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Curiosità sulla scrittura antica
Z: Anche la lettera z è scritta con l'uso di un segno che si chiama c cedigliata, cioè una c con sotto una piccola z detta cediglia (in spagnolo, cediglia = piccola z) → la c cedigliata corrisponde alla nostra z.
H: Anche in pocho, penultima parola della prima riga, c'è l'uso – oggi non impiegato – dell'h tra la c e la o (pocho = poco). Nella scrittura cancelleresca, mercantesca e umanistica ci sono molte più h di quante siamo abituati ad utilizzare noi oggi e, soprattutto, l'h veniva usata nei nessi ca, co, cu (es. chui → cui; casa → chasa).
S e F: Alla fine della prima riga si nota poi la s dalla forma particolare in quanto si tratta di una s alta e lunga; questa viene spesso usata nelle scritture antiche ma, data questa particolare forma di s lunga, bisogna fare molta attenzione a non confonderla con una f – la differenza tra la forma alta della s e la forma della f sta solo in un piccolo trattino che.
nel caso della f, taglia l'asta lunga. Questa vicinanza grafica tra s e f può generare errori di lettura e di conseguenza errori di trascrizione. In Moodle si trova un articolo di Stussi intitolato "S non F" nel quale Stussi segnala un dato fino ad allora non avvertito, cioè che ne "I Vicerè" di Federico De Roberto l'autore inserisce dei brani, estratti da un testo a stampa secentesco dedicato alle famiglie nobili siciliane, nei quali le s erano di forma alta. Stussi ha notato che nelle edizioni novecentesche dei Vicerè questi brani, di cui De Roberto riportava fedelmente citazioni, quelle che dovevano essere e rimanere delle s in realtà risultavano impropriamente stampate come f, creando dei testi piuttosto e involontariamente comici e ridicoli. Stussi ricorda anche come De Roberto, alla vigilia della prima edizione del suo romanzo, aveva ben chiaro come in queste citazioni tratte da questo antico testo del Seicento laforma della f doveva essere conservata nella sua forma originaria. U e V: Altra lettera alla quale bisogna prestare attenzione è la v, la quale si presenta in tutto e per tutto come una u (es. alla seconda riga: si trova, non si troua). Perché nelle scritture antiche u e v sono scritte allo stesso modo? - Se si tratta di una lettera minuscola, entrambe sono scritte come fossero una U. - Se si tratta di una lettera maiuscola, questa è sempre tracciata come fosse una V. Per dare una spiegazione a tale fatto è necessario risalire all'alfabeto maiuscolo del latino classico: nel latino classico, il segno che noi oggi usiamo per indicare la v, era impiegato sia per indicare la vocale u (es. umbra → vmbra) sia per indicare la semiconsonante uau (nel latino classico, un verbo come venire o un aggettivo come avarus venivano pronunciati non con la pronuncia medievale e poi ecclesiastica del latino, ma come uenire e auarus – nel latino classico, dunque, nonesisteva il suono v (ma solo uau).Nell'alfabeto maiuscolo del latino classico quindi il segno che per noi corrisponde alla v veniva impiegato sia per rappresentare la vera e propria vocale u (vmbra) sia per rappresentare la semiconsonante uau (venire; avarus).
Nell'alfabeto minuscolo, invece, il segno di v si è progressivamente trasformato nel segno che oggi indica la nostra u minuscola e quindi, nell'alfabeto minuscolo il segno che valeva sia per la vocale sia per la semiconsonante è lo stesso: per questo, in troua, si trova la v scritta come fosse una u.
Linea obliqua, punto fermo e due punti → /, ., :
Quando si legge una scrittura antica bisogna interpretare il valore dei segni.
Dopo la parola rubrica si trova una piccola linea obliqua che è un segno di interpunzione, di punteggiatura, che in questo caso segnala una pausa breve e che quindi è un segno che corrisponde alla nostra virgola.
Nelle scritture antiche i segni di
interpunzione non hanno lo stesso valore dei nostri segni di interpunzione (dopo dice c'è un . che, pur segnalando una pausa, equivale non al nostro punto fermo ma ai nostri :). La nostra virgola si chiama così perché in fin dei conti non è altro che una "discendente" della virgula, cioè linea obliqua che in queste scritture indicava la pausa breve. Il segno sopra la p di incip sta a indicare la desinenza di incipit, che significa inizia. Il punto posto dopo nova, invece, indica una pausa forte ed equivale al nostro punto fermo. Nelle scritture antiche, a volte si possono trovare: - Termini scritti tutti attaccati; - Usi della punteggiatura diversi da quelli che si impiegano oggi; - Le parole senza segni diacritici, cioè senza accenti e senza apostrofi. Ciò accade perché nell'ascrittura in latino non esistono né accenti né apostrofi e, dato che quei pochi che imparavano a scrivere lo facevano quasi sempre in latino,
neanche i lavori dei copisti presentavano segni diacritici. Vita Nova di Dante Alighieri: - Si tratta di un prosimetro, ossia di un testo composto sia in prosa sia in versi (in questo caso, la maggior parte sono sonetti ma ci sono anche canzoni e una ballata). - In questo testo, Dante raccoglie un'antologia delle sue liriche stilnoviste; Dante le aveva già composte e, ad un certo punto, decise di sceglierne alcune da inserire in un libro - la Vita Nova - nel quale, tra un componimento poetico e l'altro, ci sono delle parti poetiche anche piuttosto ampie di prosa. Le parti in prosa della Vita Nova, composte nel momento in cui il poeta decise di dare vita a questa antologia, rispondono a una duplice funzione: sono cioè parti narrative, che raccontano la storia dell'amore di Dante per Beatrice a partire dal loro primo incontro, e parti con funzione esegetica/esplicativa/di spiegazione dei testi poetici che le precedono. In questi testi in prosa, DanteSpiega anche come si possono suddividere i componimenti poetici. Per questo si tratta di parti in prosa che non hanno una funzione narrativa, cioè di racconto, ma di commento, di spiegazione. Queste parti in prosa sono chiamate da Dante divisioni proprio perché in queste il poeta esplicita la struttura del componimento poetico che le precede immediatamente, o racconta via via episodi della sua storia d’amore con Beatrice.
