Lezioni, Ergotecnica Edile 2
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Il rendimento e la produzione teorica di un escavatore
dipendono dal volume a colmo della benna, dal coefficiente
di riempimento della benna (r), dal coefficiente di
rigonfiamento (s) e dal tempo di ciclo (T ):
C
P = V (r/S) (3600/T )
T C
La produzione effettiva può esser data dal prodotto di P con il
T
coefficiente di rendimento del cantiere (f) o mediante l’analisi
della produzione ottimale della macchina in condizioni
standard (informazione fornita dai produttori) con opportune
correzioni: P = P ∙ f = P ∙ f ∙ α ∙ β ∙ γ
E T OTT
Con α = rotazioni differenti rispetto al 90°, β = benna diversa
da quella diritta, γ = profondità diversa da quella ottimale.
Sarebbe opportuno valutare anche un’eventuale correzione
legata all’abilità ed alle capacità degli operatori.
Il miniescavatore, o bobcat, è un macchinario di piccole
dimensioni e di limitate capacità di scavo; sono molto
efficienti per spazi ristretti o piccole lavorazioni, come
giardinaggio, canalizazioni, zone densamente abitate. Può
essere impiegato anche per operazioni di demolizioni o
perforazioni di manufatti di piccola dimensione, riempimento
di piccoli scavi.
Pala meccanica (va e torna, come un veicolo).
La terna è dotata di una benna di caricamento nella parte
anteriore e di un braccio meccanico posteriore (caricatore
anteriore ed escavatore posteriore); questa macchina è
utilizzata per lavori di piccola entità, soprattutto in ambito
agricolo o per spazi circoscritti. È particolarmente funzionale in
quanto non necessita di montaggi di accessori (perché
dotata di entrambi), ma soprattutto una grande versatilità
data dalla postazione di comando semplicemente ruotabile a
seconda della funzione desiderata. Anche in questo
frangente possiamo avere un telaio rigido o articolato; grande
efficienza nella movimentazione, un po’ meno per quanto
riguarda lo scavo in profondità di materiali compatti.
Entrambi i macchinari proposti devono avere un carico
massimo pari alla portata prevista o al “volume raso”, in
quanto per legge non si possono trasportare materiali
sporgenti.
Trasporto Gli autocarri sono dei mezzi di trasporto su strada; sono dotati
di cassone ribaltabile e si distinguono a seconda della
capacità di carico. È necessario programmare in modo
accurato il percorso da eseguire, in quanto il cospicuo carico
gravitazionale potrebbe indurre dei problemi ai manti stradali.
I dumper hanno una dimensione maggiore, delle ruote più
pesanti e robuste per cave e miniere; possono, infatti, spostarsi
su terrenti accidentati e non pavimentati, in genere non
possono circolare su strada. È caratterizzato da pneumatici di
grandi dimensioni, a bassa pressione e larghezza accentuata
(maggior impronta a terra per l’aderenza), ma anche un
raggio di curvatura ridotto; anch’essi si classificano per
capacità di carico volumetrica.
L’apripista (o dozer) esercita una trazione o una spinta
mediante un attrezzo montato sulla macchina stessa (quindi
fissa); è in grado di scavare e trasportare per trascinamento
per distanze fino a 100 m. Può essere gommato (maggiori
velocità) o cingolato (garantisce miglior aderenza), è dotato
di una lama tagliente concava; il corpo macchina è un
trattore di grande potenza. A seconda dell’inclinazione della
lama hanno diverse definizioni.
La durata del ciclo dipende dalle distanze percorse e dalle
relative velocità (t = d/v): in particolare abbiamo fasi in cui la
Scavo e trasporto lama è in posizione di taglio, in posizione di trasporto, fasi di
ritorno, oltre a tempistiche ulteriori dovute a abbassamento
lama, cambi di velocità e direzione.
Scavo, trasporto,
carico e scarico Le ruspe (caricatore) hanno un cinematismo anteriore e sono
dotati di benna per operazioni di scavo e carico; è
particolarmente efficace nella movimentazione e nello scavo
di terreni a livello del piano di appoggio o superiore (quote
sottostanti prestazioni minori). Sono macchinari molto versatili,
data la vasta gamma di accessori disponibili, come ad
esempio forche di sollevamento, ganci per la movimentazione
di carichi. Si suddividono in pale caricatrici cingolate,
gommate con telaio rigido (rilevante capacità di spinta,
girano anche le ruote posteriori, duplici assi sterzanti),
gommate con telaio articolato (sterzata agevolata dalla ralla
centrale tra cabina e castello di carico, meno efficiente, per
terreni sciolti) o minipale gommate (ingombro ridotto, velocità
di spostamento, scarsa capacità di spinta, si usa soprattutto
per la movimentazione di materiale). In generale, hanno una
postazione di guida con struttura di protezione contro il
ribaltamento, il rovesciamento (ROPS) e la caduta di oggetti
(FOPS), insonorizzata e con cinture di sicurezza antivibranti.
