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III L’ORDINE EMERGENTE DELLA CIVILTA’
VI La ridefinizione culturale dello scenario politico mondiale
Alla ricerca del gruppo: la politica dell’identità
Stimolato dal processo di modernizzazione, il quadro politico mondiale sta attraversando un processo di ridefinizione
culturale. Gli schieramenti nati dal credo ideologico e politico delle 2 superpotenze stanno cedendo il passo a schieramenti
determinati dai concetti di cultura e civiltà. Sempre più spesso confini politici vengono ridisegnati in modo da ricalcare
quelli culturali. Le alleanze tra paesi culturalmente affini stanno sostituendo i blocchi prodotti dalla guerra fredda, e le linee
di faglia tra civiltà stanno diventando principali punti di conflitto dello scacchiere internazionale. Se ai tempi della guerra
fredda un paese poteva scegliere di non allinearsi, oggi non può non avere una propria identità. Gli anni 90 hanno visto
esplodere una crisi di identità scala mondiale. A metà degli anni 90, tra i paesi in cui la questione dell'identità nazionale era
attivamente dibattuta figuravano: Algeria, Canada, Cina, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Iran, Marocco,
Messico, Russia, Siria, Stati Uniti, Sudafrica, Tunisia, Turchia e Ucraina, paesi divisi dove vivono gruppi consistenti di
persone provenienti da civiltà diverse. Posti di fronte a una crisi di identità, ciò che per un uomo conta più di ogni altra è il
sangue, la fede e la famiglia. In Europa, all'epoca della guerra fredda paesi come Austria, Finlandia e Svezia, di matrice
culturale occidentale, dovettero separarsi dall'Occidente e proclamarsi neutrali; oggi possono ricongiungersi al proprio
ceppo culturale dell'Unione Europea. I paesi cattolici e protestanti dell'ex patto di Varsavia stanno preparandosi a un
futuro ingresso nell'Unione Europea e nella Nato, seguiti dagli Stati baltici. Le potenze europee fanno chiaramente
intendere di non desiderare l'ingresso di uno Stato musulmano, la Turchia, che non appaiono per niente contenti di
ritrovarsi un secondo stato musulmano, la Bosnia nel continente europeo. Riallineamenti simili vanno compiendosi anche
nei Balcani. All'epoca della guerra fredda, Grecia e Turchia, facevano parte della Nato, Bulgaria e Romania del patto di
Varsavia, la Jugoslavia era non allineata e l'Albania era un paese isolato, occasionalmente vicino alla Cina comunista. Oggi
questo allineamento va cedendo il posto a schieramenti di tipo nuovo, fondati sulla fede ortodossa ed islamica. Il leader dei
paesi balcanici vorrebbero formalizzare un'alleanza greco-serbo-bulgara di matrice ortodossa, a seguito delle guerre nei
Balcani. Al Nord, Serbia e Romania, entrambe ortodosse, collaborano strettamente alla risoluzione dei loro problemi
comuni nei confronti della cattolica Ungheria. Con la scomparsa della minaccia sovietica, l'alleanza innaturale tra Grecia e
Turchia perde significato alla luce dei conflitti tra i due paesi in relazione al mar Egeo, a Cipro, ai reciproci equilibri militari,
al loro ruolo nella Nato e nell'Unione Europea e ai loro rapporti con gli Stati Uniti. La Turchia torna a rivendicare il
proprio ruolo di protettrice dei musulmani balcanici e sostiene la Bosnia. Nell'ex Jugoslavia, la Russia sostiene la Serbia
ortodossa, la Germania appoggia la Croazia cattolica, i paesi musulmani accorrono in aiuto del governo bosniaco, mentre i
serbi combattono contro croati, musulmani bosniaci e musulmani albanesi. Nel complesso, i Balcani sono stati ancora una
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volta balcanizzati lungo linee di demarcazione religiose. Stanno emergendo due poli ben distinti, ha osservato Misha
Glenny, uno di ortodossia orientale e l’altro islamico, e c'è il pericolo che si scateni una lotta per la conquista dell'influenza
tra l’asse Belgrado-Atene e l'alleanza turco-albanese.
Nell'ex Unione Sovietica, intanto, le ortodosse Bielorussia, Moldavia e Ucraina gravitano nell'orbita russa; armeni e azeri si
combattono a vicenda, mentre i rispettivi confratelli russi e turchi tentano di assisterli e circoscrivere il conflitto. L'esercito
combatte contro i fondamentalisti musulmani in Tagikistan e contro i nazionalisti musulmani in Cecenia. Le ex
repubbliche sovietiche musulmane tentano di sviluppare tra loro varie forme di associazione economica e politica e di
espandere i rispettivi legami con i paesi limitrofi musulmani, mentre Turchia, Iran e Arabia Saudita profondono grandi
sforzi per instaurare rapporti con questi nuovi Stati. Nel subcontinente, India e Pakistan sono sempre ai ferri corti riguardo
al Kashmir e ai rispettivi equilibri militari, mentre in India divampano nuovi conflitti tra musulmani e indù. In Asia
orientale stanno sorgendo nuove dispute territoriali. Le tre Cine minori (Taiwan, Hong Kong e Singapore) e le comunità
cinesi residenti nel sud-est asiatico manifestano nei confronti di Pechino un'attenzione sempre maggiore, nonché,
coinvolgimento e subordinazione. Le due Coree avanzano verso la riunificazione. In tutta l'area del sud-est asiatico i
rapporti tra musulmani da un lato e cinesi dall'altro si fanno sempre più tesi e a volte violenti.
