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Il mito delle Elettridi
Le Elettridi sono isole immaginarie tradizionalmente correlate all'ambra. Dopo l'uccisione di Assirto gli Argonauti navigando di notte si diressero nella più settentrionale delle isole adriatiche dove si rifugiarono per qualche tempo. Quando si ritennero al sicuro ripresero il viaggio ma mentre si accingevano ad uscire dall'Adriatico Era si accorse che Zeus era adirato per il loro delitto e per salvarli scatenò furiosi venti contrari che sospinsero di nuovo la nave alla foce del Po dove iniziò un tortuoso tragitto d'espiazione che condurrà Medea e Giasone a purificarsi per il delitto commesso.
In letteratura le isole irreali delle Elettridi rappresentano il punto d'approdo e di convergenza di una pluralità di miti: oltre a quello argonautico vi si associano la storia dell'esilio di Dedalo che costruì il labirinto del Minotauro, padre di Icaro per farlo fuggire dal labirinto Dedalo.
Costruì con delle penne due paia d'ali e le attaccò ai loro corpi. Durante il volo Icaro si avvicinò troppo al sole ed il calore fuse la cera, facendolo cadere in mare dove morì. Il padre arrivò sano e salvo in Sicilia dove costruì un tempio dedicato ad Apollo, in memoria del figlio Icaro. Giunse ad avventurarsi fino alle Elettridi. Il volo di Icaro è visto da D'Annunzio nell'Alcyone come tensione spirituale verso l'infinito e veicolo che guida alla gloria di una coscienza sovraumana. Essendo formate da banchi di deposito alluvionale nell'area deltizia del Po, queste isole a seconda delle piene e delle stagioni si sono continuamente trasformate, scomparendo addirittura sommerse dalle acque riemergendo con mutate forme. Un altro mito legato alle isole Elettridi è quello di Fetonte e la tragica metamorfosi delle sue sorelle Eliadi. Fetonte, figlio di Elio dio del sole, per dimostrare all'amico Epafo le
propria origine sovraumana, chiese al padre di guidare il suo cocchio, ma non riuscì a governare i quattro cavalli che lo trainavano e produsse tante catastrofi tra cielo e terra: prima salirono troppo in alto, bruciando un tratto del cielo che divenne la Via Lattea, quindi scesero troppo vicino alla terra, devastando la Libia che divenne un deserto, allora Zeus fu costretto a lanciargli una saetta che lo fulminò all'istante, facendolo precipitare in un fiume. Le sue sorelle, le Eliadi, spaventate, piansero abbondanti lacrime per quattro mesi finché non vennero trasformate dagli dei in pioppi biancheggianti che ornano le sponde del fiume. Ma anche in quella mutata condizione continuarono a piangere e le loro lacrime divennero ambra. Cicno, parente e amico di Fetonte, che piangeva con le fanciulle, fu trasformato da Zeus in un cigno che, secondo la leggenda, canta soavemente quando sta per morire. Diomede fu uno dei principali eroi della.guerra di Troia. Oltre all'importanza come guerriero, Diomede assume un ruolo rilevante come diffusore della civiltà, specie nell'Adriatico. Come viene raccontato nell'Illiade da Omero Diomede era come un torrente in piena che tutto travolge, talmente audace da non temere di ferire un'immortale la dea Afrodite accorsa in aiuto di suo figlio di Enea. Afrodite tornò sull'Olimpo, ma chiamò Ares a difendere Enea. Diomede ferì anche lui, costringendolo alla fuga. Ares chiamò a sua volta Apollo, che salvò Enea apostrofando poi Diomede con queste parole: "Tu, mortale, non tentare il confronto con gli dei!". Diomede ascoltò Apollo e placò la propria irruenza. Assecondò spesso Ulisse con cui commise il furto di Palladio (simulacro, statua che secondo le credenze dell'antichità era capace di difendere un'intera città), la statua da cui dipendevano le sorti di Troia. Questo
Episodio è cruciale in quanto la vendetta della dea locolpirà più di una volta e irreparabilmente. Tornato ad Argo i sentimenti della sposa di Diomene un tempo innamorata efedele vengono fatalmente mutati in quelli di un'adultera e i suoi sudditi non ricordano più nulla di lui, afrodite avevacancellato le loro memorie. Diomede decise di abbandonare la città e di partire per riconquistare l'Etolia, ma unatempesta lo fece approdare in Italia dove si fermò in più porti insegnando alle popolazioni locali la navigazione el'allevamento del cavallo. La diffusione della navigazione forse aveva l'intento di ottenere il perdono dalla dea nata dallaspuma del mare e considerata divinità della buona navigazione (Afrodite). Qui sposò Evippe figlia del re Dauno di cui eradiventato alleato. Nell'Italia meridionale fondò molte città tra cui Vasto, San Severo, Brindisi, Benevento e Agrippa zona.
