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GEOGRAFIA EDITORIALE.
Durante il primo quindicennio del ‘900 si consolida la posizione di Milano
nell’editoria.
Milano si avvicina ad altre città con un mercato editoriale più ampio.
Stessa cosa avvenne per le case editrici a Torino, ma vi è un’importante
differenza tra le due città. A Milano il sistema editoriale era decisamente più
eclettico: si producevano volumi di saggistica/narrativa/guide ecc. Torino invece
si concentrava sull’editoria scolastica e sulla cultura (divulgazione e alto profilo
culturale).
Firenze fu un’altra città importante per l’editoria. Assistiamo ad una
transizione tra la vecchia e la nuova cultura, con un passaggio dalla cultura
risorgimentale (case editrici Le Monnier e Barbera) a quella più moderna
(Società Anonima Editrice del quotidiano La Voce - Prezzolini).
Poco e niente di rilevante al Centro-Sud: Roma fu importante per il giornalismo
ma non per l’editoria.
A Napoli si trovavano tante case editrici, tutte medio-piccole, poco
caratterizzate, tutte al servizio dell’università di Napoli. Tuttavia i grandi
intellettuali napoletani (es. Benedetto Croce) evitavano di pubblicare le proprie
opere presso case editrici napoletane.
Al Sud non troviamo nulla, tranne pochissime eccezioni:
La Casa editrice Sandro a Palermo, la Carabba a Lanciano e la Laterza a Bari:
tutte case editrici importantissime per la saggistica.
Milano presentava proposte editoriali molto differenziate, a causa della molta
concorrenza.
Qui hanno sede le poche case editrici che si sono costituite per società per
azioni: la maggior parte di esse erano infatti a conduzione familiare. In ogni
caso, anche in altre città, le case editrici in S.p.A. nacquero solo grazie ai
finanziamenti dei banchieri milanesi.
Milano è così rilevante nell’editoria grazie anche alla componente ebraica – lo
stesso Treves era ebreo, ed era legato alla banca Zaccaria Pisa. (Firenze
Bemporad, Bologna Zanichelli)
Tra gli editori più importanti a Milano in quegli anni troviamo due editori
nazionali, gli unici che potevano permettersi di esportare: Treves e Sonzogno,
già rilevanti in Italia dalla seconda metà dell’800.
Queste due case editrici incarnano il primissimo modello di editoria
integrata: case editrici che offrono non solo libri ma anche periodici.
In particolare Treves offriva molti periodici mirati a raggiungere un pubblico
differenziato (si evince dai prezzi delle pubblicazioni): riviste femminili, come
Margherita; periodici di viaggio; periodici di varietà; periodici di prestigio, come
Illustrazione Italiana, il periodico della borghesia per eccellenza. Treves non si
occupò mai di quotidiani, solo di mensili e quindicinali.
Sonzogno fu un editore molto più “popolare” di Treves, anche nei prezzi; in più
aveva anche un grande quotidiano: Il Secolo, il più venduto in Italia nel
periodo (poi arrivò il Corriere della Sera nel 1876). Inoltre, rispetto a Treves,
Sonzogno pubblicava anche spartiti musicali ed era anche un grande
imprenditore teatrale (fondatore teatro lirico). Era molto collegato al mercato
parigino.
Tra il 1900 e il 1915 assistiamo al declino di Sonzogno: il motivo fu che lo
stesso editore stava più all’estero che in Italia (si recava spessissimo a Parigi).
Al contrario, Treves in questi anni vive il suo momento di gloria, diventando
l’editore italiano di spicco.
Treves rafforza principalmente il settore dei libri perché trova un concorrente
accanito a Milano nel settore periodici (nonostante continuasse a pubblicare i
suoi periodici di punta), ovvero il Corriere della Sera di Albertini.
La testata lancia nel 1899 La domenica del corriere, supplemento
settimanale del Corriere; ad esso nel 1904 viene aggiunto un periodico
quindicinale tutto di racconti, la Lettura. Nel 1908, infine, nasce il Corriere
dei piccoli. Il Corriere della Sera diventa così l’editore della famiglia: la sua
produzione differenziata è adatta ad ogni fascia d’età.
Treves si concentra a questo punto sul settore dei libri: tutti i grandi scrittori
vogliono pubblicare con la casa editrice, in particolare D’Annunzio e De
Amicis.
Degno di nota il rapporto moderno che Treves instaura con gli scrittori: li paga
molto bene, stipula contratti moderni che vengono studiati e costruiti su misura
dell’autore, della sua fama, del libro da pubblicare. Questa è la cosiddetta
politica degli autori, che aveva lo scopo di attrarli presso la propria casa
editrice. Successivamente anche altri editori del Novecento l’adotteranno. Da
questo punto in poi l’autore viene visto come un ingranaggio fondamentale
della macchina editoriale.
Treves pubblicava di tutto: storia, attualità, resoconti di viaggio (soprattutto) e
guide turistiche, che con Treves vengono democratizzate: a differenza delle
guide tedesche, molto costose e concepite per un élite di viaggiatori, quelle di
Treves erano più economiche, per un pubblico più ampio. Le loro guide
venivano pubblicate in italiano, francese, inglese e tedesco, continuamente
ristampate e chiaramente di gran successo.
La collana più importante per la narrativa di quegli anni fu la biblioteca
amena di Treves, che aveva come pubblico di riferimento le donne. Infatti, in
quegli anni (anche in Italia) è proprio quello femminile il grande pubblico
consumatore di romanzi. La biblioteca amena conteneva principalmente libri
romantici. (Sonzogno aveva una collana analoga, la biblioteca romantica).
