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DOMANDE
1. Come si fa a determinare il fabbisogno energetico di una fascia di popolazione o di un
singolo individuo?
Il fabbisogno energetico è definito sulla base del dispendio energetico ed è l’apporto di energia di
origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengono un
livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che
abbiano dimensioni e composizioni corporee compatibili con un buon stato di salute a lungo termine.
- Il fabbisogno energetico di una fascia di popolazione si può determinare tramite i LARN riferiti a
sesso, fascia di età e LAF (livello di attività fisica).
- Il fabbisogno energetico di un singolo individuo si può invece calcolare in modo più preciso
sommando al metabolismo basale dell’individuo (calcolato tramite un’equazione predittiva) la quota
di attività fisica (che può essere calcolata tenendo di conto di tutte le attività svolte durante la giornata
- IEI = indice energetico integrato, tiene di conto del dispendio energetico di ogni singola attività).
2. Che cos’è e da cosa dipende il dispendio energetico di un individuo?
Il dispendio energetico si riferisce all’energia giornaliera spesa dall’individuo e dipende da tre diverse
componenti:
IL METABOLISMO BASALE (60-70%) —> rappresenta la quantità di energia impiegata in condizioni di
neutralità termica, nel soggetto sveglio, ma in condizioni di totale rilassamento fisico e psichico. E più
alto negli uomini rispetto alle donne, cala con l'età ed è direttamente legato alla massa magra del
soggetto.
L’ATTIVITÀ’ FISICA (20-30%) —> ogni movimento del corpo indotto dai muscoli scheletrici è in grado di
dare luogo ad una spesa energetica eccedente rispetto alla condizione di riposo. Il costo energetico
dell'attività fisica dipende dalla frequenza e dall'intensità delle attività svolte. (Può variare da circa un
15% per stili di vita sedentari, fino al 30% per attività occupazionali molto pesanti o per alcuni atleti).
LA TERMOGENESI INDOTTA DA ALIMENTI (10%) —>rappresenta l'energia spesa dall'organismo per
digerire, assorbire ed utilizzare il cibo introdotto con la dieta.
3. Quali operazioni devi fare per stilare un menù per la ristorazione scolastica?
Bisogna prima di tutto qualificare gli utenti del servizio (fascia di età e sesso) per stimare il fabbisogno
energetico secondo quanto riportato nei LARN. L’apporto calorico deve essere in funzione della % di
energia relativa al pasto in questione (per il pranzo ad es. 40% en tot. giornaliera) e suddiviso nei
corretti apporti proteici, lipidici e di carboidrati nelle % indicate nelle linee guida per la ristorazione
scolastica redatte dal Ministero delle politiche agricole forestali.
4. Definizione di PRI, AR, LTI, AI, UL, RI
I LARN (livelli di assunzione giornalieri raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana)
sono degli standard nutrizionali e si riferiscono agli apporti raccomandati di energia e nutrienti in
funzione della stima dei relativi bisogni a livelli di sicurezza, tenendo conto di specifiche condizioni di
età, sesso… . Elaborati dalla SINU nel 1996, sono stati revisionati nel 2012 quando sono stati introdotti
diversi valori di riferimento per la dieta:
PRI (= livello di riferimento per l’assunzione nella popolazione) —> livello di assunzione che risulta
• adeguato in pratica per tutti gli individui appartenenti a uno specifico gruppo di popolazione
AR (= fabbisogno medio) —> livello di assunzione di un dato nutriente che risulta adeguato per la metà
• degli individui all’interno di un dato gruppo di popolazione, in presenza di una distribuzione normale dei
fabbisogni individuali.
LTI (=livello minimo di assunzione) —> livello di assunzione al di sotto del quale, sulla base delle
• conoscenze attuali e in accordo con i criteri scelti per ciascun nutriente, pressoché tutti gli individui non
sono in grado di conservare “l’integrità metabolica”
Il gruppo di esperti propone di determinare anche i seguenti valori di riferimento per la dieta: Pagina 1 di 9
AI (= livello adeguato di assunzione) —> valore che è stimato quando non è disponibile il fabbisogno
• medio e di conseguenza non è possibile stabilire un livello di riferimento per l’assunzione nella
popolazione. Rappresenta il livello medio di assunzione osservato su base giornaliera che risulta
appropriato in un gruppo (o in diversi gruppi) di popolazione costituito da individui presumibilmente sani.
UL (=limiti tollerabili di assunzione) —> rappresenta l’apporto più elevato del nutriente che non si associa
• a effetti avversi sulla salute. Non esistono veri e propri standard di riferimento. In generale la popolazione
tende a superarli anche di diverse volte. Per la maggior parte dei nutrienti superare il livello
raccomandato non provoca effetti dannosi anche se benefici aggiuntivi derivati da tali eccessi sono assai
improbabili. Per alcuni nutrienti sono possibili effetti indesiderati (es. folico vs B12) o nocivi (vitamina A).
RI (= intervallo di riferimento per l’assunzione di macronutrienti) —> è espresso in % dell’apporto
• energetico totale della dieta. Si tratta di un intervallo di valori che si ritiene sia adeguato per il
mantenimento di uno stato di buona salute e che sia associato a un ridotto rischio per la comparsa di
alcune malattie (croniche non trasmissibili).
