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Negli anni tra il 1780 e il 1830 ci fu in Europa occidentale nelle Americhe una sorta di terza
rivoluzione che vide emergere la classe media commerciale. Negli Stati Uniti c’erano centinaia di
migliaia di imprese commerciali, si istituirono nuove banche che, con l’emissione di carta moneta,
resero possibile l’espansione del commercio; il consumo privato crebbe così come crebbe la
popolazione e i suoi diritti: nel 1830 il voto maschile adulto era largamente diffuso e
l’alfabetizzazione aveva raggiunto un livello elevato.
Capitolo 4. Tra le rivoluzioni mondiali, circa 1815-65
Le guerre e le rivoluzioni del periodo 1780-1820 avevano avuto un costo elevato quanto a vite
umane e a guasti economici, che si fecero più approfonditi con la scarsità mondiale di denaro
liquido. Soldati disoccupati che volevano lavoro si scontravano con le forze dell’ordine, proprietari
terrieri che avevano tratto vantaggio dagli alti prezzi del grano durante le guerre si trovarono in
contrasto con gli affittuari costretti ad imporre le vecchie restrizioni feudali; in più dopo il 1815 i
radicali che avevano fatto capitolare la monarchia francese videro la restaurazione dei vecchi Stati
dinastici.
Per far uscire l’economia globale dalla depressione postbellica i governanti avevano bisogno di
espandere nuovamente i mercati; dopo il 1815 la Gran Bretagna emerse come l’arbitro commerciale
del mondo, riprese i rapporti con gli Stati Uniti post rivoluzionari proprio per il reciproco interesse
commerciale, sull’emigrazione e sull’evangelismo protestante; la monarchia francese conservò le
sue influenze nel Mediterraneo occidentale e lungo le coste dell’Africa occidentale. Nel Nuovo
Mondo grazie all’espansione verso nuove terre la nuova repubblica americana riuscì a stabilizzarsi.
Insieme all’esportazione di merci (quale il cotone grezzo) venne ovviamente esportata la
manodopera: la schiavitù venne abolita dagli inglesi solo nel 1834, dagli Stati Uniti nel 1845, ma
fino a quel momento si continuarono ad esportare schiavi da Cuba e dal Brasile; ci fu ovviamente
anche la migrazione libera, soprattutto da parte degli europei diretti in Nordamerica. Questi
spostamenti umani contribuirono a sostenere la nuova divisione del lavoro nella quale l’Europa
forniva manufatti e semimanufatti mentre il resto del mondo prodotti agricoli e materie prime.
Alcune zone mondiali dopo il 1815 regredirono: le isole caraibiche dello zucchero, le esportazioni
tessili indiane, i traffici di spezie del Sudest asiatico. Le economie rurali furono massacrate da
siccità, inondazioni ed epidemie. In questo quadro la ricchezza nazionale della Gran Bretagna finì
col dipendere sempre più dalla vendita di prodotti manufatturieri e dall’acquisizione di materie
prime; di conseguenza diventò fondamentale ottenere l’ingresso nei mercati dell’Asia, dell’Africa e
dell’America Latina senza pagare tariffe elevate. Ne nacquero guerre per l’accesso ai mercati
stessi, il cui esempio più clamoroso è la guerra dell’Oppio del 1839-42 tra Cina e Gran Bretagna: gli
inglesi importavano in Cina l’oppio proveniente dall’India, ma la Compagnia delle Indie perse il
suo monopolio nel momento in cui subentrarono i liberoscambisti; questi mercanti immisero una
quantità maggiore di oppio che causò numerosi disagi tra la popolazione cinese. Siccome l’oppio si
accumulava, la corte cinese inviò un magistrato a distruggere la droga, causando le ire della Gran
Bretagna la quale dichiarò guerra alla Cina.
Il sistema degli Stati emerso nel 1815 riuscì a neutralizzare i suoi oppositori ideologici nel mondo;
monarchie e aristocrazia furono spogliate dei loro privilegi anche se la gente rimase devota all’idea
che il potere dei sovrani dipendesse direttamente da Dio. In termini militari le monarchie restaurate
e gli imperi rivitalizzati riuscirono a dimostrarsi capaci di un controllo maggiore sulle frontiere
interne; l’Impero britannico fu retto da uomini che avevano combattuto contro Napoleone e
rinvigorirono la potenza britannica. Ad accrescere il potere dello stato furono avvocati e i funzionari
per quanto riguarda il bisogno dei governi di istituire le tasse, e la polizia e in particolare quella
segreta che diffondevano il cosiddetto “panico informativo” circa le azioni malvagie e oscure di
gruppi non identificati.
Per una ventina d’anni dopo il 1820 l’Impero ottomano fu agitato da una serie di rivolgimenti
interni che modificarono le istituzioni dello Stato e abolirono i sistemi burocratici e militari su cui
esso si fondava.
Le ribellioni esplosero per tre grossi fattori: in primis la necessità di rispondere all’espansione
mondiale del colonialismo (con tutto ciò che esso comportava); in secondo luogo i problemi interni
di gestione delle diverse comunità etniche e religiose erano aggravati dalla diffusione di nuove
ideologie; in terzo luogo giocarono una loro parte la crescita demografica e gli squilibri economici
locali dovuti ad un accumulo di tensioni agrarie e sociali.
