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La letteratura in tipografia
Introduzione
I 3 elementi del volgare letterario del Quattrocento
Un autore non toscano che voleva comporre un testo poetico o in prosa nel Quattrocento si trovava difronte al volgare letterario, lingua nella quale si possono individuare 3 fondamentali componenti:
- Il volgare regionale, o municipale, della regione o della città in cui l'autore era cresciuto e si era formato.
- Il latino; chi imparava a leggere e a scrivere lo faceva in latino e il testo fondamentale per imparare tale lingua era costituito dalle Bucoliche del poeta latino Virgilio.
- Il toscano letterario, cioè la lingua che era stata usata da Dante, Petrarca e Boccaccio nelle loro rispettive opere e che un autore non toscano apprendeva attraverso la lettura dei testi scritti di questi 3 autori.
Nella letteratura di un autore settentrionale si possono trovare – in misura diversa – questi 3 elementi.
Il volgare letterario del Quattrocento impiegato dagli autori non
toscani era quindi il risultato di una mescolanza linguistica i cui ingredienti corrispondevano ai 3 elementi sopra illustrati. Tuttavia, questa tripartizione era presente, seppur con qualche differenza, anche negli autori toscani (anche fiorentino) del Quattrocento. Ad esempio, un autore fiorentino della seconda metà del Quattrocento il volgare che sentiva parlare a Firenze e che era solito usare era un volgare che si era evoluto, sviluppato in senso sia fonetico sia morfologico, rispetto al toscano trecentesco di Dante, Petrarca e Boccaccio. Anche per quanto riguarda un autore fiorentino/toscano, quindi, vale l'individuazione di queste 3 componenti.Era una realtà nella quale non erano state ancora fissate delle regole né erano stati individuati in modo rigido dei modelli di lingua. La lingua letteraria del Quattrocento è quindi una lingua caratterizzata da un elevatissimo tasso di libertà – ogni scrittore che nel Quattrocento componesse testi in prosa o testi poetici in volgare era libero di usare in proporzioni diverse i 3 fondamentali elementi prima descritti.
Quando un tipografo decideva di stampare un testo letterario in volgare, avvertiva l’esigenza di pubblicare un testo che linguisticamente potesse essere il più facilmente compreso da un pubblico di lettori il più possibile ampio, cioè diffuso sull’intero territorio italiano.
Poteva allora succedere che, nel momento in cui si decideva di stampare un testo letterario di un autore settentrionale o, soprattutto, meridionale, prima di far comporre dai propri compositori tipografici il testo, il tipografo si accertava
che la lingua usata dall'autore risultasse facilmente comprensibile non solo al pubblico della città o regione di provenienza dell'autore ma a un pubblico vasto. Ecco che si spiega il processo di revisione linguistica al quale potevano venire sottoposti in tipografia i testi letterari in volgare di autori non toscani. Questa revisione linguistica viene operata nelle stamperie da delle figure professionali ben definite: i revisori linguistici, o correttori editoriali. I revisori linguistici, o correttori editoriali, avevano il compito di sostituire i termini propri di un volgare regionale o municipale (dialettali) che incontravano con forme di tipo toscano in quanto si riteneva che, a livello letterario, il pubblico che acquistava libri che presentavano testi letterari fosse abituato a leggere le opere dei grandi trecentisti toscani (Dante, Petrarca e Boccaccio). Le revisioni attuate dai correttori editoriali avvenivano dunque in senso di avvicinamento al toscano. Il processodi adeguamento verso il toscano letterario è un processo del quale bisogna tenere conto in quanto ci sono testi che, dal punto di vista linguistico, non corrispondono in tutto alla volontà dell'autore ma sono stati modificati. Queste modifiche in senso toscano letterario potevano avvenire senza ostacoli se si trattava di stampare un testo il cui autore fosse defunto ma poteva riscontrare problemi nel caso in cui l'autore fosse ancora in vita. In questo ultimo caso l'autore si disinteressava del manoscritto che aveva mandato in tipografia o, come Ariosto, ci prestava una particolare attenzione impedendo determinati interventi di revisione. Esempio di Baldassarre Castiglione: Baldassarre Castiglione fu l'autore del trattato Il cortegiano, libro stampato a Venezia nel 1528. A quella data, Castiglione si trovava in Spagna come nunzio apostolico presso l'imperatore Carlo V e, di conseguenza, non poteva seguire la stampa del suo libro. Nonostante questa lontananza,Castiglione fece allestire una bella copia manoscritta del suo trattato da un copista di fiducia e la invia a Venezia perché venga stampato. A Venezia, con il consenso dello stesso autore, la lingua de Il cortegiano venne modificata e subì una revisione a livello grafico, fonetico e morfologico in senso toscano letterario.
