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XY

nell’intorno del punto di uscita della luce: TEM per esempio indica la presenza di un

11

minimo sull’asse X e uno sull’asse Y

Hermite-Gauss: Questa formulazione prevede la suddivisione del fascio in sezioni

o lineari e a scacchiera, questa tecnica di determinazione della qualità del fascio si

impiega soprattutto per i laser a sorgente gassosa. In questo caso la formulazione

TEM significa che il raggio laser è idealmente suddiviso secondo un piano verticale

11

ed un piano orizzontale. In questo caso la sorgente è soggetta a delle rifrazioni che

danno luogo alla distribuzione spaziale descritta. 59

Laguerre-Gauss: questo metodo di classificazione impiegato per i laser a sorgente

o solida identifica una distribuzione a ciambella del fascio, in particolare si va a

rappresentare il diametro della ciambella principale ed un certo numero di ciambelle

concentriche a quella principale. In questo caso per esempio la designazione TEM

11

identifica che la ciambella principale ha raggio 1 e che questa ha una ciambella

concentrica alla principale. La caratterizzazione a ciambelle deriva dal fatto che il laser

solido presenta delle increspature diametrali che vanno a distribuire in maniera non

perfetta la potenza messa a disposizione.

Il valore del TEM è strettamente collegato quindi alla qualità del fascio laser, minori saranno i

valori e migliore sarà la qualità del laser prodotto, di conseguenza sarà maggiore l’energia

disponibile per il taglio. Per questioni economiche solitamente si utilizzano fasci laser con

TEM o TEM nelle comuni applicazioni di taglio. Per identificare la bontà del fascio laser, si

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utilizza il parametro M

2 , ottenuto come il rapporto tra il diametro del fascio in questione e il

diametro del fascio di eguale potenza con distribuzione gaussiana (che è la migliore

ottenibile). Il parametro M

2 sarà per forza di cose maggiore di 1.

I materiali che meglio si prestano al taglio laser sono:

1. Acciaio: generalmente tagliato a CO con ossigeno.

2

2. Alluminio: ha basso coefficiente di assorbimento, si taglia a CO con ossigeno diluito.

2

3. Titanio: data l’elevata reattività si taglia con gas inerte e sorgente CO .

2

4. Nichel: generalmente si taglia a CO sia con gas attivi che inerti.

2

5. Rame: ha basso assorbimento ed elevata conducibilità, difficile da tagliare.

6. Ottone: la presenza di nichel favorisce la possibilità di tagliare agevolmente il

materiale.

7. Termoplastici: si tagliano bene per vaporizzazione.

8. Termoindurenti: si tagliano per degrado chimico locale della catena polimerica,

generalmente con UV.

9. Legno: si taglia per degradazione chimica del carbonio con aria come gas di

assistenza.

10. Vetro e ceramica: si tagliano molto bene con laser impulsati, la separazione dei lembi

avviene per frattura fragile del componente.

11. Compositi: si tagliano bene quando la matrice e la fibra hanno coefficienti termici

simili.

Disegno delle fasi del taglio con ossigeno

Il taglio laser con ossigeno come gas di assistenza

sfrutta l’azione termica del laser combinata a

quella prodotta dalla combustione del carbonio

presente nell’acciaio. La reazione di combustione

viene innescata dal calore prodotto dal laser ed è

più veloce dell’avanzamento di quest’ultimo,

quando la reazione si allontana dalla zona di

lavoro del laser si arresta, quando il laser incontra

nuovo materiale il processo si ripete:

1. Fase di riscaldamento: il laser incontra il metallo solido e lo riscalda

2. Innesco della combustione: l’ossigeno inizia a reagire con il carbonio presente nell’acciaio

3. Arresto della reazione: quando la zona di combustione si allontana troppo dalla sorgente del

laser e dall’ugello dell’ossigeno non sussistono più le condizioni per una corretta combustione e

questa si arresta 60

4. Inizia così una nuova fase di riscaldamento del materiale ed il processo continua fino

all’ottenimento di un solco completo.

Quando si sceglie una sorgente solida e quando una sorgente gassosa

Le caratteristiche di funzionamento delle sorgenti di laser e i parametri prestazionali ci consentono di

scegliere quale sorgente utilizzare per realizzare le nostre lavorazioni. I parametri che influenzano la

possibilità di utilizzare una o l’altra sorgente sono generalmente:

• Lunghezza d’onda: si deve scegliere una sorgente con una lunghezza d’onda della radiazione

tale da essere compatibile con l’assorbimento del materiale a quella lunghezza d’onda; alcuni

materiali a determinate frequenze infatti presentano una riflessività molto elevata mentre per

l=10,6

altre molto meno, è il caso dell’alluminio che per le sorgenti a CO che hanno micron

2 l=1,06

presentano elevata riflessività che non si manifesta con la sorgente solida Nd-Yag con

• Potenza: le sorgenti laser hanno una caratteristica e un range di potenza diverse secondo il loro

principio di funzionamento. Per le sorgenti gassose si hanno potenze medie dai 100 W ai 100 kW

mentre per le sorgenti solide si hanno potenze nell’ordine dei 100 W – 3 kW che però possono

essere utilizzati anche in forma impulsata per raggiungere picchi di 60kW. La stessa sorgente,

usata in forma Q-Switched può arrivare a potenze di 100 MW.

