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Estratto del documento

Sviluppo cognitivo e motorio non sono necessariamente interdipendenti pertanto non è lecito

pensare che chi difetti nella motricità non possa raggiungere ugualmente i vertici della maturità

cognitiva, ovviamente vi devono essere le giuste condizioni socio-ambientali, affettive e di salute

psicofisica. 3

Bisogna fare una distinzione tra disabilità fisiche vere e proprie e disturbi che afferiscono sempre

all’area motoria, ma che non sono considerati tali.

Questi impedimenti motori sono generalmente indicati come disturbi minori del movimento e la loro

caratteristica è quella di essere presente in soggetti del tutto “normali” da un punto di vista motorio

funzionale, ma che di fronte a certi comportamenti o prassie dimostrano un’equivocabile

disarmonia esecutiva. Questi sono la goffaggine, la maldestrezza e l’instabilità psicomotoria.

Si può parlare di questi disturbi solo quando il bambino avrà raggiunto un’età in cui quelle condotte

siano legittimamente e potenzialmente presenti.

Possiamo indicare che nei primi 2 anni di vita è evidenziabile un’anomalia tonico-posturo-motoria d

incerto significato, tra i 2 e 3 anni una certezza di disturbo “minore” della motricità con un quadro

sindromico incerto e solo dopo i 3 anni un disturbo “minore” della motricità a forma clinica certa.

Con maldestrezza, definita come un’abituale imperfezione dei movimenti, si indica un disturbo di

carattere coordinativo che coinvolge sostanzialmente i due emilati corporei durante l’esecuzione di

compiti più o meno sincronici, con l’evidenza, quindi di una difficoltà nella modulazione adeguata di

movimenti che richiedono simultaneità di esecuzione nello spazio e nel tempo.

La goffaggine invece, delinea un’incertezza prassica relativa al tono muscolare che, non essendo

adeguatamente regolato, condiziona negativamente la fluidità del movimento producendo atti poco

precisi, sbagli di traiettorie, valutazioni balistiche incongrue etc.

L’instabilità motoria contempla un disturbo dell’intelligenza percettivo-motoria che si traduce in una

difficoltà relativa all’assunzione di informazioni attraverso il registro percettivo e che non permette

al soggetto di comportarsi adeguatamente nell’ambiente.

In passato la causa principale di disabilità motoria era la poliomielite, ossia un’infezione virale che

colpiva la sostanza grigia del midollo spinale con conseguenza la degenerazione di particolari fibre

motorie. In seguito al vaccino questo problema non esiste più.

Oggi invece, la disabilità motoria è conseguenza principale delle Paralisi Cerebrali Infantili, turba

(ossia situazione permanente, stabile e non evolutiva di uno stato patologico) complessa.

Possiamo definire le paralisi cerebrali infantili come: turba persistente ma non immutabile della

postura e del movimento dovuta ad alterazioni della funzione cerebrale per cause pre-peri-post

natali avvenute prima che si completi lo sviluppo del sistema nervoso centrale.

Tuttavia il termine paralisi cerebrale infantile non è corretta, la giusta descrizione è discinesia

encefalica non evolutiva, perché intendiamo un movimento anomalo o involontario piuttosto che

una totale abolizione dello stesso (discinesia), il disturbo può avvenire a livello del tronco

encefalico, del cervelletto e del cerebro (encefalico) e infine il disturbo può avvenire in età

prenatale o neonatale e rimane per tutta la vita (precoce non evolutiva).

La descrizione di PCI fa riferimento a 3 momenti e fattori distinti:

-fattori prenatali: collocati entro la 28° settimana di gestazione, riconducono al primo posto

l’anossia (mancanza di ossigeno nelle cellule cerebrali), indotta da disturbi fetali cronici, alterazioni

placentari, infarto della placenta o compressione del cordone ombelicale in fase intrauterina. 4

-fattori perinatali: dalla 28° settimana di gestazione al 10° giorno di vita, sono principalmente

conseguenze dell’anossia del bambino, spesso associata a danni vascolari, che determinano

emorragie e necrosi a livello encefalico.

-fattori postnatali: inclusi nei primi 2 anni di vita, sono quelli che incidono in maniera minore e sono

compresi quei processi infiammatori a livello di meningi e encefalo.

Per definizione la PCI è un’encefalopatia che riguarda strettamente la funzione motoria, ma spesso

è accompagnata da altre disabilità, pertanto bisogna considerare altri aspetti valutativi come:

-l’aspetto neurologico, la cui valutazione è possibile già dai primi giorni di vita. Le evidenze da un

punto di vista del tono, della postura e del movimento del neonato, possono permettere da subito,

anche se in modo incerto, il tipo di compromissione.

-funzionalità cognitiva, la quale valutazione può essere svolta in diverse modalità di indagine.

-l’ambiente

-la relazione.

Vi sono 3 criteri di classificazione per le PCI e si descrivono in rapporto al:

-disturbo motorio

-alle forme cliniche

-ai sintomi associati al disturbo motorio.

Nel primo caso vengono distinti 7 gruppi di PCI:

●forme spastiche

Con il termine spasticità si indica un disturbo del sistema senso-motorio che si caratterizza da:

-un patologico aumento del tono muscolare, con conseguente rigidità

-da spasmi muscolari dolorosi

-dal clono, rappresentato da una serie di contrazioni e di rilassamenti incontrollati dei muscoli

compromessi.

