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Le regole della grammatica dovranno pure avere la fondamentale caratteristica della

ricorsività. Le regole ricorsive possono essere attivate più di una volta nel genere di una

struttura.

La semantica

La semantica linguistica si occupa del significato convenzionale veicolato con l’uso delle

parole, dei sintagmi e delle frasi di una lingua.

Quando indaghiamo sul significato delle parole di una lingua, siamo di norma più interessati a

definirne il significato concettuale che quello associativo. Il significato concettuale comprende

quelle componenti del significato fondamentali, essenziali, che sono veicolate dall’uso letterale

di una parola. Alcune delle componenti fondamentali di una parola come ago potrebbero

comprendere uno strumento sottile, acuminato, in acciaio. Queste farebbero parte del significato

concettuale di ago. Tuttavia questa parola può avere anche delle diverse associazioni o

connotazioni per diverse persone: esse potrebbero associarla a dolore o a malattia o a sangue o

a droga o a filo o a ricamare o a pagliaio, e queste associazioni possono essere diverse da una

persona all’altra.

Lo studio del significato concettuale ci può aiutare nello studio generale del linguaggio in un

modo molto semplice, e cioè come un mezzo per spiegare lo strano effetto che producono frasi

come queste:

il panino mangiò il ragazzo.

Il tavolo sta ascoltando la radio.

Il cavallo sta leggendo il giornale.

La stranezza di queste frasi non deriva dalla loro struttura sintattica in quanto da questo

punto di vista abbiamo frasi ben formate, ma da quello semantico. Nella prima frase, i tipi di

nomi che possono essere soggetti del verbo mangiare devono denotare delle identità in grado di

mangiare: il panino non ha questa proprietà ma il ragazzo si.

Possiamo osservare i ruoli che le parole ricoprono nella situazione descritta da una frase. I

sintagmi nominali descrivono i ruoli delle entità coinvolte nell’azione. Per questi sintagmi

nominali possiamo individuare un piccolo numero di ruoli semantici.

Nella frase il ragazzo colpì la palla, il ruolo svolto dal sintagma nominale il ragazzo è detto

agente. Un altro ruolo è svolto da la palla che è l’entità coinvolta nell’azione o su cui l’azione ha

un effetto ed è detta tema.

Agente e tema sono i ruoli semantici più comuni.

Se un agente impiega un’altra entità per eseguire un’azione quest’altra entità svolge il ruolo

di strumento. Nelle frasi il ragazzo tagliò la corda con un vecchio rasoio e Fece il disegno con la

matita, i sintagmi nominali un vecchio rasoio e la matita hanno il ruolo di strumento.

Quando un sintagma nominale designa un’entità in quanto persona che prova un sentimento,

una percezione o una condizione, svolge il ruolo semantico di esperiente. Se vediamo,

sappiamo o apprezziamo qualcosa in realtà non stiamo eseguendo un’azione quindi non siamo

agenti

Vi sono altri ruoli semantici che designano dove si trova un’entità nella descrizione di un

evento. Il posto dove si trova l’entità svolge il ruolo di locativo. Il posto da dove si muove un

entità svolge il ruolo di fonte o origine e il posto verso cui l’entità si muove svolge il ruolo di

meta.

Le parole possono essere considerate non solo per il fatto di essere contenitori di significato o

di ricoprire certi ruoli negli eventi ma possono anche avere delle relazioni tra loro. Nel linguaggio

di tutti i giorni spesso spieghiamo il significato delle parole in termini di relazioni. Alla richiesta di

indicare il significato della parola celare si potrebbe rispondere E’ lo stesso di nascondere o si

potrebbe indicare il significato di basso come il contrario di alto o ancora si potrebbe dire del

significato di asfodelo che si tratta di un tipo di fiore. Questo procedimento viene definito analisi

di relazioni lessicali quali possono essere la sinonimia, l’antonimia e l’iponimia.

Sono detti sinonimi due o più elementi del lessico dai significati molto simili tra loro (questo

non equivale all’uguaglianza totale).

Due forme con significati opposti sono dette antonimi. Questi sono divisi in due tipi

principali: quelli graduabili, cioè agli estremi opposti di una scala, e quelli non graduabili, opposti

diretti. Gli antonimi graduabili come la coppia grande-piccolo possono essere usati in

costruzioni comparative e inoltre il negativo di un membro della coppia non implica

necessariamente l’altro.

Con gli antonimi non graduabili di solito non si usano le costruzioni comparative e il

negativo di uno dei membri di una coppia implica l’altro.

Esistono poi coppie di antonimi reversibili : per esempio svestirsi può essere considerato

l’opposto di vestirsi ma non significa non vestirsi.

Quando invece il significato di una forma è incluso in quello di un’altra la relazione che le lega

è detta iponimia. Alcune coppie legate da iponimia sono animale-cane, cane-barboncino,

verdura-carota, fiore-rosa: la nozione di inclusione consiste nel fatto che se un oggetto è una

rosa allora è necessariamente un fiore.

Nel considerare le relazioni di iponimia concepiamo sostanzialmente il significato delle parole

come organizzato in modo gerarchico: albero, animale, aspide, banano, cane, carota, cavallo,

creature, fiore, formica, insetto ,organismo, pianta, pino, rosa, serpente,ecc.

