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PETRARCA
Nasce nel 1304 ad Arezzo; il padre era stato esiliato da Firenze dopo l’arrivo dei Guelfi Neri. Per
motivi di lavoro del padre si trasferì a Avignone, ma studiò legge a Bologna. Interruppe gli studi
perché nutriva una forte passione per la letteratura. Negli anni giovanili condusse una vita frivola e
dissipata di cui in seguito si pentì. Divenne chierico per garantirsi un’indipendenza economica che
gli permettesse di dedicarsi alla letteratura senza subordinarsi al completo servizio di signori
potenti. Viaggiò molto presso monasteri e biblioteche per recuperare antichi manoscritti (con lui si
avvia una rudimentale filologia). Si ritirò in seguito a Valchiusa, per lui un locus amoenus poco
lontano da Avignone, dove compose molte opere. Nel 1341 ottenne la corona poetica a Roma con
una sontuosa cerimonia in Campidoglio. Sdegnato dalla corruzione della corte di Avignone, ritornò
in Italia dove vagò per un pò di corti fino a trasferirsi ad Aquà dove morì nel 1347.
Secretum
è un’opera scritta in latino formale e corretto, molto armonico composta da tre libri. Si propone
come un dialogo tra Agostino e Petrarca sotto la guida della Verità la quale tace. sia Agostino che
Petrarca sono due immagini della stessa anima dell’autore, la prima basata su un polo più spirituale,
elevato, l’altra più terreno, passionale. Si passano in rassegna i 7 peccati capitali, in particolare
l’accidia, l’inettitudine che colpisce l’autore e lo rende inerme, incapace di prendere decisioni e
risolvere i suoi conflitti. Si ragiona molto anche sull’amore per Laura, visto da Agostino come fonte
di corruzione e degenerazione dell’animo da cui allontanarsi. A differenza delle Confessioni di
Agostino dove il protagonista riesce a risolvere il suo conflitto passando dal peccato alla
purificazione, Petrarca rimane uomo in crisi e uomo della crisi, la sua esperienza assume valenza
storia e universale in quanto indice di un’epoca in cui l’uomo comincia a perdere molte certezze.
Egli ha tentato in tutti i modi di conciliare il polo mondano, terreno e passionale con quello
religioso e spirituale, più distaccato e profondo, senza tuttavia riuscirci del tutto. Petrarca riteneva
complementari l’insegnamento dei classici e dei religiosi dal punto di vista morale , tanto è vero che
alcune massime pagane potevano essere guida e supporto dei valori cristiani (per questo si parla di
umanesimo cristiano). 9
De vita solitaria
Opera scritta in latino composta da due libri in cui Petrarca ragiona sui vantaggi della vita appartata,
solitaria. Egli ritiene che bisogna ritirarsi nei campi, nei luoghi isolati e dedicarsi all’otium,
scandendo la propria giornata secondo un orologio di tipo ecclesiastico; pregare, leggere, scrivere;
confronta la vita dell’occupato con quella del solitario che reputa migliore. Nel secondo libro
traccia dei medaglioni biografici di solitari tra cui spicca la figura di Cicerone, mandato in esilio
forzatamente ha prodotto opere filosofiche e ha raggiunto un altro livello di riflessione, quindi la
solitudine l’ha migliorato. Sullo sfondo vi è anche l’esperienza del fratello che diventa monaco
certosino. Epistole
Premettiamo che Petrarca fu grande filologo ante litteram e scopritore delle epistole di Cicerone ad
Attico. Su questo modello si propose di sistemare le sue lettere e dargli un taglio letterario secondo
questa disposizione:
- 24 libri di familiares
- 17 di Seniles
- alcune lettere sine nomine perché vi sono polemiche verso la chiesa e quindi non c’è il
destinatario
- Varie raccolte post mortem
In queste lettere vi sono indubbiamente riferimenti autobiografici utili per comprendere la sua
personalità, però dobbiamo considerare che essi sono stati selezionati e idealizzati per lasciare
un’immagine di sé paragonabile a quella di un letterato di professione, dotto perfetto. Si nota,
quindi, il desiderio e la volontà di esplorare la propria interiorità, ma le inquietudini vengono
coperte da un filtro letterario e da una successiva rielaborazione del materiale. Significativa è la
scelta nelle Familiares di dedicare l’ultimo libro alle lettere agli antichi, prosatori e poeti latini+
omero (lettera scritta quando Boccaccio si avvicina al mondo greco chiamando un precettore).
Queste lettere hanno una datazione precisa in cui viene segnato come luogo o quello in cui è entrato
a contatto con le loro opere o un luogo emblematico per i poeti (mantova per virgilio). Petrarca, a
differenza di Dante e dei medioevali, non si rapporta ai classici cercando di adattarli alla realtà
contemporanea, mi comprende che vi è una distanza spazio temporale tra essi, quindi vuole
rileggerli secondo l’ottica del loro tempo, privandoli degli errori e dei refusi. Secondo lui dobbiamo
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comportarci con i classici come fanno le api (cfr. seneca che già usa questa metafora): il letterato va
di libro in libro ma non basta che accumuli notizie, deve rielaborarle per formare qualcosa di nuovo.