Solitamente si cerca di accostare il più possibile l’autocarro
alle aree di carico, in modo da sfruttare al meglio i tempi.
Il ciclo, in questo caso, abbiamo fasi di carico, manovre a
pieno carico, trasporto a pieno carico, scarico e ritorno a
vuoto: è possibile definire il “ciclo base” come la somma delle
fasi di carico, manovra e scarico; ovviamente il trasporto
dipende dalle caratteristiche della macchina (potenza,
gommatura) ma anche dalla morfologia del terreno.
(minipala, ruspa)
Livellamento Livellatrice
Costipamento Rullo gommato, liscio, dinamico e a piedi costipanti
Gli argani sono degli apparecchi atti ad esercitare uno sforzo di trazione (verticale o
orizzontale): sono costituiti da un tamburo, su cui si avvolge la fune, il quale viene fatto
ruotare per mezzo di un motore elettrico o a combustione interna (raro); sono importanti
gli elementi frenanti e quelli di sicurezza per un arresto immediato. Possono essere a
cavalletto o a bandiera.
I paranchi agiscono in modo similare ad una serie di carrucole (trazione verticale o
limitato tiro orizzontale – N carrucole daranno una forza di Q/N): generalmente, si
montano su carrelli mobili o travi in acciaio.
I martinetti, anch’essi predisposti per il sollevamento, si differenziano per l’elevata
capacità di sollevamento dal basso verso l’alto (tipo un cric per le auto), per brevi
distanze: possono essere idraulici (pompa a comando manuale-elettrico) o meccanici
(con asta a cremagliera con manovella).
La gru a torre è utilizzata per il sollevamento ed il trasporto di carichi, a servizio di vaste
aree: può traslare alla base per mezzo di rotaie, può ruotare, può traslare il carrello lungo
la freccia e calare il gancio.
1. Base/basamento: può essere fissa o mobile su rotaie, solitamente è zavorrata,
fissata su massicciata in pietrisco o inglobata in una soletta in CLS.
2. Torre/pilone: solitamente è composta da una struttura reticolare, per altezze fino a
200 m (se sopra i 40-50 m è necessaria una serie di ancoraggi al suolo).
3. Braccio/freccia: supporto del carrello scorrevole; in alcune gru può avere
inclinazione variabile per garantire una maggior altezza di sollevamento.
4. Controbraccio/controfreccia: è quell’elemento opposto dotato di zavorramento.
5. Cuspide (nel caso non ci sia si definiscono “gru topless”).
6. Carrello/bozzello: in corrispondenza della freccia vi sono delle bandierine indicanti i
vari limiti di carico (quelle moderne hanno un sistema di blocco automatico in
relazione al carico).
È importante garantire adeguata stabilità contro la pressione del
vento: in esercizio (quindi con carico) e a vuoto.
La gru automontante si autospacchetta da sé, particolarmente
indicata per i centri urbani. Viene posizionata e preparata da un
operatore specializzato, seguendo una precisa sequenza riportata
dal produttore; hanno il vantaggio di un minor ingombro ed una
velocità di montaggio, ma anche altezze e carichi ridotti.
La gru a portale è simile ad un carroponte, ovvero un telaio a
portale (fisso o scorrevole) con un paranco. Le gru Derrick sono
caratterizzate da notevoli portate ed altezze di sollevamento; sono movimentate da
argani che comandano le funi di sollevamento e di rotazione del braccio.
Le autogrù sono semplicemente delle gru installate su autotelai (autocarro o dumper);
sono dotate di torretta girevole a 360°, con braccio telescopico estensibile a cui poter
connettere un eventuale prolungamento. Quando in posizione di lavoro risulta opportuno
ricorrere agli stabilizzatori, in modo da estendere la base d’appoggio ed aumentare la
prestazione (maggior carico ed altezza); la capacità di sollevamento dipende
dall’altezza e dall’inclinazione del braccio. Sono classificate in funzione della portata.
Capitolo 5 – Scelta delle Macchine – Trasporto e Messa in Opera del CLS:
Negli ultimi anni, ormai, si tende ad evitare il confezionamento in opera del CLS a favore
del preconfezionamento in stabilimenti capaci di produrre grandi quantitativi di materiale
in poco tempo. Ovviamente le modalità e la durata del trasporto, ma anche le condizioni
ambientali, influiscono sulle caratteristiche finali del prodotto; i principali rischi sono:
• Segregazione del CLS dovuto ad eccessive vibrazioni;
• Inizio del processo di presa, quindi indurimento;
• Disidratazione per esposizione a vento e sole, dilavamento (diluizione) per contatto con
pioggia;
• Variazioni del tempo di presa a seconda delle differenze di temperatura in ambiente.
