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SECONDA NOVELLA
Un palafreniere del re Agilulfo, umile di condizione ma bello nella persona, si innamorò
perdutamente di Teodolinda e non avendo alcuna possibilità di conquistarla, si affidò alla sua
astuzia. Spiò il re per molte notti e vide che andava dalla regina con un mantello nero e una torcia
sempre alla stessa ora. una notte si vestì come il re, un po’ prima del previsto si recò nella sua
camera ed ebbe un rapporto con lei. Quando si presentò il re, la regina chiese perché fosse ritornato
dopo così poco tempo; egli capì il tradimento e pensò che un modo per scoprire il colpevole era
quello di testare chi tra i servi avesse ancora il cuore palpitante. Recatosi nel dormitorio e
individuato colui al quale batteva il cuore più forte, gli tagliò una ciocca di capelli per riconoscerlo
il giorno dopo. Sparito il re, il servo tagliò i capelli a tutti i suoi compagni e così non fu mai
scoperto . Il re tenne un discorso dinanzi a tutti i servi, ma nessuno poteva comprendere ciò che
stesse dicendo se non il diretto interessato, infine apprezzò l’astuzia e l’ingegno del servo in
questione e ordinò che nessuno facesse più tale oltraggio alla sua persona.
TERZA NOVELLA
Una donna si era innamorata di un giovane assai di bell’aspetto, il quale era in buoni rapporti con
un frate.. Un giorno la donna decide di recarsi dal frate per confessarsi e gli dice che questo suo
amico la importunava sebbene ella fosse già maritata; L’andirivieni della donna e del giovane dal
parroco è continuo. La donna sembrava confessare al prete le mosse che il giovane avrebbe dovuto
compiere, fino al soddisfacimento del loro desiderio. Il frate riprese più volte il suo amico, il quale
si mostrava totalmente estraneo ai fatti. Ciò nonostante si reca dalla donna per scusarsi con lei e
questa tenta di sedurlo, sebbene i suoi “rifiuti”. Una volta tornato a casa, la donna si reca
nuovamente dal frate, riportandogli che quel suo amico le aveva fatto delle proposte indecenti. Il
prete richiama nuovamente l’amico che questa volta capisce che la donna si serviva del frate per
invitarlo; coglie dunque la pala al balzo e va quella notte stessa da lei. Il fatto si ripetè moltissime
altre volte senza più l’aiuto del frate.
QUARTA NOVELLA.
C’era una volta un uomo il nome Puccio di Rinieri, assai devoto al Signore terziario dell’ordine
francescano. Un giorno conosce un monaco di nome Don Felice che iniziò a frequenta la sua casa e
si invaghisce della moglie Isabetta. Essendo assai devoto, chiese allora a Don Felice se poteva
indicargli una penitenza che facevano anche il papa e i prelati per raggiungere il Paradiso più
velocemente. Essa consisteva nello stare in preghiera tutta la notte in una stessa stanza della casa da
dove si vedesse il cielo, sdraiato per terra e con le mani a guisa di crocifisso. Si trattava ovviamente
di un escamotage per distrarlo durante l’atto sessuale. Egli accettò e tutte le sere successive Don
Felice lo invitò a eseguire la penitenza; nel frattempo in un’altra stanza, egli poteva tranquillamente
giacere con sua moglie per tutta la notte. Sentendo dei frastuoni, Puccio chiese alla moglie perché si
dimenasse e se fosse in quello stato per la fame. Ella gli rispose che tutto andava bene e dunque non
doveva preoccuparsi per lei. Intanto si sollazzava con il monaco.
QUINTA NOVELLA.
Francesco Vergellesi era un cavaliere ricco ma molto avaro e aveva bisogno di un cavallo per partire
alla volta di Milano, così andò da un giovane ricco, chiamato il Zima, che ne possedeva uno e che
era follemente innamorato di sua moglie. Quest’ultimo acconsentì a donarglielo in cambio di una
chiacchierata con la moglie, e il cavaliere stupito che non gli avesse chiesto soldi accettò senza
battere ciglio. La moglie che in un primo momento titubava, acconsentì alla richiesta del marito. La
donna dopo aver sentito le belle lodi che il Zima aveva tessuto nei suoi riguardi, si convinse ad
accettare le sue advances e gli disse che anche ella era molto presa da lui Il giovane manifestò alla
donna tutto il suo amore e le disse che comprendeva la sua situazione e che, se avesse voluto, in
assenza del marito, avrebbe potuto stendere due asciugamani alla finestra e lui vedendoli sarebbe
accorso subito. Così durante l’assenza del marito, afflitta dall’ide di una vecchiaia triste e di una
giovinezza poco vissuta, la donna cadde in tentazione e stese gli asciugamani alla finestra.
NOVELLA SEI.
Il protagonista di questa novella è Ricciardo Minutolo, innamorato di una donna assai gelosa, di
nome Catella, moglie di un tale Filippello di Napoli. Si diceva che fosse la più bella di Napoli, ma
essendo sposata, era assai fedele al marito, ma soprattutto estremamente gelosa di quest’ultimo.
Volendola ottenere a tutti i costi, Ricciardo escogita una trappola ; la convoca e le dice che il marito
aveva una relazione con sua moglie e inventa anche che si sarebbero dovuti vedere in un bagno il
giorno dopo. Per questa ragione le rivela il luogo dell’appuntamento segreto e la invita a recarsi lì
per cogliere il marito in flagrante. Catella “abboccò” e anche lo stesso Ricciardo andò nel bagno
prestabilito, vi era qui una camera scurissima con un letto; si mise a letto e quando venne Catella
goderono molto insieme; Ad un tratto Catella cominciò a rimproverare Ricciardo credendolo il
marito e dicendo che ella stessa non era la moglie di quest’ultimo, dunque doveva vergognarsi per
averla tradita. Ricciardo intanto la stringeva forte e la baciava, ma questa continuava a ripetergli che
era inutile cercare di tenerla a bada con le carezze. In seguito le spiegò che era tutta una
messinscena, che era in quel letto con Ricciardo e non con suo marito. Catella dapprima scoppiò in
lacrime,ma comprendendo che aveva fatto tutto per amore suo, lo amò e si divertirono altre notti
insieme.
