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Guido delle Colonne (1210-1287): giudice messinese, citato con lode nel De Vulgari eloquentia per

la sue alta perizia retorica.

Stefano Pronotaro (?-?): buon verseggiatore di qualità vicina a Guido delle Colonne.

Giacomino Pugliese (?-?): autore biograficamente sconosciuto che documenta l’apparato

semipopolare dei Siciliani.

I siculo-toscani

Guittone d’Arezzo (1234-1294): figura chiave, si caratterizza per la scrittura colta e artificiosa,

spingendosi a volte in eccessi verbalistici di difficile comprensione.

Bonagiunta Orbicciani (1220-1290): non un massiccio guittoniano, più vicino ai Siciliani è il

miglior ponte fra questi e gli Stilnovisti; interprete del sonetto canzone.

Chiaro Davanzati (1250-1303): scrittore fecondo, ma la cui opera non ebbe fortuna duratura; le sue

innovazioni non ebbero seguito.

Poesia comica toscana

Cecco Angiolieri (1260-1312): stile comico nella cornice di una precisa tradizione retorica; essendo

stato l’iniziatore di una maniera non è facile discernere ciò che direttamente gli appartiene e ciò che

è di scuola.

Folgore da San Gimignano (1270-1332): celebri i suoi sonetti sui piaceri augurabili per i mesi

dell’anno e per i giorni della settimana: si descrive l’ideale della società cavalleresca.

Prosa dell’Italia settentrionale

Giacomino da Verona (?-?): biografia sconosciuta; le sue opere sono una rappresentazione

popolaresca delle due città escatologiche: è genere divulgativo, di gusto francescano, come appare

chiaro anche dalla tecnica adottata.

Bonvesin da la Riva (1240-1315): milanese, è il più solido e fecondo scrittore settentrionale; la sua

opera di poeta moralista e narrativo in lingua volgare è indirizzata ad una borghesia morigerata ma

non priva di umorismo; parecchie opere sono in forma di disputationes dialogiche, altre sono

strettamente precettistiche.

Il Dolce Stilnovo

Guido Guinizzelli (1230-1276): deferente verso Guittone, eppure diventato l’inventore e padre dello

Stilnovo; è più interessato ad inserire nuovi concetti filosofici piuttosto che concentrarsi sulla

formalità della sua poesia.

Guido Cavalcanti (1255-1300): amico giovanile di Dante; poesia in cui l’accento è posto

particolarmente sulla componente materialistica dell’amore, riconosciuto come bisogno fisico e

causa di grande dolore; letteralmente Cavalcanti è sopraffatto dall’amore.

Cino da Pistoia (1270-1336): giurista e guelfo, fu un pregevole dilettante di poesia, vicino al Dante

della Vita Nova; il suo melodismo tipicamente dantesco-cavalcantiano unito a preziosità tardo

guittoniane, fa di lui un tramite storicamente rilevantissimo fra i duecentisti fiorentini e Petrarca.

Poesia sacra

Jacopone da Todi (1236-1306): laude in forma di ballate, ma a sfondo lirico; entrò a far parte dei

francescani. La teologia a cui si rifà a negativa, e al tema dell’amore divino, nel suo laudario si

contrappone la considerazione satirica della realtà, di cui è denunciata l’amoralità. Il suo linguaggio

è vicino a quello dei poveri, con esiti a volte grotteschi.

Prosa duecentesca

Brunetto Latini (1220-1294): notaio, ebbe importanti funzioni pubbliche; fu maestro di Dante non

per attività didattica ma per libera consuetudine di conversazioni. Estese a Firenze le tecnica

epistolografica alla cancelleria della città e Cicerone a modello, volgarizzandone alcune orazioni e

divulgandone gli scritti teorici sulla retorica. Il Tresor è un enciclopedia in francese delle cognizioni

necessarie all’attività civile; il Tesoretto è un poemetto didattico in distici settenari, dove si tratta do

Teologi, filosofia naturale ed etica.

Il “Novellino” (1280): termine convenzionale che designa la più importante raccolta di novelle

italiane anteriore a Boccaccio; è caratterizzata da secchezza e asciutta delineazione della prosa,

rispondendo al genere dell’exemplum edificante di carattere morale; ruolo eminente ha la virtù

dell’arguzia: le fonti sono della natura più disparata. Il Prologo si pone in parallelo con l’etica del

contemporaneo Stilnovo.

Marco Polo (1254-1324): nel Milione un referto della missione dei fratelli Polo occupa solo le

primissime pagine, mentre il resto dell’opera è ordinatamente dedicato ad una descrizione

geografico-storica dei paesi asiatici visitati dall’autore; l’opera fu redatta durante la prigionia dei

genovesi: l’originale è perduto e ci basiamo su una magistrale ricostruzione: la critica ha dimostrato

la genuinità delle informazioni raccolte.

