1. I cilindri di rottura, che hanno profonde rigature, che permettono la frantumazione della
cariosside con conseguente separazione dell’endosperma dalla crusca;
2. I cilindri di svestimento, più ravvicinati tra loro, e dotati di scanalature più fitte e meno
profonde, servono per allontanare la crusca ancora aderente;
3. I cilindri di rimacina, sono a superficie liscia, per ridurre lo sfarinato ancora grossolano.
All’uscita da ogni coppia di cilindri, il materiale è sottoposto a successive setacciature, per la
separazione dei diversi prodotti dalla macina, ottenendo così una farina via via sempre più
raffinata.
Per la setacciatura si possono utilizzare:
• I setacci Plansichter, utilizzati per gli sfarinati di grano tenero e formati da una serie di
setacci sovrapposti, con maglie decrescenti dall’alto verso il basso. La separazione delle
particelle avviene grazie al continuo movimento di oscillazione.
• Le semolatici, usate per gli sfarinati di grano duro, in cui la separazione avviene sfruttando,
mediante corrente d’aria ascendente, le differenze di peso specifico e dimensione.
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Durante il processo di molitura è possibile ottenere farina di diversa composizione da una stessa
partita di grano, sfruttando l’eterogeneità dell’endosperma, la cui parte periferica è più ricca in
proteine e minerali ed è più dura, mentre la parte centrale è più povera in proteine e minerali ed è
più soffice. E’ quindi possibile ottenere farine a basso contenuto proteico, nei primi stadi di
macinazione, e farine a più alto contenuto proteico, a processo più avanzato.
Man mano che si eliminano le parti indesiderate, diminuisce la quantità di sfarinato ottenuta.
Si definisce resa di macinazione, la quantità di farina (in kg) ottenuta dalla lavorazione di 100 Kg di
cereali. La resa varia tra il 100% per una farina integrale e il 72% per farine bianche molto
raffinate. La resa della macinazione è anche nota come indice di abburattamento.
Poiché gli strati periferici sono ricchi in Sali minerali, durante il processo di raffinazione il contenuto
in cenere della semola o della farina diminuisce e il loro dosaggio è utile per valutare il grado di
separazione dell’endosperma dagli altri componenti della cariosside, ossia il grado di raffinazione
della farina: quanto minore è il contenuto in ceneri, tanto maggiore è il grado di raffinazione. Le
farine e le semole sono classificate in base al grado
di raffinazione. Sono le farine più raffinate, più fine e
La farina 00 ha un indice di abburattamento del bianche, con un maggior contenuto di amido
50% ed è molto bianca: infatti, è del tutto priva di ma con un minore contenuto di proteine.
crusca.
La farina 0, con un indice di abburattamento del
72%, è meno bianca per la presenza di piccole quantità di crusca.
La farina 1 ha un indice di abburattamento del 80% e contiene maggiori quantità di crusca.
La produzione di farina 2 è consentita solo se ottenuta nel mulino con miscele di prodotti della
macinazione del grano tenero.
La farina integrale, infine, è il prodotto ottenuto senza nessun tipo di setacciatura ed è
caratterizzata da un contenuto in cenere dell’1,3-1,7%.
PRODUZIONE DEL PANE
La prima fase di produzione del pane è l’impastamento, che fornisce
l’energia necessaria per la formazione del glutine. Con l’impastamento gli
ingredienti di base sono mescolati a mano o mediante macchine fino ad
ottenere una massa omogenea. Dopo quest’operazione l’impasto viene fatto
lievitare per aggiunta di lievito. L’anidride carbon