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Le sue idee-chiave

1. Un metodo non è valido se non include la complessità. Abbiamo bisogno di un metodo che ci aiuti a pensare la complessità del reale, invece di dissolverla e di mutilare la realtà.

2. Questo metodo deve fornire i principi operativi per pensare autonomamente. Metodo significa infatti "via", "cammino".

3. Non si tratta tanto di un programma (un insieme di ricette) ma di una strategia (cioè di un'azione che si adatta a seconda della retroazione della realtà). Non vi sono delle risposte già pronte.

4. Abbiamo bisogno di una nuova mentalità: Il modo di vedere le cose è più importante del cambiamento delle idee. La nuova mentalità ci conduce a vivere nel pericolo, nel rischio, nel caso, e ci fa abbandonare la pseudo-sicurezza di un programma.

5. La semplificazione è il male: dobbiamo pensare che il semplice e il complesso sono legati; c'è voluta una favolosa

Complessità di interazioni biologiche e sociali per arrivare a un semplice sorriso.

La conoscenza illumina ed oscura nello stesso tempo. La nostra conoscenza progredisce nello stesso tempo della nostra ignoranza. D'ora in poi la conoscenza deve lavorare a fianco dell'ignoranza.

L'innato e l'acquisito si oppongono ma ugualmente si associano. Non siamo una cera molle: si sa come sorridere ma si apprende dai genitori un certo modo di sorridere.

Noi possediamo dei geni che a loro volta ci possiedono.

Vivere di morte, morire di vita. Vivere per vivere: accettare veramente la vita vuol dire accettare che non abbia alcuna ragione esterna ad essa.

Introduzione

"Il contrario di una verità profonda è un'altra verità profonda". È proprio in quest'affermazione di Niels Bohr che Edgar Morin identifica il suo pensiero. Un pensiero che gli ha consentito di superare la "fase totalitaria" attraverso diverse tappe,

caratterizzateda momenti drammatici della sua esperienza politica, che vanno dalla giovanile adesione al comunismo sino all'abbandono dello stesso. "Sono giunto alla concezione della complessità e del pensiero complesso attraverso una mia particolare tendenza volta a riconoscere come verità tutte le affermazioni, anche quelle più contraddittorie - precisa Morin- e con la mia naturale propensione al dubbio e all'aspirazione ad una fede non necessariamente identificata con la religione". Una battaglia spirituale, nella quale si stagliano i concetti del dubbio, della fede, della razionalità e della religione. Ma una battaglia dalla quale approda ai lidi di una nuova concezione filosofica che, rifiutando la pretesa di una conoscenza totale, cerca e trova un metodo "che possa articolare ciò che è collegato e collegare ciò che è disgiunto". Un cammino lungo, ma che non è ancora terminato e probabilmente non lo sarà mai.lo sarà mai, perché "il cammino non esiste, ma si costruisce camminando". È stato lo stesso Morin a descrivere in alcune splendide pagine autobiografiche il superamento della visione ideologica dentro la quale era rimasto a lungo irretito: una visione che semplificava all'estremo il mondo storico e che pretendeva di spiegare la realtà attraverso il recupero di uno dei suoi "vecchissimi sentimenti" quello della "relatività della verità e dell'errore e quello della complementarietà delle posizioni contraddittorie". E la "teoria della complessità" si presenta, invece, come l'esatto contrario delle filosofie totalizzanti. Siamo invece in un mondo articolato e complesso, a fronte di quello tradizionale, mutilante ed astratto, al quale arriva operando una sintesi originale tra il pensiero di Vico, Hegel, Marx da un lato e di Heisenberg, Prigogine, von Foester e Maturana dall'altro.

pensiero complesso

Ma in che cosa consiste questa complessità, questo pensiero complesso?

Scopriamolo dalle parole stesse di Morin: "Il pensiero complesso è consapevole in partenza dell'impossibilità della conoscenza completa: uno degli assiomi della complessità è l'impossibilità, anche teorica, dell'onniscienza. Riconoscimento di un principio di incompletezza e di incertezza. Il pensiero complesso è animato da una tensione permanente tra l'aspirazione a un sapere non parcellizzato, non settoriale, non riduttivo, e il riconoscimento dell'incompiutezza e della incompletezza di ogni conoscenza. Questa tensione ha animato tutta la mia vita... Per tutta la vita... ho sempre aspirato ad un pensiero multidimensionale... Ho sempre sentito che alcune verità profonde, antagoniste tra loro, erano per me complementari, senza smettere di essere antagoniste" (cfr. E. Morin, Introduzione al pensiero complesso).

