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DUE CASI STUDIO: MONTALE E GADDA
Uno dei problemi chiave della filologia del Novecento è costituito dalle conseguenze
della messa in crisi del concetto di “autore” che, dagli anni Sessanta vede un
indebolimento rispetto al testo, riconosciuto nella sua indipendenza e autonomia. Gli
altri soggetti del processo editoriale, curatore, redattore, lettore intervengono in tutte le
fasi dell’evoluzione di un’opera: la progettazione, la realizzazione e il suo assetto finale,
a volte sostituendosi alla volontà stessa dell’autore. Carlo Emilio Gadda ed Eugenio
Montale forniscono due utili casi di studio al problema. Con il “caso Gadda” siamo di
fronte a un autore che, dal 1961, può a ragione essere definito “postumo a se stesso”,
autore di edizioni cosiddette “coatte”, anche se d’autore, ma frutto di pubblicazioni
ritardate, nelle quali vige un rapporto cronologico inverso tra pubblicazione e
produzione. Il “caso Montale” invece presenta un problema più specifico di mancato
riconoscimento dell’autore, nel caso in cui un’opera si presenti come frutto di una
collaborazione tra l’autore, apocrifo di se stesso e il curatore, oggetto dell’ispirazione
poetica.
DI EDIZIONI INCOMPIUTE, POSTUME, COATTE. IL CASO GADDA
Difficilmente ha portato a conclusione una sua opera, c’è sempre una parvenza di
provvisorietà nelle sue opere e cambia editori molto spesso. Gadda è uno scrittore
asistematico, cioè per frammenti, il che porta conseguenze come stessi brani in testi
diversi e assemblati diversamente (anche per sollecitazioni editoriali). Il “caso Gadda” ci
permette di affrontare in un solo autore i problemi relativi alla pubblicazione di opere
che non hanno ricevuto un imprimatur d’autore per ragioni intrinseche (l’autore non le ha
completate o ha deciso di pubblicarle in uno stato di “non finito”) o estrinseche (l’autore
anziano e quasi postumo a se stesso o già scomparso, al momento della loro
pubblicazione o non ne ha seguito l’iter redazionale o lo ha seguito in modo indiretto).
Le ragioni di queste anomalie nell’opera di Gadda risiedono nella peculiarità della
vicenda editoriale delle sue opere. Per Gadda infatti, si è assistito a una radicale
separazione tra ordine di composizione e ordine di pubblicazione delle opere. Era un
ingegnere per formazione e occupazione, ma letterato d’elezione, non è stato uno
scrittore precoce. Dopo il primo cimento letterario, rimasto nel cassetto fino al 1983, la
carriera di Gadda è costellata, da un lato da continui abbandoni e riprese dell’attività di
ingegnere fino al 1950, quando viene stabilmente assunto alla RAI e si trasferisce a Roma;
dall’altro da un percorso di scrittura narrativa, saggistica, e in minor misura filosofica,
che proseguirà interrotto fino ai primi anni Sessanta. Di questa produzione Gadda riesce a
pubblicare solo una minima parte, fino al successo del “Pasticciaccio” del 1957, che
proietterà l’autore nello star system letterario. “Il Pasticciaccio” è un’opera incompiuta, un
giallo in un ambiente romano, in cui figurano vari dialetti e tipologie linguistiche. Gadda
entra in rapporto con editori che lo porteranno su un altro tipo di mercato. Sono questi
ultimi che lo spingono a consegnare brani finora inediti.
La pubblicazione delle “Opere di C.E. Gadda” nella collana “I libri della Spiga” di
Garzanti, dal 1988 al 1993, è fondata su un progetto generale di edizione critica che è
venuta a ordinare una situazione testuale intricatissima. Delle strade percorribili dal
curatore, la conservazione del progetto d’autore si è dovuta escludere a priori, mentre
solo la ricostruzione storica del progetto d’autore è stata la sola praticabile.
Una semplice distinzione di genere, posto che si potesse applicare, non avrebbe risolto il
problema del rapporto edito/inedito; di li la scelta di distinguere i testi narrativi
(Romanzi e racconti) da quelli saggistici e diaristici, riservando una categoria a parte a
quello delle Favole (tagli non proprio narrativi) che vengono accomunate alla non
narrativa (Saggi, giornali, favole); riunendo sotto Scritti vari e postumi tutto quanto non
rientrava nelle precedenti categorie. L’edizione di Isella (primo volume nel 1988, poi
pubblicati fino al 1993) era ripartito in: romanzi e racconti (due volumi); saggi, giornali,
favole (due volumi) e il quinto volume è dedicato a testi sparsi e inediti, il corollario
del progetto d’autore. Per quanto riguarda invece la possibilità di ordinare i testi secondo
una ricostruzione del loro percorso cronologico, se da un punto di vista storico-
letterario, sarebbe stato molto utile considerare i testi nella loro evoluzione “biologica”, il
loro statuto profondamente diverso non autorizzava a una commistione, che avrebbe
finito per mettere sullo stesso piano testi che erano stati e sono profondamente differenti.