Daisy Zanin- Beatrice è legata al numero 9. Era considerata il prodotto di un miracolo: 3 x 3 = 9, dove a 3 corrisponde la Trinità. Alcuni sono arrivati a notare che anche nel suo nome in latino – Beatrix – compare il numero 9 (BeatrIX, dove IX corrisponde a 9).
TRASCRIZIONI DA UN MANOSCRITTO O DA UNA STAMPA ANTICA
Ci sono 3 diversi tipi di trascrizione.
1. Trascrizione DIPLOMATICA: essa ha il dovere di restare il più possibile fedele a quanto e a come è scritto nel manoscritto o nella stampa antica.
L'unico intervento che si deve operare in questo tipo di trascrizione è quello di sciogliere i segni di abbreviazione e il loro scioglimento deve essere segnalato attraverso l'uso delle parentesi tonde → dinazi diverrà dina(n)z(z segnata come c cedigliata)i, ecc. La trascrizione diplomatica ha questo nome perché esiste una disciplina, la diplomatica, che è appunto la scienza che studia i diplomi; il termine diploma deriva dal greco e originariamente significa letteralmente piegato in due. La diplomatica, disciplina sviluppata nella seconda metà del Seicento – momento in cui viene pubblicata la De re diplomatica di Jean Mabillon (1681) – è chiamata a studiare i documenti i quali, al fine di studiarli, venivano trascritti il più fedelmente possibile. 2. Trascrizione INTERPRETATIVA: dopo aver capito il testo e compreso il suo significato e la sua struttura, in questa trascrizione si deve: a. separare – ounire – le parole secondo l’uso moderno → dellibro diventerà del libro, ecc.
b. distinguere le u e le v in modo da poter trascrivere le parole con i corretti segni utilizzati ora →in una trascrizione diplomatica scrivo sitroua – tutto attaccato com’è nell’originale emantenendo la u al posto della v – mentre in una trascrizione interpretativa scrivo si trova –staccando le due parole e sostituendo la u con la v odierna.
c. regolare l’uso delle lettere maiuscole, l’interpunzione e l’uso dei segni diacritici – accenti eapostrofi, dove questi siano necessari – secondo l’uso moderno → in una trascrizionediplomatica scrivo emio – tutto attaccato com’è nell’originale e senza accento né apostrofo –mentre in una trascrizione interpretativa scrivo è mio – separando le due parole e aggiungendol’accento dove necessario.
Non si deve
però pensare che anche in sede di trascrizione interpretativa si possa ammodernare le grafie antiche: ad esempio, il pocho alla prima riga deve restare tale sia nella trascrizione diplomatica sia in quella interpretativa; non bisogna quindi cadere nell'equivoco di ritenere la trascrizione interpretativa una trascrizione operando la quale si possano ammodernare le grafie antiche – ciò non vale esclusivamente per la differenziazione tra u e v.
3. Trascrizione CRITICA:
in questo tipo di trascrizione, purché venga dichiarato in modo esplicito (io trascrivo criticamente), è consentito ammodernare – questo testo / questa stampa operando i seguenti ammodernamenti: ecc. se lo si ritiene opportuno – le grafie antiche.
Critica deriva dal greco crino che significa giudico; la trascrizione critica è frutto di una riflessione.
8 Daisy Zanin FILOLOGIA ITALIANA II Lezione 4 e 5
Il problema delle grafie antiche:
Quando oggi si legge un manoscritto o un
antico libro a stampa, è probabile che ci si imbatta in grafie di questo tipo (grafie antiche/latine/culte):
ABSENTE → assente
EXERCITO → esercito
FACTO → fatto
NOCTE → notte
OBSESSO → ossesso
NYMPHA* → ninfa
TRIUMPHO* → trionfo
*Oggi si scrivono ninfa e trionfo, ma nei testi Quattrocenteschi si presentano come due termini fortemente connotati dal punto di vista culturale.
Nel corso del Quattrocento, la figura della ninfa viene recuperata, conosce un vero e proprio ritorno e torna prepotentemente di moda: viene recuperata nelle arti figurative – vedi Botticelli, nelle arti plastiche e in certi testi letterari, sia in prosa sia in versi.
Tutte le figure di ninfe che occupano il panorama culturale del Quattrocento hanno uno strettissimo legame con le antiche ninfedella mitologia classica. La fortuna di questa figura nel XV secolo è legata al fatto che la figura della ninfa apparteneva alla classicità e alla mitologia classica ed è
er parole in corsivo nel loro testo, utilizzano il tag . Questo tag permette di dare enfasi a una parola o a una frase, rendendola diversa dal resto del testo. Ad esempio, se voglio evidenziare la parola "importante", posso scriverla così: importante. In questo modo, la parola verrà visualizzata in corsivo.