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XVI)

1) Le nuove condizioni dell'operare intellettuale.

Lo spazio storico che stiamo per affrontare va dalla morte di Dante alla fine del secolo, quando

Petrarca ( che alla morte di Dante, aveva diciasette anni ) e Boccaccio erano già morti.

Questa fase storico-letteraria è caratterizzata dalle opere di Petrarca e Boccaccio, che insieme a

Dante costituiscono ciò che è definito le Tre Corone. A livello storico, vediamo il perdurare di crisi,

conflitti e modifiche, che influiscono anche sull'operare dell'intellettuale.

1.1 La crisi dei comuni e la nascita delle signorie: genesi della modernità.

L'Impero entra in crisi sia come soggetto politico-istituzionale, ma anche come soggetto

etico-politico, esce di scena, e vi rientrerà molto più tardi.

La Chiesa va incontro ad un destino umiliante: Bonifacio VIII viene sconfitto dal re di

Francia, il quale, dopo la sua morte, fa sì che venga eletto un vescovo francese, Clemente V,

che decise di spostare la sua residenza ad Avignone, fino al 1377 quando Gregorio XI la

riportò a Roma. Fino a quel momento, però, il papato dipese dalla monarchia di Francia, e si

accompagnò da corruzione morale e religiosa.

Contro questo stato delle cose, si levarono le voci di molti intellettuali italiani, fra cui

Petrarca e Caterina da Siena.

A succedere Gregorio, fu un italiano, Urbano VI, ma i francesi elessero contemporaneamente

un antipapa, Clemente VII, iniziando lo scisma d'Occidente, che terminò nel 1418 con il

concilio di Costanza. Il conflitto interno fu catastrofico per l'immagine della Chiesa, e

fermenti ereticali si diffusero ovunque in Europa.

La modernità per gli storici arriva con il 1492, anno della scoperta dell'America, ma il

processo di modernizzazione non sarebbe potuto esserci senza la preparazione dei secoli XVI

e XV: la visione del mondo si particolarizza e si individualizza, entra di scena la mondaneità.

L'Italia, dal punto di vista culturale, ha una funzione di prestigio nell'arte, di anticipazione

rispetto ad altre realtà europee; dal punto di vista politico-istituzionale, cresce la

divaricazione fra Europa e la penisola.

Venuti meno sia l'Impero sia la Chiesa, in Europa si consolidarono alcuni grandi Stati unitari

e centralizzati, con monarchie ereditarie. Del sovrano, si pensa che il suo potere abbia

origine divina, e va rispettato con devozione quasi religiosa, hanno eserciti nazionali, e

politiche estere ed economiche più lungimiranti. Parliamo sia di Francia sia di Inghilterra, la

Spagna arriverà più tardi con il fruttuoso matrimonio fra Aragona e Castiglia.

In Italia, il processo è inverso: decade il comune, per ragioni interne ed esterne. La

democrazia comunale aveva spesso situazioni di conflitto, reciproche espulsioni fra le

fazioni, che rendevano il tutto precario. La floridezza precedenza veniva messa in forse da

molti motivi, per esempio la ricca banca dei Bardi, fiorentini, dovette fallire. Mentre il

comune decadeva, venivano a crearsi le Signorie. Si aveva voglia che una sola famiglia, fra

le più prestigiose e nobili, avesse il potere. Il comune resistette più a lungo in Toscana, o

nelle repubbliche marinare, sebbene essere furono in conflitto fra loro.

Diversa è la situazione dell'Italia settentrionale e centrale, dove, in quest'ultima, la

lontananza del pontefice, permise lo scatenarsi di ambizioni di signorotti locali, quindi

vedremo alla fine del XIII secolo per esempio gli Estensi a Ferrara, i Gonzaga a Mantova, i

Visconti a Milano. Le signorie sono spesso in lotta fra di loro e con i comuni. Iniziarono ad

apparire le truppe mercenarie e le compagnie di ventura.

