vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Per quanto riguarda la prevenzione, a tutt’oggi non si hanno ancora
vaccini per gli esseri umani, e il consiglio generale è quello di non
consumare prodotti non pastorizzati. Mentre per chi svolge un lavoro a
rischio è opportuno l’uso di guanti protettivi.
Incidenza
Sebbene la brucellosi umana sia una di quelle malattie a denuncia
obbligatoria, in diversi paesi il numero dei casi segnalati non riflette
appieno quello delle persone contagiate. L’Organizzazione Mondiale della
Sanità stima che ogni anno la vera incidenza sia da 10 a 25 volte
superiore a quella ufficiale.
Nei paesi del Mediterraneo e mediorientali l’incidenza annuale di
brucellosi umana varia da un minimo di 1 a un massimo di 78 casi per
100 mila persone. Nelle aree endemiche, dove non sono state applicate
misure di controllo, invece, si arriva anche a 550 casi per 100 mila
persone. Negli Stati Uniti sono segnati appena 120 casi ogni anno.
In Italia le ultime stime indicano che ci sono circa 2,1 casi ogni 100 mila
abitanti, con un netto decremento rispetto alla prima metà del secolo:
nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale si sono registrati
fino a 20 casi ogni 100 mila abitanti.
Diagnosi
Le tecniche impiegate sono: la sieroagglutinazione lenta in tubi (SAL), la
sieroagglutinazione rapida con antigene al rosa bengala (RBT), la
fissazione del complemento (FC), il ring-test (RT), l’ELISA. Sicuramente
più specifica e sensibile risulta la ricerca diretta delle Brucelle per mezzo
della PCR che può essere effettuata su sangue durante la fase di
batteriemia, se si ha il dubbio di un possibile contagio dell’animale,
permettendo così di non dover attendere per la diagnosi la risposta
anticorpale dell’animale. E’ possibile effettuare la ricerca diretta in PCR
delle Brucelle anche su campioni di latte, feti, tessuti in genere, alimenti.
La PCR può essere impiegata anche per la caratterizzazione molecolare
in associazione ad altre tecniche quali la RFLP e l’AFLP. Quest’ultima,
Amplified Fragment Length Polymorphism, combina la tecnica del DNA
ricombinante e della PCR (Polymerase Chain Reaction), per ottenere
un’analisi più precisa delle probabili differenze esistenti a livello
genomico.
Patogenesi
La malattia rappresenta un importante problema di sanità pubblica per le
infezioni umane ed è causa di gravi danni economici, particolarmente
nelle aree agricolo-pastorali per le infezioni negli animali da allevamento.
Gli uomini possono contrarre la malattia entrando in contatto con animali
o prodotti di origine animale contaminati. Quindi generalmente sono tre
le vie da cui passa l’infezione: attraverso cibi o bevande contaminati, per
inalazione, oppure tramite piccole ferite sulla pelle. Di queste però
sicuramente la prima è la via più comune, infatti il batterio della
brucellosi è presente anche nel latte degli animali contagiati e se questo
non viene pastorizzato l’infezione passa agli esseri umani.
La seconda via di contagio, quella per inalazione, riguarda soprattutto le
persone che svolgono determinate occupazioni, in particolare quelle che
lavorano in laboratori dove vengono coltivati questi batteri. Invece il
contagio attraverso piccole ferite della pelle può essere un problema per
coloro che lavorano nei mattatoi o nelle cliniche veterinarie. Anche i
cacciatori corrono il rischio di infezione dalle prede attraverso piccole
ferite superficiali.
Capitolo a parte è invece il rischio di contagio dal cane all’uomo: i casi
documentati sono pochissimi e la maggior parte delle volte non si ha il
passaggio dell’infezione da cane a uomo. Infatti i possessori di animali da
compagnia difficilmente entreranno in contatto con il sangue, liquidi
seminali o placente dei cani, per cui non sono considerati a rischio.
Inoltre nei cani l’infezione può essere curata in qualche giorno.
Infine è estremamente rara l’infezione da uomo a uomo, questo significa
che l’eradicazione della malattia fra gli animali significherebbe anche
eliminare il rischio per l’uomo. Seppure molto raro, è tuttavia possibile il
contagio da madre a figlio attraverso il latte materno. Sono poi anche
stati riportati casi di trasmissione per via sessuale o da trapianti di
tessuti.
In condizioni naturali il contagio avviene per via digerente (mucose:
orale, tonsille, gastrointestinale) in seguito all’assunzione di alimenti o di
acqua contaminati. Dopo che è penetrata nel nuovo ospite, B. abortus si
moltiplica nella sede di ingresso in cui si ha rapido inglobamento da parte
di leucociti polimorfonucleati nel tentativo di bloccare l’infezione. Per
effetto di tale moltiplicazione i leucociti vanno incontro a necrosi; sia i
germi che i residui cellulari vengono quindi fagocitati da cellule
mononucleate le quali, per via linfatica, giungono ai linfonodi regionali
trasferendo l’infezione in questa sede. Come reazione si ha, a livello
linfonodale, produzione di granulomi. Se i microrganismi riescono a
superare questa barriera, guadagnano il torrente circolatorio; dopo il loro
inglobamento da parte di polimorfonucleati e monociti, un’ulteriore
diffusione avviene attraverso il circolo ematico (batteriemia primaria),
con localizzazione nella milza, nel fegato, nel midollo osseo e nei
linfonodi. Quando la prima infezione colpisce femmine gravide di non
oltre 4/5 mesi, le Brucelle rimangono quiescenti nelle sedi in cui sono
pervenute con la batteriemia primaria. A partire dal 5° mese di
gestazione esse si riversano nuovamente in circolo e, attraverso una
batteriemia secondaria, raggiungono gli organi bersaglio di elezione
(placenta e feto), dove si moltiplicano con straordinaria velocità. Nel
caso in cui invece l’infezione coincida con uno stadio di gestazione
avanzato (oltre il 5° mese), si ha solo una batteriemia primaria con
immediata e diretta disseminazione delle Brucelle nell’utero e nelle altre
sedi preferenziali. B. melitensis è l’agente responsabile primario della
brucellosi degli ovini e dei caprini e, per la quasi totalità dei casi
registrati annualmente in Italia, di quella umana. Sul piano clinico ed
anatomo-patologico, la brucellosi ovi-caprina è sostanzialmente
indifferenziabile dalla brucellosi bovina.
