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MALATTIA DEI LEGIONARI

La malattia dei legionari consiste in un’infezione respiratoria acuta che insorge con malessere

generale, mialgia (dolore muscolare) e violenta cefalea. Nel giro di pochi giorni si ha un rapido

innalzamento della temperatura corporea, tosse secca e dolore toracico; a volte possono

anche esserci dolori addominali e disturbi gastrointestinali.

Si tratta di una grave polmonite multifocale raramente lobare (ovvero non interessa un lobo

del polmone ma più che altro gli interstizi), si protrae anche per più di 2-3 giorni, l’incubazione

è tra i 1 e i 10 giorni e la mortalità è del 15-30% nei soggetti immuno-compromessi.

Per la diagnosi di laboratorio:

-si può ricercare il batterio direttamente nel materiale biologico da coltivare ma la percentuale

di successo di coltura non è molto elevata;

-nel materiale patologico si può fare una immunofluorescenza diretta utilizzando degli

anticorpi monoclonali;

-il test più utilizzato è una sierodiagnosi (test indiretto) che prima consisteva in una

immunofluorescenza indiretta (che, però, dava luogo ad una serie di cross-reazioni e quindi

falsi positivi) mentre oggi questa tecnica è stata un po’ messa da parte per prediligere un’elisa;

-test rapidi immunocromatografici che permettono di ricercare l’antigene urinario a partire da

un campione di urina (come

per gli stick di gravidanza);

sono molto affidabili ed

attendibili e danno la risposta

nel giro di pochissimi minuti

(vanno sempre, però,

accompagnati con una

tecnica di conferma come

l’elisa);

-PCR.

A causa della loro collocazione intracellulare nell’ospite, questi batteri non sono raggiunti da

tutti i farmaci quindi quelli più efficaci sono i macròlidi (di prima scelta), rifampicina e

fluorochinoloni.

BRUCELLE

Le Brucelle devono il

nome dal loro scopritore

Bruce. Si tratta di piccoli

microorganismi gram

negativi, che possono

essere di forma coccoide

o bacillare, asporigeni e

immobili aerobi; sono

catalasi e ossidasi

positivi.

Crescono lentamente su

terreni di coltura

arricchiti (soprattutto terreni al sangue ed esiste un terreno apposito chiamato “brucella

brodo” o “brucella agar”). Sono sensibili al calore (vengono inattivate a 60° C per 10 min o con

la pastorizzazione); possono sopravvivere a lungo (mesi) nel latte (crudo, non pastorizzato) e

alimenti conservati a 4-6° C, oltre che nella polvere, terreno e acqua.

Possiedono un LPS e delle varie specie conosciute solo 3 causano patologia nell’uomo: B.

melitensis, B. abortus (chiamato così perché provoca aborto tra gli animali ma non nella

donna) e B. suis.

Sono agenti eziologici della febbre maltese o melitense o febbre ondulante (ecco perché si

chiama Brucella melitensis, che viene da “malta”).

Sono batteri raramente provvisti di capsula ma quando provvisti la perdono facilmente in

coltura; crescono bene in terreni arricchiti anche se a volte richiedono un tempo un po’ più

lungo di crescita rispetto alla norma.

Sono batteri patogeni per varie specie animali in cui causano delle infezioni scarsamente

sintomatiche; da questi animali i batteri sono eliminati con latte e urine. Negli animali gravidi

si ha una localizzazione dei batteri a livello degli annessi embrionali con moltiplicazione degli

stessi e in questi casi segue normalmente l’aborto. Questo particolare tropismo dei batteri per

gli annessi embrionali dipende dalla presenza di eritrolo (alcool a 4 atomi di C con proprietà

vasodilatatorie) che si trova nei fluidi embrionali delle varie specie animali (non dell’uomo) e

che funge anche da alimento per le Brucelle.

I serbatoi animali sono per B. melitensis gli ovini, per B. abortus i bovini, B. suis i suini e B.

canis i cani.

L’uomo si infetta per ingestione di latte non pastorizzato o di latticini freschi (derivati da latte

non pastorizzato) o per contatto diretto con animali infetti (per questo è possibile individuare

categorie lavorative a rischio come agricoltori, allevatori, macellatori e veterinari in quanto

hanno contatto diretto con gli annessi embrionali provenienti dall’aborto animale).

Tra le varie vie possibili di infezione c’è anche l’incidente di laboratorio (dovuto all’inalazione

dopo apertura della piastra).

PATOLOGIA

Come definizione, quindi, si può

definire questa malattia come zoonosi

(malattia degli animali) causata da

batteri appartenenti al genere Brucella

e che occasionalmente viene trasmessa

dagli animali all’uomo; si manifesta

classicamente con una febbre chiamata

febbre maltese o ondulante in quanto

caratterizzata da periodi di iperpiressia

(alte temperature) a cui seguono

periodi di apiressia (mancanza di

febbre) e poi nuovamente periodi di

febbre.

L’infezione è a lento decorso, con un periodo di incubazione molto lungo (in media 2-3

settimane ma può andare da 8 giorni a diversi mesi), splenomegalia (ingrossamento della

milza) e dolore muscolare. Si accompagna anche una caratteristica sudorazione notturna con

tipico “odore di stalla”.