La soluzione scelta da Isella, perciò, ha proposto, fatta salva la distinzione di generi
sopra considerata e la separazione tra edito (primi 4 volumi) e inedito (quinto volume),
una ricostruzione storica del progetto d’autore. I primi anni Cinquanta e i primi anni
Sessanta, è il periodo in cui Gadda riuscì nell’intento di portare a termine un preciso
programma di sistemazione; Isella ha identificato in una lettera a Einaudi del dicembre
1954, una progettazione d’autore relativa a quasi tutta l’opera di Gadda e sulla base di
quelle indicazioni ha ricostruito un progetto di cui non abbiamo che un abbozzo. Nella
lettera a Einaudi, lo scrittore bipartiva la propria produzione in due volumi
rispettivamente narrativo (comprendente Castello di Udine, l’Adalgisa e la Cognizione del
dolore) e saggistico (Le meraviglie d’Italia, Gli anni e altri saggi inediti), autorizzando
una distinzione per generi: narrativo e saggistico, rappresentanti dei due volumi
garzantiani di Romanzi e racconti (I e II) e Saggi, giornali e favole (I e II), e
suggerendo un’organizzazione interne di tipo cronologico.
• La prima caratteristica che da di quest’opera un complesso sistema a vasi comunicanti,
implica la necessità di moltiplicare gli individui testuali, preferendo la riproposta
delle edizioni piuttosto che la rappresentazione della loro fisionomia attraverso
varianti d’apparato.
• La seconda caratteristica coinvolge direttamente, sia a livello di microtesto (singola
lezione) che di macrotesto (struttura delle raccolte), una considerazione del principio
secondo cui un testo va pubblicato seguendo l’ultima volontà dell’autore, che è il
principio dichiarato come guida generale dell’edizione.
Dal quadro qui proposto emerge come sia stato possibile, nel 2010, dopo che l’opera di
Gadda è entrata nel catalogo di Adelphi, ripensare i criteri editoriali di quella che si
presentava non già come una nuova opera omnia, l’edizione diretta da Dante Isella nella
collana dei “Libri della Spiga” è ancora un punto di riferiment0o imprescindibile, ma la
ripubblicazione organica dei testi in cui si progettano nuove edizioni. La ripubblicazione
delle opere gaddiane nel catalogo Adelphi, quindi, iniziata con gli Accoppiamenti
giudiziosi del 2011 nell’edizione del 1963, ha privilegiato l’ultima stazione del percorso
dei racconti gaddiani perché ritenuta la più completa e antologica selezione d’autore.
Questa scelta non ha tuttavia impedito, per il volume successivo, pubblicato nel 2012,
l’Adalgisa, di presentare ai lettori invece la prima edizione del 1944, considerata la più
fedele. Alle consuete resistenze gaddiane a dare forma compiuta e definitiva ai propri
testi si aggiunge il psicodramma che furono i rapporti con gli editori. Il contesto
editoriale contribuisce a definire la fisionomia del testo, sia nella sua struttura che nella
sua forma. A Gadda, infatti, Livio Garzanti affianca un revisore d’eccezione, il giovane
Enzo Siciliano incaricato di trasformare il dattiloscritto, che in casa editrice hanno fatto
trarre dall’originale del 1944, in un testo pubblicabile. E il volume del 1967 è il risultato
di un lavoro di editing svolto a quattro mani, dove gli interventi di Gadda sono
bilanciati da quelli del collaboratore. L’edizione del 1967 rivela l’intenso rapporto tra
Gadda e la casa editrice per rendere il testo pubblicabile (attenuare i noti osceni).
La scoperta del manoscritto autografo di Eros e Priapo nel 2010 ha rimesso in
discussione l’identità del testo del 1967, frutto di un’operazione editoriale approvata, ma
passivamente realizzata dall’autore e ha sollecitato la necessità di una nuova edizione
che riconduca il testo alla sua forma originaria, con ricadute critico-interpretative.
La nuova edizione è prevista per il 2015 e sarà a discrezione degli editori se sarà
integrale. Resta il fatto che per 50 anni il testo si è conosciuto secondo la stesura
di Garzanti. Si potrà valutare l’intervento redazionale compiuto nei dettagli ora
che c’è un termine di confronto. “Eros e Priapo” si trova nel secondo volume di
saggi, giornali, favole e altri scritti; la nota in Appendice ne spiega la Genesi.
Nella nota si dice che Gadda abbiamo RETRODATATO l’opera, cioè che l’abbia
scritta nel 1928 e che solo nel 1934 (guerra di Etiopia) abbia capito che il fascismo
non gli piaceva; ma in realtà risale al 1944-45 per i vari indizi nel testo. Il testo
che ora è possibile ricostruire sul manoscritto originario è radicalmente diverso da
quello pubblicato a stampa, non solo per le varie riscritture, revisioni e censure, ma
per l’impianto generale dell’opera , che si rivela come un altro esempio di capo
d’opera gaddiano incompiuto. L’originaria redazione faceva subito emergere
l’invettiva: la responsabilità del ventennio fascista non veniva attribuita a un
generico gruppo di “associati”, ma al più trasparente: “Li associati a delinquere”. Si
tratta dell’occultamento di una esplicata condanna: per vent’anni l’Italia era stata
minacciata, coperta di vergogna, violentata e fatta cadere talmente in basso da non
poter neanche incontrare lo sguardo dell’Onnipotente, da un’”associazione a
delinquere”, ovvero da una banda di delinquenti che avevano spacciato per attività
politica la radicale distruzione, eliminazione e annichilamento dei segni della vita
dalle radici della memoria.
Se è vero che Eros e Priapo è uno dei testi più estremi della nostra letteratura è
altrettanto vero che era intenzione di Gadda non solo scrivere un pamphlet
antifascista, ma