Le proteste rivoluzionarie del periodo furono strettamente collegati ai sommovimenti contadini del
periodo tra il 1848 e il 1851; queste proteste non solo indebolirono i proprietari terrieri ma
minacciarono anche i nuovi grandi agrari che fornivano la base d’appoggio dei regimi
neoconservatori. Una potente causa fu il ridotto accesso ai terreni boschivi di cui le comunità si
servivano sia per la legna, sia per il pascolo. La gente di campagna faceva appello alla libertà e
furono aiutati dalle rivolte urbane della popolazione più povera che iniziarono ad assalire le
macchine nelle fabbriche. Le insorgenze furono brutalmente frenate e videro il ritorno delle autorità
monarchiche.
Il terzo sconvolgimento che spartisce il XIX secolo è la Guerra civile americana; la guerra non
divenne mondiale (malgrado le simpatie per la Confederazione sudista dimostrate dalla Francia)
perché le potenze non ebbero un interesse diretto ad intervenire ma divenne comunque un fenomeno
con conseguenze mondiali (a livello di politica espansionistica sia francese che statunitense); la
guerra civile, inoltre, costrinse la Gran Bretagna a rivolgersi ad altri mercati per ottenere il cotone e
sviluppò ulteriormente la propria economia; inoltre, fattore ancora più importante, la guerra civile
causò la scomparsa non solo delle piantagioni schiavistiche degli Stati del Sud, ma anche della
Compagnia delle Indie Orientali. La guerra civile americana è stata la prima guerra altamente
meccanizzata della storia, con cannoni di grosso calibro che distrussero eserciti e rasero al suolo
intere città.
Capitolo 5. L’industrializzazione e la nuova città
L’industrializzazione lavorò inegualmente nel mondo, creando poteri, dipendenze e modi di vivere
nuovi. Le idee di Adam Smith sulla specializzazione economica e sull’economia di scala fornirono
strumenti intellettuali con cui analizzare la questione della crescita economica accelerata.
La Gran Bretagna è il punto di partenza: nel 1881 circa il 44% della popolazione lavorava nelle
industrie, il resto era impiegata nei trasporti (che includevano le ferrovie) o nel commercio di cibo e
vestiario prodotti industrialmente. Questa nazione fu la prima ad industrializzarsi grazie a diversi
fattori che lavorarono contemporaneamente: l’utilizzo della macchina a vapore, del filatoio
meccanico e dell’altoforno per il ferro, gli ingenti capitali provenienti dall’esterno.
L’industrializzazione americana seguì un percorso simile a quella inglese, ma su scala più vasta:
anche qui l’industrializzazione deriva dagli investimenti effettuati nella tecnologia meccanizzata da
parte dei mercanti arricchiti. Le prime fasi videro una serie di innovazioni nell’organizzazione del
lavoro (importante fu quella introdotta da Henry Ford nel 1896). In Francia l’industrializzazione si
ebbe nel decennio successivo al 1850 e alcune città si specializzarono nella produzione di un
determinato prodotto. L’Italia settentrionale, specie piemontese, si specializzò nella produzione di
manifatture tessili e metallurgiche.
L’industrializzazione implica la gestione e il controllo della forza lavoro, materie prime da cercare,
trasporti e sbocchi di mercato da organizzare: il regime di libero scambio della Gran Bretagna ebbe
un effetto di soffocamento un po’ ovunque, salvo le aree dell’Europa nordoccidentale e del
Nordamerica che si stavano già industrializzando. La nobiltà e i funzionari cinesi si opponevano
all’industrializzazione non perché conservatori ma perché l’importazione di tecnologia e personale
direttivo e specializzato proveniente dall’Europa avrebbe fatto perdere l’autorità morale e giuridica
sui loro concittadini. Il Giappone è stata l’unica società extraeuropea ad avere uno sviluppo
industriale pari a quello occidentale, facendo salire notevolmente il livello procapite.
Nel corso dell’industrializzazione si assiste ad un altro fenomeno: quello dell’urbanizzazione. Nel
1780 i modelli base dell’organizzazione spaziale delle città erano rimasti gli stessi rispetto al ‘500
(con il modello cristiano di collocare la basilica di fronte la corte-fortezza e di raggrupparvi attorno
le case aristocratiche, che era stato importato un po’ in tutte le colonie).
Con l’avvento dei movimenti rivoluzionari le città rallentarono la propria espansione, ma con
l’urbanizzazione cambiarono le strutture familiari: divennero più piccole e continuarono ad avere
rapporti col parentado più per una questione di sicurezza e di matrimonio. Nei centri urbani
nacquero le abitazioni popolari economiche, spesso senza fognature o accesso all’acqua che
contribuivano ad acuire la spiacevolezza della vita urbana insieme alle lunghe ore di lavoro e alla
mancanza di servizi medici. Quest’ultimo fattore, assieme all’aumento della densità della
popolazione, espose sempre più le città al rischio di epidemie. A causa del malcontento delle classi
più povere si diffuse tra quelle più elevate la cosiddetta paura del crimine, facendo aumentare di
conseguenza il controllo della polizia.
Verso l’inizio del XX secolo i socialisti e i radicali vedevano nella classe operaia l’annunciatrice di
un nuovo tipo umano. Con l’abbassamento degli stipendi (dovuti principalmente al nuovo ciclo
economico in cui stavano entrando le industrie) scoppiarono i primi scioperi.
La cultura umana globale è emersa come un più uniforme e spiccato modello di vita: il caffè forniva
un simbolo potente allo spazio pubblico urbano, sia come punto d’incontro di uomini e donne, sia
come cornice per discussioni politiche e filosofiche. In America nacquero i g