Nel Mezzogiorno d'Italia perdura il dominio degli Angioini, sotto il regno di Roberto,

appogiato dai papi francesi e aiutato dai banchieri fiorentini.

A Roma, la lontananza del Papa, disfrenò le lotta fra famiglie nobiliari, soprattutto Colonna e

Orsini. Qui, fu possibile l'avventura di Nicola di Lorenzo, di professione notarile, che sollevò

il popolo contro la tirannia dei nobili e fu eletto tribuno, ispirandosi alla restaurazione della

grandezza romana, oscillando fra simpatie repubblicane e quelle filo imperiali. Petrarca fu un

suo sostenitore. Il popolo stesso però si ribellò a lui e fu ucciso.

1.2 Un mondo di precarietà e d'incertezza.

La crisi è data da due fattori: il tracollo finanziaro, in particolar modo quello fiorentino, e

l'inadeguatezza dell'agricoltura, l'arretratezza tecnologica, e le difficoltà demografiche. Si

diffonde nel tessuto sociale e culturale un senso di incertezza, precarietà.

1.3 Il destino degli scrittori e il rapporto con il potere.

I fenomeni finora elencati cambiano la condizione dell'intellettuale. I legami con la vita

pubblica si indeboliscono e si spezzano. Petrarca è figlio di un esule di parte bianca, espulso

insieme a Dante, non rientrerà mai stabilmente a Firenze, e vive girovagando, mettendo le

sue attitudini a servizio dei signori. E' un apolide, e deve cercare di guardare al di là del

patriottismo municipale. Intraprende la carriera eclessiastica, per usufruire delle prebende,

ma è un intellettuale laico.

Anche Boccaccio fu contraddistinto da novità: visse a Napoli, la sua educazione letteraria

avviene nella corte angioiana. Rientra a Firenze, e servì il comune ma anche altre signorie,

ma senza partecipare alle attività politiche della città. Ottenne gli ordini sacri.

L'intellettuale libero viene sostituito da quello legato al potere signorile, o ecclesiastico,

tuttavia i margini di autonomia resteranno amplissimi. Per sopravvivere, l'artista doveva

accettare la protezione del signore, dall'altra parte, gli stessi signori si sforzavano di attirare

intellettuale sia per amore per la cultura, sia per motivo di prestigio. Si definisce

mecenatismo. La corte divenne il luogo della vita intellettuale.

1.4 Comunalismo e cosmopolitismo. Una nuova questione della lingua.

L'elemento tradizionale è più presente, mentre l'elemento avanguardistico si ritrova nei

grandi scrittori di quel periodo.

Compaiono due spinte contrastanti ma in realtà intrecciate, in quello che darà poi il

comunalismo e il cosmopolitismo di quest'epoca.

Da una parte c'è un forte attaccamento alle radici, all'identità, alle tradizioni, dall'altra c'è una

spinta a staccarsi dalle radici, a guardare più lontano, al mondo intero.

La questione della lingua, che sembrava risolta nel De vulgari eloquentia a livello teorico e

nella Commedia a livello poetico, rinasce. Se gli intellettuali imboccano la strada del

cosmopolitismo, il latino si impone, non più quello influenzato dalle scritture religiose, ma

quello più vicino ai modelli classici romani. Allo stesso tempo, però, vediamo come Petrarca

e Boccaccio imprimono l'ultimo e decisivo impulso al volgare come lingua poetica e

letteraria.