La Biblioteca Amena costava pochissimo: ogni libro straniero tradotto costava 1
Lira, perciò divenne una collana molto popolare.
La maggior parte di questi libri erano traduzioni straniere, per via del basso
costo di produzione (no diritti d’autore). Non erano novità, ma libri usciti da
almeno 10 anni.
Le traduzioni di questi libri non erano per niente professionali: veniva data poca
importanza alla filologia e alla lingua, ci si concentrava più sulla trama. Treves
non voleva che il pubblico avesse capolavori, ma semplicemente storie godibili:
era una operazione commerciale a tutti gli effetti. Anche la veste editoriale
della Biblioteca Amena era molto modesta (copertina flessibile ecc.). Si
potevano trovare molti classici stranieri in questa biblioteca, soprattutto
francesi (Balzac, Zola), ma anche Dickens, Tolstoj ecc. Venivano pubblicate
anche novità e romanzi italiani, ma erano meno considerati dal pubblico perché
più costosi.
Altra tipologia di editore molto importante ma completamente diverso da
Treves fu Hoepli.
Hoepli non pubblicava narrativa (con l’eccezione di Piccolo Mondo Moderno di
Fogazzaro del 1901): era editore di opere tecnico-scientifiche e di manuali,
oltre che di libri per ragazzi. Il catalogo Hoepli era stato costruito dallo stesso
negli ultimi decenni dell’800. Le sue scelte furono lungimiranti: la sua collana di
spicco era quella di manuali. In seguito alla loro pubblicazione, questi venivano
ristampati e rieditati di continuo. Si facevano così grandi numeri, con circa 700
manuali Hoepli.
Un’altra collana di Hoepli era la biblioteca della famiglia: essa conteneva le
guide di comportamento, notevolmente considerate in quegli anni.
A ciò si aggiungevano pubblicazioni per tecnici e ingegneri e libri di viaggi ed
esplorazione.
Tuttavia dal punto di vista culturale la sua proposta è troppo legata all’epoca
positivista: raccogliendo semplicemente i frutti delle buone scelte compiute
negli anni precedenti, si ritrovarono fautori di ben poca innovazione, con più
niente da dire.
Un altro grande editore milanese fu Antonio Vallardi. La sua produzione si
rivolgeva alle categorie escluse dagli altri editori: infanzia, gioventù, testi
scolastici di qualsiasi tipo; dizionari, sussidiari, cartine geografiche. Editore di
grande successo, contava librerie in tutta Italia. La casa editrice Vallardi
esprime molto bene l’idea di libro scolastico/per ragazzi laico del tempo.
La Vallardi seguiva dei capisaldi per quanto riguarda l’editoria giovanile:
- Prezzi bassi per il mercato popolare. Milano al tempo era la città con più
bambini che andavano alle elementari di tutta Italia;
- Libri di grande qualità nonostante il prezzo contenuto. Linguisticamente i
volumi erano molto ben curati, con un linguaggio corretto ma studiato
per i bambini piccoli.
La Vallardi incarnava i valori della filosofia pedagogica attraverso questi canoni:
- Morale laica, molto importante in quegli anni a causa della separazione
non expedit
Stato-Chiesa (con il la Chiesa impedì ai cattolici di votare per
le elezioni del Regno d’Italia). Vigeva il principio liberale della protezione
di tutte le religioni, quindi non vi era crocifisso nelle scuole, né ora di
religione. L’etica era fondamentale.
- Proposta educativa pienamente in linea con la pedagogia positivista,
basata su fatti reali e verosimili. Erano bandite le futilità e la
“fantasticheria”, che non rientrava nell’indole positivista. I bambini
dovevano essere portati a misurarsi con la realtà, non a fantasticare.
- Intenti patriottici che permeano tutta la produzione della Vallardi. I
bambini venivano educati all’amore della patria, che non era patriottismo
nazionalista, ma più mazziniano: “amore per la patria MA ANCHE per
l’umanità”. Es. pubblicazione di biografie illustrate dei grandi patrioti, in
cui si facevano conoscere ai bambini i fautori dell’Italia.
Infine veniva prestata grande attenzione per i maestri, con pubblicazioni per le
scuole magistrali.
A Milano erano presenti anche case editrici di altre tipologie:
- Narrativa estremamente popolare, la cui produzione non raggiungeva le
librerie ma si fermava alla vendita sulle bancarelle, per strada. Si trattava
di autori molto popolari con prezzi stracciati es casa editrice Bietti e
casa editrice Medella.
- Case editrici cattoliche: libri per la gioventù con collane “educative”. Testi
per la scuola primaria ma non con una morale laica: no al patriottismo, sì
alla morale cattolica.
Editore Giacomo Agnelli; Paolo Carrara.
- Case editrici “osé”: letteratura “di intrattenimento”. Libri di grande
successo ma effimeri. casa editrice Baldini-Castoldi.
Guido da Verona fu un autore lanciato da questa casa editrice. Era
specializzato in filone “erotico”, per uomini, che ebbe grande fortuna dagli
anni 10 al primo dopoguerra (distrazione per soldati in trincea).
Torino: editoria scolastica e divulgazione.
Capitale dell’editoria scolastica: ogni casa editrice torinese aveva il proprio
target, in modo da evitare la concorrenza.