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FERMENTAZIONE ACIDA MISTA DEL GLUCOSIO ( VIA EMBDEN-MEYERHOF)
Moltissimi batteri, tra cui le
Enterobacteriacee, utilizzano il glucosio
soprattutto mediante questa via. Si
parte dal glucosio e, attraverso una
serie di processi enzimatici e idrolitici,
si giunge a composti a 3 atomi di
carbonio, tra cui il più rappresentativo
è l’acido piruvico. Dall’ acido piruvico in
poi le strade sono diverse, in
dipendenza dei batteri con cui abbiamo
a che fare che differiscono sia per
quantità che per tipi di acidi prodotti.
Come si giunge dal glucosio all’ acido piruvico.
Le molteplici vie che partono dall’acido piruvico. 1. Se abbiamo a che fare con un
ESCHERICHIA COLI, dall’acido piruvico il batterio
produrrà grandi quantità di acido acetico e acido
lattico. Tutta questa produzione di acidi è
rilevabile con una prova che si chiama “Rosso
metile”.
2. Se abbiamo i batteri che appartengono al
gruppo KES, che significa “Klebsiella-
enterobacter-serratia”, dall’acido piruvico
produrranno glicole butilenico attraverso l’acetil
metil carbinolo.
3. Se abbiamo batteri anaerobi, tipo i
CLOSTRIDII, dall’acido piruvico produrranno
grandi quantità di acido butirrico e questo
conferisce loro anche in coltura un caratteristico
“odore di formaggio” che si sente anche a livello
delle ferite provocate da questi batteri.
UTILIZZAZIONE DEI CARBOIDRATI
Bisogna innanzitutto specificare che i microbiologi utilizzano con licenza microbiologica il termine
“fermentazione”; questo perché la fermentazione è un processo di ossidoriduzione che avviene in
ambiente anaerobio e che utilizza un composto organico come accettore finale di idrogeno al posto
dell’ossigeno; in virtù di ciò è una libertà propria dei microbiologi affermare che è una fermentazione quella
dei carboidrati (in particolare quella del glucosio), bisognerebbe più propriamente parlare di “utilizzazione
dei carboidrati”. Perché è una “licenza dei microbiologi”? Io ho il mio campione in laboratorio e lo vado a
seminare su piastre all’aria. La superficie della piastra è a contatto con l’ossigeno ( se sospetto la presenza
di batteri anaerobi in un campione, e questo me lo può suggerire il tipo di campione che mi arriva, è chiaro
che devo consentire la crescita anche degli anaerobi, se ci sono, e quindi metterò a incubare la piastra in
un’ atmosfera di anaerobiosi che vado a creare io con dei catalizzatori che mi eliminano l’ ossigeno e che mi
consentono di usare la piastra in condizioni anaerobie). Le piastre non le andiamo quindi tutte a seminare
in anerobiosi ma le teniamo chiuse con il coperchio, in camera calda a 37 °C per 24 ore. Dove crescono poi i
batteri? Sulla superficie della piastra dove c’è l’ossigeno; quindi se io, nel mio terreno in cui li ho seminato,
ho introdotto dei particolari carboidrati per vedere se li utilizzano o meno, se li hanno utilizzati il loro
utilizzo sarà avvenuto in ambiente aerobio o perlomeno non strettamente anaerobio. Ecco perché questa
parola fermentazione viene dai microbiologi utilizzata con una certa libertà che un chimico non
apprezzerebbe affatto. Quindi più di “fermentazione” occorre parlare di “utilizzo”.
I microbiologi, inoltre, dicono anche “zuccheri” o “carboidrati” indifferentemente; ma non tutti i carboidrati
sono chimicamente degli zuccheri.
Molti batteri, e in particolar modo le Enterobacteriacee, utilizzano il glucosio mediante la via di EMBDEN-
MEYERHOF o DELLA FERMENTAZIONE ACIDA MISTA, dalla quale si arriva all’acido piruvico e dall’acido
piruvico poi vengono prodotti una serie di acidi organici.
Quindi i batteri differiscono per:
la loro capacità di utilizzare i carboidrati
per tipo e quantità di acidi prodotti
1. Ad esempio, Escherichia Coli utilizza il glucosio producendo grandi quantità di acido acetico e acido
lattico. Questa grande produzione di acidi comporta un abbassamento del pH del terreno. Questo
abbassamento del pH del terreno lo si rileva con una prova che si chiama “Prova del Rosso Metile”
che viene positiva indicando che il batterio in questione ha prodotto acido acetico e acido lattico.
Quindi, la presenza di acido lattico e acido acetico viene rilevata con la prova del rosso metile.
2. I famosi batteri del gruppo Kes, “Klebsiella-Enterobacter-Hafnia (può essere esclusa perché non ha
rilevanza in campo medico)-Serratia”, metabolizzano il piruvico tramite il glicole butilenico,
producono acetil metil carbinolo. Di tutto ciò noi ce ne accorgiamo facendo la “Prova di Voges
Pruskauer”. Se la prova viene positiva significa che sono stati prodotti questi acetili.
3. I batteri anerobi, tra i quali Clostridii e Fusobatteri, producono grandi quantità di acido butirrico e
viene anche prodotto del gas durante la fermentazione per la scissione dell’acido formico. Alla
produzione di acido segue quella di gas (il gas viene prodotto in ambiente acido).