In questo caso, il manoscritto originale inviato a Venezia è stato conservato e, per questo, il filologo può mettere a confronto la bella copia manoscritta mandata in tipografia con l'esemplare stampato.
La lingua dell'editio princeps de Il cortegiano è quindi una lingua leggermente diversa da quella che Baldassarre Castiglione aveva usato, nella quale venivano frequentemente usate voci lombarde dovute all'influenza della regione di provenienza di Castiglione.
Le voci lombarde presenti all'interno del manoscritto originale portato in tipografia da Castiglione vengono quindi mutate e adeguate in senso toscano letterario.
con il consenso dell'autore ancora in vita.Daisy Zanin
La varietà linguistica dei testi della letteratura italiana
In letteratura italiana si ha a che fare non soltanto con testi composti in toscano letterario, cioè in una lingua tutto sommato molto vicina a quella che caratterizza le opere in volgare Danta, Petrarca e Boccaccio, ma, a partire dal XIII secolo, anche con una serie di testi caratterizzati da una notevole varietà linguistica.
Dunque, ci sono opere letterarie che, nei primi secoli, rispecchiano con geografica conseguenza la varietà e la diversità dei volgari italiani derivati dal latino - esempi: l'umbro di Jacopone da Todi, il milanese di Bonvesin da la Riva, il veronese di Giacomino da Verona; i poeti della Scuola poetica siciliana avevano usato il volgare siciliano anche se la lingua realmente impiegata da questi poeti ci è giunta modificata.
Oltre alla varietà linguistica, la letteratura italiana, accanto auna produzione in lingua, è composta da una serie di testi composti nei vari dialetti. La letteratura italiana presenta quindi una parte maggioritaria di testi composti in lingua (prima toscana, poi italiana), una parte minore composta da testi in dialetto e un numero cospicuo di opere in latino (Dante, Petrarca, Boccaccio) che viene però spesso dimenticato o non considerato. Ibridismo linguistico La varietà linguistica della letteratura italiana può naturalmente generare fenomeni di quello che viene definito da Stussi ibridismo linguistico. Stussi distingue 3 tipi di ibridismo linguistico: 1. Ibridismo linguistico voluto: ibridismo consapevolmente perseguito e impiegato dagli scrittori (esempi: i poeti che usano il macaronico; lo scrittore Carlo Emilio Gadda). 2. Ibridismo linguistico involontario: ibridismo degli scrittori non toscani che sono alla ricerca dell'italiano letterario (esempi: Boiardo, Ariosto, Manzoni). 3. Ibridismo linguistico subìto: sito the original Sicilian texts. This alteration of the language can be seen in the use of Tuscan copyists who toscanized all the Sicilian forms that characterized their poems. Some of the texts of the Sicilian poetic school were transcribed by Tuscan poets who, from a linguistic point of view, toscanized the original language used by the poets of the Sicilian poetic school. This is evident in the fact that sometimes, when examining the Sicilian texts transcribed by Tuscan copyists, these texts present imperfect rhymes (non-rhymes, known as Sicilian rhymes) resulting from the application of the Tuscan vowel system to the vowel system.
siciliano. Naturalmente era più semplice trascrivere linguisticamente testi in prosa piuttosto che testi in versi ma, in alcuni casi, anche questi ultimi potevano sottoporti al processo di revisione linguistica. Approfondire lo scenario della lingua letteraria quattrocentesca è importante per comprendere le motivazioni che spinsero Pietro Bembo a indicare nella sua fondamentale opera Prose della volgar lingua (Venezia, 1525) rigorosamente quelli che dovevano essere i modelli linguistici non per l'aspetto parlato ma per l'aspetto scritto della poesia e della prosa in volgare. Nel Quattrocento, ogni scrittore era libero di mescolare in misura diversa le 3 componenti prima indicate; questa libertà linguistica caratterizza specialmente la seconda metà del Quattrocento.
Esempi di proposte (estreme) di lingue letterarie del Quattrocento:
Esempio estremo 1 - poesia macaronica: da Macaronea, poesia in esametri - stesso metro usato da
Unicus hic omnes superat de mundo lecones, ad mundum tantum propter magnare creatus. Gutturis exemplum vastaeque voraginis area ipse potest dici, meritoque ubique vocatur leconum doctor et maxima gula gularum. Et quid non faceret propiter satiare la gulam, si satiare gulam posset ventremque voracem?
Traduzione:
Questo solo supera tutti i ghiottoni del mondo, creato, nato al mondo soltanto per mangiare. Modello di golosità e arca di immensa voragine questo lui stesso può essere detto e giustamente dovunque è chiamato dottore dei ghiottoni e massima gola delle gole. E che cosa non farebbe per saziare la gola, se satiare gulam posset ventremque voracem?
Potesse saziare la gola e il ventre vorace? Esempio estremo 2 - testo in prosa in poli