1.5 I nuovi spazi.

I contatti fra Italia ed Europa diventano più frequenti, e accanto ai percorsi pellegrinari inizia

una rete fittissima di comunicazioni laiche ed economiche. Comincia ad affermarsi il viaggio

di istruzione, cioè il vagabondare, per il solo desiderio di coltivare un'amicizia elevata o per

cercare oggetti culturali. Il Mediterraneo, dapprima luogo di scorribande, si apre ai

commerci, diviene un elemento del paesaggio umano, un modo di connettere popoli e civiltà

diverse e non una barriera. Il viaggio rientra nell'immaginario degli scrittori. Questo

influenzerà le prospettive e l'ispirazione degli autori. Se per Dante, il mondo è più ristretto ( i

comuni, le città italiane ) e più mentale ( pensiamo alla Commedia ), Petrarca e Boccaccia

aprono ad una nuova spazialità, di stampo europeo.

1.6 Principi di umanesimo.

Vi è una riscoperta dell'antico. Ma se per Dante, la cultura degli antichi serve a convalidare

la cultura cristiana, anticipandola, ora diventa valore in sé.

Un gruppo di intellettuali veneti fa da battistrada: Lovato de' Lovati, un notaio, scopre codici

antichi ed è un poeta in lingua latina, il notaio vicentino Ferreto de' Ferreti, autore di

poemetti e di una storia in lingua latina dell'Italia dal 1250 al 1318. Siamo di fronte però a

composizione ancora scolastiche e artificiali.

1.7 Il culto di Dante.

La forma in cui si espresse il culto del sommo poeta fu il commento al testo: tentativi

interpretativi forniscono strumenti di conoscenza e comprensione della dottrina e delle

esperienze biografiche dantesche.

Suo figlio Jacopo scrisse sul testo, ma anche suo figlio Pietro, il famoso Benvenuto

Rambaldi da Imola.

Ma il suo rappresentante più significativo è Boccaccio, fattosi umile copista della

Commedia. A Dante, Boccaccio dedicò le expositiones al Canto XVII dell'Inferno, e un

Trattatello in laude di Dante, che ci dà una prima biografia.

Petrarca in una famosa lettera a Boccaccio ostenta freddezza e distacco verso Dante: si

muove in un'autonomia verso una direzione che vuole essere diversa.

1.8 La costituzione della letteratura italiana.

Dante è all'origine dei processi, ma la letteratura italiana, con le sue caratteristiche moderne e

al tempo stesso nazionali, nasce in questi anni. Petrarca e Boccaccio riprendono i fili

precedenti, e contaminano antico e moderno, laicità e cristianità, esplorando sia il latino sia il

volgare. Essi e le loro opere si pongono come modelli all'Europa intera.

2) Letteratura e poesia.

2.1 Poemi didascalici e allegorici.

Cecco d'Ascoli scrisse il poema didascalico L'Acerba, una vera e propria enciclopedia della

scienza medievale: finì bruciato al rogo a Firenze con accusa di eresia. Fazio degli Uberti

esprime in terzine un'enciclopedia storico-geografica.

Francesco da Barberino, coetaneo di Dante, notaio, scrive su precetti di Amore ed

Eloquenza, su precetti che deve tener conto la fanciulla.

2.2 Poesia d'amore e cortigiana.

Continua l'esperienza stilnovistica, specie nell'ambito fiorentino: Dino e Matteo Frescobaldi,

Cino Rinuccini, e Boccaccio. A Padova, Francesco di Vannozzo, autore di un canzoniere,

contribuì alla diffusione del culto di Petrarca nelle corti settentrionali. Antonio Beccari da

Ferrara diede vita a rime amorose, religiose, e morali.

2.3 Poesia satirica, giocosa e per musica.

Abbiamo Fazio degli Uberti, in cui l'impronta dantesca è molto forte.

Antonio Pucci, banditore del comune fiorentino, fu autore di cantari e poemetti. Il fiorentino

Pieraccio Tebaldi fu uno dei continuatori del modello comico-realistico. Francesco landini

eccelse nella composizione musicale, con ballate, canzoni. Anche i testi di Petrarca furono

musicati.

2.4 Cantari e serventesi.

Tipici di q

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A.A. 2023-2024
91 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher DalilaRusso94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Jossa Stefano.