Dante Alighieri

Dante Alighieri (1265-1321): rimatore sperimentale, dalla personalità ricchissima di stimoli

espressivi e temi mentali; iniziatore dello Stilnovo: polisemia e simbolismo. Cultura e filosofia

hanno un ruolo diverso ma fondamentale. Vita Nova: raccolta di una parte coerente delle rime

giovanili di Dante (1294 la composizione), che si attengono allo stilnovismo guinizzelliano-

cavalcantiano: il sonetto perde lo schema alterno per accettare nuove forme incorciate; il

sopraggiungere dell’autore da organicità al tutto; è un’opera di retorica cristiana. Rime: serie di

componimenti eterogenei e sperimentali. Fiore: poemetto consistente in una catena di sonetti che

riassume in linguaggio icastico, spesso molto realistico il romanzo de la Rose; ampio repertorio

dantesco di stile comico. Convivio: raccolta di alti insegnamenti sottoforma di canzoni; la sua

incompiutezza si devia nel passaggio alla Commedia, per la conoscenza del pensiero critico

dantesco; divorzio tra amore e virtù che verrà sanato solo con la Commedia. De Vulgari eloquentia:

condotto in parallelo al Convivio (quindi 1302-1305); è opera incompiuta ma fa di Dante il primo

critico e storico della nostra letteratura; la sua interruzione, come quella del Convivio, trova risposta

nell’accettazione del piano linguistico della Commedia; il problema di Dante è di promozione

aristocratica del volgare. Monarchia: trattato in tre libri (il primo dimostra la necessità di una

monarchia universale o imperiale, il secondo la sua necessaria legittimazione da parte di Roma, il

terzo la sua autonomia dalla Chiesa) di tipo dialettico didattico; la datazione è controversa e

solitamente si considera posteriore al quarto libro del Convivio; la sua idea non è utopia poiché è

retrospettivamente storica, interpretando la romanità entro un’universale filosofia della storia.

Rime trecentesche minori

Cecco d’Ascoli (1269-1324): astrologo Francesco Straboli, condannato per eresia e arso vivo. Ebbe

fortuna più di tutte le sue opere il poemetto volgare L’Acerba, che emana un certo fascino per la sua

petrosità forse preterintenzionale: è per qualche aspetto un anti-Commedia.

Sennuccio del Bene (1275-1349): ebbe forse con Dante rapporti personali come pure con Petrarca.

Cronisti del Due e Trecento

Dino Compagni (1255-1324): vicino all’idea politica di Dante e partecipe della vita politica di

Firenze, istituì il priorato; d buona cultura letteraria; la sua opera differisce da quelle simili del

tempo poiché non ha cornice universale e si può considerare un vero e proprio memoriale di uomo

politico (limiti temporali dal 1280 al 1312); è la cronaca di un vinto che trova positività nella

fiducia nella giustizia divina.

Giovanni Villani (1280-1348): guelfo nero esattamente contrapposto a Compagni: equilibrato e non

passionale; per la seconda parte della sua cronaca (da Monataperti in poi) i servì di documenti

d’archivio e testimonianze orali. Il suo modo di scrivere e indagare non perde però di vista la

cornice europea, con risalto anche a fatti di vita civile ed economica.

Cronica di Anonimo romano (?-1358): opera redatta prima in latino e poi in dialetto romanesco;

identificazione dell’Anonimo difficile: si caratterizza comunque come un’entusiasta della cultura.

Prose edificanti del Trecento

Jacopo Passavanti (1302-1357): fiorentino e domenicano, riunì nello Specchio di vera penitenza le

prediche tenute nella sua basilica, ordinandole in forma di trattato: “speculum” era una metafore

frequente usata come titolo di trattazioni enciclopediche; la sua esposizione è corredata di esempi.

Fioretti di San Francesco (stampati nel 1476): eccellente e raro modello di una parità inimitabile e

grazia di stile; “fiore” nel Medioevo designava raccolte di aneddoti e sentenze; sono un’esaltazione

della virtù della povertà non ingenua quanto si crede: le narrazioni sono molto meno storiche che

simboliche; gesto di politica ecclesiastica.

Santa Caterina da Siena (1347-1380): esempio di carità e ascesi; tipica della sua prassi è

l’estensione del rapporto caritativo dai singoli all’insieme della cristianità.

Francesco Petrarca

Francesco Petrarca (1304-1374): aretino, si muove molto e ad Avignone entra al servizio dei

Colonna; nel 1337 comincia il suo eremitaggio a Valchiusa dove inizia l’Africa e il De viris

illustribus; nel 1340 poeta laureato; abbondano suoi scritti autografi; a differenza di Dante la sua

poesia non conosce virtualità teologica e trova il suo fine in un’analisi concomitante con la verbalità

più scelta e la metodicità più insinuante; il suo Umanesimo fu unicamente latino: volgare e latino

erano per lui entrambe cose italiane, ma su piani diversi; suoi modelli a seconda delle opera sono

Virgilio, Cicerone e Seneca; fu artefice di una sintesi classico-cristiana (più classica, a parte che nel

Canzoniere, eminentemente cristiano). Rerum vulgarium fragmenta: è il canzoniere petrarchesco.

Trionfi: opera il cui arco di stesura va dal 1356 al 1374, senza mai giungere ad uno stadio

definitivo. Epistolae metricae: opera uscita postuma, si accosta allo spirito di meditazione e analisi

cristiana (agostiniana), salvo la placcatura di preziosità che caratterizza l’acerbo umanesimo latino.

Africa: altra opera che non ebbe compimento; è un poema epico del genere dell’Eneide in nove libri

consacrati al trionfo della civiltà romana su Cartagine (fonte principale è Livio, ma ispirazione per i

primi due libri al ciceroniano Somnum Scipionis). Secretum: l’occasione è la crisi per la

monacazione del fratello e poi la morte di Roberto d’Angiò: opera sviluppata come colloquio con

sant’Agostino al modo ciceroniano, in cui Agostino mette a nudo i vizi del poeta; l’analisi

dell’animo è però più senchiana che agostiniana: non vi è segno del soprannaturale e del

cristianesimo. Salmi penitenziali: allegati ad un lettera scritta ad un cavaliere: la confessione

petrarchesca si avvicina ai cantici davidici e ne assume anche l’aroma d

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola_fr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana del Rinascimento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Frasso Giuseppe.