La lavorabilità dell’impasto cementizio, quindi la progressiva evaporazione dell’acqua di
impasto e accelerazione dei tempi di presa, viene meno all’aumentare della durata del
trasporto, della temperatura o al diminuire dell’umidità. Per climi caldi ed asciutti è
possibile ricorrere ad additivi atti a ritardare i tempi di presa; la suddetta lavorabilità è
funzione della tipologia di aggregati impiegati nel mix design, in particolare si valuta la
relativa porosità (l’assorbimento di acqua fa perdere fluidità) e tessitura (se ruvidi e
spigolosi fanno perdere lavorabilità). Infine, anche il rapporto a/c ha ripercussioni sulla
lavorabilità: con un basso rapporto, infatti, i tempi di presa sono ben più contenuti.
Per tutte queste ragioni, nelle fasi di trasporto ed all’arrivo in cantiere, è possibile
aggiungere un quantitativo di acqua per compensare le perdite dovute
all’evaporazione, all’assorbimento ed all’idratazione; in media, per un trasporto agevole,
si consiglia un raggio d’azione di 30 km circa (massimo 50 km).
L’autobetoniera è il veicolo adibito al trasporto del CLS dalla centrale di betonaggio al
cantiere: il materiale è contenuto in un tamburo rotante (sia quando il veicolo è in
movimento sia quando è fermo); al momento dello scarico il senso di rotazione viene
invertito. È possibile associare l’autobetoniera ad un sistema di pompaggio snodabile che
garantisca una riduzione di tempi di lavorazione. Il materiale viene accompagnato da
una bolla di consegna che attesta le caratteristiche del conglomerato in uscita dallo
stabilimento; all’arrivo è necessario registrare l’ora di arrivo del veicolo in cantiere, il
quantitativo di acqua aggiunta durante il tragitto o in cantiere, effettuare un controllo
dello slump (verifica di lavorabilità entro dei limiti di accettabilità previsti in sede
contrattuale, mai sotto i 10-15 cm).
Nelle fasi di messa in opera è necessario verificare che il materiale risulti distribuito in modo
omogeneo all’interno delle casseforme, evitando la segregazione dell’impasto.
Il CLS preconfezionato può essere pompato direttamente dall’autobetoniera: minori
tempi di posa e possibilità di raggiungere altezze e posizioni più difficoltose; è necessario
garantire adeguate misure di sicurezza, in particolare per gli operatori preposti alla
movimentazione e al supporto della tubazione (rigida lungo il suo sviluppo, flessibile nella
parte terminale, per evitare spinte eccessive). Per la valutazione di una stazione di
pompaggio è necessario considerare un diametro massimo dell’aggregato < 1/3 di quello
del tubo, il peso dell’aggregato deve essere compatibile con i limiti legati al diametro e la
potenza deve essere sufficiente. Le pompe possono essere di tipo meccanico, idraulico o
pneumatico; in base alla struttura di supporto possono essere fisse, carrellate, autocarrate
o abbinate all’autobetoniera (autobetonpompa).
Capitolo X – Strumenti Topografici:
Il tracciamento è la materializzazione ed il trasferimento del progetto sull’area di
riferimento. Il tracciamento generale è sicuramente di grande importanza e
responsabilità, in quanto stabilisce l’impronta perimetrale dell’edificio e quindi le distanze
dagli altri fabbricati o dalle strade massimizzazione del livello di competenza (che sarà
magari minore per tracciamento di dettaglio).
Il rilievo è la raccolta delle informazioni necessarie a caratterizzare geometricamente gli
organismi edilizi o porzioni di territorio (topografia); sono effettuati per verificare le
preesistenze o anche per motivi fiscali (frazionamenti, divisioni territoriali).
A volte per tracciare è necessario rilevare per avere dei riferimenti: ad esempio le quote si
riferiscono tutte al piano del marciapiede, ma nel caso di assenza di marciapiede si
concorda con l’amministrazione per impostare una quota base, ovvero la cosiddetta
consegna dei punti fissi di linea di livello.
Lo squadro e l’agrimensorio è di origine romana, viene utilizzato nelle attività
agricole o nella divisione dei terreni: è un cilindro metallico con delle incisioni,
viene posizionato su un palo e, una volta messo in bolla con le 3 viti calanti,
riesco a verificare l’inclinazione di alcuni elementi secondo angoli noti; non è
uno strumento di misura.