delimitò con le pietre delle mura di Troia. Una spiaggia delle Isole Tremiti, l'isola di San Nicola, fu il luogo della sua sepoltura, e i suoi compagni vennero trasformati da Afrodite in grandi uccelli marini, le diomedee, allo scopo di bagnare sempre la tomba dell'eroe. Un'altra versione invece vuole che l'eroe greco si alleasse con il re Dauno per ottenere parte della Puglia, ma Dauno dopo averglielo promesso non avrebbe mantenuto l'impegno e l'avrebbe ucciso a tradimento. I suoi compagni allora, che non sopportavano il dolore della perdita, furono trasformati in uccelli. Dauno avrebbe fatto rimuovere le pietre con cui Diomede aveva marcato il suo territorio e le avrebbe fatte gettare in mare, ma queste miracolosamente riemergevano e si ricollocavano al loro posto. L'ambiente adriatico si trasforma per effetto di una metamorfosi che fa risorgere le mura distrutte nelle limpide acque antistanti il Gargano. A differenza dei Colchi, i quali scelgonoliberamente d'insediarsi nel litorale adriatico, Diomede e i suoi uomini sono costretti dall'ira degli dei, la loro triste sorte e il mutamento del glorioso destino dell'eroe sono da attribuire ad una volontà superiore che persegue il castigo della superbia di aver sfidati gli dei. Virgilio nell'Eneide vediamo bene il cambiamento radicale dell'indole di Diomede il quale si abbandona ad una tristezza contemplativa. Il guerriero ha perso ogni vigore, è affranto dalla nostalgia della patria e ossessionato dai ricordi. Una sorte beffarda e paradossale è riservata ai vincitori di ieri i quali diventano vinti domani. Dopo aver lasciato Troia Diomede ed i suoi compagni sono perseguitati da tempeste, dispersi e gettati su spiagge sconosciute costretti infine a cercarsi un'altra patria. Nell'immaginazione virgiliana Diomede è un povero essere tormentato dagli incubi di un passato pieno di sangue, di sacrilegi, dalla memoria dei.compagni perduti, trasformati in uccelli da Venere, domati dalle sventure, dal tradimento, dall'ira implacabile degli dei. È un uomo spezzato e impaurito, ma più moderno, più vicino alla nostra sensibilità. L'esilio dell'albatro
Gli albatri sono grandi volatili marini della famiglia delle Diomedee diffusi in tutto l'emisfero meridionale che hanno avuto la loro prima dimora nelle Isole Tremiti. Questi uccelli emettono dei versi simili a lamenti. Secondo la leggenda essi piangono la morte del loro condottiero o scontano una pena. Il mito metamorfico dell'albatro può essere riscontrato anche nel capolavoro del poeta romantico inglese Coledrige The Rime of the Ancient mariner. In particolare in un episodio reale che il poeta aveva appreso dal diario di bordo del capitano della marina inglese in cui si legge che uno sconsolato albatro nero ci accompagnò per vari giorni, volteggiando su di noi come si fosse perduto.
finché un incauto marinaio in unimprovviso accesso di malinconia lo colpì uccidendolo. Nella prima parte viene descritta la partenza della nave e la faseiniziale del viaggio propiziato da venti favorevoli, quando una violenta tempesta lo sospinge verso il polo sud, nella terradei ghiacci appare l’albatro: esso presentandosi in forma di anima cristiana viene accolto con gioia dall’equipaggio. Essofamiliarizza con gli uomini. Ma l’atto assassino del marinaio spezza quest’armonia: è l’insensatezza del gesto e l’immotivataribellione al divino ordine ad escludere l’uomo dal creato: l’uccisione dell’albatro non avviene per crudeltà, ma peraccidia, indifferenza. Il male, il vero male prima ancora che la violenza, la collera, l’odio è l’indifferenza melanconica,l’accidia, la vita apatica e la mancanza di passioni. La punizione per questo gesto è la bonaccia che costringe lanave all'immobilità e prefigura la stasi della morte. Spiriti invisibili aleggiano nell'aria, compare un vascello fantasma, tutti i marinai muoiono, eccetto uno, l'autore del sacrilegio che resta solo nell'immensità del mare. Ma dal mare verrà l'aspettativa di rigenerazione, quando di fronte alle sue creature il marinaio si commuove e si scopre come pura cosa fra le cose, elemento fra gli elementi. Parte stessa della natura. Il mare sondo scenografico di un processo di metamorfosi interiore. La figura dell'albatro ricopre un valore simbolico che affrontando in poesia il problema filosofico del male, anticipa miticamente il dramma dell'uomo moderno che si pone fuori dall'ordine della natura e del creato. Alcuni decenni dopo (metà 1800) nell'opera di Charles Baudelaire riappare la figura dell'albatros che in questo caso sta a simboleggiare il paradigma del conflitto che investe il letterato ottocentesco,
L'inguaribile solitudine dell'artista esiliato dalla propria patria, intrappolato nella fisicità e soggiogato dal desiderio d'infinito, creatura sempre in bilico tra elevazione e caduta (il volo dell'albatro sembra una vera e propria coazione a ripetere). Nella poesia Marina D'Annunzio riprende la figura delle diomedee che si librano libere e forti sugli abissi indomabili. In Triste maggio c'è una similitudine tra il volo dei mitici uccelli e la propria malinconia. Nel canto novo la similitudine torna ad esprimere lo stato d'animo del poeta che si accinge a lasciare la sua città. Nel notturno infine tra i fogli che rievocano la morte del compagno di volo Miraglia che D'Annunzio descrive delle sensazioni mentre si sta tra il cielo e il mare quasi a toccare l'infinito. L'albatro ondeggia nell'aria tranquilla e si mise a cantare inventando parole e musica.
Metamorfosi del delfino
Nel mondo ellenico i delfini
Erano oggetto di venerazione perché considerati animali sacri, legati alle acque, allatrasfigurazione, alla conversione. I cretesi i quali credevano che i morti si ritirassero ai limiti del mondo e che i delfini litrasportassero sul dorso, li onoravano come divinità. Possiamo ricordare anche il mitico viaggio di Arione che fu trasportato e scortato dai delfini che lo salvarono dai marinai che lo volevano uccidere.