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1. FRA LE ARMI E GLI AMORI: LA NOVELLA NEL POEMA.
Nei primi decenni del Cinquecento, il poema cavalleresco accoglie narrazioni classificabili a tutti gli
effetti come novelle. La tendenza a inserire nell’ordito del poema digressioni narrative non
immediatamente pertinenti alla vicenda principale è inaugurata sul finire del XV secolo da Matteo
Maria Boiardo con “l Orlando innamorato”. La novità del poema Boiardesco è di tipo strutturale:
adotta un intreccio più complesso tra le vicende, con situazioni a incastro. La novità introdotta da
Boiardo è ripresa dal suo più noto continuatore, Ludovico Ariosto (1474-1553).
L’innesto della novella nel poema si inscrive nella tecnica definita entrelacement: le diverse
vicende si intrecciano, il narratore sospende il racconto di una storia, spesso nel momento più
importante di essa, e riprende un racconto lasciato interrotto prima o ne inizia uno nuovo. Infine,
però, tutti i fili intrecciati si sciolgono, con la soluzione di tutte le vicende. Mentre l’eroe procede
sulla via dell’avventura, possono capitargli nuove prove da risolvere e, solo dopo averle superate,
egli torna alla meta verso la quale si era inizialmente mosso. In una trama così articolata si
innestano vere e proprie novelle, che si distinguono dagli altri racconti per diversi aspetti. Si
possono qualificare come novelle le digressioni assegnate a una voce diversa da quella del
narratore del resto della storia. Muta dunque il grado della narrazione, sempre superiore al primo;
può capitare persino che il narratore di secondo grado riferisca il racconto di un terzo narratore.
L’espediente della moltepilicità dei gradi di narrazione riproduce la genesi orale caratterisica della
novella. Come nel Decameron, le novelle sono raccontate oralmente: il libro mette in scena
qualcuno che narra una storia a qualcun altro per intrattenerlo.
Un altro tratto distintivo della novella è la sua autonomia della vicenda centrale. La narrazione non
contribuisce, infatti, alla progressione della storia. Si può parlare di un momento sciolto dalla
trama, di una digressione narrativa dotata di un’autonomia: ha infatti un inizio e una fine racchiusi
entro un numero limitato di versi contigui.
La presenza di novelle in un0opera così importante della letteratura cinquecentesca, qual è l
Orlando Furioso, è il segnale del rigoglio del genere. la prima edizione dell’Orlando Furioso esce a
Ferrara nel 1516; nel 1521 è pubblicata la seconda, ma il testo attuale, in quarantasei canti è
linguisticamente modellato sulle indicazioni di Pietro Bembo (nelle Prose della volgar lingua), risale
alla terza edizione, del 1532. L’ Orlando furioso ottiene subito un enorme successo. Nelle stampe
cinquecentesche si afferma l’uso di pubblicare il poema con un ampio corredo di indici, nei quali è
presente anche la novella. Questa soluzione redazionale offre un palese riconoscimento della
penetrazione della novella all’interni del poema.
Orlando Furioso si Ludovico Ariosto
Il canto XXVIII è per buona parte occupato da una novella. Radomonte, cavaliere moro, in collera
contro le donne perché l’amata Doralice gli ha preferito Mandricardo, capita in una taverna e qui
ascolta oste intenzionato a dimostrare l’universale infedeltà delle donne. Il cavaliere alloro reclama
che gli sia narrata la novella che prova la verità sostenuta dall’oste. A questo punto il narratore
principale si incarica di ribadire l’indole novellistica dei versi che seguono, alludendo all’opera di
Boccaccio, ma lo da in maniera antifrastica; la narrazione non è dedicata alle donne, bensì al
contrario le donne sono invitate a trascurarne la lettura. La moltiplicazione dei narratori permette
una pluralità di giudizi sulla questione di ordine morale e sociale della fedeltà delle donne. Sulla
questione, in questo passo del poema si pronunciano, oltre ai personaggi della novella,
Radomonte, gli avventori della taverna, l’oste e il narratore principale. Si produce in questo modo
una conversazione a più voci. La novella si articola in tre momenti diversi, tutti incentrati sul motivo
dell’infedeltà delle donne. Si riporta qui la prima parte della novella:
LA NOVELLA DI IOCONDO
L'oste che ospita Rodomonte racconta una storia che gli era stata riferita da un viaggiatore per
convincerlo di quanto siano rare le donne fedeli.
Astolfo, re dei Longobardi, era in gioventù molto bello. La sua bellezza veniva sempre molto lodata
dagli altri, ma ancor di più era lo stesso Astolfo a lodarsi ed a credere di non poter avere eguali. Un
giorno il cavaliere romano Fausto disse al re che l'unico che poteva competere con lui in bellezza,
se non addirittura batterlo, era suo fratello Giocondo.
Astolfo, incredulo, convinse il cavaliere a fare di tutto per condurre Giocondo presso la sua corte,
così da poterlo conoscere. La più grande difficoltà che Fausto disse al re di dover superare, era lo
smisurato amore tra il fratello e la sua moglie, che li faceva stare sempre insieme.
Il cavaliere riuscì a convincere la moglie di Giocondo a fare andare il marito a Pavia dal re
Longobardo. Le notte ed i giorni prima della partenza la donna si mostrò disperata, diceva di non
riuscire a vivere senza di lui neanche per un giorno, e non riusciva più a mangiare né a dormire. Il
giorno prima di salutarsi la donna regalò anche al marito un sua collanina, pregandolo di portarla
sempre con sé come suo ricordo.