Il livello ottico, anch’esso non corrispondente ad uno strumento di
misura, è una derivazione dello squadro; una volta messo in piano
posso visualizzare con il cannocchiale (ruotabile di 360°) tutti i punti
appartenente al piano orizzontale di riferimento, quindi riportare in
orizzontale le varie quote. Gli angoli topografici, in scala
sessadecimale, hanno un verso orario. L’autolivello a livello
concettuale è identico al livello ottico; la differenza è dovuta alla
ricerca automatica della verticale e quindi dell’asse ottico orizzontale del
cannocchiale.
Il teodolite o tacheometro ha due gradi di libertà, ovvero rispetto al livello ottico
ha la possibilità di ruotare rispetto al piano orizzontale (cerchio orizzontale,
azimut) ma anche in verticale (intorno ad un asse orizzontale – cerchio
verticale, zenit); è utilizzato per ricavare coordinate angolari polari rispetto al
punto in cui è posizionato lo strumento. Anche in questo caso possiamo avere
gli autoteodoliti.
La stazione totale ha in aggiunta un distanziometro elettrottico,
che garantisce la restituzione delle 3 dimensioni caratterizzanti il
punto (2 angoli ed una distanza); con un segnale ad IR si
trasmette un segnale al centro di un prisma, o mira (posto in
corrispondenza del punto da rilevare), che riflette tale raggio
permettendo di misurare la distanza tra lo strumento stesso e la
mira.
Le stazioni GPS basano la propria rilevazione sulla posizione della propria mira,
indipendentemente da quella della stazione stessa (misurazione rispetto a se stessi e
rispetto ad una rete di riferimento, posizioni relative). Si utilizzano praticamente solo in
cantieri dimensionalmente molto estesi.
Il doppio-metro è lo strumento in
legno avvolgibile; la stadia è un
elemento rettilineo per la misurazione
(approssimazione di ½ cm). Con il filo
a piombo è possibile far misurare i fuori piombo: in particolare faccio pendere questo
strumento di una quota nota segnata, il punto corrispondente lo misuro da quel punto di
quota nota.
La bindella è un rotolo di nastro metallico millimetrato; a seconda della
distanza di rilievo si raccomanda una determinata tensione da imporvi.
La livella laser, in seguito ad una messa a piombo, è uno strumento in grado di proiettare
una quota in verticale, al fine di garantire l’orizzontalità di alcuni elementi (es. piedini di
sostegno di pavimento galleggiante).
L’allineamento è il tracciamento e la materializzazione della proiezione parallela di una
linea (es. facciata posta a 5 m dalla strada); il riporto di quota, invece, è la
materializzazione di una quota altimetrica rispetto al punto fisso di riferimento. La verifica
di ortogonalità viene effettuata mediante l’applicazione di nastri metallici in
corrispondenza di 4 picchetti costituenti un quadrilatero, quindi l’eventuale uguaglianza
della distanza delle diagonali stesse corrisponde ad un’ortogonalità degli elementi.
Per realizzare riporti in verticale di allineamenti si utilizzano i fili a piombo per le piombatura
accoppiate; vedere PDF (1:20 – part1): montando dei cavalletti, con dei chiodi e un filo
metallico sospeso posizionato sull’allineamento desiderato, proietto l’allineamento
desiderato sul fondo. Per evitare la propagazione degli errori, quindi la somma progressiva
delle varie entità, si tende a riferire tutti i vari allineamenti a quello principale (errore si
mantiene circa costante per tutti gli allineamenti da realizzare), non ad un altro
allineamento realizzato poco prima. Per verificare un allineamento è possibile ricorrere
alla capacità del teodolite di ruotare in verticale: se tutti i punti che vedo appartengono
al piano verticale del teodolite allora il piano visualizzato è a piombo.
Per un riporto in orizzontale, come ad esempio la posa di un solaio, si usa segnare un
righello su una parete (ad esempio quella del vano scala) che funge da quota di
riferimento all’aumentare dell’altezza dell’edificio (non lo riferisco più al piano
campagna): mediante lettura della stadia si riportano le quote desiderate sul piano della
parete stessa (eventuale proiezione con incisione a matita o gesso di una linea indicante
l’orizzontale).
Per tracciare un ortogonale o una parallela si utilizza il principio delle squadrette: in
cantiere, invece, si utilizza il nastro metallico.
Le tolleranze con cui vengono definite le condizioni di accettabilità dipendono dalle
esigenze tecniche legate al prodotto o all’elemento tecnico (statiche, estetiche,
funzionali).
