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F.R.D.E.puro

Il diritto romano come tradizione romanistica, come pandettistica, come commoncore dei diritti europei ha una tradizione continua; accanto a questo dobbiamo cogliere il diritto romano puro. Cosa ci lega ad esso? Unʼidea duplice e in contraddizione: allo stesso modo cʼè continuità e discontinuità. Nel diritto romano non cʼera tutto quello che cʼè adesso; ci sono problemi comuni e problemi diversi. Sostanzialmente è un polo di confronto per non essere autoreferenziali. Più si è studiato in senso storico il diritto romano, più si è capito che il diritto romano non è solo continuità, ma è anche altro rispetto ai diritti attuali. È un problema che riguarda il rapporto tra antico e moderno. Attualmente il romanista studia il diritto romano dei romani e dialoga con il civilista ed il comparatista sotto un duplice profilo, facendo notare le alterità e le continuità, spiegandone i motivi.

Elasciando loro le indagini sui profili normativi. Nellʼultimo secolo, a parte casi limitati, lo studio del diritto romano è uno studio storico; lostudio storico porta allʼalterità. Prendiamo per esempio il meccanismo di produzione delle fonti del diritto romano. Il sistema giuridico romano è tendenzialmente aperto: un sistema è aperto ogni volta che può essere eterointegrato da soggetti diversi dal legislatore (può essere il giudice, certe prassi di grande rilievo... In Italia non può creare diritto direttamente la dottrina, al massimo coi suoi orientamenti può influenzare il giudice o il legislatore). In un sistema chiuso solamente un legislatore può produrre diritto (ha il monopolio); può rinviare alle consuetudini, ma è sempre il legislatore a farlo; il nostro è un sistema in teoria tendenzialmente chiuso, ma nella pratica la giurisprudenza crea diritto, quindi in realtà è un sistema aperto.

Il sistema romano è aperto: per creare diritto ha scelto metodi diversi da quelli degli Stati europei attuali. Il diritto romano non è stato creato a livello legislativo. Conosciamo circa 8-900 leggi del mondo romano repubblicano e del primo principato, di cui al massimo 30 si occupano di diritto privato; la grande maggioranza si occupa del diritto pubblico, amministrativo, criminale, internazionale. Il diritto privato è stato creato dalla consuetudine che, con la legge, è stata interpretata dai giuristi romani, iurisprudentes. Il Digesto è una grande antologia degli scritti dei giuristi romani repubblicani e imperiali. Ha valore normativo, ma è stato scritto da degli studiosi. I giuristi creavano diritto, perché sostanzialmente il giudice decideva leggendo questi scritti. Cʼè stata unʼaltra figura che ha creato il diritto privato, che è il pretore attraverso il processo. Nel diritto romano non si ragionava in termini stretti di

diritti soggettivi, ma in termini di pretesa; sicostruisce non come un sistema di norme, ma di rimedi giudiziari. Nel processo si creano irimedi che poi portano in sé anche il meccanismo del diritto sostanziale. Il magistrato dà delle azioni per tutelare. Il meccanismo processuale crea lʼistituto. Questo è già un indicedi alterità tra sistema romano aperto e sistemi moderni chiusi.Nessun sistema in realtà è completamente aperto o chiuso. Da un punto di vista teoricoconviene operare in un sistema aperto o in un sistema chiuso? Il sistema chiuso ha ilvantaggio della certezza del diritto, quello aperto è più elastico, risponde più in fretta allenuove esigenze sociali. Nei sistemi chiusi cʼè però il difetto dellʼipertrofia legislativa: sinorma su tutto e con grande ritardo: il legislatore non è in grado di soddisfare attraversouna continua normazione le esigenze della prassi. Il mondo romano non

si poneva il problema della certezza: era diseguale, profondamente legato ad una società che condivideva gli stessi valori sociali, filosofici, religiosi e culturali, era il diritto della élite romana, degli equites. In realtà i comportamenti erano dettati da rigide regole sociali: erano più importanti valori come la fides, il rispetto, il dovere, la religione di Stato; se si tradiva una regola non scritta, si veniva esclusi dalla società dei boni viri. Sarebbe difficile pensare adesso ad un sistema aperto: tutte le società occidentali sono disgregate nei valori, multiformi da un punto di vista etnico, religioso, dei valori. Il legislatore isola una maggioranza e crea delle norme ispirate ai valori della maggioranza (in teoria). Es. Il dolo. Quando lo studiamo ora lo troviamo nella teoria generale del negozio, tra i vizi del consenso, o in norme che regolano l'atteggiamento soggettivo della consapevolezza di ledere un diritto altrui, elemento.soggettivo della responsabilità. Anche in diritto romano il dolo, creato dal pretore, è un vizio del negozio oppure lo si trova in tutta la dimensione della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Il diritto romano ha un'altra prospettiva. Ragionando in termini processuali si parla di eccezione di dolo. Del dolo romano noi abbiamo recepito solo certe cose. Per i romani esisteva un'eccezione di dolo generale o presente. Se non c'è stato o non c'è dolo dell'attore, il giudice condanna il convenuto: il pretore potrà condannare il convenuto se non c'è stato dolo al momento della formazione del contratto (vizio della volontà) o se non c'è dolo al momento del processo (es. attore che rivendica un bene ma che non riconosce le spese necessarie al convenuto). Con l'eccezione di dolo generale o presente, gli attori bloccavano qualsiasi iniziativa iniqua del convenuto al momento del processo. Il pretore ravvisa

L'iniquità: se non si fossero fatte le spese necessarie, che anche chi rivendica avrebbe dovuto necessariamente fare per conservare l'integrità del bene, il bene sarebbe perito: è iniquo non riconoscere le spese necessarie, è equo non riconoscere le spese voluttuarie.