FERMENTAZIONE DEL LATTOSIO Utilizziamo questi carboidrati, il lattosio è uno
dei più gettonati, nei terreni di coltura per
vedere come si comportano i nostri batteri in
presenta di questi substrati. Siccome il
lattosio è uno dei protagonisti più creditati
dei componenti dei terreni di coltura,
cerchiamo di capire che cosa avviene quando
diciamo “ha fermentato il lattosio”
guardando una piastra o un becco di clarino o
altro.
Il lattosio è composto da glucosio e
galattosio, uniti dal legame galattosidico che può essere scisso per idrolisi. Da questa scissione otteniamo il
glucosio e il galattosio.
Per utilizzare il lattosio che noi introduciamo nel terreno di coltura il batterio deve avere due enzimi:
− β Galattoside Permeasi, che permette il passaggio del β Galattoside (dimero galattosio+glucosio)
attraverso la parete batterica. Quando il β galattoside è entrato nella cellula batterica, però è
necessario che ci debba essere un altro enzima, ovvero:
− β Galattosidasi, che idrolizza il legame β galattosidico una volta che il nostro disaccaride è arrivato
all’interno della cellula batterica; quindi ci lascia il glucosio e il galattosio.
Il glucosio ora verrà utilizzato attraverso la via di EMBDEN-MEYERHOF. Quindi le tappe finali per
l’utilizzazione del lattosio coincidono con quelle del glucosio. Quindi il batterio per poter utilizzare il lattosio
deve possedere i due enzimi citati in precedenza.
Se in un terreno di coltura metto come substrato il glucosio e il lattosio, mi conviene o no se è un terreno di
primo isolamento? No, perché se utilizzano il glucosio utilizzano quello “puro” già presente nel terreno ma
se c’è anche il lattosio non posso capire se i batteri hanno usato gli enzimi per derivare dal lattosio il
glucosio. Quindi in questa maniera non posso rilevare la presenza dei batteri aventi gli enzimi necessari per
l’assunzione di glucosio derivante dall’idrolisi del lattosio (perché useranno direttamente il glucosio
presente già nel terreno).
In un terreno dall’utilizzo di un carboidrato (in questo caso del lattosio) vengono prodotti degli acidi ma
questo vale per qualsiasi carboidrato.
Un microrganismo LNF, ovvero “lattosio non fermentante”:
− o è privo di β galattosidasi
− o è incapace di fermentare il glucosio
Tardo LF, ovvero “tardo lattosio fermentanti” hanno:
− attività β galattosidasica
− scarsa attività β galattoside permeasi
(la permeasi ce l’hanno, ma ci mette di più per farla entrare)
Dobbiamo quindi aspettare un pochino più di tempo per vedere se succede qualcosa.
TERRENI A BECCO DI CLARINO
KIA = Kligler Iron Agar contiene ferro e due zuccheri
TSI = Triple Sugar Iron contiene ferro e tre zuccheri
Tra i due è preferito il TSI. Però si studiano insieme perché il principio è lo stesso, solo che nel KIA ci sono
solo due zuccheri, nel TSI ce ne sono tre.
Nel KIA, dove sono presenti ferro e due zuccheri, si evidenzia la produzione di acido e gas a partire da
glucosio e lattosio e produzione di H₂S.
Nel TSI, oltre al glucosio e al lattosio, è presente anche il saccarosio. Però di questi zuccheri dobbiamo stare
attenti alla percentuale:
− saccarosio 1%
− lattosio 1%
− glucosio 0,1 %
L’ indicatore di produzione di H₂S è il solfato di ferro, sali di ferro. (KIA)
L’indicatore di pH è il rosso fenolo. (TSI)
TSI
“ TRIPLE SUGAR IRON”
Terreno solidificato a becco di clarino. Questa modalità di solidificazione ci permette di creare due camere
di reazioni: ➢ una inclinata ed esposta all’ ossigeno atmosferico (BECCO)
➢ una relativamente anaerobia (CILINDRO)
Per avere la validità del sistema si deve far si che queste due camere di reazione, cilindro e becco, siano alti
ognuno 3 cm (quello che avevamo visto in aula non rispondevano a tali parametri).
Il sistema di semina è l’inoculo per infissione e strisciamento. Quindi andiamo a seminare con l’ago. Per
infissione, andiamo giù fino al fondo del cilindro e poi torniamo su e seminiamo per strisciamento sempre
con l’ago.
Abbiamo i 3 carboidrati: glucosio, lattosio, saccarosio.
✓ I microrganismi che fermentano il glucosio (in genere il primo ad essere utilizzato dai batteri)
producono una quantità di acido sufficiente a far virare il terreno al giallo (perché viene modificato
il pH del terreno, che di conseguenza fa virare l’indicatore). Le Enterobacteriacee utilizzano tutte il
glucosio. Ricordiamo che il glucosio è pari allo 0.1 % quindi è 10 volte inferiore agli altri due
zuccheri.
Dopo che ho seminato, vado ad incubare il becco di clarino, che ho posto in un provettario in piedi, in
camera calda come normalmente faccio con le piastre.
Durante l’incubazione nella porzione del becco si ha liberazione di ammine, che derivano dal metabolismo
delle proteine, con una alcalinizzazione tale da superare l’acidità prodotta dall’utilizzo del glucosio e
viraggio dell’indicatore al rosso.
Nella porzione del cilindro la scarsa degradazione delle proteine non produce la reversibilità della reazione
e l’indicatore rimane giallo.
✓ I batteri lattosio e saccarosio fermentanti (BATTERI L/S FERMENTANTI) per la più alta % di questi
due carboidrati fanno virare al giallo sia il cilindro che il becco.
Questa volta, quando i batteri utilizzano il lattosio e il saccarosio o uno solo dei due