Africa, de viris illustribus e res memorandae ( il trittico romani anni 30-40)
Opera non compiuta scritta in esametri latini. Petrarca voleva diventare famoso grazie a questo
testo, poiché riteneva che nessuno nel mondo antico si fosse mai occupato di guerre puniche (non
conosceva ancora Silio Italico). I suoi modelli sono latini: Le storie di Livio per l’andamento dei
fatti e l’Enide di Virgilio per la descrizione dei personaggi e per l’impianto più soggettivo. Petrarca,
infatti, non si limita solo a registrare i fatti così come sono accaduti ma indaga anche l’aspetto più
umano e conflittuale. Emblematico è il passo riguardante la morte di Magone, in cui il personaggio
ragiona sulla vera entità della vita e si ripropone il conflitto tra vanità delle cose umane, illusioni e
travagli inutili.
Il de viris illustribus è un’opera non compiuta che presenta, sul modello di svetonio, medaglioni
biografici di uomini antichi e biblici.
Le res memorandae sono una raccolta di anaddoti, parole e azioni dette o fatte dai latini, gli esterni e
i moderni, ispirata a V. Massimo. è un’opera molto erudita perché impone il reperimento di molte
notizie, ma viene lasciata incompleta.
De remediis utriusque fortunae
il modello per quest’opera è Seneca, o meglio pseudo seneca, il quale scrive una piccola opera
dialogica tra due non nominati: uno dei due lancia l’argomento, l’altro lo argomenta brevemente.
Petrarca fa un’opera in due libri in cui i dialoganti sono delle entità personificate per cui uno dei due
lancia l’argomento e l’altro approfondisce in modo lungo e dettagliato. nel primo libro paralno
gaudio e ratio sui rimedi alla buona sorte, nel secondo dolor e ratio sul rimedi alla cattiva sorte.
Trionfi
Poema incompiuto scritto in volgare usando la terzina dantesca. Il modello è la Commedia di Dante.
petrarca vuole prendere spunto dalla sua vicenda biografica per dargli valore sistematico e
universale. Egli narra di assistere alla successione di figure allegoriche che lo portano a riflettere
sulla sua esperienza. Comincia amore, seguito dal pudore in quanto Laura non cede al suo amore, la
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morte che dovrebbe placare ogni cosa, la fama che dovrebbe superare la morte, il tempo che la
schiaccia e l’eternità che la comprende. L’impianto universale e sistematico viene meno rispetto alla
commedia che appare sistematica e lineare, in quanto manca una sicura e organica visione del
mondo nonché non viene mai risolto il suo conflitto e non viene raggiunta la pace interiore, quindi
anche strutturalmente l’opera è frammentaria, episodica e molto erudita.
Canzoniere
manoscritti:
codice Vaticano Latino 3195 parzialmente autografo che indica una redazione dell’opera nell’ultimo
anno di vita
Codice degli abbozzi, con poesie scritte e corrette dal Petrarca.
Trama:
Il venerdì santo dell’anno 1327 Petrarca conosce Laura e se ne innamora, essendo che Cupido l’ha
colpito cogliendolo impreparato. Seguono liriche dedicate alla lode della donna, così come quelle
dedicate a sottolineare la sua crudeltà e la sua asprezza nel non contraccambiare l’amore. Funga da
protagonista, comunque, l’interiorità del poeta, i suoi sentimenti, i suoi problemi. Il paesaggio
attorno è spesso un locus amoenus stereotipato o comunque non è importante e non è finalizzato ad
essere analizzato e inserito nella vicenda, è solo uno sfondo. Nel 1348 Laura muore, per Petrarca
diventa un’occasione per rimpiangere gli anni dedicati alla ricerca della gloria e all’inseguimento
dell’amore perché tutto si è vanificato. il distacco da questi due elementi terreni e l’anelito alla
spiritualità è solo in potenza ma non in atto; Petrarca auspica che si realizzi ma non riesce a
concretizzarlo, pertanto chiude con una sentita preghiera alla Vergine in cui chiede pace. Non
dobbiamo leggere l’opera come un’autobiografia, secondo lo spirito romantico, perché laura
potrebbe non essere mai esistita e comunque è molto stereotipata, nonostante sia inserita in una
dimensione temporale e soggetta ad invecchiamento. Il canzoniere è una riflessione universale
basata su un’esperienza particolare filtrata dal velo letterario che non trova una conclusione stabile
come quella della Commedia perché ne mancano i presupporti. Non vi è più una visione del mondo
sistematica e l’uomo è entrato in crisi; vuole conciliare il terreno con i divino, assicurare alle cose
terrene la stibilità delle cose divine, vuole preservarle dalla corruzione del tempo, perfezionarle,
togliergli il carattere peccaminoso; ma questo non è possibile
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lingua: petrarca sostiene il primato del latino sul volgare, tanto è vero che lui avrebbe voluto essere
ricordato soprattuto per le opere latine, mentre le poesie in volgare le definisce bazzeccole, poesie
di poco conto. Vi è una forte contraddizione in tutto questo, perché come vediamo dai manoscritti,
Petrarca spende molto tempo ed energie per sistematizzarle. Il motivo è il seguente: certamente il
latino è lingua perfetta e armonica, ma ormai la letteratura latina ha già raggiunto la perfezione
massima, quindi altro non possiamo fare se non imitare gli antichi; il volgare ancora non ha
raggiunto alcuna perfezione, quindi possiamo sistematizzarlo e armonizzarlo come lingua per fare
letteratura di alto livello in un campo rimasto aperto. Dobbiamo, inoltre, sottolineare il suo impegno
per ridare dignità formale al latino togliendovi le impurità classiche. La lingua del canzoniere è stata
definita da Contini con il termine unilinguismo, per indicare l&rsqu