In America Latina l'integrazione economica procede più speditamente, fondata su una comunanza culturale. Intanto Stati
Uniti e in Canada tentano di coinvolgere il Messico nel Nafta, processo il cui successo dipende dalla capacità o meno del
Messico di ridefinirsi da paese latino-americano a paese nord americano.
Con la fine dell'ordine della guerra fredda, dunque, i paesi di tutto il mondo derubano nuovi antagonismi ed associazioni o
ne rinvigoriscono di vecchi. Tentano di costituirsi in gruppi con paesi di uguale cultura e civiltà. Il leader di governo
invocano e l'opinione pubblica si identifica con comunità culturali grandi che trascendono i confini nazionali. Simili
schieramenti non verranno sempre a coincidere con quelli legati alla cultura e alla civiltà di appartenenza. Considerazioni di
equilibrio dei poteri porteranno ad alleanze tra civiltà diverse. Inoltre, associazioni sorte in passato per servire i fini di
determinati stati tenderanno a perpetuarsi anche in futuro, ma è tuttavia probabile che vengano a perdere di forza e di
significato e che debbano ristrutturarsi in modo da poter adeguatamente ottemperare agli imperativi dettati dalla nuova
epoca. Le organizzazioni internazionali composte da più civiltà faranno probabilmente sempre più fatica a mantenere la
coesione interna.
La comunanza culturale facilita la cooperazione e la coesione tra i popoli, e le differenze culturali promuovono invece
spaccature e conflitti perché:
1. Ogni essere umano presenta molteplici identità complementari o contrapposte. Identità inerenti a una data
dimensione possono scontrarsi con quelle inerenti ad una dimensione diversa. Nel mondo contemporaneo di
identità culturale sta assumendo un'importanza sempre maggiore rispetto alle altre forme di identità. Non
necessariamente, tuttavia, le identità più circoscritte contrastano come quelle più ampie e i conflitti tra gruppi
culturali diversi diventano sempre più importanti; le civiltà rappresentano le più vaste identità culturali, perciò i
conflitti tra gruppi appartenenti a civiltà diverse assumono rilevanza fondamentale sullo scacchiere politico
internazionale.
2. L'accresciuta importanza dell'identità culturale è in larga parte risultato della modernizzazione socioeconomica
verificatasi sia a livello individuale che sociale.
3. A qualsiasi livello di identità è definibile esclusivamente in rapporto a un altro diverso. Storicamente i rapporti tra
Stati o altre entità appartenenti alla medesima civiltà sono sempre stati diversi rispetto a quelli tra Stati o entità di
civiltà differenti. Codici diversi governano l'atteggiamento umano verso chi è come noi e verso i barbari diversi da
noi.
Tali differenze di comportamento hanno le seguenti motivazioni:
Un sentimento di superiorità nei confronti di popoli ritenuti completamente diversi
- La paura o la mancanza di fiducia nei confronti di questi
- Le difficoltà di comunicazione con essi (linguistica, interpretazione diversa del concetto di comportamento civile)
- La mancanza di familiarità con i valori, i rapporti e le consuetudini sociali di altri popoli
- Nel mondo d'oggi, i progressi conseguiti nel settore dei trasporti e delle comunicazioni hanno portato a un grado
di interazione tra i popoli di culture diverse molto più ampio, il che ha a sua volta stimolato una maggiore
coscienza della propria civiltà di appartenenza. Questi alti livelli di identificazione della propria civiltà si traducono
in una maggiore sensibilità alle differenze che contraddistinguono una civiltà dall'altra e nel bisogno di proteggere
tutto quanto distingue noi da loro.
4. Le cause di conflittualità tra Stati e gruppi appartenenti a civiltà diverse sono, in larga parte, le stesse di quelle che
da sempre hanno generato conflitti tra i popoli: controllo sulla popolazione, territorio, ricchezza, risorse e potere
relativo (imporre i nostri valori). La conflittualità tra gruppi di diversa cultura, tuttavia, può anche di investire
questioni di carattere culturale che implicano prese di posizione nette e non negoziabili.
5. La conflittualità è universale. Per potersi definire l'uomo ha bisogno di nemici. E diffida istintivamente e considera
un pericolo quanti sono diversi da lui e possono in qualche modo danneggiarlo. La risoluzione di un conflitto e la
scomparsa del nemico scatenano forze individuali, sociali e politiche che portano alla nascita di nuovi conflitti
nemici. La fine della guerra fredda non ha posto fine alla conflittualità, ma ha piuttosto fatto emergere nuove
identità e nuovi canali di conflittualità. Nel contempo, la comunanza culturale incoraggia la cooperazione.
Cultura e cooperazione economica 19
Nei primi anni 90 si è molto parlato di regionalismo e di regionalizzazione della politica mondiale. I conflitti regionali
hanno sostituito il conflitto globale quale principale tema di dibattito internazionale in materia di sicurezza. Il commercio
all'interno delle singole regioni si è espanso più rapidamente di quello interregionale, e molti hanno previsto la nascita di
alcuni blocchi economici regionali: europeo, l'americano, est asiatico e forse altri ancora. Il termine regionalismo, tuttavia,
non descrive in modo adeguato quanto sta accadendo. Le regioni sono entità geografiche, non politiche o culturali. Come
è accaduto nei Balcani o in medio oriente, possono essere lacerate da conflitti interni a una data civiltà oppure tra due o più
civiltà diverse. Le regioni costituiscono una base per la cooperazione tra Stati solo nella misura in cui i confini geografici
coincidano con quelli culturali. Di conseguenza, benc