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I cori hanno una grande importanza lirica, inserisce tre cori nelle tragedie. Uno nel “Conte
di Carmagnola” e 2 nell’ “Adelchi”. Nel conte di Carmagnola Commenta gli esiti della
battaglia di Maclodio, condanna le lotte fratricide e critica lo spirito particolaristico degli
italiani che non trovano un accordo. Nella scelta dei versi insiste nell’uso delle
endecasillabi. Nell’ “Adelchi” inserisce per commentare la disfatta in val di Susa, i latini
esultano per la sconfitta dei longobardi, ma c’è poco da esultare perché i latini si spostano
dal dominio dei longobardi a quella dei franchi. È forte la dominazione in Italia, allude agli
scontri tra napoleone e l’Austria. Struttura il coro in strofe di senari doppi, per dargli un
tono epico. È significativo il secondo coro dell’Adelchi, commenta la morte della
principessa longobarda, Ermengarda, ripudiata da Carlo Magno. Distrutta cerca di
dimenticare il suo amore, l’abbandono, l’essere stata respinta è un’angoscia, cerca di
avvicinarsi a Dio ma attraverso la fede alcune volte viene assalita dai ricordi, felici, dei bei
momenti passati. Esalta le figura degli oppressi. Lei nata da famiglia di oppressori si ritrova
oppressa e riesce a salvare la sua anima. Dal punto di vista metrico lo struttura in strofe di
settenari, è l’espressione più riuscita, sviluppa temi comuni: i popoli oppressi, le lotte
fratricide. Ma è importante il tema dell’opera, cioè le masse popolari.
“Sentir …e meditare”. Tratto dal carme per Carlo Imbonati, immagina di discutere con
questi in sogno e che gli indichi la strada da seguire durante la vita. E i precetti da seguire.
Pone sulle labbra di Imbonati i suoi pensieri iniziali.
Vi è uno slancio giovanile, un impeto, e vuole aiutare la madre dopo la morte del
compagno.
“Mi auguro che tu voglia indicarmi il modo con cui io possa operare scelte consapevoli o
fare in modo che, se io cadrò durante il cammino, almeno si dica di me: è caduto sui propri
passi senza seguire orme altrui.”
Riprese Imbonati: “Percepire con il sentimento e con la riflessione: accontentarsi
dell’essenziale: mai distogliere lo sguardo dalla meta: conservare purezza di intenti nel
pensiero e nell’azione: fare esperienza delle cose umane quanto basti per sapertene
allontanare: sii nemico di ogni servitù: non scendere a patti coi vili: non allontanarti mai
dalla verità che è sacra: né pronunciare mai parole che esaltino il vizio, o denigrino la
virtù”.
“oh maestro!” gridai. “Scorta amica, non abbandonarmi; non smettere di darmi consigli;
continua a vegliare su di me, in cui gli impeti della natura e inesperienza della giovinezza
sviano l'indole e rendono la ragione schiava delle passioni”.
“L’utile per iscopo, il vero soggetto”
lettera fatta nel 1823, parla delle idee del romanticismo per delineare gli elementi delle
poesie
in quest’opera parla del vero soggetto.
Rivolgendosi a Cesare D’Azelio lui dice che ogni opera letteraria abbia i 3 elementi: l’utile
per scopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo.
È importante che per i lettori che l’argomento sia reale. Non ci devono essere argomenti
bisognosi di un pubblico altolocato e invece argomenti per gli strati popolari. È importante
esprimer il vero storico per affermare la verità morale. Questi rendono bella da leggere
un’opera morale. Deve avere un fascino che la finzione non ha, al contrario del vero che
suscita interesse al livello assoluto.
“La pentecoste”
Significa 50esimo, gli inni sacri celebrano le festività.
In questa lui vuole parlare del giorno in cui lo spirito santo scende sugli apostoli.
Ne avvia la stesura nel 1827, nello stesso periodo scrive le tragedie e inizia anche la
stesura della sua massima opera. La pentecoste risulta l’opera più riuscita, è in strofe di 8
settenari, diviso in 3 parti: da 1 a 48 descrive la discesa dello spirito santo sugli apostoli e
quindi la capacità di farsi capir qualsiasi sia la lingua dell’ascoltatore; dal 49 Manzoni
analizza le prospettive di rinnovamento che questo avvenimento ha aperto all’umanità. Da
71 a 144 è una preghiera allo spirito santo, così che scenda sugli uomini e li rinnovi. È una
poesia corale ed è molto evidente l’immagine della chiesa come universalità di uomini
collegati dalla stessa fede.
“Chiesa, madre dei santi; figura terrena
della città di Dio;
conservatrice in eterno del sangue di Cristo;
tu che da secoli
soffri, combatti, preghi
ed estendi il tuo operato
da un mare all'altro;
campo di battaglia di tutti coloro che sperano;
dov'eri? In quale angolo
ti nascondevi chiesa nascente
mentre Cristo venne condotto dai malvagi a morire sul Golgota,
e bagnò di sangue la terra dove fu immolato il suo sacrificio?
E nel momento in cui il suo corpo,
uscito dalle tenebre,
emise un potente respiro, tu dov'eri?
E dov'eri quando egli,
offrendosi quale prezzo del sacrificio,
lasciò questa terra
e salì al Padre?
Compagna del suo dolore,
consapevole dei suoi misteri,
tuo chiesa, frutto eterno
della sua vittoria sul peccato, dov'eri?