Si consideri, in fase di programmazione operativa, che per un tracciamento di una villetta
ci si impiega circa mezza giornata; per la realizzazione di un cavalletto di legno sono
coinvolti 2 carpentieri ed un tecnico. Può accadere che i due cavalletti necessari alla
proiezione del nastro metallico sono troppo lontani fra loro, per cui il cavo utilizzato si
spezzerebbe: in questo caso, è possibile ricorrere ad un cavalletto intermedio che
riproduca la continuità. Nonostante i materiali e gli strumenti impiegati per il tracciamento
siano in grado di assicurare un livello prestazionale teorico, in cantiere la realtà parla di
errori e discostamenti differenti (alcune volte la realtà pratica è incompatibile con le
esigenze espresse in sede contrattuale circa la tolleranze ammissibili).
Lo sbadacchio, o sbaggio, è una sorta di treppiede metallico installato dietro il cassero di
una parete per una funzione di sostegno. Le cravatte dei pilastri sono delle cerchiature
utilizzate per rinforzare i casseri in fase di getto dei pilastri (eventuale spinta).
Capitolo 7 – Automazione del Cantiere:
L’aleatorietà del processo edilizio (approccio probabilistico) comporta una pluralità di
modalità operative con cui realizzare uno stesso elemento. In generale si può parlare di
risultati incerti, sicuramente non precisi e garantiti come una produzione seriale come nel
mondo dell’industria. Un’altra differenza evidente tra i due settori consiste nel rapporto tra
macchina ed uomo, in quanto in cantiere le lavorazioni possono essere eseguite con
ugual risultato mantenendo diversi utilizzi di risorse meccaniche (tasso di
meccanizzazione), il tutto influenzabile da fattori contestuali non trascurabili. Inoltre il
contesto rappresenta un elemento fondamentale con cui analizzare le modalità
operative e gestionali dell’edilizia: basti pensare alle tecniche costruttive in Africa, le
misure di sicurezza adottate lì sono approssimative ma efficaci in base alla loro
conoscenza (se sulla capanna usi delle scarpe antinfortunistica rischi di sfondare tutto, vai
scalzo!), pertanto le valutazioni sono relative al contesto.
L’organismo edilizio è un complesso di tecnologie più o meno elaborate a seconda del
contesto di realizzazione; la qualità finale dell’opera è principalmente legata alla qualità
operativa, quindi dalle modalità di installazione ed esecuzione. La produzione industriale è
semplicemente l’impiego di lavoro, quindi energia, volto all’elaborazione di una materia
prima per ottenere un output di valore maggiore, quindi utile. Per quanto concerne il
mondo dell’edilizia si è fatto enormi passi avanti, in particolare per le modalità realizzative
ed il prodotto finale: gli operai sono stati rimpiazzati sempre più da macchinari di estrema
precisione, pertanto il risultato finale in serie è garantito per una prestazione molto
affidabile. Inoltre negli ultimi tempi si può considerare una tendenza verso produzioni di
tipo su commessa (massima qualità mirata alle esigenze specifiche di quel progetto), non
più volte a creare un magazzino di stoccaggio (produzione continua, sperando di
vendere) o per cataloghi (produzione che prende vita in seguito all’ordine).
La produzione edilizia in cantiere, però, è caratterizzata da imprese sempre meno
specializzate (in relazione allo sviluppo di tecniche costruttive e materiali sempre più
elaborati). Il cantiere è un prototipo unicamente legato al contesto di riferimento, quindi
un progetto non può essere replicato perfettamente in un altro luogo, subirebbe delle
modifiche progettuali, gestionali.
Uno stesso elemento può avere diversi rapporti con una tipologia di oggetti: a seconda
della modalità di giunzione, ad esempio, implicano molte considerazioni di tipo
economico, operativo, sicurezza: la modalità realizzativa più veloce, solitamente, è la più
pericolosa, quella più sicura di solito è quella più costosa. I componenti edilizi, quindi, sono
il risultato di processi industriali (ovvero avvenuto in stabilimento) o di processi
industrializzati (ottimizzazione del processo produttivo).
Pertanto in edilizia ci troviamo di fronte ad una variabilità in termini di qualità/costo (es.
piastrelle di 1° categoria che costano di più), ma anche flessibilità dimensionali e
morfologiche per la messa in opera quindi si devono considerare degli aspetti legati
alla geometria e alle dimensioni, alla tipologia dei giunti e alla qualità dei componenti.
Si sottolinea come il giunto sia l’entità spaziale, ovvero il luogo dove si incontrano due o
più prodotti edilizi, il dispositivo di giunto è l’entità fisica per mezzo della quale può
avvenire questa unione (possiamo avere il giunto senza dispositivo, semplice appoggio). Si
distinguono giunti umidi (malte) e sistemi di giunzione a secco (chiodi, viti o bulloni),
solitamente più complessi.
