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L’obsolescenza è un fenomeno di natura economica che può colpire le strutture
operative e cioè gli investimenti di cui l’azienda dispone. Limita la capacità del
fattore di partecipare in modo economicamente valido allo svolgimento del
processo produttivo e può colpire la struttura organizzativa, quella operativa, i
beni/servizi. L’obsolescenza ha due origini:
di tipo interno o tecnica, che esaurisce le potenzialità produttive del fattore
che non svolge più adeguatamente la propria funzione;
di tipo esterno o tecnologica, che deriva dal processo tecnologico e scientifico
per l’introduzione nell’ambiente di riferimento di nuovi fattori produttivi.
Ci sono vari aspetti del ciclo di gestione: fisico-tecnico o trasformazione,
monetario o entrate-uscite di denaro, economico o ricavi-costi. Sono diverse le
fasi di approvvigionamento:
nuovi ordini da clienti/previsioni di vendite/ordini ricevuti (baklog)
ri-definizione dei fabbisogni di materiale
verifica delle scorte
scelta del fornitore
stipulazione del contratto ed emissione di nuovi ordini
ricevimento e controllo dei materiali
caricamento in magazzino o in produzione
I processi di produzione comprendono la trasformazione dei fattori produttivi in
beni o servizi; questo non è solo un processo chimico-fisico di trasformazione di
input in output ma anche trasformazione nel tempo e nello spazio. L’insieme di
attività per ottenere un prodotto consta di tre punti: gestione delle quantità
prodotte, qualità di produzione e attività di valutazione della prestazione. La
capacità di produzione corrisponde alla massima quantità teorica di beni o servizi
che può essere ottenuta da una macchina, un singolo impianto o da aggregati di
impianti in un intervallo di tempo. Essa può essere: tecnico-nominale, tecnico-
effettivo, ottimale o economica.
I criteri di valutazione della gestione si rifanno al principio di economicità che si
riprende all’efficienza, cioè la capacità di ottenere un risultato con il minimo
consumo di fattori e all’efficacia, cioè la capacità di conseguire gli obiettivi di
un’attività; si può essere efficaci e non efficienti e viceversa. L’economicità è il
principio guida o condizione che riguarda l’intera gestione, l’azienda nel suo
complesso, oltre che le sue parti. Essa coincide con il fine fondamentale
dell’azienda, l’equilibrio economico durevole. L’economicità include più fattori:
l’efficienza, l’efficacia gestionale e sociale, l’equilibrio reddituale, l’equilibrio
monetario. L’equilibrio reddituale riguarda il rapporto tra ricavi e costi ed è un
fondamentale indicatore di autosufficienza economica della gestione. È una
condizione necessaria ma non sufficiente di economicità della gestione.
L’equilibrio monetario è la condizione per cui l’azienda deve essere sempre in
grado di far fronte ai propri impegni di pagamento. Deve essere verificata in ogni
momento della vita aziendale. Il capitale
Il capitale di funzionamento è il complesso di beni e diritti disponibili per lo
svolgimento delle attività aziendali. Esso si configura come una massa di
investimenti e le risorse monetarie si hanno grazie ai finanziamenti. Gli
investimenti fanno parte del capitale lordo di funzionamento, composto da:
capitale fisso, cioè investimenti che definiscono la struttura produttiva
dell’azienda e che saranno utilizzati in un ampio arco temporale. È diviso in:
immobilizzazioni tecniche (materiali e immateriali); immobilizzazioni
finanziarie
capitale circolante, cioè investimenti che si ricollegano allo svolgimento
del ciclo operativo tipico, ossia all’insieme delle operazioni di acquisto,
trasformazione e vendita. Esso è diviso in: disponibilità (scorte); liquidità
differite (crediti); liquidità immediate (cassa e depositi)
I componenti di entrambi i capitali sono indispensabili per lo svolgimento delle
attività aziendali e sono sempre presenti in ogni combinazione produttiva. Per
capire il criterio della liquidabilità bisogna considerare la facilità con cui i diversi
investimenti possono essere riconvertiti in moneta. Per facilità si intendono i
tempi brevi (<12 mesi), il mantenimento dell’impresa in funzionamento, evitare le
perdite di valore. Secondo il criterio della liquidabilità le immobilizzazioni sono
investimenti che si trasformano in denaro difficilmente, mentre le disponibilità si
trasformano in denaro facilmente. Per poter realizzare gli investimenti è
necessario prima procurarsi i mezzi finanziari attingendo alle varie fonti di
finanziamento, che sono interne (autofinanziamento) o esterne (capitale
proprio o di debito). Il totale dei mezzi finanziari di cui necessita l’azienda per i
suoi investimenti costituisce il fabbisogno finanziario, determinato in relazione
alle esigenze e alle occorrenze prospettiche. Nel primo caso la sua misura è data
dall’ammontare degli investimenti in attesa di essere trasformati in liquidità. Nel
secondo caso è funzione delle operazioni che si prevede di realizzare in futuro.
L’autofinanziamento è la ricchezza prodotta dalla gestione aziendale e
trattenuta in azienda, nonché il flusso degli utili conseguiti, parte dei quali
vengono distribuiti ai soci per remunerare il capitale di proprietà come dividendo.