SETTIMA NOVELLA
Questa novella è ambientata a Firenze, dove un giovane di nome Tedaldo amava Monna
Ermellina,che ricambiava questo amore ma era sposata. D’improvviso, mossa da un frate, ella non
ne volle più sapere nulla di lui e della loro relazione. Mosso dalla disperazione, Tedaldo decise di
andar via e di fuggire ad Ancona al servizio di un signore. Nonostante fosse lontano dall’amata,
erano numerose le cose che gliela facevano ricordare. Il fatto più “grave” accadde quando a Cipri
udì una canzone che tempo addietro aveva dedicato alla sua amata, dunque tornò a Firenze. Intanto
in città si era sparsa la voce della sua morte, ovviamente infondata. Si trattava però di Faziuolo, un
uomo che assai gli somigliava; Tedaldo, di pronto ingegno, si travestì da pellegrino e si introdusse
presso la casa della sua amata, dove la porta era aperta e la donna sedeva in un mare di lacrime. In
seguito si fece confessare i suoi peccati e soprattutto perché aveva costretto all’esilio Tedaldo;
questa gli disse che era colpa di un frate che le aveva detto di non tradire il marito poiché aavrebbe
bruciato eternamente all’inferno. Tebaldo ebbe però la risposta pronta, dicendo che da frate quale
era, ben conosceva la gravità dei vari peccati e che dunque era molto più grave mandare in esilio
una persona che tradire. Probabilmente quello stesso frate avrebbe voluto mandar via Tedaldo per
potersi introdurre egli stesso da lei e dunque aveva costretto un uomo ad andar via senza ragione,
sebbene egli fosse assai valoroso e nobile e soprattutto senza colpa alcuna. La donna si mostrò assai
dispiaciuta ma disse che purtroppo non si poteva tornare indietro perché ormai il suo amante era
morto. Vedendola pentita, si tolse il mantello e si manifestò a lei. Essendo Aldobrandino in carcere
ingiustamente, Tedaldo lo fece liberare a patto che avesse perdonato in seguito chi lo aveva
mandato in prigione. Questi acconsentì. Tedaldo, sempre travestito da pellegrino, si recò presso un
cavaliere della signoria per far liberare Aldobrandino. Fu indetto un gran banchetto per far
riconciliare i quattro fratelli con Aldobrandino e lo stesso Tedaldo rivelò la sua identità. A. stesso
invitò la moglie ad abbracciare il “buon” Tedaldo e questa, fingendo in un primo momento
devozione verso il marito, non esitò a gettargli le braccia al collo. Tutti si divertirono molto a quella
festa e a lungo si ritenne Tedaldo quasi un uomo risorto. Avvenute tutte le riconciliazioni, i due
ritornarono amanti come una volta.
OTTAVA NOVELLA.
L’ottava novella è ambientata in Toscana. C’era una volta in un monastero vi era un abate. Questi
era innamorato oltremisura della moglie di Ferondo, che però era un uomo troppo geloso. Un
giorno la donna si lamentò con l’abate di questa eccessiva gelosia e gli confessò che era stanca di
subire le “manie” del marito. L’abate approfittò della situazione e finse di dirle un segreto
miracoloso: Per guarire dalla gelosia, il marito avrebbe dovuto purificarsi in ,purgatorio per un
determinato periodo di tempo e in seguito grazie ad alcune preghiere sarebbe ritornato in vita. In
cambio del segreto, lei doveva donare all’abate il suo amore. La donna accettò volentieri pur di far
guarire il marito e i due passarono folli notti insieme mentre il marito fu rinchiuso e drogato
dall’abate in una cella che a lui sembrava un Purgatorio. Di tanto in tanto si recava da lui,
facendogli credere di star scontando quella pena per la sua eccessiva gelosia e gli disse che in pochi
giorni sarebbe tornato in vita. Nel frattempo la donna rimase incinta dell’abate che disse al giovane
che sarebbe tornato in vita e che Dio gli avrebbe regalato addirittura un figlio. Ferondo ne fu assai
contento e ringraziò moltissimo l’abate insieme con la sua donna. Tornato a casa, tutti gli
chiedevano cosa gli fosse accaduto e questi raccontava alcune favole sul Purgatorio; dopo nove
mesi la moglie partorì il pargolo che fu chiamato Benedetto Ferondi, in onore dell’abate.
NONA NOVELLA
La vicenda è ambientata in Francia. La protagonista è una donna, Giletta, che figlia di un dottore.
Questa si era recata col padre da Isnardo, conte di Rossiglione assai malato. Vi era poi un certo
Bernardo, figlio del conte, del quale Giletta si innamorò perdutamente. Vedendo che il restava in fin
di vita, ella preparò una pozione insegnatale dal padre. In un primo momento il sovrano fu titubante
ma in seguito sembrò acconsentire ad esser curato da lei e le chiese cosa volesse in cambio. Giletta
ovviamente, che non era maritata, chiese in sposo proprio Bernardo, suo cortigiano. Il re disse allora
al giovane che avrebbe dovuto sposarla ma questi non fu per nulla contento. Ci&