Possiamo dire che cavallo è iponimo di vertebrato o che formica è iponimo di insetto. In questi

due esempi vertebrato e insetto sono detti termini sovraordinati cioè di livello superiore.

Possiamo anche dire che due o più termini che condividono lo stesso termine sovraordinato sono

coiponimi. Cavallo e cane sono coiponimi e il termine sovraordinato è vertebrato.

Sebbene le parole anatra, canarino, colomba, fenicottero, pappagallo, pellicano, pettirosso,

rondine e tordo siano tutti ugualmente coiponimi del sovraordinato uccello, non tutti sono

considerati esempi adeguati della categoria uccello. Per alcuni scienziati l’esempio migliore di

uccello è il pettirosso. L’esempio tipico di una categoria è definito prototipo.

Quando due o più forme diverse graficamente hanno la stessa pronuncia si dice che sono

omofone, come a – ha, anno – hanno, o – ho, vizi – vizzi.

Il termine omonimia si usa invece quando una stessa forma ha due o più significati non in

relazione tra loro. Esempi sono riso (ridere) – riso (da mangiare), rombo (rumore) – rombo (figura

geometrica) – rombo (pesce), sole (astro) – sole (non accompagnate), calcio (sport) – calcio

(elemento chimico).

Se invece troviamo due o più parole che hanno la stessa forma e significati legati tra loro

abbiamo quella che si definisce polisemia. Ne sono esempi la parola capo usata in riferimento

alla cosa che sta in cima al nostro corpo, o a chi è al vertice di una società o un gruppo, o

all’estremità di un filo, ecc.

Esiste un altro tipo di relazione tra parole fondata semplicemente su una stretta connessione

che si ha nell’esperienza quotidiana. Questa connessione può essere basata su una relazione

contenitore-contenuto (bottiglia-acqua, lattina-bibita) o sulla relazione tutto-parte

(automobile-ruote, casa-tetto) o ancora su una relazione autorità simbolo (re-corona,

Presidente-Quirinale). Quando usiamo uno di questi termini per riferirci all’altro stiamo usando

una metonimia. esempi ne sono: ho bevuto tutta la bottiglia, Palazzo Chigi ha nominato, Hai

del fuoco? , avere un tetto sulla testa, rispondere al campanello, dare una mano o mangiare un

piatto.

La pragmatica

La comunicazione non dipende solo dalla comprensione del significato delle parole di un

enunciato ma anche dalla comprensione di ciò che il parlante intende con quell’enunciato. Lo

studio di ciò che intende il parlante, del significato per il parlante è detto pragmatica.

Per molti aspetti la pragmatica è lo studio del significato invisibile, ossia di come riconosciamo

ciò che si intende dire anche quando non è stato effettivamente detto o scritto. Perché possa

succedere il parlante deve basarsi su molti assunti e molte esperienze condivise quando cerca di

comunicare qualcosa. Lo studio di questi assunti e aspettative permette di capire in che modo si

comunichi sempre più di quanto si dica.

Occorre usare i significati delle parole, il contesto in cui esse occorrono e qualche conoscenza

previa della plausibilità di un messaggio allorché cerchiamo di elaborare una interpretazione

ragionevole di ciò che intendeva chi ha scritto il cartello (pag. 142).

Esistono vari tipi di contesto. Uno di questi è definito contesto linguistico o co-testo. Il

co-testo di una parola è l’insieme delle altre parole usate nella stessa frase o sintagma. Il

co-testo circostante ha un forte effetto su ciò che noi crediamo che una parola possa significare.

Più in generale sappiamo interpretare le parole in base al contesto fisico. Se la parola rombo è

sul menu di un ristorante, il luogo fisico influirà sull’interpretazione.

Ci sono alcune parole molto comuni nelle lingue che non si possono interpretare in nessun

modo se non si conosce il contesto, e in particolar modo il contesto fisico del parlante. Si tratta

di parole quali qua, là, questo , quello, ora, allora, ieri, oggi, domani, e dei pronomi personali io,

tu, lei, voi, loro. È praticamente impossibile capire alcune frasi se non si sa chi sta parlando,

dove, quando e di chi. Per esempio la frase tu devi riportarlo domani perché oggi lei non è qua

fuori contesto è estremamente vaga. Espressioni come domani e qua sono dette tecnicamente

espressioni deittiche.

Usiamo la deissi per indicare cose, o persone, a volte definita deissi personale. Le parole e i

sintagmi usati per indicare un luogo sono esempi di deissi spaziale, quelle usate per indicare

un momento nel tempo sono invece esempi di deissi temporale.

Le parole di per sé non si riferiscono a niente. Sono le persone che fanno riferimento a

qualcosa. Dobbiamo quindi definire il riferimento come atto tramite il quale un parlante usa il

linguaggio per permettere a un ascoltatore l’identificazione di qualcosa.

Possiamo usare nomi associati a delle cose in riferimento a persone e nomi di persona in

riferimento a cose: questo processo è definito inferenza. A che tavolo è seduta l’insalata?

Accanto alla finestra.

Di solito c’è una differenza tra quando introduciamo un nuovo referente e quando ci riferiamo

di nuovo allo stesso referente.

“Abbiamo visto un video divertente con un bimbo che lavava una cagnetta. La cagnetta ha

cominciato a divincolarsi e a scuotersi e il bambino si è bagnato tutto”.

In questo tip

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
30 pagine
5 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alexmary91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e sociolinguistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Dragotto Francesca.