Possono anche essere mantenuti all’interno dell’impresa come autofinanziamento
permanente. Il capitale di rischio indica gli investimenti di terzi nell’azienda.
Nelle società di capitali è un capitale sociale. È fonte di finanziamento sia esterno
che interno, a lungo termine, ad elevato grado di rigidità, di finanziamento
ricorrente, a rischio pieno, a remunerazione incerta e variabile.
Il capitale di debito è una fonte di finanziamento esterna, di breve e lungo
periodo, flessibile, ordinaria e straordinaria, non consente il governo diretto
dell’azienda ai finanziatori, se non in caso di alto indebitamento. È a rischio
limitato e si divide in:
debiti di funzionamento che nascono a seguito di dilazioni commerciali. Sono
concessi dai fornitori di beni e servizi aziendali e sostituiscono temporaneamente i
pagamenti monetari.
debiti di finanziamento, che derivano da operazioni di finanziamento che
comportano un’entrata monetaria. Ha operatori specializzati in prestiti di denaro
con interessi.
Le fonti di finanziamento si distinguo in:
capitale permanente, cioè fonti permanenti, capitale sottoscritto e
autofinanziamento
passivo corrente, cioè fonti temporanee di breve periodo, debiti finanziari e
funzionali a breve termine, quota di debiti di media e lunga scadenza, e dividendi
da sostituire
passivo consolidato, cioè fonti durature di lungo periodo, debiti finanziari e
funzionali di medio e lungo termine, fondi, rischi e oneri.
Lo stato patrimoniale è un prospetto che mira a fornire la rappresentazione
della consistenza quantitativa e della composizione qualitativa del capitale a
disposizione dell’azienda ad una certa data per svolgere le sue attività. Inoltre
costituisce la base per alcune analisi che permettono di acquisire conoscenze più
specifiche riguardanti struttura patrimoniale, finanziaria e solvibilità. Lo
stato patrimoniale è la fotografia del capitale d’impresa alla data di bilancio e si
divide in attività, cioè i beni e i diritti di cui può disporre l’azienda, passività,
che possono essere consolidate e correnti, e patrimonio netto, che è ciò che resta
delle attività aziendali dopo aver dedotto le passività.
Lo stato patrimoniale secondo IASB (International accounting standards
board, organo responsabile dell’emanazione dei principi contabili internazionali)
indica uno schema di minima e possono essere forniti due criteri di
aggregazione: distinzione tra attività e passività correnti e non correnti, attività
e passività classificate in base alla liquidità. Le cause di deficit monetari
possono essere l’obsolescenza, l’instabilità del mercato, l’indebitamento, le
strutture finanziarie squilibrate. Per rimediare a questo problema occorre ridurre i
propri investimenti e incrementare i finanziamenti. Se l’azienda non vuole
ridimensionare le sue attività, l’unica alternativa è incrementare il proprio
fabbisogno finanziario, che è di due tipi:
complessivo, costituito dai mezzi monetari necessari per alimentare gli
investimenti programmati, senza considerare i mezzi già disponibili attraverso il
flusso dei recuperi
residuale, che è l’aumento dei mezzi monetari dei quali l’impresa si dota
attingendo finanziamenti
Il fabbisogno finanziario residuale aumenta se aumentano gli investimenti o i
crediti, diminuisce se aumenta la circolazione degli investimenti. L’equilibrio tra
investimenti e finanziamenti può essere:
temporale, costituito da fonti e impieghi che si autoalimentano
quantitativo, costituito dai ritorni monetari
dinamico, che ha valore nel tempo.
Il rendiconto finanziario analizza i movimenti monetari evidenziando le
operazioni aziendali che hanno contribuito a generare la cassa e quelle che invece
hanno assorbito liquidità. Gli oggetti sono il capitale circolante netto e il flusso di
cassa. Il reddito
Il reddito rappresenta la variazione della ricchezza che si ottiene dalla somma dei
valori assegnati ai fattori produttivi impiegati nel processo di produzione con i
valori attribuiti ai proventi del disinvestimento della produzione realizzata. Questo
risultato si ha dalla gestione ed è frutto della differenza tra i componenti positivi e
negativi di reddito, i ricavi, e i costi. Se i ricavi sono maggiori dei costi si ha un
utile; se i ricavi sono minori dei costi si ha una perdita. Analizzando l’intera vita
aziendale studieremo il ricavo totale, determinato con tre metodi:
patrimoniale: differenza tra valore del capitale restituito ai soggetti conferenti
il capitale di rischio e il valore dei conferimenti iniziali
metodo finanziario: differenza tra la somma delle entrate e quella delle
uscite
metodo reddituale: differenza tra tutti i ricavi e tutti i costi manifestatisi
Questi metodi hanno lo stesso risultato se tutti i fattori produttivi sono ultimati e i
prodotti venduti, tutti i crediti vengono incassati e i debiti pagati, non esiste alcun
rischio che determini costi o perdite.
I soggetti che governano le aziende non possono attendere il termine dell&rsquo