La brucellosi umana
La brucellosi umana è sostenuta da una qualsiasi delle quattro specie del
genere Brucella. B. abortus, che ha il suo serbatoio nei bovini, si associa
di solito ad una malattia sporadica con decorso clinico di moderata
gravità. L’infezione da B. suis si contrae attraverso il contatto coi suini e
si associa più frequentemente a lesioni suppurative e destruenti, a
decorso clinico protratto. B. melitensis (la causa più comune in tutto il
mondo), che ha come serbatoio pecore e capre, può causare una grave
malattia acuta con complicanze invalidanti. B. canis, contratta per
trasmissione da cani infetti, causa una malattia ad esordio insidioso,
frequentemente recidivante, con decorso cronico indistinguibile dalle
forme da B. abortus. Le Brucelle, penetrate nella
sottomucosa attraverso le cellule epiteliali della cute, della congiuntiva,
della faringe o del polmone, inducono un’attiva risposta infiammatoria.
Se le capacità di difesa dell’ospite sono superate, si verifica una
batteriemia che diffonde l’infezione a livello splenico, epatico e midollare
con formazione di granulomi.
Il periodo di incubazione dura circa 2-4 settimane, ma può protrarsi
anche per alcuni mesi. L’infezione subclinica si individua solo con i test
sierologici e si verifica più spesso in individui a rischio (veterinari,
contadini). La malattia acuta e subacuta presenta sintomi proteiformi ed
aspecifici: febbre (definita “ondulante” nelle persone non trattate per
lungo tempo, ma che può presentarsi sotto molteplici aspetti), brividi,
sudorazione maleodorante, artromialgie, astenia, anoressia, dolore alle
articolazioni e dolore lombare, occasionalmente perdita di peso. Se
predomina il coinvolgimento di uno specifico organo (ossa, SNC, cuore,
polmoni, milza, testicoli, fegato, colecisti, rene, prostata, cute, occhi) si
parla di malattia localizzata e/o complicata. Quando la malattia dura per
oltre un anno si definisce forma cronica e si manifesta come una malattia
a decorso protratto (spesso a causa di una inadeguata terapia
antibiotica) oppure con un quadro focale ascessuale a localizzazione
ossea, epatica o splenica.
Una presunta diagnosi si pone con l’anamnesi (professione, contatti con
animali, viaggi in aree enzootiche, ingestione di alimenti ad alto rischio,
come i prodotti caseari non pastorizzati); la sintomatologia ed i test
sierologici, di cui i più utilizzati sono i test di sieroagglutinazione. Quando
questi sono dubbi, si può ricorrere ai test immunoenzimatici. La diagnosi
definitiva si ottiene con le emocolture, le colture midollari o di altri
tessuti.
La brucellosi animale
BOVINI
La brucellosi bovina è dovuta alle specie B. abortus e B. melitensis; è
un’infezione cosmopolita, ad elevata contagiosità, sostenuta
principalmente da B. abortus che causa aborti (4°-8° mese), ritenzioni
placentari ed infertilità nei bovini, occasionalmente provoca orchite.
Anche altre specie domestiche e selvatiche possono risultarne infette. I
bovini possono infettarsi per via orale, congenitamente, per ingestione di
latte materno infetto e raramente per via venerea (il seme dei tori dei
centri di fecondazione artificiale è ormai molto ben controllato). La
promiscuità è un importante fattore di rischio per l’infezione: grossi
contingenti di animali ammassati in uno stesso pascolo all’aperto per
lunghi periodi possono trasmettersi l’infezione a seguito della
contaminazione ambientale con feti abortiti, placente, lochiazioni,
essudati e secrezioni utero-vaginali di alcuni soggetti. L’infezione poi si
può estendere a tutta la mandria diventando endemica e più infima, con
manifestazioni cliniche meno eclatanti, con aborti endemici sporadici o
solo con calo di fertilità ma con la costante presenza di animali infetti ed
eliminatori. Le Brucelle si localizzano soventemente nel parenchima
mammario e vengono eliminate con il latte, potendo così infettare
giovani vitelli. I vitelli infettati in utero possono diventare portatori
latenti. Il germe penetrato nell’ospite si moltiplica nei fagociti e nel
tessuto linfoide, la sua persistenza all’interno delle cellule può essere
determinante nel generare le classiche reazioni flogistiche a carattere
granulomatoso (granuloma brucellare) o essudatizie-necrotizzanti e
purulente in organi come milza, fegato, midollo osseo e linfonodi
<