Attenta soltanto nelle tue paure,
sicura solo se dimenticata,
te ne stavi rinchiusa nelle segrete mura del cenacolo,
fino al santo giorno della Pentecoste,
quando su di te
discese lo Spirito Santo
e l'eterna fiamma della fede
venne rinnovata nella tua destra;
Quando ti pose in evidenza
come guida di tutti i popoli,
fece scaturire dalle tue labbra
la sorgente inesauribile della parola di Dio.
Come la luce quando colpisce
un oggetto lo rende vivo,
così molteplice risuonò la voce dello Spirito Santo
sugli apostoli e tutti lo udirono nella propria lingua:
l'Arabo, il parto, il siriano
Oh pagano,
sparso per tutta la terra,
rivolgi il tuo sguardo verso la città santa,
ascolta l'esortazione dello Spirito santo:
stanca del meschino rito pagano,
ritorni ad adorare Dio:
e voi madri
che date la vita i vostri figli
destinati a giorni più felici
e voi spose che vi svegliate al sobbalzare del bimbo in grembo,
già pronte a schiudere il grembo al dolore (già pronte al parto),
non rivolgete la preghiera alla falsa dea delle nozze Giunone:
ciò che vi cresce nel ventre è consacrato a Dio (la vita).
Perché la donna schiava,
baciando i suoi piccoli, sospira
e osserva il seno a cui si nutrono i piccoli liberi
non sottoposti alla stessa condizione?
Non sa che Dio eleva al cielo i più umili?
Non sa che con la sua morte
rivolse il suo pensiero a tutti gli uomini?
I cieli annunciano una nuova libertà
e un nuovo genere umano,
nuove conquiste e gloria per prove più valorose?
Viene annunciata una nuova pace
insensibile alle nuove minacce
e promesse che il mondo deride
ma che non può sottrarre.
O spirito santo noi ti imploriamo inginocchiati
davanti ai tuoi altari o procedendo per i tuoi boschi inospitali,
vagando per i deserti, dalle Ande ghiacciate al Libano,
dall'Irlanda alla montuoso Haiti,
dispersi in tutta la terra ma uniti nei sentimenti per opera tua.
O spirito disposto al perdono,
discendi ancora sugli uomini, benevolo
verso chi ti è fedele ma anche verso chi ti ignora;
scendi e rinnova i cuori uccisi dal dubbio
e a chi si è convertito, Fede, concediti
come premio.
Spirito d'amore discendi e attenua la rabbia
negli animi dei superbi. Dona pensieri che
nel giorno della morte non dobbiamo rinnegare
bensì ricordare;
la tua forza benefica alimenti i doni che hai elargito
come il sole che schiude l'inerte seme
e da questo fa nascere il fiore;
Fiore che piegatosi poi sull'erba bassa
morirà non colto né si innalzerà con i brillanti
colori della sua corolla spiegata,
se quel dolce raggio solare che dà la vita e che
instancabilmente l'alimenta non sarà ritornato
più volte su di lui diffondendosi nell'aria.
Noi ti imploriamo! Scendi nei dolorosi pensieri dell'infelice,
come soffio di una dolce brezza consolatrice,
scendi come bufera nell'animo superbo del violento.
Ispira loro un terrore chi insegni la pietà.
Grazie a te il povero
solleva il viso verso il cielo
e trasformi i suoi lamenti in grida di gioia
pensando che somiglia a Dio.
Il ricco, con la sua riservata discrezione,
rende ben accetto ogni dono a chi lo riceve.
O spirito santo rivelati nel viso dei nostri bambini
e cospargi di rossore in segno di castità il viso delle fanciulle.
Invia sulle suore le pure gioie interiori e
consacra il casto amore delle spose.
Modera l'indole troppo sicura di sé dei giovani baldanzosi
e mantieni ogni proposito degli uomini adulti
a non abbandonare la retta via;
abbellisci la vecchiaia di pensieri puri e sereni.
Brilla nello sguardo errante
di chi muore sperando nella salvezza eterna.”
“Il 5 maggio”
Composta per la morte di napoleone, viene pubblicata la notizia sulla gazzetta di Milano.
La scrive di getto, la sottopone alla censura austriaca che vieta la pubblicazione, ma
l’opera dilaga e venne pubblicato fuori dal territori lombardo veneto. Non si era espresso
nel fatto della caduta di napoleone. È un rapporto conflittuale che ha perché è un dittatore.
Ma la morte lo colpisce perché sulla base di cioè che era scritto sui giornali nell’ultima fase
della vita si era avvicinato alla fede, analizza le vicende di napoleone facendo un bilancio.
Insiste sul significato morale e religiose della sua morte. Conclude l’opera con una
invocazione alla fede e alla sua forza. È formata da strofe di 6 settenari.
“Napoleone è morto. Come Il suo corpo,
dopo l'ultimo respiro,
rimase privo della conoscenza di sé,
così rimane l'umanità, colpita da questa notizia,
se ne sta anch'essa immobile
e rimane muta pensando agli ultimi
momenti dell'uomo che è stato strumento del destino,
non riuscendo ad immaginare quando l'impronta di un uomo simile
tornerà a calpestare il suo suolo sporco di sangue.
(quando ci sarà un altro uomo come Napoleone?)
La mia ispirazione poetica vide Napoleone trionfante
sul trono imperiale e non lo esaltò;
quando con continui cambiamenti
cadde in rovina si rialzò e infine e fu sconfitto,
il mio ingegno fece in modo che la mia voce
non si unisse al frastuono di mille altre:
Sol