L’evoluzione del processo produttivo, come detto, non riguarda solo il prodotto finale; da
un lato abbiamo sicuramente una qualità più affidabile e controllata, costante e
garantita. La produzione in serie icastica è basata su una efficacia rappresentativa,
tradotta in termini di serialità di prodotti morfologicamente e dimensionalmente uguali
con le stesse prestazioni. La produzione in serie analogica è simile ma permette una
maggior varietà di prodotti modificando un po’ le caratteristiche prestazionali,
dimensionali o morfologiche (es. gamma di piastrelle): in questo modo si garantisce
maggior flessibilità e versatilità a seconda delle esigenze di collocazione. A riguardo si
sottolinea la tendenza verso una produzione discontinua o direttamente su commessa: la
personalizzazione in funzione delle proprie esigenze costruttive rende sicuramente più
flessibile e funzionale l’intero processo produttivo; si sottolinea come non tutti i prodotti
possono essere prodotti secondo questo modello (es. blocchi di laterizio).
La nuova rivoluzione in termini produttivi riguarda l’informatizzazione del processo: il
risultato più evidente è sicuramente l’automazione, ovvero tecnologie in grado di gestire
autonomamente le macchine ed il processo riducendo la necessità di intervento umano.
Attualmente si stanno sempre più sviluppando i cyborg, l’unione tra elementi artificiali e
organismo biologico in grado di sostituire la manodopera umana: in realtà questi non
sono né totalmente organici né totalmente meccanici, ma degli esseri umani potenziati
con un cervello elettronico.
Un sistema di produzione flessibile (FMS) è in grado di realizzare con l’automazione un
processo di produzione di prodotti differenti: un computer centrale coordina tutte le
operazioni, il resto sono macchine, collegamento ai magazzini, sistema di sostituzione
degli utensili necessari, con controllo di produzione integrato da un sistema automatico di
controllo e gestione. Il FMS è parte del CIM (computer integrated manufactoring), ovvero
il sistemi di produzione automatizzato, dalla progettazione alla produzione.
In particolare si richiamano gli importanti strumenti di ingegnerizzazione, quindi
progettazione ed analisi (CAE – computer aided engineering) quali CAD (computer
aided design), utili alla modellazione, simulazione e calcolo; affiancato troviamo il sistema
di produzione vero e proprio, ovvero l’FMS: all’interno si possono identificare le tecnologie
del CAM (computer aided manufacturing) e i software di gestione della produzione.
Il grado di meccanizzazione del cantiere varia in funzione della natura delle lavorazioni,
dal contesto e dalle esigenze operative; per quanto riguarda l’automazione nel campo
dell’edilizia è necessario approfondire l’ambito della costruzione integrata (CIC –
computer integrated construction), ovvero il trasferimento del CIM in cantiere. Questi
strumenti sono volti ad incrementare il livello di progettazione, ottimizzando la gestione
delle informazioni, delle risorse ed il coordinamento massimizzazione del grado di
meccanizzazione (umani praticamente assenti, per lo più gestiscono il sistema di controllo
centrale):
• Integrazione della progettazione e della programmazione, quindi i 3 diversi livelli di
progettazione, stima dei costi e programmazione dei lavori;;
• Automazione della produzione dei componenti edilizi, che può avvenire a piè d’opera
oppure in stabilimento, magari con un processo automatizzato CIM.
• Automazione del cantiere, è indicata per specifiche tipologie e tecnologie costruttive,
in particolare edifici multipiano, soprattutto di forma regolare ed in acciaio.
L’automazione può essere completa o parziale, ovvero con specifiche mansioni (robot
muratori, intonacatori, saldatori). Per quanto riguarda il sistema automatizzato questo si
occupa del trasporto delle varie componenti dallo stabilimento di prefabbricazione a piè
d’opera, dello stoccaggio, del trasporto interno al cantiere, posizionamento, posa in
opera, assemblaggio e montaggio.
Se fino ad ora avevamo più stabilimenti in cui si assemblavano i vari componenti ora
abbiamo a che fare con un sistema integrato unitario completo, formato da più sistemi
tecnologici, in grado di gestire la progettazione, la programmazione ed il management di
un intervento edilizio. Come detto l’unica presenza umana è in posizione di controllo e
supervisione; a riguardo si evidenziano i sistemi SMART. Tutti questi sistemi prevedono delle
tecnologie costruttive e dei particolari appositamente studiati per facilitarne
l’assemblaggio in opera; il tutto è composto da una piattaforma operativa, delle torri di
sollevamento dotate di martinetti idraulici (simile ad un carroponte) e gru, copertura ed
involucro per proteggere il luogo di lavoro. La fondazione è necessariamente da
realizzare con manodopera umana; si evidenzia come la procedura prevede prima il
montaggio del sistema automatizzato, poi l’involucro esterno (non facciata dell’edificio
ma protezione del sistema) e solo successivamente elevazione-solette-chiusure-partizioni.