5. Differenze tra proteine vegetali e animali
Le proteine di origine animale sono molto più simili a quelle necessarie al nostro organismo, hanno cioè
un alto valore biologico nel senso che sono più qualitative in termini di aa essenziali e sono più
biodisponibli, quindi più facilmente assimilabili dal nostro organismo. Le proteine di origine vegetale
invece mancano solitamente di alcuni amminoacidi essenziali e sono meno biodisponibili. Se quindi da
un punto di vista puramente proteico gli alimenti di origine animale sembrerebbero da preferirsi a quelli
di origine vegetale, bisogna tenere presente che gli alimenti di origine animale mancano di alcuni
nutrienti fondamentali (fibre, molecole bioattive) che possiedono quelli di origine vegetale e in più sono
ricchi di grassi e colesterolo. Inoltre, nonostante le proteine di origine vegetale siano più carenti in AA
essenziali, applicando il principio di mutua complementarità (e cioè consumando insieme alimenti che
mancano di determinati aa e altri che mancano di altri) si può assumere ugualmente un alimento
completo che apporti tutti gli aa essenziali. Ad es. i cereali sono carenti in AA solforati, come metionina
e cisteina mentre i legumi sono carenti in AA aromatici, quali fenilalanina e tirosina. Consumandoli
insieme si può quindi assumere ugualmente un alimento completo. Alla luce di queste considerazioni,
all’interno della dieta le proteine derivanti da alimenti di origine vegetale dovrebbero essere pari a 2/3
delle proteine assunte mentre le proteine di origine animale dovrebbero coprire il fabbisogno proteico
solamente per 1/3, apportando al massimo circa il 30-35% di intake proteico.
6. Linee guida della ristorazione ospedaliera
La ristorazione ospedaliera ha come obiettivo prioritario quello di garantire a tutti i degenti una
nutrizione sana, equilibrata, variata nonché mirata alle esigenze clinico-metaboliche dei singoli soggetti.
Infatti, se l’intervento nutrizionale nel soggetto sano ha come obiettivo quello di mantenere e
promuovere la salute, nel soggetto affetto da patologia ha anche finalità terapeutiche specifiche e/o
di prevenzione delle complicanze. E’ necessario che l’alimentazione sia adeguata al singolo soggetto
al fine di evitare la malnutrizione durante il periodo di degenza. A tal fine il Ministero della Salute, ha
emanato una Direttiva generale inerente al miglioramento della qualità nutrizionale e della sicurezza
alimentare nei soggetti ospedalizzati anziani e/o degenti delle strutture riabilitative. Nel caso della
ristorazione ospedaliera per ogni paziente bisognerà quindi stabilire il fabbisogno energetico sulla base
dei LARN, in funzione del metabolismo basale e dell’attività fisica, ma correggere tale valore col fattore
di malattia (FM) determinato dalla patologia del soggetto. La patologia può infatti determinare un
fabbisogno energetico diverso o la limitazione di alcuni alimenti. Tre sono le tipologie fondamentali di
menù nella ristorazione ospedaliera: vitto comune, diete standard e diete ad personam.
7. Principi seguiti per formulare un menù. Come scegliere i piatti inseriti?
Qualificata la tipologia di utenti cui il menù è rivolto e, determinato l’apporto energetico e di nutrienti
per ciascun pasto (colazione/pranzo/cena) sulla base dei LARN, si passa alla scelta degli alimenti
tenendo conto di: abbinamenti, frequenza di inserimenti (che tiene conto a sua volta della valutazione
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nutrizionale, dei costi, di ripetizioni ravvicinate), della stagionalità dei prodotti, delle abitudini
alimentari tipiche della regione o della tradizione. Il menù del giorno potrà quindi prevedere:
- Pane: 1-3 porzioni al giorno di pane/grissini/cracker (preferibili le alternative integrali)
- Latte e/o yogurt: 3 porzioni al giorno
- Prodotti da forno: a colazione o negli spuntini
- Primi piatti: da consumare tutti i giorni, devono essere costituiti da pasta o riso, a rotazione asciutto, in
umido o in brodo
- Secondi piatti: indicativamente nell’arco della settimana si consigliano le seguenti frequenze
3-4 porzioni di carne, 2-3 porzioni di pesce, 2-3 porzioni di legumi, 2-3 porzioni di formaggio, 1-2
porzioni di uova, 1-2 porzioni di salumi
- Piatto unico: almeno due volte la settimana (es. pizza, pasta o riso con legumi, pasta o riso con pesce,
sformati di verdure con formaggi…)
- Contorni: crudi o cotti (da alternare), 2-4 porzioni al giorno
- Frutta: 2-3 porzioni al giorno
- Grassi da condimento: preferire sempre il consumo di olio extra vergine di oliva da aggiungere a crudo
(circa 10 g a pasto).
8. Assunzione di vitamine e minerali nei LARN
Vitamine e minerali sono sostanze senza valore energetico proprio ma essenziali per l’organismo in
quanto l’uomo non è in grado di sintetizzarle o comunque non è in grado di sintetizzarle in quantità
sufficiente. Devono pertanto essere introdotte con la dieta. Anche per minerali e vitamine i LARN
forniscono delle linee guida per regolarne l’assunzione all’interno della dieta per le diverse fasce della
popolazione e soprattutto per lattanti e bambini, gruppi maggiormente vulnerabili a deficit di vitamine
e minerali, a causa dell’elevata quantit&ag