L'eccezione di dolo serve per paralizzare questo meccanismo. In sede processuale succede che spesso la pretesa dell'attore può essere formalmente giusta, ma nelle richieste può avere degli aspetti iniqui. Il diritto romano era formale, solenne, equo, e quindi il pretore doveva paralizzare delle richieste inique. Nella tradizione romanistica l'eccezione di dolo presente è via via scomparsa, è rimasta solo quella di vizio della volontà. Negli ultimi 15 anni la nostra Cassazione l'ha riscoperto come strumento utile per bloccare certe iniziative. Il giudice l'ha dovuta reinserire nell'ordinamento in assenza di una previsione normativa, maturandola dal diritto romano.

e dall'ordinamento tedesco, che l'aveva conservata molto fedelmente dal diritto romano, che aveva una concezione più ampia del dolo rispetto al diritto italiano. 28 febbraio 2011

Tipicità negoziale/contrattuale. "Typos" in greco significa modello, stampo. Tipicità è aver a disposizione modelli su cui organizzare il contratto. Per l'art. 1322 c.c. si possono fare contratti anche non previsti dall'ordinamento purché rispettino i requisiti di liceità e buon costume. È una tipicità debole: l'ordinamento fornisce dei tipi contrattuali, ma, entro certi limiti, se ne possono creare degli altri. Si insegna invece che il diritto romano abbia avuto una tipicità forte: che avesse cioè solo certi tipi contrattuali e che solo questi potessero essere posti in essere. Per i romani la tipicità non era un problema: non troveremo un giurista romano che discute di tipicità. È un problema moderno che noi

Sovrapponiamo, vedendo nell'antichità gli stessi problemi della modernità. I romani erano molto rispettosi delle forme dei loro negozi, non si ponevano il problema della tipicità, perché avevano un negozio tale da risolvere in radice il problema: era la stipulatio: consisteva in una domanda a cui si rispondeva con una promessa; si doveva rispondere usando le stesse parole della domanda (simmetria verbale). Era un negozio formale: la forma è requisito essenziale per la validità (ad esempio nel diritto italiano v. art. 1350 c.c.). Es. "centum dari spondes?" "Spondeo". Non è un negozio causale, è un negozio astratto: non rileva la causa ai fini della validità. Se non c'è una causa, in quella forma posso mettere dentro ciò che voglio. Mediante la stipulatio i romani potevano realizzare quello che volevano: era sufficiente il rispetto della forma solenne. Non c'erano (solo) motivi

“sacrali” o “religiosi”, semplicemente la lingua latina non conosceva le particelle affermative e negative. Ad uncerto punto la stipulatio ebbe un’evoluzione ulteriore. Nella tarda classicità, i giuristi dicono che addirittura ad una domanda è lecita la risposta “quid no?”; l’imperatore Leone a Bisanzio arriva a dire che la stipulatio si può fare con qualunque verbo. I romani vengono a conoscere un contratto in cui è sufficiente uno scambio di volontà perché si realizzano degli effetti. Vanno oltre al 1321 c.c., che o chiede la forma o la causa. È un problema che se viene impostato in termini moderni dà una visione riduttiva del diritto romano puro. 4F.R.D.E.“Romanesimo” è l’uso del diritto romano in senso ideologico. Il diritto romano è stato anche usato, nel suo senso non corretto (cioè diverso da diritto romano dei romani) in senso ideologico. Possiamo individuare

il Fascismo, il Nazismo ed il Comunismo Sovietico. Tutte e tre le ideologie si sono confrontate con tutte e tre. Nella sua valenza ultra romana, in età medievale e moderna, si intende il diritto privato, che è un diritto tendenzialmente neutro ed in parte indenne al profilo politico dello Stato in cui insiste. In diverse esperienze è stato invece preso come vessillo da difendere. Il partito nazionalsocialista aveva programmato in 25 punti la sua azione politica. Al punto 19 si voleva che il diritto romano, fosse sostituito dal diritto comune tedesco. Su pochi punti, può stupire che uno sia dedicato al diritto romano. Nellʼideologia nazista il diritto romano era lʼemblema di diversi fattori negativi. Cʼè innanzitutto una ragione storica. La Germania, per ragioni storiche, è quella che ha recepito maggiormente il diritto romano, il BGB è il codice più fedele al diritto romano di tutti gli altri codici. Lʼapplicazione non fuindolore: nell'Ottocento il movimento del germanesimo voleva recuperare la tradizione germanica da opporre a quella romanistica. Un secondo dato che collima con questo, è che il diritto romano
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A.A. 2010-2011
40 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti romanistici del diritto europeo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Santucci Gianni.