trad. it. Sperling & Kupfer, Milano 1993, p. 3). Diciamo in conclusione che ci sono tre principi che possono aiutarci a pensare la complessità. Il primo è il principio che Morin chiama dialogico. Il principio dialogico ci consente di mantenere la dualità in seno all'unità: associa due termini complementari e insieme antagonisti. Il secondo principio è quello di ricorso di organizzazione. Un processo ricorsivo è un processo in cui i prodotti e gli effetti sono contemporaneamente cause e produttori di ciò che li produce. L'idea del ricorso è dunque un'idea di rottura con l'idea lineare di causa/effetto, di prodotto/produttore, di struttura/sovrastruttura. Il terzo principio è il principio ologrammatico. Non solo la parte è nel tutto, ma il tutto è nella parte. Il principio ologrammatico è presente nel mondo biologico e nel mondo sociologico. L'idea dell'ologramma costituiscedimostrano l'efficacia di questo approccio riduzionista. Tuttavia, questa visione limitata ha portato a una serie di problemi e minacce per l'umanità. Il progresso scientifico ha portato alla creazione di armi termonucleari, alla manipolazione genetica e a uno squilibrio ecologico sempre più grave. Questi pericoli sono il risultato di una conoscenza che non tiene conto della complessità del mondo reale. Secondo Morin, l'approccio riduzionista ha portato a un modo mutilante di organizzare la conoscenza. La scienza classica si basa sull'oggettività e considera l'universo come una serie di oggetti isolati, soggetti a leggi universali. Spiegare significa scoprire gli elementi semplici e le regole che governano le loro combinazioni. Tuttavia, questa visione limitata non riesce a cogliere la complessità del reale. La realtà è fatta di sistemi interconnessi e interdipendenti, in cui le parti sono in relazione reciproca e influenzano l'intero. Per affrontare le sfide attuali, è necessario adottare un approccio olistico che tenga conto di questa complessità. Solo attraverso una conoscenza che abbraccia la complessità e le interconnessioni possiamo sperare di affrontare le minacce che l'umanità si trova ad affrontare. È necessario superare il riduzionismo e l'olismo e abbracciare una visione più integrata e globale del mondo.spinsero le altre scienze a costituire allo stesso modo il loro oggetto nell’isolamento rispetto a ogni ambiente e ad ogni osservatore… trionfò la spiegazione riduzionista, così pare, perché si potevano ricondurre tutti i processi viventi al gioco di alcuni elementi semplici. Ora è alla base della fisica che all’inizio del ventesimo secolo si opera uno strano capovolgimento poiché non è più né vero oggetto né una vera unità elementare, la particella apre così una doppia crisi: la crisi dell’idea di oggetto e la crisi dell’idea di elemento. La particella ha perso ogni sostanza, ogni chiarezza, ogni distinzione, a volte persino ogni realtà; si è convertita in un nodo gordiano di interazioni e di scambi. Le particelle hanno le proprietà del sistema molto di più di quanto il sistema non abbia le proprietà delle particelle. Il paradigma di semplicità

è un paradigma che mette ordine nell’universo, e nescaccia il disordine. L’ordine si riduce a una legge, a un principio. Questa mitologiaestremamente potente, ossessiva benché nascosta, ha animato ad esempio il movimentodella fisica. Bisogna riconoscere che questa mitologia è stata feconda perché la ricerca dellagrande legge dell’universo ha portato alla scoperta di leggi fondamentali quali lagravitazione, l’elettromagnetismo, le interazioni nucleari forti, poi quelle deboli. Oggi,ancora, gli scienziati e i fisici cercano di trovare il nesso tra queste diverse leggi che farebbedi loro una vera legge unica. La stessa ossessione ha portato alla ricerca della tesseraelementare con cui era costruito l’universo. La patologia moderna della mente è nella iper-semplificazione che rende ciechi alla complessità del reale. La patologia dell’idea ènell’idealismo; la malattia della teoria è nel

dottrinarismo e nel dogmatismo; la patologia della ragione è la razionalizzazione. Siamo ancora ciechi al problema della complessità, mentre solo un pensiero complesso ci consentirebbe di civilizzare la nostra conoscenza. Si tratta quindi di sviluppare contemporaneamente una teoria, una logica, un'epistemologia della complessità che possa essere adeguata alla conoscenza dell'uomo. Quanto noi cerchiamo qui è dunque contemporaneamente l'unità della scienza e la teoria dell'altissima complessità umana. Morin vuole tentare un discorso multidimensionale non totalitario, teorico ma non dottrinario, aperto sull'incertezza e il superamento; non ideale/idealistico, sapendo che la cosa non sarà mai totalmente racchiusa nel concetto, il mondo non sarà mai imprigionato nel discorso. Questa è l'idea della scienza nuova. Ciò che interessa a Morin è rispettare le esigenze di indagine e di verifica.

Le idee di Edgar Morin sono caratterizzate da una fusione tra la conoscenza scientifica e le esigenze di riflessione proposte dalla conoscenza filosofica. La sua idea secondo cui siamo nella preistoria della mente umana è un'idea molto ottimistica. Ci apre al futuro, a condizione però che l'umanità abbia un futuro davanti a sé. La complessità, per Morin, è la sfida, non è la risposta.

Queste idee sono maturate gradualmente in Morin. Vorrei qui citare alcune sue opere per mostrare come tutto si sia sviluppato lungo molti anni, anche se fin dalle sue prime pubblicazioni vi è stata l'attenzione ad un pensiero multidimensionale.

Il primo libro che potrei citare è intitolato L'uomo e la morte (pubblicato nel 1951), ed è il frutto del suo ingresso negli ambienti di ricerca al CNRS. È un libro che è già trasversale, come praticamente tutti i libri di Morin: si occupa di antropologia ma anche di scienze, di filosofia, di letteratura.

In esso denunciava due aspetti della morte dimenticati dall'antropologia dell'epoca. Da un lato, la realtà p
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
8 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/02 Logica e filosofia della scienza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia della scienza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Emanuele Pietro.