●forme atetosiche

Anche’esse rappresentano un disturbo del movimento intenzionale che si contraddistingue dalla

presenza di alterazioni ipercinetiche e sequenze di esecuzione lente, vermicolari, afinalistiche e

che coinvolgono il volto e le parti distali del corpo.

Il tono muscolare di base può essere normale oppure diminuito.

●forme atassiche

Si caratterizza genericamente per un deficit globale nei compiti di coordinazione, equilibrio e

movimento volontario come conseguenza diretta sia di una lesione del sistema cerebellare sia di

un danno a carico dei propriocettori.

●forme rigide 5

È caratterizzata da uno stato di ipertonia spastica (con resistenza, cioè, sia dei muscoli agonisti

che antagonisti), che interessa in egual misura tutti i segmenti prossimali e distali del soggetto

limitandolo, soprattutto, nell’esecuzione di molte attività manuali e coordinative quotidiane e nei

compiti di autonomia personale.

●forme con tremore

È piuttosto rara e i sintomi più caratteristici sono i tremori diffusi soprattutto nei segmenti distali e in

particolar modo nelle mani.

●forma atonica

È rara, e rappresenta una drastica riduzione del tono muscolare con la conseguente difficoltà nelle

normali attività di autonomia personale.

●forme miste

Queste forme potrebbero essere descritte attraverso la ripetizione delle caratteristiche indicate per

le precedenti forme di PCI.

La classificazione in base alle forme cliniche è in relazione alla distribuzione topografica del

disturbo motorio.

●monoplegia

Forma molto rara, è caratterizzata dalla perdita della mobilità volontaria di un solo arto, solitamente

quello superiore.

●Paraplegia

Il disturbo motorio, contraddistinto da una marcata alterazione della forza e della motilità

spontanea, è localizzato a entrambi gli arti inferiori.

●Emiplegia

Compromissione del tono muscolare e del movimento volontario localizzato all’emilato corporeo

controlaterale all’emisoma cerebrale colpito. Le alterazioni sono di tipo spastico e riguardano

prevalentemente l’arto superiore.

●Tetraplegia

Rappresenta il quadro clinico più frequente e più grave, per la vastità del danno cerebrale esteso,

ed è possibile riscontrarlo sin dalla nascita.

La compromissione interessa tutti e quattro gli arti determinando un severo disturbo del tono

muscolare e della motilità intenzionale.

●Doppia emiplegia

È un disturbo del tono e del movimento volontario che interessa i due emilati corporei con forme

invalidanti, però, diverse da lato a lato, sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo.

Si possono differenziare 6 gruppi principali di turbe che si accompagnano ai disturbi motori.

●Turbe sensitive 6

Si esprimono a livello della sensibilità generale, assenza sensitiva relativa alla localizzazione

corporea o del corpo nello spazio.

●Turbe sensoriali

Limitazioni sensoriali, prevalentemente della vista, ma anche dell’udito. I principali disturbi visivi

sono lo strabismo, la diminuzione della vista e serie alterazioni del nervo ottico e della retina.

Mentre per quanto riguarda l’udito si può parlare di ipoacusia (riduzione dell’attività uditiva) e

disacusia (disturbo che fa sentire in modo distorto i suoni).

●Disturbi del linguaggio

La forma più frequente è la disartria, ossia la difficoltà ad articolare ed emettere suoni, che può

essere distinta in spastica, distonica e atassica.

●Epilessia

Interessa circa il 40% di tutti i casi di PCI, anche se il periodo d’insorgenza può variare da caso a

caso. Le manifestazioni convulsive sono di tipo parziale e delineano una forma non essenziale.

Ancora non è bene chiaro quale sia la causa.

●Disturbi psichici e psicomotori

Circa la metà dei soggetti con PCI dimostra un quoziente intellettivo inferiore a 70, manifestando di

fatto forme di ritardo mentale, nella restante parte dei casi, al contrario, non si rilevano limitazioni

cognitive.

Il disordine senso-percettivo e la severa riduzione funzionale degli apparati muscolo scheletrici non

permettono al bambino di ricevere, elaborare e agire adeguatamente il proprio corpo, con la

conseguenza che l’immagine mentalmente rappresentata dello stesso, in rapporto al mondo

esterno, al tempo e allo spazio non sarà adeguatamente organizzata.

●Disturbi del carattere

La consapevolezza continua del proprio stato, il rapporto con i pari, l’esperienza del futuro incerto,

gli affetti spesso mancati con l’altro sesso e altre situazioni frustanti segnano profondamente la sua

personalità a tal punto che possono prendere corpo in lui comportamenti oppositivi, di rifiuto, di

negazione della malattia e delle sue limitazioni funzionali dando origine a crisi di agitazione e

collera generalizzata. Può svilupparsi quindi un atteggiamento di rassegnazione e profonda

depressione che lo porterà a chiudersi in se stesso e all’interno della famiglia in un rapporto di

dipendenza assoluta, quasi autistica.

Capitolo 7: l’autismo

L’autismo è oggi definito come un disturbo pervasivo dello sviluppo caratterizzato da difficoltà

qualitative in 3 fondamentali dimensioni: interazione sociale, comunicazione e repertorio

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
31 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/03 Didattica e pedagogia speciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simo1694 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica e Pedagogia Speciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Cottini Lucio.