Per quanto riguarda la patogenesi, si ha la penetrazione delle brucelle per via oro-faringea,

transcutanea (attraverso abrasioni della pelle quando si è a contatto con animali infetti) o

inalatoria e si ha un primo tentativo di fagocitosi ad opera di neutrofili e macrofagi ma i batteri

sono capaci di replicarsi all’interno dei macrofagi. Di qui, così, vengono disseminati mediante

la via ematica causando batteriemia (motivo per il quale si fa emocoltura) e si localizzano e

moltiplicano negli organi del sistema reticolo-endoteliale (linfonodi, fegato, milza, midollo

osseo). Le brucelle non producono tossine di natura proteica e l’azione patogena è dovuta alla

capacità di resistere alla fagocitosi, quindi alla capacità di sopravvivere all’interno dei monociti

ma dipende anche dal possesso del lipopolisaccaride (endotossina) e dalle proprietà

allergizzanti che il batterio possiede.

Le vie di trasmissione, quindi, sono:

-alimentare (latte crudo, panna, formaggi freschi, gelati);

-via transcutanea (contatto con prodotti abortivi o deiezioni animali);

-via aerogena (inalazione di polvere contaminata);

-via transcongiuntivale.

Possono sopravvivere per lungo tempo (fino a 6 mesi) anche in alimenti refrigerati (4-8° C).

Per quanto concerne l’epidemiologia, è una malattia molto antica conosciuta sin dai tempi di

Ippocrate (460 a.C.), è endemica in tutti i paesi del mondo, ha una diffusione prevalentemente

rurale; i serbatoi naturali sono animali domestici (bovini, ovini, suini, cani) nei quali l’infezione

corre solitamente in maniera asintomatica, causa spesso aborto negli animali. I batteri

vengono eliminati con i prodotti abortivi, secrezioni vaginali, urine, feci e latte (causa mastite

cronica nei bovini). In Italia l’incidenza dei casi è di 700-900 casi all’anno.

DIAGNOSI

I segni clinici sono febbre, sudorazione profusa (soprattutto notturna), artromialgie (dolore

muscolare e a livello delle articolazioni) ed epato-splenomegalia (ingrossamento di fegato e

milza). La brucella si può isolare in coltura da sangue nei picchi febbrili o da frammenti bioptici

(ma la biopsia epatica non si riesce quasi mai a fare) o anche con esame colturale del liquor

cefalorachidiano. E’ anche possibile farlo mediante diagnosi indiretta come con la

sierodiagnosi di Wright (si fa quasi sempre in coppia con la widal usata per le salmonelle,

quindi si parla di sierodiagnosi widal-wright perché la sintomatologia all’inizio è pressoché

sovrapponibile; il titolo significativo di positività va da un titolo maggiore di 1:100-1:200) o

reazioni di immunoenzimatica. Si può anche cercare DNA del batterio con metodiche

molecolari nel liquor (PCR che si può usare per qualsiasi tipo di infezione).

I materiali patologici arrivati in laboratorio vengono solitamente prima messi in terreno

liquido, per fare una sorta di arricchimento,

che viene osservato ogni 2-3 giorni e ad

ogni osservazione si fanno sottocolture in

terreno solido (il brucella c’è sia brodo che

agar, quindi si può fare l’arricchimento in

brucella brodo e da lì fare le sottocolture in

terreno agarizzato).

La terapia si avvale di tetracicline:

doxicicline per 4 settimane + streptomicina o gentamicina per 15-21 giorni. Sono terapie

molto lunghe in quanto la localizzazione del batterio è intracellulare, quindi bisogna insistere

con la terapia per debellare l’infezione. Nei bambini e nelle donne gravide sono da evitare le

tetracicline (nei bambini sotto gli 8 anni provocano l’ingiallimento dei denti) quindi si

somministrano altre molecole come il cotrimoxazolo o la gentamicina.

Non esistono dei vaccini umani, in quanto non c’è la motivazione a programmare una

profilassi umana essendo i casi all’anno poco numerosi, ma esiste in campo veterinario.

NEISSERIE

Le neissèrie sono dei cocchi gram negativi e il singolo batterio

ha una conformazione reniforme (a forma di rene, con un lato

rigonfio e un altro piatto concavo). Sono disposti a coppie

(quindi sono diplococchi) con tipico aspetto definito “a chicco

di caffè” (si accoppiano dalla parte incavata).

Sono aerobi/anaerobi facoltativi, immobili, asporigeni, spesso

capsulati e catalasi/ossidasi-positivi.

Non ci sono solo neisserie patogene ma anche apatogene che sono commensali (ovvero

risiedono normalmente) nelle prime vie aeree e sono N. sicca, N. subflava, N. flavescens e N.

mucosa. Quelle patogene per l’uomo, invece, sono N. meningitidis (o meningococco) e N.

gonorrhoeae (o gonococco).

NEISSERIA MENINGITIDIS

N. meningitidis è agente eziologico di un’infezione gravissima e purulenta delle meningi, la

meningite che si manifesta clinicamente con rigidità nucale, cefalea, febbre (anche molto

elevata), irritabilità, disturbi a livello mentale (confusione), nausea e vomito; spesso compare

un esàntema (eruzioni cutanee come vescicole, pustole) che poi evolve in petecchie (macchie

rosso scuro) dovute a danno vascolare da parte dell’endotossina. Può essere rapidamente

mortale, anche a poche ore dalla comparsa dei sintomi.

I casi che si verificano sono sporadici o si verificano dei piccoli focolai epidemici (più

frequentemente nelle collettività chiuse come scuole, palestre ecc.) e hanno un’incidenza

maggiore nella fascia d’età della prima infanzia e in adulti con età superiore ai 45 anni.

La presenza dei casi clinici è associata alla presenza dei soggetti portatori sani del batterio nel

naso-faringe; la trasmissione è per via inalatoria. La

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
9 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/19 Microbiologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher PintuAlex di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Microbiologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Fumarola Luciana.