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La propaganda nell'istruzione primaria

Fin dalla scuola primaria si cominciò ad insegnare l'orgoglio nazionale e il senso dell'appartenenza attraverso le letture di storie dello "Shōgaku kokugo tokuhon" a una comunità pan-asiatica giapponese (un testo in 12 brevi volumi), con l'obiettivo di plasmare giovani menti agli obiettivi del governo. Non era raro trovare disegni di fiori di ciliegio, il simbolo nazionale, seguiti da soldatini in marcia con la didascalia "Susume heitai susume" (avanzate, avanzate soldati). In questi testi si susseguono altre didascalie e disegni, come quello di un bambino in prossimità dell'alba, con la didascalia "Hinomaru no hata banzai" (La bandiera del Giappone e la Sol Levante, per sempre). Nello Shōgaku kokugo tokuhon troviamo, in particolare nei primi 3 volumi, una serie di fiabe classiche giapponesi come Momotarō, Urashima Tarō, Issun Bōshi, Usagi to...

kame e tante altre. Gli altri volumi invece riguardano miti, leggende e importanti testi sulla tradizione shintoista. Ci sono anche storie sul primo imperatore giapponese Jinmu Tennō e altre sulla vita dei primi grandi eroi giapponesi, tra i quali figurava anche Yamato Takeru. Queste favole, leggende e miti furono tutte elaborate con l'obiettivo di far familiarizzare i bambini con quello che il governo giapponese considerava il nucleo della tradizione giapponese. I libri di testo delle scuole assunsero la funzione di trasmettere ai bambini, per mezzo di esempi didattici, i principi primari (hongi) dell'etica giapponese. Proprio Yamato Takeru fu il primo eroe a riformulare in modo molto potente l'amore per la patria e lo speciale "spirito del Giappone" (Yamato damashii). Fu anche il primo a confrontarsi con gli stranieri sulle frontiere più remote del mondo conosciuto e a conquistare le loro regioni per Yamato, diventando così l'immagine primaria

del coraggioso guerriero giapponese amante della patria. Il pensiero che gli "stranieri" fossero demoni, incolti e non umani, è una parte integrante di questo ciclo. E la rappresentazione dell'altro. 1.4 Lo oni Con l'avvento dell'epoca Meiji (1868-1912), il Giappone adottò e importò diverse istituzioni politiche e culturali dall'Occidente, dal punto di vista delle tecnologie scientifiche e militari, con l'obiettivo di costruire una nazione moderna e che potesse uguagliare, se non superare, quelle occidentali. Di conseguenza si diffuse fra i giapponesi un grande senso di unità e anche un confronto continuo tra il sé e l'altro (lo straniero), sempre più raffigurato dagli oni con corna sulla testa e un marcato accento britannico. Fu di usanza comune fra i giapponesi durante la Seconda guerra mondiale appellare con il termine oni i nemici giapponesi: Americani, Inglesi, Russi e Cinesi, membri delle Forze Alleate. Nel

magazine “Manga”, pubblicato da Shin Nippon Mangaka Kyōkai, grandi personaggi storici come Roosevelt, Churchill, Chiang Kai-shek e Stalin vennero ritratti con delle corna. Roosevelt venne anche caricaturizzato in un gigante vestito con una maglietta occidentale, intento a bombardare le città giapponesi. Tuttavia mentre i giapponesi propagandavano la figura del demone e lo proiettavano nel nemico, la stessa milizia giapponese si macchiava di crimini e atrocità senza precedenti, come quelle commesse a Nanchino nel 1937 e nella Marcia della Morte di Betaan nel 1942. È interessante notare, invece, come nel dopoguerra la figura dell'oni da nemico si sia trasformato nel liberatore dal militarismo e dal fascismo giapponese; in poche parole rappresentando la rivoluzione democratica imposta dalle forze occupanti americane.