Iniziato da poco il viaggio verso Pavia, Giocondo si rese però conto di aver dimenticato sotto il
cuscino il dono della moglie e decise quindi di ritornare a Roma a riprenderlo. Trovò così la moglie
a letto addormentata tra le braccia di un loro garzone. Inizialmente il giovane pensò di ucciderli
entrambi, ma poi, tanto era l'amore per la donna, non poté fare altro che riprendere la collanina in
silenzio, senza svegliarli, e ripartire.
Da quel momento Giocondo non riuscì più a dormire, né a mangiare ed iniziò anche ad ammalarsi,
tanto che la sua bellezza, quando giunsero finalmente a Pavia, era ormai svanita. Il re Astolfo fece
di tutto per fare riprendere il giovane, ma senza successo.
Un giorno però, guardando attraverso un fessura nel muro della sua stanza, Giocondo vide la
moglie del re sottomessa ai piaceri di un orribile nano, e assistette allo spettacolo per tutti i giorni
successivi. Iniziò infine a vedere sotto un altro punto di vista il proprio male (l'infedeltà era propria
delle donne, non era quindi il solo a subirla ed almeno la sua donna non era andata a letto con un
mostro), ricominciò a mangiare, a dormire e si riprese indietro tutta la propria bellezza.
2. STORIE PER INSEGNARE: LA NOVELLA NEL TRATTATO
I fertili rapporti che intercorrono fra la novella e trattato rinascimentale si possono misurare nel più
ntevole prodotto della trattatistica cinquecentesca: il Cortegiano di Baldassar Castiglione. Il trattato
accoglie digressioni narrative, più o meno ampie. Verò è che la novella nel trattato deve essere
limitata dal principio di giusta misura, che nel Cortegiano è spesso ribadito. L’articolazione in forma
di dialogo impedisce agli spunti narrativi di estendersi troppo. Quanto sia vincolante il criterio della
giusta misura è dimostrato da Pietri Aretini. La protagonista del suo dialogo indugia in racconti
troppo più lunghi di quanto le esigenze dell argomentazione richiederebbero. Sia il trattato
irregolare di Aretino, sia il Cortegiano ammettono al loro interni delle novelle. Si trovano qui alcuni
racconti meglio riusciti dei primi decenni del secolo. Castiglione ambienta il suo dialogo nel 1507
alla corte di Urbino. Gli ospiti della duchessa Elisabetta scelgono di intrattenersi conversando sulla
caratteristiche e le qualità del perfetto cortigiano. Fra esse non può mancare la capacità di
conversazione in pubblico: i presenti ne discutono diffusamente e infine il Bibbiena (letterato e
diplomatico di grande fama) nel secondo libro compila un’arte della facezia (la storiella divertente)
che piega alle necessità contemporanee le indicazioni di Cicerone. La facezia è il tipo di racconto
più adatto allo spazio di corte, è una forma narrativa che può essere classificata come novella. Il
legame con il genere novellistico si rivela, poi, più chiaramente nella presenza di vari racconti
all’interno del trattato. La prima edizione del Cortegiano esce a Venezia nel 1528; la redazione del
testo è stratificata: la prima stesura risale al 1516, ma Castiglione rimette mano al trattato già due
anni dopo, e lo riprende una terza volta tra il 1521 e il 1524.
IL LIBRO DEL CORTEGIANO DI BALDASSAR CASTIGLIONE
La novella forse più nota nel Cortegiano è il racconto el suicidio di una giovinetta vittima di
violenza. La vicenda è riscritta da Bandello, il quale assegna un nome alla protagonista e, da ciò,
origina il titolo di Giulia da Gazzuolo con cui la storia è divenuta celebre; gazzuolo è il paese sul
fiume Oglio, nel quale la protagonista si getta. La fanciulla protagonista si pone come una nuova
lucrezia, la matrona romana di cui parla Livio, suicida per conservare l’onore. Il presente ha
dunque esempi di virtù altrettanto validi che il passato. La fanciulla infatti, dopo essere stata con la
sorella a raccogliere il grano nei campi, vinta dalla sete entra in una casa per bere. Il padrone,
vedendola così bella e sola, abusa di lei. Essa scappa piangendo nei campi, dove dice tutto alla
sorella. Camminando verso casa, allontanatasi di poco dalla sorella, si getta dentro il fiume Oglio.
LA NOVELLA NEI DIALOGHI DI PETRO ARETINO.
Pietro Aretino è un uomo simbolo di una categoria di letterati-illetterati, sensibili interpreti e piloti
dei gusti del pubblico, che si muovono con facilità nel mondo della nascente editoria e con facile
penna attraversano i generi. Dallo scrittoio di Aretino scono patetiche agiografie e sonetti
lussuriosi: opere diverse per genere, stile e argomento, fra le quali, tuttavia, non si registra nessun
novelliere. Aretino mette in atto strategie letterarie consapevoli e nei suoi libri riflette spesso sul
suo modo ci confrontarsi con la tradizione colta. Il risultato di queste cosniderazioni è sempre il
rifiuto dei classicismi paludati e delle disquisizioni accademiche. Ma come sempre il rovesciamento
dei modelli presuppone i modelli stessi. Così, anche al livello della scelta dei generi, Aretino
implicitamente risponde alla tradizione letteraria, con una parodia delle soluzioni acquisite. La
narrazione breve si sviluppa in digressoni all’interno di altri generi letterari. La novella si affaccia
dunque nella letteratura aretiniana sotto forma di narrazione inclus