Il fulcro fondamentale di un complesso così elaborato è sicuramente il sistema integrato di
gestione delle informazioni, che vengono monitorate in tempo reale in relazione ad ogni
tipo di operazione in corso.
Il sistema ABCS è simile, si differenzia per una gestione di tipo visiva resa possibile da una
serie di telecamere installate in cantiere.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale ha reso possibile l’introduzione di umanoidi, sempre più
simili all’essere umano, in grado di eseguire le mansioni più faticose con estrema facilità,
come gli esoscheletri (sono in grado di incrementare la capacità dell’operatore di 20
volte).
BIM = building information modeling = sviluppo ed analisi di modelli virtuali
multidimensionali digitali consente di avere una progettazione e programmazione
complessiva a partire da sistemi disaggregati come ad esempio delle stratigrafie.
Just in time = approccio filosofico di produzione in cui gli slittamenti sono tutti nulli,
pertanto ogni passaggio segue quello precedente, senza perdite di tempo.
Robot = automa meccanico comandato da un cervello elettronico.
Capitolo 8 – Coordinazione Dimensionale:
La coordinazione dimensionale è una branchia della geometria atta ad istituire una
correlazione tra le forme in modo da limitare gli interventi di adattamento e tagli in
cantiere. Perché questo sia possibile è necessario possedere un sistema di tolleranze
dimensionali e un modello di giustapposizione (affiancamento, accostamento,
combinazione) che sia in grado di assecondare le necessità tecnologiche di
quell’elemento considerato.
Lo spazio generale di coordinazione è composto dallo spazio teorico dell’elemento
costruttivo più quello destinato ad assorbire la variabilità dimensionale di questo stesso,
quello necessario a consentire i giochi funzionali per il montaggio e i giunti funzionali per la
connessione con altri elementi contigui. Tali grandezze si ritengono indipendenti, le varie
tolleranze relative alla dimensione dell’elemento (quindi di fabbricazione), di messa in
opera e inerente (effetti differenziali dell’elemento) sono soggetti a variabilità, quindi
dipendenti, dovuta alla qualità operativa.
A riguardo si può classificare il prodotto secondo una scala gerarchica, materiali
(dimensionalmente indefiniti, mattoni), semilavorati (cartongesso) ed elementi semplici
(serramenti). Il giunto è il luogo in cui due prodotti edilizi si incontrano; la modalità di
connessione può avvenire con o senza dispositivo di giunto.
Le incertezze dimensionali si suddividono in errori di fabbricazione ed errori di posa in
opera:
• L’errore può svilupparsi linearmente lungo un lato dell’elemento, in corrispondenza di un
angolo, presentare errori di planarità, svergolamento e parallelismi.
• La posa in opera si concentra su aspetti operativi come il tracciamento (posizione ed
orientamento) o di posizionamento dell’elemento (orientamento, verticalità/orizzontalità).
Negli anni 60 è stato fondato il gruppo internazionale per la modularità con cui è stato
possibile definire il modulo di base pari a 10 cm. La coordinazione dimensionale modulare,
quindi, permette di produrre componenti secondo una gamma dimensionale ridotta; si
considerino delle grandezze ottenibili mediante il modulo M stesso, quindi ¼ M, ½ M, 3M,
6M, 12M. Il sistema di dimensioni di coordinazione è strutturato secondo entità
dimensionali il cui valore è multiplo di una delle grandezze riportate precedentemente
(grandezze modulari).
Spazio generale di coordinazione: spazio teorico dell’oggetto + variabilità dimensionale +
giunti funzionali + giochi funzionali.
Spazio di coordinazione: è lo stesso concetto ma è inteso come il parallelepipedo che
circoscrive completamente l’oggetto coprendone l’intero ingombro. Ques’entità ha
sicuramente più vincoli in quanto è necessario gestire più spazio per giustapporre 2
elementi.
Variabili indipendenti: dimensione di coordinazione (dell’oggetto) D , gioco funzionale g
C
e giunto funzionale g .
F
Variabili dipendenti: tolleranza di fabbricazione t , tolleranza di tracciamento t , tolleranza
F T
di posizionamento t , tolleranza di verticalità t , tolleranza di orizzontalità t , tolleranza
P V O
inerente t , dimensiona di fabbricazione D .
i f
In riferimento ai punti fissi, ovvero le strutture, possiamo adottare un modello di inserimento
degli elementi in luce. In particolare è possibile evidenziare diversi piani XY:
• Piani assiali verticali (asse dell’elemento considerato);
• Piano di coordinazione verticale (limite geometrico ultimo dell’elemento);
• Piani limite verticali (ultimo piano di coordinazione, quello più estremo di tutto l’edificio o
parete).