2. La funzione propagandistica di Momotarō

2.1 L'allegoria di Momotarō è considerato l'allegoria

dell'Imperialismo giapponese non solo per il suo coraggio di approdare in una terra sconosciuta, ma anche di sottometterla e sottrarne i tesori. Se i demoni, antagonisti delle storie, sono per lo più gli stranieri, i suoi compagni animali rappresentano tutti quei paesi asiatici che rientrano nelle ambizioni del Giappone di creare una Grande Asia Orientale libera dall'imperialismo bianco. Momotarō è la vera personificazione dell'Imperialismo giapponese, culminato nell'aggressione alla Manciuria nel 1931, in Cina nel 1937 e proseguita con la guerra del Pacifico nel 1941. John Dower considera Momotarō una metafora nazionale che rappresenta la purezza del popolo giapponese. Il testo giapponese "Kokutai no hongi" (I principi cardine della politica Nazionale) ricerca il concetto di puro già dal Kojiki, e Momotarō ne rappresenta la reincarnazione. Inoltre la favola di Momotarō venne usata anche per definire marcatamente i ruoli dell'uomo.e della donna in una giornata quotidiana, concordando quindi con i principi dello yin e l'uomo-padre del yang: che lavora nei campi per mantenere la famiglia, e la donna-madre che lava i vestiti al fiume, limitandosi a svolgere le mansioni domestiche. La tradizione delle favole giapponesi fu reinterpretata e utilizzata in senso nazionalistico. Le favole compaiono come una allegoria del confronto del tempo tra il Giappone e i suoi nemici continentali, facilmente identificabili con le già conosciute figure delle tradizionali favole. Fu quindi semplice per i lettori associare a una determinata figura l'appellativo di buono o malvagio. Nessuna favola tradizionale è stata tanto soggetta all'interpretazione nazionalista e propagandistica come la storia di l'aiuto di Momotarō. La storia di un bambino che nasce da una grande pesca e che con un cane, una scimmia e un fagiano sconfigge i demoni nell'isola dei demoni (Oni ga shima), mostrando tuttavia ricevendo.in dono i tesori dell'isola. pietà nei loro confronti e, in segno di gratitudine, Nonostante lastoria originale sia totalmente apolitica e infantile, presto divenne il fulcro dell'ideologia nazionalistagiapponese e della propaganda dal 1930 al 1940. Momotarō cominciò ad essere rappresentato comeun giovane dalla forza straordinaria, personificazione del nuovo Giappone; in una forma opposta aquella riservata agli americani e agli inglesi, rappresentati come vecchi e deboli demoni con unafaccia umana. Il messaggio di fondo che si voleva comunicare è che le popolazioni dell'Asia dovevanoessere liberate dal dominio europeo e americano, e soltanto una razza omogenea, pura e dirigente(shidō minzoku) come quella giapponese poteva riuscirci. Tuttavia quando l'imperatore rifiutò le suediscendenze divine, riconoscendosi come un essere umano, l'intero paradigma dell'ImperoGiapponese collassò inevitabilmente e Momotarōritornò nella sua classica forma di favola per bambini soltanto nel 1950, perdendo definitivamente la sua chiave di lettura nazionalista.

La versione più antica di questa storia la si trova nell'Enseki zasshi di Takizawa Bakin, che raccolse le fiabe più popolari dei suoi tempi. Bakin pose l'accento su un parallelismo storico sul viaggio di Momotarō con quello di un grande eroe giapponese: Minamoto no Tametomo. La storia di Minamoto è presente anche nello Hōgen Monogatari. Esiliato nelle isole di Izu nel Giappone orientale, in seguito alla vittoria dei sostenitori dell'imperatore Go Shirakawa, Tametomo impose il proprio controllo sull'isola di Izu, descritta come l'isola dei demoni. L'isola è infatti abitata da strane creature alte dieci piedi, dai capelli neri e con la spada alla cintola. Parlano per lo più una lingua incomprensibile e non praticano

l'agricoltura né la coltivazione di cotone o riso. In altre versioni della storia, l'isola dei demoni si sposta a Okinawa, in cui Tametomo sposa una nativa del luogo e ha un figlio, che diventerà il primo re storico del paese e il fondatore del Regno del Ryūkyū. Il bonzo giapponese Bunshi Genshō descrive l'isola locata a sud di Satsuma, chiamata Liu-ch'iū, nella sua opera Nanpo Bunshū (Antologia del Nanpo). A qualunque versione si faccia riferimento, i nativi indigeni delle isole vengono sempre descritti come esseri demoniaci e l'eroe della storia non solo sarà il padre della prima dinastia di quelle terre, ma trasformerà gli esseri abominevoli in creature umane. Spesso queste creature sono descritte anche come cannibali, seguendo la tradizione popolare di quelli che sono gli oni. Quindi tutti i nativi di lande desolate e incolte venivano considerati incivili, cannibali e dediti soltanto alla caccia. Qualunque regione distante da quella

Civilizzata giapponese era concepita come una patria dei demoni, popolata da barbari che parlano una lingua incomprensibile, che deve essere necessariamente civilizzata.

La fiaba trasposta nei primi lungometraggi d'animazione

La fiaba raggiunse il suo culmine come allegoria nazionale con la comparsa dei primi due "Momotarō no umiwashi" (1943, "Momotarō e i gabbiani dell'Oceano") e "Momotarō umi no shinpei" (1945, "Momotarō e i marinai sacri"), raffiguranti spesso personaggi dalle sembianze animali più che umane. Nel primo film, diretto da Seo Mitsuyo per ordine esplicito e l'antagonista della Marina giapponese, Momotarō è colui che dirige l'attacco a Pearl Harbor, "Umi no Shinpei", sempre diretto da Seo Mitsuyo, si apre con la figura del monte Fuji e con il ritorno a

casadall’addestramento militare di un cane, una scimmia, un fagiano e un orso. Un gruppo di giovani animali del paese chiede alla scimmia quale sia il suo migliore ricordo della guerra, e lui risponde “solo” ricordando con un certo entusiasmo la prima volta che intraprese un in una battaglia aerea. Quando il fratellino della scimmia si allontana e perde il cappello della marina, pur di recuperarlo, sie viene salvato dall’intervento congiunto del fratello e degli altri animali. Il fiume intuffa nel fiumequesto caso rappresenta sia il pericolo ma anche l'appello alla guerra. Momotarō è invece descritto dell’esercito che è quattro animali che all’inizio del filmcome un generale affiancato proprio daiavevano fatto ritorno in patria, ormai diventati fedeli ufficiali. Oltre al valore storico, produttivo edestetico, il primo lungometraggio animato giapponese ci lascia in eredità un finale amaramentesignificativo, coi vittoriosi.

paracadutisti giapponesi e con i bambini che si lanciano su una sagoma degli Stati Uniti disegnata sulla sabbia, emulando gli adulti e sognando future conquiste.“

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
11 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/22 Lingue e letterature del giappone e della corea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Andy94indo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura giapponese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Capponcelli Luca.