• Rendimento: le sorgenti di Laser allo stato gassoso, con i moderni sistemi arrivano ad efficienze

energetiche del 20% mentre i laser solidi arrivano al 10%, anche se nei primi impieghi

raggiungevano efficienza del 2%.

• Efficienza del trasporto: la lunghezza d’onda caratteristica della sorgente influenza anche un

altro parametro importante quale l’efficienza della distribuzione della luce; il laser da sorgente

solida può essere distribuito facilmente su fibra ottica e così facendo si può facilmente

modificare l’orientazione della testa che eroga il fascio laser, facilitando la formazione di

geometrie complesse senza compromettere la qualità. Il laser da sorgente solida non può essere

distribuito su fibra ottica in quanto questa ha un elevato assorbimento nel campo della lunghezza

d’onda corrispondente, per questo è necessario un complicato sistema di specchi che degrada

la qualità del laser e rende la sua distribuzione più difficoltosa.

Il Laser a sorgente gassosa a CO è stato il primo a fare la comparsa sul mercato ed è anche quello che

2

garantisce la potenza maggiore ma sta lentamente lasciando il posto ai laser a sorgente solida, vista la

versatilità che può offrire combinata ad un rendimento energetico di queste che sta via via diventando

comparabile con le comuni sorgenti gassose.

Differenza tra emissione continua e pulsata:

Il Laser può essere erogato sotto forma di fascio continuo oppure può essere emesso ad impulsi della

durata anche di alcuni femtosecondi. La differenza sostanziale sta proprio nel contenuto energetico di

picco del fascio e nella frequenza con cui questo viene distribuito:

• L’emissione continua prevede l’erogazione continua del fascio luminoso, lavorando

continuamente sul bordo di taglio e generando superfici regolari

• L’emissione impulsata invece prevede l’emissione di fasci ad una certa intermittenza. Per

ottenere questo comportamento si possono utilizzare diverse tecniche tra cui l’interruzione del

fascio tramite l’interposizione di un deviatore oppure (soluzione ottimale) chiudere lo specchio

semiriflettente del tubo di risonanza ed accumulare l’energia al suo interno andando a rilasciarla

solo quando necessario. Questa seconda soluzione consente di raggiungere potenze di picco

molto elevate e mantenerle per poco tempo in modo da tagliare materiali con alto calore latente

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di fusione e vaporizzazione. All’interno dei laser pulsati si possono andare a definire, in funzione

della frequenza di erogazione del fascio diverse categorie:

Modulato a bassa frequenza

o Modulato a media frequenza (faster modulation)

o Superpulse: in questo caso la pulsazione è ad altissima frequenza

o

In ogni caso ciascuna modulazione viene fatta in modo da mantenere la potenza media allo

stesso livello, fissando un duty cycle adeguato alle necessità di potenza.

Plasma e schema

Il plasma è il quarto stato della materia, questo è costituito da gas ionizzato ad alta temperatura (anche

20000°C) che viene impiegato per tagliare o saldare i materiali. La generazione del plasma si affida ad

una coppia di elettrodi tra i quali scocca un arco elettrico tramite il

quale si riesce a ionizzare il gas, producendo così il plasma.

Secondo la tipologia di materiale possiamo avere plasma ad arco

trasferito (quando i materiali che tagliamo sono conduttori di

corrente) o ad arco non trasferito (nel caso di materiali non

conduttori).

La macchina per il taglio al plasma è sostanzialmente semplice ed

è composta dai seguenti elementi:

• Trasformatore: è il dispositivo che trasforma la tensione di

linea disponibile in azienda in un’alta tensione necessaria

per generare l’arco elettrico, generalmente si lavora con

tensioni che vanno dai 100 ai 400 V con correnti molto

elevate che possono raggiungere anche i 200 A.

• Torcia elettrodo: uno dei due elettrodi è sempre costituito dalla torcia per il taglio a plasma.

Solitamente è composta da almeno due canali concentrici in rame refrigerati ad acqua.

All’interno del primo canale concentrico si ha l’erogazione del gas di lavoro (che generalmente è

aria) e per l’erogazione del gas di assistenza per il taglio (che può essere sia ossigeno che gas

inerte).

• Alimentazione del Gas: dalla bombola di gas di lavoro si hanno dei condotti che distribuiscono

il gas di lavoro ed assistenza inviandoli alla torcia.

Il taglio del materiale è quindi affidato alla corrente di gas ad altissima velocità e temperatura che

vaporizza il materiale metallico e allontana dalla zona di taglio i vapori metallici. Con questa tecnica

possono essere tagliati materiali di spessore fino a 230 mm con però scarsa precisione e con una forte

presenza di bave.

Per svolgere la lavorazione si deve creare un primo foro di sfondamento e successivamente si può

svolgere il taglio, è quindi opportuno prevedere delle zone della lamiera da tagliare “sacrificali” dove

cioè si può lavorare senza perdere qualità del componente o danneggiarlo. Le lavorazioni con plasma

vengono svolte generalmente con il pezzo in acqua per il concorrere di due fenomeni: in primo luogo

l’elevata rumorosità del processo che in acqua viene ridotta e in secondo luogo abbiamo una migliore

dissipazione del calore, ottenuta appunto dall’acqua. La dissipazione de

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MatteoPizzicori di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Studio del Prodotto e del Processo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Campatelli Gianni.