Quindi in generale si può considerare un modello strutturato secondo delle relazioni
dimensionali tra piani di coordinazione o tra interassi. Di seguito un esempio:
La parete inserita è completamente compresa nei piani di coordinazione dei pilastri; la
parete semi-inserita è parzialmente compresa. La parete a cortina è posizionata
all’esterno dei pilastri (passo strutturale = interasse diverso da luce modulare).
Il modello di giustapposizione inteso in senso verticale, invece, abbiamo 2 varianti, con
piani limite riferiti all’intradosso, per governare le finiture interne superiori (soffitti) o
all’estradosso, per governare le finiture interne inferiori (piastrelle). Tutte le misure H (altezza
misurata a partire da vari piani) devono essere modulari, le h (altezze dei vari pacchetti,
soletta e 2 finiture) devono essere multipli di ½ o ¼ di M.
La qualità, in generale, è il rapporto tra la prestazione offerta e quella attesa; in termini
dimensionali ogni elemento può essere classificato come non additivo, se funzionalmente
indivisibile, o additivo (combino più elementi per la stessa funzionalità). L’obiettivo, quindi,
è giustapporre più elementi di una dimensione di coordinazione definita generando una
dimensione critica complessiva più contenuta possibile.
Combinando 2 o più numeri (di cui almeno 2 primi tra loro) il numero critico è quello a
partire dal quale sono ottenibili tutti i numeri interi fino all’infinito mediante una
combinazione dei primi numeri la dimensione critica si ottiene per moltiplicazione del
numero critico per un fattore dimensionale δ pari a ¼ M, ½ M, M, 3M, 6M, 12M, a seconda
della flessibilità dimensionale che voglio avere.
N = (a-1)(b-1) se 2 numeri primi tra loro
C
S = N /2 – 1 al di sotto di N ci sono S numeri interi esprimibili come
CR C C CR
combinazione lineare di a e b.
D = δa D = δb Quindi da D tutte le dimensioni successive con scatti pari a δ si
a b cr
ottengono per combinazione dei termini D e D .
a b
N = P /2 se P è pari (P più piccolo dei 3 numeri consecutivi) oppure = P(P-1)/2 se P è
2
C
dispari.
Se i numeri non sono consecutivi non esiste un algoritmo matematico; per tale ragione si
utilizza l’abaco di Dunstone (2 dei 3 numeri devono essere primi tra loro): prendere i 2
numeri primi fra loro, il 3° numero è la casella, il numero critico è quello contenuto
all’interno di quella casella; se non vi è nulla all’interno di quella casella significa che
anche aggiungendo un terzo numero non è possibile ridurre il numero critico ottenuto con
i soli 2 numeri primi considerati.
In generale si può notare come a parità di numero critico si predilige il minor numero
possibile di elementi (tanto più è alto il 3° numero) in modo da minimizzare il numero di
giunti.
Per 4 numeri è necessario applicare il metodo MACC: prendendo una semiretta A
graduata con tutti i numeri interi, se ne prende un’altra (B) in cui si segnano i 4 numeri,
faccio coincidere lo 0 della B con il primo numero della A segnando tutti i numeri
coincidenti con i 4 numeri della B. Iterando questo procedimento per i 4 numeri desiderati
il solo numero non segnato corrisponde al numero critico.
Considerando un esempio progettuale si tenga presente: la stanza deve avere 51 mq di
superficie, la conformazione geometrica è accettabile se uno dei lati ha lunghezza
compresa tra 5,4 e 9,6 m; le spallette delle porte possono essere da 15 cm o da 60 cm, le
porte da 1,2 m. Si richiede di definire δ, 3 dimensioni preferenziali di coordinazione e la
dimensione critica. Le due soluzioni possibili sono con la porta sul lato lungo o sul lato
corto, a sua volta possiamo distinguere le due varianti di spallette valutate.
DESCRIZIONE APPUNTO
Appunti di Ergotecnica edile 2 per l'esame del docente Gottfried. Il corso di ergotecnica edile 2 è quasi sempre uno scoglio durissimo da affrontare con successo: questo documento contiene gli appunti di tutte le lezioni del corso ed il contenuto del testo universitario di riferimento. Si sottolinea come le sole conoscenze relative al testo non risultino sufficienti per superare in modo positivo l'esame, quindi questo PDF si pone nelle condizioni per ovviare a tale preparazione in quanto contiene tutto il necessario per conseguire un ottimo risultato.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher orla91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ergotecnica Edile 2 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano - Polimi o del prof Gottfried Arie.
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